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Autore: FiloRosso    30/03/2024    0 recensioni
Se non siete amanti dei racconti post apocalittici, dei mangia-carne e non amate le imprese stoiche di alcuni sopravvissuti...be' allora questa storia non fa per voi.
-Tutti abbiamo una storia.
La fine del mondo è iniziata, per ciascuno di noi, all'improvviso. Ma non ha spazzato i ricordi del passato.
Ci siamo lasciati alle spalle morti, cari, persone a cui volevamo bene. Qualcuno si è anche sacrificato per darci la possibilità di sopravvivere. Non è giusto dimenticarli così.-
Genere: Erotico, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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“Proteggere è istintivo, è più che amare ; proteggere è il superlativo assoluto della presenza.

Ma non è per tutti e non è da tutti.”

11.

 

Chi sei Mel? Cosa vuoi darmi in cambio della mia storia?

Ti ho lasciata in quel bosco…Io ti ho lasciata in quel maledetto bosco!

Sarai sicuramente già morta ed io non saprò mai cosa avevi per me. 

Sono una stupida. Una stupida!

Spalanco gli occhi. Ho il cuore a mille e quella terribile sensazione di quando ci si è appena resi conto di aver sbagliato tutto irrimediabilmente mi opprime. Nella mia testa brulicano mille pensieri. E’ un vortice, mi da la nausea.

Ho lasciato Mel da sola, senza un mezzo, alla mercé di quelle belve. Cerco di raccogliere i pensieri. So cosa devo fare una volta uscita da qui e non si tratta di Kael, non devo cercare lui, non subito per lo meno. Devo tornare in quel bosco. 

Trovare quella ragazza è la questione principale ma prima ancora, devo perquisire la sua Jeep. Sono certa che il simbolo sul blocchetto e quello che troverò all’interno della sua vettura mi faranno venire a capo di tutta questa storia. 

E’ già sorta l’alba. Ho il corpo indolenzito e la cervicale a pezzi, per questo ci metto qualche momento prima di riuscire a sciogliere i muscoli delle spalle e sollevare la schiena dal materasso. Joel dorme ancora. 

Dentro di me, ogni fibra del mio corpo è elettrica. Sono sovraccarica ma adesso devo concentrarmi sulla missione. Qualcosa mi dice che trovare il resto del gruppo e uscire da questo posto non sarà una passeggiata.

«Jo?», provo a scuoterlo, «Jo, svegliati.».

Lui mugugna appena e scuote un braccio.

«Dobbiamo cercare gli altri, Joel.», dico più decisa.

A quel punto si volta, ha gli occhi impastati dal sonno. Si passa una mano sul viso e impreca qualcosa fra i denti.

«Buongiorno bell’addormentato.», gli sorrido.

«Per un momento ho creduto di essere ancora al Ranch.»

Ammonisco lo sguardo per un istante: sarebbe bello, si.

«Ma siamo qui-» mi sgranchisco le braccia «-perciò, diamoci una mossa.».

La sua espressione è talmente impenetrabile che decido di non chiedermi a cosa stia pensando. Molto probabilmente, preferisco non saperlo. Mi fissa ancora per un istante, poi, finalmente, ricambia il mio sorriso con uno appena accennato.

Vorrei baciarlo come ero solita fare ogni mattina prima che fuggissi dal Ranch. Non lo faccio ovviamente.

Jo ed io abbiamo deciso di allontanarci per il nostro bene, perché sappiamo perfettamente che stare vicini, prima o poi, ci farà ammazzare. Lui lo sa. Io lo so.

«Ok…», sospira, «E’ il momento di andare.»

Raccolte le poche cose che cappello dei Dodgers ci ha permesso di portare all’interno dello stadio, usciamo dalla stanza.

L’aria è satura di polvere che aleggia attorno a noi e al bancone logoro della baracca.

Lingue di luce penetrano dagli spiragli nel legno e mi danno la certezza che sia giorno inoltrato.

«Siete svegli!»

Austyn è dietro il bancone, gomiti premuti contro il legno, aria meschina stampata in volto.

«Quindi…Siamo apposto con il pagamento?», domanda Jo esitando appena.

Austyn annuisce solerte socchiudendo le palpebre «Ma certo! Vi ho dato la mia parola.».

«Perfetto.»

Ce ne stiamo per andare.

Jo mi sfiora la schiena con il braccio invitandomi verso l’uscita, ma proprio mentre sono ad un passo da essa, Austyn si muove di scatto.

Come se qualcosa lo turbasse terribilmente si affretta a dire: «Oh, vi prego…Non andate via così, senza nemmeno aver consumato la colazione!».

Con un gesto nobile della mano ci indica due tazze fumanti di quello che lui stesso dice di essere «caffè.».

Caffè. Mi sembra una vita fa che lo stavo sorseggiando seduta al bar durante la pausa pranzo.

Guardo Jo, sono smaniosa. Lo voglio bere anche se so con certezza che non sarà mai buono come quello di un tempo.

«Non mi convince.», mormora lui. Non ho idea del perché abbia la costante percezione di pericolo in tutto ciò che ci circonda. E’ una peculiarità che caratterizza il suo modo di essere che, per carità, ci ha aiutati in svariate occasioni, ma spesso mi innervosisce.

«E’ solo caffè.», provo a fargli notare.

Lo scruta un momento.

«Se fosse avvelenato?» mi chiede a bassa voce.

Aggrotto la fronte «Avvelenato.».

«Si, avvelenato!».

«…Ti prego…».

Scuoto la testa e mentre lo faccio, mi sto già dirigendo verso il bancone.

«Karina!», prova a fermarmi.

«Sei sempre così esagerato.» Mi siedo su uno sgabello e fisso Jo aspettando che mi segua.

«Allora?».

Sospira arrendevole.

«Ok,ok.»

Il primo sorso mi contrae lo stomaco, è forte. Poi, riscopro un sapore che non provavo da tempo. Quasi mi commuovo.

«Buono?». Mi ero praticamente scordata di Austyn. 

Annuisco.

«Non bevevo del caffè da…»

«Quando tutto questo è iniziato?»

«Già.» Per un momento, l’espressione malvagia che la mia testa evoca sul volto del vecchio Austyn sparisce, lasciando spazio a quella di un uomo stanco e solo. Accenna un sorriso disteso.

«Ho una figlia.» dice di getto mentre impugna un barattolo di latta e ci passa una pezza dentro, «ti somiglia molto, sai?».

«Ora dov’è?». 

Joel mi tira un colpetto con il gomito. Lo guardo e lui fa cenno con il mento verso qualcosa oltre le spalle di Austyn. Una foto, qualche rosario attorno. Una ragazza castana come me che sorride impugnando un mazzo di fiori.

Merda. Sua figlia.

«No, no, tranquillo caro. Prima non ne parlavo spesso, ma ora è quasi come se parlarne mi facesse bene. Ho l’impressione che quando nomino la mia Carmilla lei appaia qui, accanto a me.»

E’ un momento così triste.

Il viso di quest’uomo è triste.

«Era una ragazza che amava la vita e le persone, tanto da decidere di intraprendere gli studi di medicina. Voleva aiutare il prossimo, salvare quante più vite possibile.» fa una breve pausa «Purtroppo però, proprio la sua passione me l’ha portata via.» 

Capisco subito che sua figlia era fra i primi aiuti mandati per contenere il morbo quando non si sapeva ancora a cosa stavamo andando incontro.

Allungo una mano verso le sue rugose . «Mi dispiace così tanto.».

Austyn mi lancia un’occhiata lasciva che mi fa capire che sta soffrendo ma allo stesso tempo ho la percezione che provi repulsione per questo momento.

Mi confonde.

Fissa le mie dita intensamente ma poi allontana le sue mani da me.

«E’ così triste che delle giovani vite vengano spezzate ingiustamente.».

Fa un passo indietro e abbassa lo sguardo. Colpevole. Di cosa però?

«Voi siete una coppia meravigliosa, ed è un peccato…Veramente.»

Sposto, esitante, lo sguardo verso Joel. E’ confuso quanto me.

Poi, all’improvviso, la porta di legno alle nostre spalle si spalanca. Sento armare un paio di fucili. Il ferro tintinna: qualcuno ce li sta puntando contro.

«Ecco dove vi nascondevate!», dice una voce alle nostre spalle «Ottimo lavoro, Austyn.»

 

                                                ******

 

Un ronzio mi spacca la testa. Qualcuno mi colpisce in faccia ma è tutto proiettato a rallentatore.

Rimbalzo contro la terra arida dello stadio. Il sole è alto nel cielo ma io non posso che vedere la terra mista a sabbia che mi riempie le narici. Legata con i polsi serrati dietro la schiena, stento a rendermi conto della situazione.

Un attimo prima ero nella baracca di Austyn, quello dopo, qualcuno mi colpisce ripetutamente all’addome, al volto e mi lega senza che io possa opporre resistenza.

Joel viene spinto al suolo accanto a me. Un rivolo di sangue gli gronda sul viso. Ha il sopracciglio spaccato e un labbro gonfio.

Lo hanno picchiato esattamente come hanno picchiato me.

«Jo», tossisco sabbia.

«Sei ferita?», mi chiede ansimando.

Non lo so, non riesco a vedere granché del mio corpo.

«Sto bene.», dico. 

Sento passi provenire da un punto non troppo lontano oltre la mia testa e brusio alle mie spalle, poi qualcuno mi afferra per la nuca e mi solleva la testa. E’ cappello dei Dodgers.

Ha un sorriso diabolico e mentre mi parla un rivolo di saliva gli zampilla dalle labbra.

«Siete riusciti a far scomodare El Gringo, dovete essere persone speciali.», sibila venefico prima di schiantarmi al suolo nuovamente.

Effettivamente dice la verità. Vedo sei uomini venirci incontro: maschera antigas a coprirgli il volto, fucili alla mano e lunghi soprabiti scuri.

Il settimo uomo cammina un passo indietro, ha l’andatura più sicura rispetto agli altri.

E’ El Gringo, ne sono certa.

«Chi è a capo di Capen Hoks, dovrebbe sapere che qui non commerciamo con chi non si sottomette a El Gringo.» dice qualcuno fra i sei; lo sento ma non riesco ad ascoltare. Il mio sguardo è catalizzato alla settima figura. Dietro quella maschera antigas so, per certo, che sta fissando proprio me.

«M.C. non vi ha detto quanti ne sono morti venendo qui?Voi e il vostro stupido Ranch…», sghignazza un altro.

«Lasciateci andare!», grida in un impeto di rabbia Joel. Lo vedo dimenarsi nella sabbia impotente e vorrei dirgli di stare in silenzio, spiegandogli che non serve a nulla ciò che sta dicendo. Questi uomini non ci lasceranno andare. Loro ci uccideranno.

«Lasciateci andare.», gli fa il verso quella che sembra una donna, poi ride.

«Adesso fate silenzio!».

La settima sagoma fa un passo avanti e come le acque del Mar Rosso, tutti si dividono facendosi da parte.

C’è un momento di silenzio raggelante. La figura continua a fissarmi, ho il cuore a mille. 

«Portate gli altri tre.», El Gringo si rivolge ai suoi senza distogliere lo sguardo da me. Un paio di uomini mascherati si muovono in fretta e dopo poco, da dietro una balaustra vedo sbucare i volti tumefatti di Callum, Carlos e Gregory. Sono legati, sporchi di sangue e qualcosa mi fa pensare che li abbiano costretti a restare svegli tutta la notte. Le guardie li trascinano verso di noi e poi li lasciano andare bruscamente.

Gregory cade sulle ginocchia, accanto. Tossisce un paio di volte e penso che sia sangue quello che vedo schizzare sulla sabbia. Respira a fatica ma riesce a dirmi: «Ci ammazzeranno e M.C. lo sapeva.».

Perdo un battito.

«Non potete ammazzarci!» Grida Carlos all’improvviso, tornando a stenti in piedi. «Se lo farete, M.C. manderà altri uomini per vendicarci. C’è suo figlio con noi e suo nipote, pensate che chiuderà un occhio?».

El Gringo sposta lo sguardo da me a lui per una frazione di secondo. Basta un cenno, un secondo che spacca il tempo: uno dei suoi uomini solleva il fucile. Parte un colpo. 

Carlos cade su se stesso esanime.

Voglio gridare ma sono paralizzata, tutti lo siamo.

«M.C. sapeva perfettamente che mandandovi qui sareste morti.», ammette lui, poi si volta verso la folla, spalanca le braccia, guarda i suoi uomini e tutte le persone che si sono radunate alle nostre spalle per assistere a questo martirio. «Chi si oppone alla forza di questo posto, deve essere consapevole che andrà incontro a morte certa.»

Drizza la schiena, scruta il suo gregge.

«E’ chiaro?».

«Si!», gridano tutti.

«A morte gli oppositori!».

«Uccideteli!».

Scene così  non si vedono dai tempi dell’olocausto.

El Gringo è un dittatore e  tutte queste persone sono state plagiate da lui e dal suo gioco di potere basato sulla paura.

«M.C. ha fatto una scelta.», prosegue El Gringo «Ha scelto di confinarsi lontano da qui, invece di lasciarvi alla mia protezione. Ha giurato che il suo Ranch e le persone che vi abitano sarebbero state al sicuro e guarda…», ci scruta uno ad uno, «Siete qui a pregare medicinali e munizioni.»

Fa un altro passo verso di noi «Quando M.C. ha lasciato questo posto, dopo il nostro primo incontro, gli ho giurato che se si fosse rifatto vivo lo avrei ucciso e così…Ha mandato voi.».

Non voglio credere alle sue parole. Se le cose sono andate veramente così, M.C. è un uomo terribilmente egoista e codardo.

«Ero certo che prima o poi qualcuno del Ranch si sarebbe fatto vivo. Con le poche provviste che avevate, avrei scommesso un paio di mesi…Ma devo dire che siete stati oculati nello spartirvi le poche risorse che avevate. I miei complimenti.». El Gringo ci raggiunge lentamente.

Guarda il corpo di Carlos da dietro la sua maschera antigas.

«Non manderei mai i miei uomini a morire se so che succederà con certezza. Vivi o lotta perché questo accada.»

Quando mormora l’ultima frase ho uno spasmo. Quel motto è del Ranch: El Gringo conosce M.C. molto di più di quanto noi non sappiamo, ne sono certa.

«Ad ogni modo,» fa un passo di lato e ci cammina attorno. «Oggi morirete, anche voi quattro.»

Scuta Callum e Joel, non si sofferma abbastanza su Gregory e poi eccolo nuovamente davanti a me.

«Ma c’è una cosa che mi ha sorpreso del vostro arrivo qui e sei proprio tu…Karina.»

All’improvviso tutto attorno a me si ferma.

Non ci sono più sopravvissuti o guardie e niente più brusio.

Sa il mio nome.

Sa il mio fottuto nome.

«Chi sei?».

Non so se sta sogghignando o se è impassibile alla mia domanda. Non so chi c’è sotto quella maschera.

«Dopo tutto questo tempo, sei ancora viva…Il che è sorprendente.»

«Chi sei, ho detto!»

Quando grido mi preme di scatto il piede sulla testa.

«Non sei nella posizione per poter pretendere un bel niente, nemmeno risposte.», ringhia.

«Lasciala stare!».

Joel si è rialzato e incespica verso di noi.

«Non lo farei fossi in te…» sento mormorare l’uomo che mi preme la testa contro la terra, e poi il suo braccio sbuca da sotto il soprabito scuro e lungo quasi come un mantello. Ha una pistola stretta fra le dita e la punta contro Joel.

«NO!», mi dimeno.

El Gringo abbassa la sicura, la pistola è pronta per sparare.

«Sei così impaziente di morire, Joel?».

Jo si immobilizza sul posto, è scioccato quanto me.

«Ci avete lasciati morire la notte in cui il Ranch è stato invaso. Tu e tuo zio siete spariti, lasciando decine di persone in balia di quei mostri.» Il braccio di El Gringo trema appena sotto il racconto di quel ricordo «Ho visto bambini appena nati dilaniati a morzi e donne gridare in lacrime mentre i loro figli venivano divorati e voi…Voi siete spariti!». 

Il suo braccio disegna un arco immaginario che termina nella mia direzione.

«Ma lei è ancora viva, eppure era lì, in mezzo a quelle bestie. Ed è impressionante.», sembra sorridere follemente mentre parla,  c’è quasi dell’eccitazione nella sua voce.

«Ma forse, non è un caso che lei sia viva. Magari era con te, Joel.»

Singhiozzo, perché mentre quest’uomo parla, quella notte mi ritorna alla mente come un pugno nello stomaco.

«Sono viva-», dico a fatica «perché qualcuno ha sacrificato la sua vita per me, ma non è grazie a Joel.».

Il piede sulla mia testa si fa meno pesante.

«Non ero con lui e Callum quando i mangia-carne hanno invaso il Ranch. Io…Li ho persi di vista, non ho idea di dove M.C. gli avesse ordinato di nascondersi.»

«Stai mentendo!».

«NO. Ti sto dicendo la verità.», mi toglie il piede di dosso. 

«Se sono viva è perché-» tremo mentre con i gomiti mi sollevo da terra «Kael ha aperto i cancelli.»

Vedo le spalle della sagoma con la maschera antigas drizzarsi e irrigidirsi nello stesso momento. 

«E’ impossibile, i cancelli erano invasi da quelle bestie.»

«Hai ragione, è vero, erano invasi. E’ per questo che-» Non voglio ricordare. Non voglio ricordare. Non voglio…

«Kael ha fatto da scudo lasciando che quelle bestie attaccassero lui e non me e quei pochi altri che erano riusciti ad arrivare davanti alle palizzate.»

Non riesco a non piangere a dirotto, in silenzio.

«E’ morto», ho la voce rotta, «- per salvare le persone che era riuscito a scortare fino all’ingresso del Ranch.»

Mi porto una mano sulla bocca perché non voglio dire ad alta voce quello che sto per dire. «E mi manca. Mi manca da morire.».

Inaspettatamente, El gringo si china verso di me. Non riesco a trattenermi sto per scoppiare in un pianto liberatorio.

«Quindi no! Non ero con Joel né con Callum ma non è colpa loro se M.C. gli ha permesso di fuggire. E’ stato il suo modo di proteggere la famiglia. Chiunque lo avrebbe fatto. Ognuno di noi, quella notte, ha provato a salvare chi aveva a cuore.» Mi arrampico sulle mie stesse ginocchia per sollevarmi da terra. 

«Eri lì anche tu, dopotutto e sei ancora vivo. Dov’eri? Come hai fatto a sopravvivere?»

«Mi stai sfidando?».

Non gli rispondo.

«Chi ti ha protetto?»

«Sta zitta. Sta zitta!» Impugna l’arma, «Sono vivo perché sono stato furbo.», e con la canna della pistola si preme ripetutamente la testa.

«Chi si è sacrificato per te?».

«Nessuno.»

«Stai mentendo. Chi è?»

«Nessuno!»

«Dimmi chi si è sacrificato per te!»

Lo vedo portarsi entrambi i palmi sul viso e premere con forza; premere come a sopprimere un ricordo e il dolore.

«Andate via! Tutti!», ordina a chi c’è intorno a noi.

«Capo, cosa ne facciamo di loro?».

«Ho detto sparite!».

Nessuno più fiata. Il capannello di persone attorno a noi si dissipa in fretta e le guardie trascinano via Joel e gli altri in men che non si dica. 

Una volta rimasti soli, io sono ancora in attesa di una risposta.

«Tu eri lì quella notte e qualcuno ti ha permesso di impugnare quell’arma oggi. Chi è?!».

Sono di pietra, non ho intenzione di cedere. Oggi non moriranno altre persone.

L’uomo esala un lamento di dolore.

«La donna che amavo.», ammette, «Se sono vivo è perché lei si è sacrificata per me.»

Respiro e lo fa anche lui come se avesse vomitato un grosso peso.

«Abbiamo fatto tutto il possibile quella notte.», mormoro.

«No, altrimenti loro sarebbero ancora qui.»

Lentamente le sue mani scivolano dietro la sua nuca. Separa la chiusura della maschera e se la scende via dal volto.

Non posso credere ai miei occhi.

 

«Svetlana sarebbe ancora qui.»

 




 
   
 
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