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Autore: oscuro_errante    31/03/2024    1 recensioni
AVVERTENZE: la storia è attualmente in corso. Ho intenzione di completarla, ma a causa dei miei impegni universitari ci vorrà più tempo di quanto originariamente previsto.
[What If: A Star Trek Series // La Guerra contro il Dominio] La U.S.S. Europa, pattugliante un settore dello spazio vicino al confine tra la Federazione Unita dei Pianeti e l’Unione Cardassiana, risponde a una richiesta di soccorso da parte di un avamposto Klingon a pochi anni luce dalla sua posizione. Dopo una feroce battaglia, l'imponente vascello di classe Sovereign verrà distrutta per mano delle forze del Dominio; solo uno scarno numero di ufficiali, tra cui il Tenente Eva Ferrari e la Dottoressa Katherine Pulaski, riusciranno a sopravvivere al massacro.
Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'What If: A Star Trek Series'
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Confine Cardassiano, U.S.S. Europa (NCC-1648-E) - meno di tre minuti dal pianeta Qu’Vat

Sopraggiunta in plancia, la scena che le venne mostrata sullo schermo la fece fermare per un istante a fianco di Moq, chiaramente tra i primi ad aver ripreso la propria postazione in plancia, assieme al primo ufficiale: sul visore principale, infatti, i sensori riportavano un'immagine raccapricciante, con detriti di varie forme e dimensioni che fluttuavano liberi nello spazio attorno alla carcassa completamente distrutta di un pianeta che il computer di bordo aveva etichettato con il nome di Qu’Vat.
Da quanto ricordava dai corsi seguiti in Accademia, ai tempi di Archer il pianeta era stato occupato da una florida colonia Klingon composta da alcuni milioni di individui, collocati su Qu’Vat per la straordinaria ospitalità del luogo - e perché speravano di consolidare, senza successo, il proprio potere in quella regione di spazio.
Un secolo dopo, durante l’epoca di Kirk, la colonia era stata abbandonata in seguito a tutta una serie di scontri tra Federazione e Impero Klingon, scontri che erano terminati con un trattato che contemplava il ritiro da parte dei Klingon della zona e la colonizzazione della regione da parte della Federazione. Il pianeta, però, era rimasto pressoché disabitato nei decenni successivi: solo nel più recente passato si era pensato di collocarvi qualche colono e, in collaborazione con l’Impero Klingon, su una luna vicina era stato installato un avamposto klingon in supporto ai vascelli di pattuglia del settore.

Riprendendosi dal primo momento di shock provato, Ferrari si affrettò a grandi passi verso la propria postazione, da cui rilevò l’ufficiale che operava la consolle nel turno pomeridiano. Con occhio esperto, analizzò i dati riportati sullo schermo di fronte a lei, mentre attorno a sé gli altri colleghi entravano alla spicciolata e frettolosamente in plancia e sostituivano rapidamente gli altri ufficiali alle rispettive postazioni.
Improvvisa, risuonò imperiosa la voce del Capitano: «Rapporto!»
«Siamo stati contattati dall’avamposto klingon collocato su una delle lune del pianeta, Capitano,» iniziò a descrivere il Tenente Comandante Christopher, a cui quel fatidico giorno era capitato di coordinare le attività del turno Beta. Continuò a parlare, velocemente e in maniera concisa e precisa, delle azioni intraprese dopo essere stati contattati dall’avamposto Klingon, non da ultimo l’informare il Primo Ufficiale Leeda Sevek della situazione e, una volta giunti a tiro dei sensori, mostrare sullo schermo l’entità della crisi e fare le dovute valutazioni di intervento.
Il bajoriano non aveva fatto in tempo a mettere piede in plancia, che Christopher si era trovato costretto a evocare l’allarme rosso e a chiamare a rapporto tutti gli ufficiali del turno principale in plancia: la situazione era nettamente peggiore delle aspettative.

«Tempo di intercettazione?»
Rebim, alla postazione del timone, rispose prontamente: «Meno di 120 secondi, Capitano.»
«Rilevo una piccola flotta di navi cardassiane e jem’hadar,» osservò Moq, «tutte pesantemente armate. Per quanto sia poco onorevole ammetterlo, Capitano,» aggiunse, guardando in direzione di T’Vok, «non credo che l’Europa sia in grado di affrontare da sola lo scontro e uscirne tutta d’un pezzo.»
«Tenente,» ordinò, senza perdere troppo tempo, T’Vok rivolgendosi a Ferrari, «invii una richiesta di soccorso su tutte le bande di frequenza, priorità uno. Informi il Comando della Flotta Stellare della situazione e che l’Europa farà in modo di guadagnare quanto più tempo possibile, ma che c’è bisogno di inviare ulteriori vascelli il più rapidamente possibile.»
Senza aspettare risposta dall’ufficiale a cui si era rivolta, T’Vok continuò, accomodandosi alla propria postazione e toccando l’interfono: «Tutto il personale ai posti di combattimento. Tenente Rebim, ci porti dentro.»

U.S.S. Leonidas (NCC-538-A) - 35 minuti dal pianeta Qu’Vat

Il Capitano R’Mau era seriamente preoccupato, nonostante cercasse di non lasciare trasparire la propria agitazione: la richiesta di soccorso era stata trasmessa tramite il più alto canale prioritario di cui la Flotta Stellare disponesse e lui sapeva benissimo, per esperienza diretta, che se non fosse stata una situazione davvero emergenziale, il Capitano T’Vok dell’Europa non avrebbe mai dato quel tipo di ordine.

Attorno a lui, il ponte di comando della Leonidas ferveva di controllata attività, dando l’impressione di essere in una situazione di quiete prima della tempesta: il suo ufficiale esecutivo, un umano di origine sassone, stava compiendo un giro per la plancia, verificando con attenta discrezione il lavoro e le attività compiute dagli ufficiali e sottufficiali presenti. La postazione che normalmente occupava, collocata a dritta e virtualmente più vicina alla poltrona del Capitano, era rimasta momentaneamente scoperta quando Friedman si era alzato per conferire brevemente con il Caitiano e, poi, aveva iniziato a supervisionare le attività dei sottoposti.

«ETA in 35 minuti,» informò, dalla propria postazione al timone, senza che gli venisse richiesto, il Tenente Ch’Vatross, dopo aver dato un veloce sguardo alla consolle, «velocità di curvatura massima, signore.» L’Andoriano, a bordo della Leonidas da quando il vascello era stato varato, aveva servito, per qualche anno, presso lo Zefram Cochrane Flight Center principalmente come collaudatore di navette, ma dedicandosi anche a test per vascelli di più alto tonnellaggio. Era stato in quel frangente che l’Andoriano aveva conosciuto, stringendo una profonda amicizia, Eva Ferrari, attualmente ufficiale operativo a bordo dell’Europa: anche lui, come il proprio ufficiale comandante, era particolarmente teso per le implicazioni dovute alla richiesta di soccorso del vascello di classe Sovereign, ma non riusciva a celare le proprie emozioni bene quanto il felino.

Cosciente di ciò, il Caitiano cercò di infondere sicurezza nella propria voce, rispondendo tonante al proprio ufficiale: «Molto bene, Tenente, alla via così. Teniamoci pronti a ogni possibile evenienza, monitoriamo il traffico delle comunicazioni e facciamo in modo di non farci trovare impreparati.» Ma, dentro di sé, la sicurezza lo eludeva e, mentre il Comandante Friedman ritornava alla propria consolle, una volta terminato il giro delle varie postazioni della plancia, R’Mau si ritrovò a temere profondamente cosa avrebbe trovato una volta giunto a destinazione.

U.S.S. Enterprise (NCC-1701-E) - 40 minuti dal pianeta Qu’Vat

«Capitano,» la voce pacata del Tenente Comandante Data attirò l’attenzione del proprio ufficiale comandante, il Capitano Jean-Luc Picard, dalla conversazione sommessa che stava avendo con Deanna Troi, Consigliere di bordo, «stiamo ricevendo una richiesta di soccorso, priorità uno, dall’Europa
Un senso di allarme si diffuse rapidamente all’interno della plancia dell’Enterprise, nave ammiraglia della Flotta Stellare e sesto vascello a portare il glorioso nome reso famoso, un secolo prima, dal Capitano James T. Kirk e dal suo equipaggio.

«Elabori, signor Data,» ordinò perentoriamente il Comandante Riker, fedele ufficiale esecutivo di Picard da quasi quindici anni.
L’androide non perse tempo e, con la flemma di sempre, rispose in maniera precisa e puntuale: «L’avamposto klingon di Qu’Vat è sotto attacco da una nutrita flotta Cardassiano-Jem’Hadar, signore. L’Europa sta intervenendo, ma anche con cinque sparvieri klingon a supporto, non sarà mai in grado di bloccarne l’avanzata.»
Picard non perse tempo - e, in alcuni momenti, Data parlava davvero troppo - a ordinare: «Tenente Perim, tracci una rotta che ci porti il più rapidamente possibile alle coordinate dell’Europa. Curvatura massima. Attivare.»
La Trill, minuta e con corti capelli castani che le lasciavano libero il volto, mostrando le macchie tipiche della sua specie scenderle dalla fronte fin giù, per tutto il corpo, rispose prontamente: «Rotta inserita, curvatura massima, attivato signore. ETA in 35 minuti.»

Alla consolle tattica, il Tenente Daniels, che aveva assunto l’incarico di ufficiale tattico e della sicurezza dopo la partenza di Worf alla volta di Deep Space 9, non aveva perso tempo, mettendo prontamente in allerta tutte le sue squadre di sicurezza e assalto e portando il vascello in allarme giallo; mentre il Comandante Riker, alla destra del proprio Capitano, iniziava a coordinare con la consueta perizia i vari dipartimenti, in maniera tale che tutto l’equipaggio fosse pronto a intervenire quando ve ne fosse stata necessità.
«Sto ricevendo la telemetria dell’Europa,» riportò Data, «ma il segnale è molto disturbato, non sono certo di riuscire a compensare.»
«Ci provi, Comandante,» ordinò imperioso Picard e Data non perse tempo ubbidendo al comando del proprio ufficiale superiore: negli anni prestati al servizio di Jean-Luc Picard, l’androide aveva imparato a comprendere i diversi stati d’animo del proprio superiore - e degli altri esseri viventi con cui lavorava - e, in quel frangente, Picard aveva assunto l’asciuttezza che lo caratterizzava in momenti di particolare tensione. Il che consigliava di perdere meno tempo possibile nell’eseguire gli ordini.

*

In Infermeria, la Dottoressa Beverly Crusher, Medico Capo dell’Enterprise da più di un decennio, stava analizzando i risultati di una serie di test condotti su alcuni campioni di composto organico trasportati a bordo dalla loro ultima missione. A differenza di altri vascelli, l’Enterprise difficilmente veniva impiegata al fronte, il che permetteva all’equipaggio di continuare la propria missione di esplorazione e diplomatica, nonostante in alcune occasioni fossero chiamati a intervenire più o meno direttamente negli scontri.

La donna non ebbe il tempo di rimettere al loro posto i vetrini sui quali i campioni erano conservati, che vi fu un improvviso abbassamento delle luci dovuto all’entrata in vigore dell’allarme giallo con la relativa riverberazione ocra che si diffondeva nell'ambiente, a intermittenza.
Contemporaneamente, iniziò a risuonare l’allarme, mentre la voce del Comandante William Riker si diffondeva nell’aria tramite gli altoparlanti, collocati strategicamente in tutti gli ambienti del vascello: «Plancia a Infermeria: tenere pronte le squadre d’intervento mediche, rischiamo di avere tra le mani un’ingente emergenza sanitaria.»

Ci volle qualche istante, ma poi l’Infermeria si ritrovò a essere centro di fervente movimento, con la Dottoressa Crusher e il suo secondo, il Dottor Martinez, impegnati a coordinare le varie squadre mediche che sarebbero intervenute nell’emergenza che, di lì a relativamente poco tempo, avrebbe visto l’intervento diretto dell’Enterprise.
Nel bel mezzo del pandemonio, l’interfono risuonò nuovamente, questa volta diffondendo nell’aria la voce del Capitano Picard: «Ufficiali superiori, a rapporto in sala tattica.»
Lasciando alcune raccomandazioni al collega, Crusher si affrettò fuori dall’Infermeria: nel caos conseguito all’ordine di Riker, il tempo le era sfuggito di mano piuttosto rapidamente, senza che lei se ne accorgesse, tanto era presa dall’attività frenetica che anticipava sempre le missioni di soccorso più impegnative.
Una volta arrivata nella sala tattica di Picard, piuttosto affollata dalla massiccia presenza degli altri ufficiali anziani, le si gelò il sangue nelle vene: i dati, che i sensori dell’Enterprise riportavano sullo schermo, mostravano una scena che sfiorava il raccapricciante.

Sistema Bajoriano, Deep Space 9 - 45 minuti dal pianeta Qu’Vat

Dopo che la funzione, eseguita dal Capitano Benjamin Sisko, era terminata, i festeggiamenti si erano spostati negli alloggi che Dax e Kahn condividevano da quando Lenara aveva deciso di rimanere a bordo di Deep Space 9, in barba a tutte le leggi Trill. A parte Worf, resosi protagonista di uno spettacolo piuttosto imbarazzante qualche mese prima, erano tutti presenti a condividere la gioia della coppia, che finalmente coronava il sogno di sposarsi, secondo le consuetudini della Federazione - e Sisko era stato ben felice di officiare il rituale.

Lenara indossava, per l’occasione, un elegante abito che richiamava molto quello indossato la prima volta che aveva messo piede sulla base, in occasione del buffet di benvenuto in onore suo e dei colleghi, giunti per condurre studi sul campo in merito alla creazione di tunnel artificiali stabili.
Dax, invece, indossava l’alta uniforme riservata per le occasioni speciali - quali un incontro con delegati di prestigio o, appunto, un’occasione simile al loro matrimonio - raggiante al fianco della donna che era appena diventata sua moglie.
Nonostante sulla Promenade i festeggiamenti fossero ancora in corso, le due donne avevano preferito ritirarsi relativamente presto nei propri alloggi, accompagnate da un numero più ristretto di persone: la loro famiglia ‘acquisita’ su Deep Space 9, a eccezione di Worf, che aveva preferito coordinare il Centro Operativo in assenza degli altri ufficiali superiori; il padre di Jadzia, venuto apposta da Trillius Prime con la scusa di passare qualche giorno su Bajor; Bejal Otner, fratello di Lenara e suo (ex) collega all’Accademia delle Scienze di Trillius Prime.

La sua presenza aveva sorpreso tutti, in particolar modo Kahn e Dax, che di certo non se la aspettavano in occasione di un evento che andava in tutto e per tutto contro quanto l’uomo credeva ferventemente, come aveva dimostrato ripetutamente la prima volta che aveva messo piede a bordo della stazione.
Allo sguardo sorpreso che Lenara gli aveva rivolto, quando lo aveva visto presentarsi all’ingresso dei suoi alloggi un paio di giorni prima della funzione, aveva semplicemente osservato: «Potevo mai farmi mancare uno tra i più importanti giorni della mia sorellina?» Con quelle parole, i lunghi mesi di silenzio che erano seguiti alla loro separazione e all’allontanamento forzato da Trillius Prime delle due donne erano svaniti nel nulla, quasi fossero mai stati presenti.

Il Capitano Benjamin Sisko, ufficiale comandante della base nominato dalla Flotta Stellare, stava parlando sommessamente con il Maggiore Kira, suo secondo in comando, in merito agli ultimi rapporti dal fronte, notando come il Tenente Ferrari fosse assente per motivi imprescindibili, quando il comunicatore appuntato al petto dell’umano si attivò: «Worf a Sisko.»
Accettando la comunicazione del Tenente Comandante Worf, l’uomo fece in modo di non venire ascoltati da altri se non da sé stesso e Kira: «Qui Sisko. Proceda pure, signor Worf.»
«Signore, stiamo ricevendo una chiamata di soccorso ad alta priorità dall’Europa…» Worf riportò, senza troppi giri di parole, al superiore, che lanciò uno sguardo preoccupato a Kira, «…hanno ingaggiato forze ostili nei pressi del pianeta Qu’Vat.»
Sisko non indugiò oltre nel chiedere ulteriori dettagli: se una nave di classe Sovereign chiedeva soccorso, la situazione doveva essere estremamente grave. Con fermezza ordinò: «Prepari la Defiant, Comandante. Arriviamo subito.»
Interrotta la comunicazione, Sisko e Kira si lanciarono uno sguardo costernato, prima di andare, fianco a fianco, a interrompere i festeggiamenti.

Comando della Flotta Stellare - circa 35 giorni dal pianeta Qu’Vat

«Quali sono gli ultimi aggiornamenti, Bill?» chiese imperiosamente l’Ammiraglio Alynna Nechayev, fissando con i suoi occhi color ghiaccio lo schermo dove il Vice Ammiraglio William Ross, ufficiale comandante della Base Stellare 375 e coordinatore delle forze federali nel settore bajoriano, campeggiava dal suo ufficio.
Nell’ampia sala conferenze posta al decimo piano dell’edificio contenente gli uffici centrali del Comando della Flotta Stellare, con sede a San Francisco, oltre a Nechayev erano presenti altri alti ufficiali, tra cui il Comandante in Capo della Flotta Stellare, l’Ammiraglio di Flotta Taela Shanthi, ormai a capo dell’organizzazione da quasi un decennio.
La riunione era stata chiamata d’urgenza, andando anche a pescare le più alte e importanti figure all’interno della gerarchia della Flotta Stellare, come appunto il Comandante in Capo e il Capo di Stato Maggiore, l’Ammiraglio di Flotta Gene Roddenberry.

Per un attimo, lo sguardo di Ross sembrò voler incenerire la donna sul posto, ma fu un istante così breve che probabilmente era solo immaginazione: «Il Capitano T’Vok ha inviato una richiesta di soccorso su un canale di priorità uno. Ho ricevuto i rapporti della Leonidas, dell’Enterprise e della Defiant, le tre navi più vicine al sistema dove l’Europa si trova al momento: sono tutte in rotta di intercettazione, massima velocità di curvatura.»
Mentre continuava a parlare, le immagini sullo schermo passarono dall’Ammiraglio a una mappa stellare che inquadrava il sistema di Qu’Vat, con un piccolo delta ad indicare l’Europa e altre navi alleate a convergere sulla sua posizione: «Ho dato ordine a un’altra mezza dozzina di vascelli di intervenire, nonostante la loro ETA non sia inferiore all’ora e mezza. Anche i Klingon stanno inviando i loro vascelli da guerra, ma difficilmente riusciranno ad arrivare in tempo.»

Lo schermo, ora, mostrava il movimento in tempo reale delle forze federali e klingon, che si affrettavano a convergere sull’Europa e sui suoi attaccanti: tre delta azzurri, individuanti la Leonidas, l’Enterprise e la Defiant, erano i più vicini al bersaglio, mentre gli altri - alcuni dei quali riportanti il simbolo dell’Impero Klingon - erano penosamente più distanti, nonostante la volontà dei propri comandanti di spingere i propri vascelli al massimo per evitare una catastrofe.
Un silenzio greve era sceso sugli Ammiragli presenti, dopo il rapporto di Ross, che nessuno si azzardò a interrompere: se l’Europa non avesse ottenuto supporto al più presto, il suo equipaggio ne avrebbe pagato il caro prezzo.

Fu Roddenberry a spezzare il tetro momento con uno schiarimento di voce, con Nechayev che lo squadrò malamente, ma la verità era che nessuno voleva dire a voce alta quello che tutti davano per scontato. L’esperienza degli alti ufficiali presenti era tale da permettere loro di fare una valutazione molto netta della situazione: l’Europa era condannata, non avrebbe potuto resistere contro le forze nemiche e l’arrivo dei soccorsi sarebbe stato tardivo. L’Ammiraglio Shanthi ordinò ad un ufficiale operativo ai controlli delle comunicazioni di ampliare la mappatura sullo schermo, poi sottolineò quello che, in maniera ovvia, lo schermo mostrava: «Se Qu’Vat cadrà in mano nemica si spaccherà il fronte congiunto con l’Impero Klingon. Avremo un presidio del Dominio tra i nostri due territori.»
L’Ammiraglio Nechayev ribatté al superiore: «Saranno attaccabili da due fronti.»
Shanthi approfondì la sua analisi, dimostrando una volta di più il proprio acume tattico: «Il Dominio ha dimostrato di non badare a quante navi o combattenti possa perdere: continuerà ad armare il sistema fino a che per noi non sarà più possibile contrattaccare in alcun modo. Non possiamo permettere che aprano una testa di ponte nel nostro territorio.»
Roddenberry abbassò lo sguardo, ciò che doveva accadere era chiaro, e come accadeva fin troppo spesso in tempi di guerra, le decisioni più pesanti dovevano essere prese da alti ufficiali distanti dal fronte, capaci di essere freddi e calcolatori.
Shanti annuì, come se quello che stava per fare fosse stato discusso e condiviso ad alta voce dagli altri presenti, poi si rivolse all’ufficiale alle comunicazioni: «Tenente, invii questi ordini all’Europa, canale prioritario uno.»
Il Tenente mosse rapidamente le dita sui comandi: «Pronti ad inviare.»
«Comunichi il mio ordine di non abbandonare il campo. Se anche ce ne fosse la possibilità, l’Europa non deve andarsene: dovrà mantenere la posizione a tutti i costi. La situazione è troppo delicata e il sistema troppo importante per essere perso a favore del Dominio e dei suoi alleati.»
   
 
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