L’invito
«E
allora sono arrivata al limite! Te lo giuro, Sanae, ero fuori di me!
Lui era lì
che mi fissava con questo sguardo da triglia, oddio, lo sai quanto mi
dà
fastidio quando mi guarda con quell’espressione! Una triglia,
ma anche un tacchino…
Spelacchiato. Con la faccia da scemo!»
Yukari
prende fiato e intanto attraversa a grandi passi il salotto. O meglio,
la zona
giorno, perché quella stanza fa da salotto, sala da pranzo,
cucina e ingresso. Cammina
veloce, la fronte corrucciata e le labbra sottili, e camminando avanti
e
indietro schiva due sedie, una pianta in vaso (forse un Ficus
Benjamin), la sua
borsetta e il portaombrelli che non sa perché qualcuno ha
spostato di venti
centimetri rispetto a dove stava la mattina. Deve essere stata la
signora che
viene a fare le pulizie due volte la settimana.
Finalmente
si ferma davanti alla finestra. La apre, e si appoggia al davanzale.
Lancia uno
sguardo indifferente al cortile, in quel momento sta passando la
famiglia che
abita al piano di sotto, la madre e i due figli, lei li sta richiamando
ma i
due bambini la ignorano.
«Sono
stanca, Sanae. Davvero stanca. Di lui, della situazione…
Persino di Milano. Di
tutto.»
Sanae
la ascolta paziente. È spaparanzata su una sdraio nel
giardino della villa di
Barcellona, i piedi nudi appoggiati a un pouf. Ogni tanto si accarezza
la
pancia che sta diventando più grossa ogni giorno che passa.
«Mi
dispiace sentirti così arrabbiata…»
«Dispiace
anche a me.»
«Però
sono certa che anche stavolta troverete il modo di venirvi incontro e
di
superare questa crisi. Vi è già capitato in
passato, no? Ishizaki a volte
esagera ma poi rientra nei ranghi, è uno che sa ragionare e
riflettere sui suoi
errori quando sbaglia… E ti ama alla follia, io di questo ne
sono proprio
sicura.»
Yukari
sbuffa.
«Forse
non abbastanza.»
«Forse
è solo il periodo.»
«Cosa?
Prendi le sue difese?»
In
quel momento Tsubasa si affaccia dalla portafinestra per chiedere alla
moglie
se voglia qualcosa da bere. Lei annuisce, lui le risponde con il
pollice alzato
e un sorriso e rientra in casa.
«Scusa,
eccomi… No. No, non prendo le sue difese, non a occhi
chiusi. Però so che ti
ama, e so quanto possa essere difficile funzionare come coppia,
soprattutto
all’inizio, all’estero. Non pensare che per me, per
noi, sia stato sempre tutto
facile…»
«Voi
siete la coppia perfetta, ma cosa stai dicendo…»
«Noi
siamo una coppia solida, questo sì. Ma lo siamo diventati un
po’ per volta.»
«Io
e Ryo ci frequentiamo ormai da tempo, credevo fosse sufficiente per
diventare
solidi…» borbotta Yukari.
Sanae
ignora questa ultima considerazione dell’amica.
«Quando
sono partita per seguire Tsubasa è stato eccitante ma ne ero
anche
terrorizzata. E nei primi tempi non sapevamo nemmeno dove ci saremmo
fermati,
vivevamo nell’incertezza, ma avevamo capito di poter contare
l’uno sull’altra.»
Yukari
alza gli occhi al cielo e fa una smorfia, Sanae prosegue.
«Poi
la scelta di Barcellona, e il primo periodo è stato
tosto… Lui si è dovuto
guadagnare il posto in prima squadra, io volevo fargli sentire tutto il
mio
supporto. Ma non è stato semplice, e non sai quanto mi sono
sentita sola. In un
Paese straniero di cui non conoscevo la lingua, dove non conoscevo
nessuno.
Lontana dalla mia famiglia e dai miei amici… Avevo solo
lui.»
Mentre
ricorda ad alta voce il passato un sorriso le increspa le labbra.
«Ma
sono momenti che richiamo alla memoria volentieri e che adesso trovo
molto
dolci. In fondo, sono proprio quelli che ci hanno resi una coppia
così solida.»
«Beh,
a noi non è successo, Sanae. Io l’ho raggiunto a
Milano ormai quasi un anno fa,
e anch’io mi sono sentita un pesce fuor d’acqua.
Paese nuovo, lingua nuova.
Amici nuovi, i suoi. Che mi hanno sempre trattata con sufficienza, per
inciso.»
Yukari sente una sgradevole sensazione farsi strada
all’altezza dello stomaco,
è come un nodo che stringe «Ho fatto una fatica
tremenda ma non ho mollato,
pensa, io mi sono addirittura cercata un lavoro per occupare il mio
tempo e per
sentirmi utile, dato che mi sono sempre sentita un… una
specie di soprammobile!»
Sanae
inspira rumorosamente e fa per ribattere ma l’amica riprende
subito a parlare
non lasciandole la possibilità di commentare.
«Un
brutto soprammobile. Muta, perché non parlavo italiano ma
solo un inglese
ancora scolastico. E brutta, perché le fidanzate dei suoi
compagni di squadra
sono tutte delle specie di sgallettate anoressiche con le tette
finte.»
«Ma
no, Yukari, ma non devi neanche pensarle certe cose, ma secondo te
perché lui
avrebbe fatto di tutto per convincerti a venire fin
lì?»
«Non
lo so. Magari si immaginava qualcosa di diverso, magari pensava che
sarei stata
all’altezza.»
«Tu
sei molto più che all’altezza. Sei brillante, sei
divertente, sei un vulcano di
energie…»
«Vedi?
Non ti è neanche venuto in mente di definirmi
bella.»
«Pensavo
non ce ne fosse bisogno. Siamo a questi livelli?»
Yukari
strizza gli occhi per ricacciare indietro una lacrima di rabbia.
«Non
lo so. Non lo so, Sanae. So solo che me ne sono andata da casa sua da
due
giorni e non mi ha cercata. Che sono ospite da una ragazza che ho
conosciuto per
caso lavorandoci fianco a fianco in fiera per cinque giorni, e non
posso
restare qui a lungo…» scuote la testa
«Non ho abbastanza soldi per pagarmi un
affitto senza condividere le spese con qualcuno. E non voglio tornare a
Nankatsu. Non così, da perdente. Sono nella cacca, Sanae,
è inutile girarci
intorno.»
Tsubasa
compare in quel momento con un vassoio, porge alla moglie un bicchiere
con la
limonata ghiacciata.
«Grazie…»
bisbiglia lei, lui le fa l’occhiolino e prende posto sulla
sdraio di fianco.
«Per
cui non so davvero cosa fare. Ho meno di duemila euro sul conto
corrente,
devono pagarmi per un paio di lavori ma sono quattrocento euro in
tutto… Il
problema è che non ho mai trovato qualcosa di stabile che mi
desse delle
entrate regolari… Mi sono sempre arrabattata facendo un
po’ la hostess in fiera,
dando qualche lezione privata di giapponese, poi qualche
traduzione… Adesso il
mio inglese è migliorato tantissimo, e me la cavo
più o meno anche con
l’italiano, ma non è comunque abbastanza per
pensare di trovare un lavoro
dietro a una scrivania…» si gratta la testa,
infastidita con sé stessa e con le
sue scarse capacità di pianificazione «La
verità è che mi sono appoggiata a
lui. E stando insieme a lui non ho puntato su di me. Però
d’altra parte lui
guadagna tre milioni di euro a stagione, io non pensavo saremmo mai
arrivati a
questo… Ehi, mi stai ascoltando?»
Sanae
si riscuote e allontana la mano dall’inguine del marito che
in tutta risposta
la guarda con espressione contrita strappandole un risolino.
«Sì.
Sì, scusami. È arrivato Tsubasa, ma ti stavo
ascoltando.»
Yukari
sospira.
«Ma
no, scusami tu… È da mezz’ora che ti
ammorbo con le mie tragedie…»
«Non
mi ammorbi. Anzi. Sono felice che mi chiami, e sono felice se posso in
qualche
modo esserti utile…» Sanae sbatte le palpebre, fa
capolino nella sua testa un’idea
improvvisa «A proposito. Visto che mi farebbe moltissimo
piacere godere un po’
della tua compagnia e vista la situazione, ehm, anomala… Che
ne dici di venire
a trovarci?»
«Venire
lì da voi? A casa vostra?»
«Mmh,
sì. Sì. Per qualche giorno, non ti dico di
trasferirti in pianta stabile… Non
vorrei metterti in difficoltà.»
Yukari
si gratta il mento, dubbiosa.
«Non
lo so, non mi fa impazzire l’idea di esservi tra i
piedi.»
«In
questo preciso momento sei tra i piedi di una sconosciuta, di cosa
stiamo
parlando?»
«Questo
è vero.»
«Tsubasa
è spesso fuori casa, lo sai anche tu come funziona tra
allenamenti, partite e
trasferte, no?»
«Sì,
ma…»
«E
io ho bisogno di compagnia. Sono una giovane donna incinta. Di due
gemelli…»
«Ok…
Se dici così…»
Tsubasa
ha ascoltato le ultime battute e si è messo a fissare Sanae
con aria
interrogativa.
«E
ti prendo io i biglietti dell’aereo.»
«Va
beh, adesso non esagerare.»
«Come
vuoi. Non farti problemi con me.»
«Ok.»
«Vieni.
Cambi aria, ti schiarisci le idee e poi decidi a mente fredda cosa fare
della
tua vita.»
Yukari
annuisce.
«Ok…
Sì… si può fare...»
«Bene!
Scrivimi se hai bisogno dei biglietti. Ripeto: non farti
problemi!»
«Va
bene… Non mi farò problemi.»
«Ti
aspetto. Avvisa quando hai deciso di partire.»
«Ok.»
Yukari
chiude la chiamata sorridendo. Sì, cambiare aria e mettere
un po’ di distanza
tra sé e quell’ultima litigata con Ryo potrebbe
essere un’ottima idea. Tanto,
non ha niente da perdere, no?
Proprio
in quel momento le vibra il telefono che ha ancora in mano.
È un messaggio di
Marta, la padrona di casa.
‘Ciao
tesoro! Stasera viene Luca da me, posso chiederti di star fuori fino
alle dieci
di sera? Poi puoi tornare se ti serve ancora il divano, tanto noi ci
chiuderemo
in camera! xoxo’
Yukari
rimane a fissare il cellulare, poi sbuffa.
Tsubasa
afferra Sanae per un braccio.
«Non
ho capito. Chi è che viene a stare da noi per qualche
giorno?»
«Yukari.
Ha litigato con Ishizaki.»
«Sai
che novità…»
«Lo
so. Però stavolta se ne è andata di casa, dice
che lui non l’ha nemmeno
cercata.»
«Forse
si è stufato di essere trattato come una pezza da piedi e
stavolta avrà alzato
la cresta. Lei sarà impazzita.»
«Ma
no, non esagerare. Loro sono fatti
così…»
«Sarà.»
Tsubasa si gratta la testa e si alza in piedi scrutando la piscina
«Se a te fa
piacere per me va bene, purché non mi metta in mezzo, non ne
voglio sapere...»
Sanae
fa spallucce.
«Non
penso ce ne sia bisogno.»
Si
volta verso di lei.
«Anzi,
no. Fammi chiamare Ishizaki, è il caso che gli dica questa
cosa. Non vorrei
venisse a saperlo per vie traverse, meglio che glielo dica direttamente
io che
la sua fidanzata sta facendo le valigie.»
«Come
vuoi tu, amore.»
«E
sai poi che ti dico?»
«No.
Cosa?»
«Ieri
mi è arrivato l’invito per la festa al Touch da
parte di Genzo. Gli rispondo
che ci andiamo, in tre. Così invito anche Ishizaki, e magari
quei due fanno
pace.»
Sanae
si mordicchia un dito, pensierosa.
«Non
so se sia una buona idea… Quando sarebbe questa festa? E
dove?»
«Il
prossimo weekend, al Touch. È quel locale sulla terrazza
dell’Imperial, ci
siamo andati una sera parecchi mesi fa…»
«Ah,
sì, adesso ricordo…»
Tsubasa
le si avvicina e le sfiora il collo con le labbra.
«Che
ne dici? Ti va?»
«Non
so bene se ho capito cosa intendi ma sì, mi va…
Mi sembra proprio un’ottima
idea…»