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Autore: robertar    30/03/2024    7 recensioni
Chi mai avrebbe immaginato, ai tempi di Hogwarts,
che il goffo Neville Paciock e l'algido Draco Malfoy sarebbero diventati amici?
Lo smistamento li aveva divisi, la vita li aveva avvicinati.
Un'amicizia che col tempo si era rafforzata, complici ferite simili.
Segreti e confidenze di due giovani adulti cresciuti in fretta, davanti a una tazza di the.
Perché la vita, se la lasci fare, la cosa che sa fare meglio è stupirti.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Neville Paciock | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Io sono qui
Per ascoltare un sogno
Non parlerò
Se non ne avrai bisogno
Ma ci sarò
Perché così mi sento
Accanto a te viaggiando controvento
Risolverò
Magari poco o niente
Ma ci sarò
E questo è l'importante.
Arisa.



Era appena uscito dall’ampia stanza, quasi una suite, in cui vivevano i suoi genitori – Alice e Franck Paciock – al San Mungo, e aveva come sempre il cuore gonfio di amore e dolore, intrecciati stretti al punto da far male.

Amore, perché era impossibile non amare quelle due anime candide, in cui poteva riconoscere i suoi occhi e il suo mento e il suo naso e le sue mani.
Dolore, per il costante rimorso di non saperli amare come genitori. Non erano i suoi genitori, nel suo cuore. Erano due meravigliosi, ingenui, candidi figli, per sempre piccoli, da proteggere e custodire.

Ma l’unica madre che Neville avesse mai conosciuto era nonna Augusta.

Era appena uscito da quella porta e stava cercando di respirare profondamente, quando si trovò davanti Draco, i lunghi capelli raccolti in una coda sulla nuca, maglione di cachemire azzurro, jeans grigi e sorriso affettuoso.
“Ti aspettavo; ti ho visto entrare da Alice e Frank proprio mentre io entravo da Lucius” disse Malfoy.

Anche lui chiamava il padre per nome, e non più papà, padre, da quando Harry lo aveva reso definitivamente immemore, ricoverato in lungodegenza. 
D’altronde, Lucius non ricordava più di avere un figlio, ma aveva un affettuoso e caro giovane amico, che – stranamente – gli somigliava molto.

“Tutto bene?” domandò Neville, e non si riferiva solo allo stato di salute di Lucius.
Draco lo capì.

“Come sempre. Si esce da queste visite con il cuore pieno e pesante. Lo sai bene” rispose “Ti va di bere qualcosa e fare due chiacchiere? Cose leggere, non discorsi esistenziali” aggiunse Draco. 
Neville annuì.

Il giovane Malfoy era l’unica persona che tollerava di vedere quando usciva dai pomeriggi coi suoi genitori.
Si capivano, e la comprensione leniva la ferita che quelle visite riaprivano ogni volta.
“The da Florian?” suggerì Neville, riferendosi alla graziosa sala da the nella zona più intima di North Diagon Alley.
Draco annuì. 

Entrambi preferivano atmosfere rilassate e ovattate, the piuttosto che alcol, dopo i momenti emotivamente pesanti, e non se ne vergognavano.
Sotto alcuni aspetti, l’educazione che avevano ricevuto e la famiglia da cui provenivano si somigliavano.
Antico nome, tradizioni e contegno ferrei. 
Pochi avrebbero capito questa cosa, rimarcando le differenze tra essere Auror e appartenere all’ordine della Fenice o essere Maghi Oscuri e far parte dei Mangiamorte, ma secondo Neville, astrattamente, erano due facce di una stessa medaglia. 

Luce e buio che riconoscevano sé stessi guardando il proprio contrario.

Restava il fatto che, socialmente, avevano avuto un’educazione molto, molto simile.
Entrambi ingabbiati in un contegno rigido e corretto dettato da regole precise, entrambi oggetto – e vittime – di pesanti aspettative familiari, da loro disattese. Entrambi certi di essere promesse non mantenute.

Queste cose, Draco e Neville non dovevano nemmeno dirsele: si vedevano e si riconoscevano nell’altro. 
E questo accadeva da quando avevano preso a parlarsi davvero, senza rivalità tra case e divisioni ideologiche.
 
“Prima di Natale voglio prenotare una visita ad Azkaban da Narcissa. Glie lo devo” mormorò Draco. 

Harry gli avrebbe risposto che non doveva proprio nulla a una madre che aveva messo a rischio vita e salute mentale del figlio per il ‘buon nome’ della famiglia, ma Neville capiva perfettamente il suo discorso. 

L’obbligo morale e affettivo che pesava sulle spalle. Lo sforzo di fare la cosa giusta, anche quando era la più pesante. Lo capiva e annuì.

“Vuoi che venga con te? Ti aspetto fuori dalla sala colloqui, ovvio” disse, studiando il vapore che saliva dalla sua tazza. 
Draco beveva un leggero the bianco, aromatico e delicato; Neville, un the Assam, forte e nero, tannico.
Gusti diversi per sensibilità simili.
 
“No, grazie, Nev. Da quando ad Azkaban non ci sono più i dissennatori, è molto più semplice affrontare le visite; sia lode a King, che uomo gentile. Gentile di cuore”
Neville annuì. 

Gli piaceva Shaklebolt, ed era uno dei suoi sostenitori più accaniti anche adesso che aveva fatto sensazione (scandalo) mettendosi con il giovane cadetto Auror che gli aveva salvato la vita.
“Se, quando esci, hai bisogno di ripigliarti un attimo, sai dove trovarmi. Anche se non voglio scavalcare Harry…”
Draco rise, una risata tranquilla e gentile.

“Harry si agita molto, quando vado a trovare i miei. Si sente in colpa, perché il nostro rapporto ha inasprito ferite profonde e di fatto ha portato mio padre dove è e mia madre anche. Io non ce l’ho con lui, anzi, ma doverlo rassicurare che sto bene e che va tutto bene rende le cose ancora più pesanti” rispose, guardando Neville con quei bellissimi occhi grigi.

Solo un osservatore superficiale avrebbe mancato di vedere la profonda emotività dietro l’apparente imperturbabilità di Draco Malfoy.
E Neville era un buon osservatore, come tutti quelli che - emarginati dagli altri - gli altri li studiano da lontano.
Quindi annuì, comprensivo.

“So che Ginny ti ha invitato alla Tana, per Natale. Vorrei accettassi, Nev. Sono sempre molto sereno quando ci sei tu. Sei parte della mia famiglia, ormai” aggiunse Draco. 
Neville sorrise.

“Sei gentile, amico mio. So che saresti felice di avermi lì. Ma non devi rassicurarmi”
“Non ci sarebbero… non troveresti lì nessuno dei due…”

“Lo so, Draco. Lo so che non ci sarebbero Greg e George. Ma, credimi, non sarebbe un grosso problema. Non sarei molto a mio agio, ecco, ma ho perdonato Greg di amare George di un amore che evidentemente io non so destare. D’altronde, ha amato anche te in un modo che non ha mai riservato a me. Quindi non è lui il punto, sono io” concluse Neville, con un sorriso mesto.

“Che scemenza, Nev. Non sei tu. Non si sceglie chi amare, non si sceglie nemmeno chi non amare. Che ne dici di perdonare anche te per non aver saputo destare quel tipo di amore in Greg?” reagì Draco. 
Gli occhi grigioverdi di Neville restarono remoti.

Draco prese fiato, poi parlò, serio.
“George è gelosissimo di te. Non ti si può nominare in presenza sua e di Greg. Ti vuole bene, sia chiaro, ma vuole saperti molto lontano da Greg. E non fa così con me. Di me non è geloso, nonostante sappia che tra me e Goyle c’è stato… quello che sai. Sotto un certo aspetto, questo dovrebbe lusingarti, no?” sorrise Draco.
 
“Non immaginavo che George fosse geloso di me. Mi spiace se ci sta male. Per me è storia chiusa. Dolorosamente chiusa, ma chiusa” mormorò Neville.
“Lo so: schiena dritta e nessun compromesso. Così se tu. Grifondoro puro. Molto più di Harry. Harry scende a compromessi, in certe cose. Ha molto Serpeverde, in sé. D’altronde, il cappello parlante era indeciso su dove piazzarlo, me lo ha raccontato lui stesso. E ho sempre pensato che non fosse un caso che alla battaglia di Hogwarts la spada di Godric si offrisse a te, per farti uccidere il settimo Horcrux” disse con dolcezza Draco.

“Un eroe che non ha il coraggio di rinunciare al maglione a disegni sferruzzato della nonna. Peggio ancora, un eroe a cui quel maglione piace. Un eroe goffo e maldestro” scherzò amaro Neville.

“Credo che la spada abbia scelto te per quello, Nev. Un eroe così puro da farsi beffe delle beffe altrui. Facesti un discorso splendido, quella volta. Un discorso saggio, e di nessun protagonismo. All'inizio avevano riso di te. Ma alla fine, Nev, alla fine non rideva più nessuno. La verità è che fosti molto più forte di Voldemort, ma anche di Harry, amico mio. Tu hai la forza di chi rende conto solo alla propria coscienza. Quella forza, nessuna risata altrui la può sovrastare. Quella forza, alla fine, vince”
Neville lo guardò, un po’ stupito.

“Le cose per cui ti prendevo in giro allora, Neville, sono quelle che più ammiro in te adesso”
Neville sorrise. 
Un sorriso caldo, che dalla bocca salì agli occhi.

“Cormoran Warrington mi ha detto qualcosa di molto simile, ieri sera” mormorò, mentre ricordava lo scambio con il battitore dei Puddlemere.
Draco sorrise. 
Non il sorriso un po’ condiscendente che facevano in molti non appena si nominava War. 
Un sorriso vero, affettuoso.

“War. L’eterno secondo. L’ombra di Kain Montague nella vita, meno affascinante, meno popolare, meno sveglio. L’ombra di Gregory Goyle nel quidditch. Il battitore meno spettacolare dei due, sebbene sia altrettanto bravo. È un bravo ragazzo, War. Anche se mi rendo conto che un altro Grifondoro rabbrividirebbe nel sentire le parole bravo ragazzo/Serpeverde nella stessa frase”

“Io ho visto il male che ha cercato di farti un Grifondoro, Draco. Ricordi? Finnegan. Credo che dovremmo smettere di ragionare per luoghi comuni. E Harry ha rischiato di ucciderti, al sesto anno, non facendosi problemi a usare verso di te un incantesimo che non conosceva. I Grifondoro non sono santi. Tu sei un Serpeverde e non potrei desiderare amico migliore, come Harry non potrebbe desiderare compagno migliore. Hai perdonato errori, a quel ragazzo, che non so quanti Grifondoro gli avrebbero perdonato; io per primo, sinceramente”
Draco gli sorrise, riconoscente.

“Quindi, con te posso continuare a parlare bene dei Serpeverde di cui sono amico. Bene. War è una brava persona. E so che ti adora. Anzi, guarda: so anche che viene abbastanza preso in giro, per questo. Ma sono tranquillo”
“Perché?” domandò Neville, il cuore inspiegabilmente in gola.

“Perché so che non lo ferisce essere preso in giro dai compagni di squadra. Ci è abituato ed è abbastanza forte da riderne di cuore. Ridono benevolmente di lui e lui ride con loro. Ma quello che conta è che so che tu non lo prenderesti mai in giro. Perché è questo che lo ferirebbe: se lo prendessi in giro tu” disse, guardandolo dritto negli occhi.

Neville bevve un sorso di the, poi osservò – oltre la vetrata di Florian – maghi e streghe che gironzolavano per le compere natalizie lungo una Diagon Alley illuminata e ormai definitivamente tornata alla vita. 
Si girò a guardare Draco, pensieroso.
“A volte ho la sensazione che Montague mi provochi. In modo sessuale, dico”
 
Draco si rabbuiò un attimo.
“Voglio molto bene anche a Kain. Insomma, sono stati la mia famiglia per anni, a Hogwarts. Come per te Harry, i gemelli, Percy, Ron, Hermione, Ginny. Lo sai, no? Ci si affeziona. Ecco, dicevo: voglio molto bene anche a Kain. Ma non è buono come Cormoran. Non posso assicurarti che non abbia intenzione di giocare con te. E non per cattiveria, ma perché è fatto così. Bel ragazzo, sempre popolare e furbo, promiscuo sentimentalmente, non solo sessualmente”

“Mi stai dicendo che Warrington non è promiscuo?” domandò Neville, ridendo incredulo.
Draco si limitò a sorridere.
“Sessualmente, sì. Come tutti loro. Sono dei bei ragazzi e sono popolari, addirittura famosi. Come possono non esserlo, se non hanno un compagno stabile? Flint stesso lo è stato, prima di mettersi con Ollie. E Vik, prima di Theo. Ollie stesso, prima di Marcus è stato… ha cercato di dimenticare Marcus mettendosi con me. Tutti sono promiscui, prima di sistemarsi per amore, in quel mondo. Ma sentimentalmente… beh, sentimentalmente Warrington è puro, probabilmente più puro di me e di te. Ha quel modo di voler bene, gioioso e assoluto, di cui pochi cuori sono capaci” concluse, con dolcezza.
 
Neville studiò quello che restava del suo the, nella tazza.


 
 
   
 
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