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Autore: Ortensia_    03/04/2024    0 recensioni
Yūji, Nobara, Megumi, Tsumiki e Junpei sono in viaggio per godersi una vacanza. È ormai notte quando si ritrovano sulla strada desolata indicata dal navigatore e l’auto si ferma senza dare più segni di vita.
Non c’è proprio nessuno sulla strada, non un’anima a cui chiedere aiuto.
È una situazione al limite del paranormale. Il fatto che stia per piovere e che l’unico riparo nel raggio di chilometri sia una casetta fatiscente in mezzo al bosco pare l’inizio di un horror e Nobara non manca di incarnare la parte dell’amica terrorizzata e, nella convivenza forzata che li aspetta, anche quella della ficcanaso che insinuando implicazioni sentimentali e sessuali fra gli altri conviventi non fa altro che infilare spiacevoli pulci nelle orecchie e creare situazioni che altrimenti non si verificherebbero.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Fushiguro Megumi, Fushiguro Tsumiki, Itadori Yuji, Kugisaki Nobara, Yoshino Junpei
Note: AU | Avvertimenti: Incest
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8. Io sono una buona amica, la migliore!
「───────────────── ˗ˋˏ ˎˊ˗ ─────────────────」







    Megumi si era ripromesso di non prenderla come tale, ma non poteva fare a meno di sentirsi sconfitto mano a mano che avanzava lungo il corridoio.
    Si fermò di fronte alla porta chiusa, sospirando spazientito appena prima di bussare.
    Dopo qualche istante di attesa, la porta si aprì in un cigolio.
    «Che vuoi?» Nobara gli rivolse un’occhiataccia ostile, come se avesse voluto esortarlo ad allontanarsi con il solo sguardo. Megumi, però, non mosse un muscolo.
    «Mi fa male la schiena» borbottò ingobbito.
    «Come come?» Nobara portò la mano a coppa dietro l’orecchio, un sorriso smaliziato dipinto sulle labbra.
    Megumi la guardò con una certa impazienza. «Mi fa male la schiena» ripeté ringhiando fra i denti.
    Le labbra di Nobara si aprirono, lasciandosi scappare una risatina irritante. «Ci credo! Con quel lettino minuscolo da principessa…»
    Il ragazzo rimase a guardarla senza ribattere, facendole perdere il sorriso.
    «Che vuoi?» finì per domandargli Kugisaki, non senza una certa apprensione nella voce.
    Gli occhi di Fushiguro balzarono a destra e poi a sinistra, nel tentativo di sfuggire allo sguardo pungente dell’altra. «Facciamo cambio» mormorò dopo qualche istante di esitazione.
    Nobara strabuzzò gli occhi. «Cheeee?! No! Non se ne parla!»
    «Che succede?»
    Al suono di quella voce, Megumi cominciò a nutrire qualche speranza. Nobara, dal canto suo, esalò un sospiro esasperato e spalancò la porta, così da mostrare a Tsumiki che suo fratello era lì. «Ha mal di schiena e vuole il nostro letto» sfiatò.
    «In realtà solo il tuo posto» puntualizzò Megumi.
    Nobara lo guardò in cagnesco, poi volse un’occhiata in direzione di Tsumiki, ancora seduta sul letto. Sperò di trovarla indifferente, invece il suo visino accigliato dall’apprensione la disarmò totalmente, portandola a desistere nel giro di qualche secondo.
    «E va bene» sospirò tornando a guardare il disturbatore delle ventidue e trenta. «Sai che c’è? Io sono una buona amica, la migliore! Perciò ti cedo il mio letto, ma solo per stanotte!»
    Megumi emise un sospiro di sollievo guardando l’altra allontanarsi per recuperare le sue cose.
    «Spero che il letto non puzzi» lo punzecchiò Kugisaki non appena uscì dalla stanza.
    «L’ho cambiato prima di venire qui.»
    Nobara si fermò, fulminandolo con lo sguardo. «Quindi eri già sicuro che avrei accettato? Stronzetto…»
    Fushiguro la guardò annoiato, una scrollata di spalle, poi le chiuse la porta in faccia, lasciandola di sasso.
    «Neanche grazie?!» Nobara sbottò indignata, assestando una pedata alla porta. «Tsumiki, insegna un po’ di educazione a quel bastardo ingrato di tuo fratello!»







    «Scusami» Megumi si rivolse subito a Tsumiki, totalmente indifferente alle grida di Nobara fuori dalla porta. «Non avevo molta scelta.»
    «Figurati» Tsumiki gli rivolse un sorriso gentile, battendo la mano sul materasso vuoto accanto a lei. «Mi fa piacere passare un po’ di tempo con te.»
    Megumi ripensò alle parole di Junpei. Quando gli aveva detto che anche lei, a volte, lo guardava in modo un po’ strano, il suo primo istinto era stato di respingere quella possibilità ancor prima di accertarsene. Dopotutto conosceva troppo bene Tsumiki per non essersene mai accorto, sicuramente era Junpei ad aver frainteso alcune delle sue espressioni.
    Ora che la guardava meglio, con quel sorriso così allegro e quella mano ferma sul materasso, però…
    «Non hai portato nulla con te?»
    Ma che cosa andava a pensare? Si insultò mentalmente, abbastanza forte da riuscire a riscuotersi da quel pensiero. Maledetto Junpei!
    «Il cellulare non mi serve a niente» Megumi si buttò sul letto con un sospiro stanco, esalando un singulto di sollievo non appena aderì con la schiena al materasso morbido e soprattutto più lungo delle sue gambe.
    «Come va con Yūji?»
    Quella domanda così all’improvviso lo sorprese. Megumi le rivolse una rapida occhiata, poi si mise a sedere facendo attenzione a non compiere movimenti avventati che gli avrebbero senz’altro inferto altro dolore alla colonna vertebrale.
    «Ti riferisci alla cosa dell’altro giorno?»
    Tsumiki si strinse le ginocchia al petto, annuendo.
    «Gli ho chiesto scusa.»
    «Bene» lei sorrise soddisfatta, «siete amici, no?»
    Megumi la scrutò senza dire nulla, alla ricerca di una risposta al perché gli stesse facendo quella domanda. Non amava definire i rapporti, a meno che questi non fossero molto intimi, ecco perché quella conversazione lo aveva colto impreparato.
    L’idea di ammettere che quel cretino allegro di Itadori era suo amico non lo faceva impazzire, ma Tsumiki lo fissava in attesa di una risposta.
    «Immagino di sì…» ammise dopo un po’ di esitazione.
    Tsumiki sembrò rallegrarsene. Forse il suo desiderio era proprio che, per una volta, definisse un rapporto.
    «È un bravo ragazzo, gentile e leale, sono contenta che tu lo abbia come amico» disse ampliando il sorriso.
    Megumi restò a osservarla mentre si mordeva la lingua per fronteggiare la tentazione di porle una volta per tutte quella domanda di cui temeva tanto la risposta. Sfiatò poco dopo, incapace di trattenersi.
    «Sei sicura che non ti piaccia Itadori?»
    «Te l’ho già detto» ribatté prontamente Tsumiki. «Mi ha solo aiutata con una cosa.»
    «Che intendi?»
    «Oh, nulla.»
    Megumi la squadrò con espressione interrogativa: forse era una sua impressione, ma gli sembrava che Tsumiki fosse leggermente arrossita. «Tsumi?» la esortò.
    «Umh» Tsumiki rifuggì il suo sguardo e l’impressione divenne una certezza: era tutta rossa.
    «Tsumiki» la riprese Megumi con impazienza, lo sguardo assottigliato.
    «Mi ha prestato orecchio riguardo ciò che provo per una persona, okay?»
    Megumi si sentì gelare il sangue. «Allora qualcuno che ti piace c’è…» si ritrovò a mormorare poco dopo, la gola chiusa.
    «Si può sapere perché sei così tanto interessato alla mia vita amorosa?» lo incalzò lei, lo sguardo ancora lontano.
    Megumi deglutì senza risponderle.
    «Sei così preoccupato che possa finire insieme a qualcuno che non ti piace? Non sono così sconsiderata, sai?» Tsumiki lo guardò solo per un istante, una breve occhiata imbarazzata, poi tornò a sfuggirgli. «Tanto non c’è modo per noi di stare insieme» sospirò.
    Strano sentirle dire quel “noi”: sembrava quasi che stesse parlando di loro due, non di lei e un altro ragazzo.
    Megumi ripensò all’insinuazione di Junpei e il suo cuore saltò un battito: e se fosse stato proprio così?
    Ora che ci faceva caso, Tsumiki gli si era avvicinata. Gli si era avvicinata un po’ troppo.
    Normalmente non avrebbe indagato oltre, ma i segnali che stava cogliendo lo spinsero ad approfondire.
    «Perché?» azzardò. «Perché non potete stare insieme?»
    Tsumiki non rispose, ma gli rivolse uno sguardo strano, un sorrisetto amareggiato e al tempo stesso complice a incresparle le labbra. Megumi ebbe l’impressione che gli stesse chiedendo come potesse non averlo ancora capito, ma non ebbe il coraggio di osare.
    «Perché?» insistette nella speranza che Tsumiki fosse più chiara. Dopotutto non era da escludere che fosse tutta un’illusione, Megumi doveva tenerlo bene a mente prima di compiere un gesto sconsiderato che avrebbe mandato in fumo il loro intero rapporto.
    «Perché…?» Tsumiki sembrò riflettere, lo sguardo perso davanti a sé. «Perché abbiamo lo stesso cognome» disse poi, prendendo consapevolezza con un sorriso amaro sulle labbra.
    Quando si voltò timorosa alla ricerca della reazione di Megumi, lui le aveva già preso il volto fra le mani per rubarle un bacio.







    Nobara imprecò quando il tuono fece tremare i vetri della stanza e la pioggia cominciò a riversarvi sulle imposte chiuse.
    «Certo! Quale miglior modo di concludere questa bella serata se non con un temporale?!» protestò mentre si tirava le lenzuola fin sopra la testa.
    Come aveva fatto Megumi a dormire in quel letto per così tante notti? Anche se lei ci stava senza problemi, era davvero scomodo! E poi in giro per la casa c’era uno strano cane e lei era tutta sola…
    Si mise a sedere con uno sbuffo, quindi scostò le lenzuola e balzò giù dal letto, decisa a riprendersi il suo posto.
    Percorse il corridoio in tutta fretta, strizzando gli occhi quando un altro tuono, ben più forte del precedente, rimbombò fra le mura della casa. Si chiese sinceramente se quella catapecchia avrebbe retto a quel nubifragio.
    Non appena strinse la maniglia della porta fra le dita si sentì rincuorata. Prese fiato, poi la spalancò con l’idea di proporre a gran voce di dormire tutti insieme, ma la scena che si ritrovò davanti la lasciò di stucco.
    Megumi e Tsumiki reagirono in fretta, ma non abbastanza da impedirle di registrare nella sua mente la chiara immagine delle loro bocche incollate.
    «Oh mio…» si ritrovò a indicarli, incredula. «Voi due! Voi due stavate…!»
    «No-Nobara» Tsumiki balzò subito giù dal letto, andandole incontro a tutta velocità, «ti prego, chiudi la porta e vieni qui.»
    «Voi due stavate… stavate…» Kugisaki arretrò appena, boccheggiando incredula.
    «Ci stavamo baciando, sì.»
    Le mani di Tsumiki sulle sue spalle le restituirono un po’ di lucidità, ma Nobara non aveva più intenzione di restare lì: aveva bisogno di rielaborare il prima possibile ciò che aveva visto.
    «A-Allora me ne vado, okay?» rise nervosamente. «Non voglio disturbarvi!»
    «Nobara» lo sguardo supplichevole di Tsumiki la trattenne. «Non… non dirlo a Yūji e Junpei, per favore.»
    «Tranquilla, già lo sanno» intervenne Megumi, il volto ancora più paonazzo di quello di Tsumiki nonostante stesse guardando in cagnesco Nobara da quando aveva fatto irruzione in camera. Avrebbe voluto ricordarle l’importanza del bussare, ma lei avrebbe sempre potuto rispondere che di certo non si sarebbe aspettata di trovare due fratelli impegnati a pomiciare.
    «Già lo sanno?!» entrambe le ragazze si rivolsero a Megumi. «Prima di me?!» aggiunse Nobara, infuriata.
    Megumi le guardò contrariato. «Avrei evitato, ma mi hanno messo alle strette…»
    «Quelle due comari me la pagheranno per non avermelo detto!» ringhiò Nobara, e se ne andò in tutta fretta, sbattendo la porta.
    Tsumiki e Megumi rimasero a guardarsi per un po’, lei ancora ferma davanti alla porta chiusa.
    «Se vieni qui con certe intenzioni dovresti chiudere a chiave» lo ammonì girando la chiave nella serratura.
    «Eh? Guarda che io volevo solo dormire, sei tu che mi hai approcciato.»
    «Non è vero…!» sbottò lei, arrossendo.
    Megumi la guardò accigliato, riprendendo a parlare dopo qualche istante di esitazione. «Continuiamo?»
    Tsumiki lo incenerì con lo sguardo. «Andiamo a dormire.»
    Megumi sfiatò, girandosi su un fianco con fare arreso. «Maledetta Kugisaki…»







    «Ora!» esclamò Nobara nel bel mezzo del corridoio. «Devo proprio andare da quei due cretini, ma… ahhh!» si portò le mani alla testa, scompigliandosi i capelli, «chissà che cosa staranno combinando!»
    Nobara piagnucolò con le mani sugli occhi mentre l’immagine di Yūji e Junpei che ci davano dentro in più posizioni, fra ansimi e frasi scabrose, diveniva sempre più nitida nella sua mente. Quando divenne del tutto definita, però, scoprì che non era affatto male.
    «Però sarebbero carini» si ritrovò a mormorare appena prima di un tuono il cui fragore coprì lo schiocco delle sue mani sulle guance. «Ma che sto dicendo?! Sono una fujoshi, adesso?!»
    «Eh? Kugisaki?»
    Nobara non riuscì a trattenere un urletto quando si ritrovò davanti Yūji. Senza rendersene conto, infatti, era arrivata davanti alla loro stanza e lui, sentendola gridare, era uscito a controllare.
    «Tutto bene?» le domandò preoccupato.
    «S-sì» boccheggiò lei. «Che fate lì dentro?»
    Yūji spalancò la porta e l’istinto di Nobara fu quello di coprirsi gli occhi per non vedere Junpei nudo. Non fece in tempo, ma con suo grande sollievo vide che Yoshino aveva il pigiama addosso.
    «Giochiamo con i Game Boy che abbiamo trovato in soffitta» disse Itadori con un sorriso trionfante mentre Junpei, seduto sul letto, le rivolgeva un cenno di saluto. «Con il cavo possiamo giocare insieme senza bisogno della rete, non è figo?!» continuò Yūji.
    «Ah?» Nobara lo guardò delusa. «Siete proprio due bambini» commentò senza riuscire a dissimulare il proprio disappunto.
    «Eh?»
    «Nulla» sventolò la mano in aria, come a voler scacciare del tutto quella conversazione, poi sfoderò gli occhi più dolci della sua vita. «Ragazzi, ecco, mi chiedevo… non è che potrei dormire con voi per questa notte?»
    «Non dormi con Tsumiki?»
    «Ho lasciato il mio posto a Megumi» rise nervosamente, ricordandosi delle loro labbra incollate. «Sapete, con questo tempaccio non voglio stare da sola nell’altra stanza…»
    Anche perché ora, con quelle immagini di corpi sudati di fratelli che facevano cose in mente, era certo che non avrebbe chiuso occhio.
    «Per me non c’è problema, Nobara, ma abbiamo solo due letti piccoli…»
    «Non per mandarti via» intervenne Junpei, «ma forse potresti condividere il letto matrimoniale con Megumi e Tsumiki. Credo sia più fattibile, no?»
    All’improvviso, Nobara si immaginò fra quei due corpi sudati e rabbrividì di terrore. «Sì, insomma…!» congiunse gli indici, guardando a terra con il volto in fiamme, «meglio di no… poco fa ho avuto la brutta idea di entrare senza bussare…»
    «Che…?!» Junpei si alzò di scatto. «Stavano facendo qualcosa?!»
    «Oh sì, eccome, e voi due brutti stronzi lo sapevate! Potevate anche dirmelo!»
    «Quindi Fushiguro ce l’ha fatta» constatò Junpei.
    «Che facevano?» domandò Yūji con curiosa innocenza.
    Nobara sorrise tronfia. «Non ve lo dico! Così imparate a non condividere i segreti con me!»
    «Chiudila fuori, Yūji.»
    «Che?! Junpei, bastardo! Va bene, va bene, ve lo dico!»
    Yūji, che stava già per chiudere la porta, si fermò. «Junpei?» chiese poi.
    Yoshino piegò le labbra in un sorrisetto trionfante.
    «Falla entrare.»







    Junpei pensava che sarebbe morto da un momento all’altro. Il cuore gli batteva così forte che quasi non riusciva a respirare.
    Ancora non ci credeva di trovarsi nello stesso letto con Yūji. Un letto davvero piccolo che li costringeva a dormire molto vicini, per di più.
    Anche se Nobara si era appropriata del suo letto come una parassita, le doveva molto. Le avrebbe offerto un pranzo o una cena… anzi! L’avrebbe portata a fare shopping e le avrebbe comprato l’articolo più costoso che fosse riuscito a trovare.
    Era una fortuna che fuori piovesse così forte, altrimenti Yūji avrebbe sentito il suo respiro alterato e forse gliene avrebbe domandato il motivo, cosa che lo avrebbe imbarazzato ancora di più.
    Nonostante lui e Yūji trascorressero parecchio tempo insieme, quella era la prima occasione di intimità fra loro. Junpei era così tanto impegnato a restare immobile per evitare anche solo di sfiorarlo che era certo non sarebbe riuscito a chiudere occhio.
    “Forza, Junpei” si disse, “ce la puoi fare a non implodere, anche se si trova ad appena un centimetro da te”.
    All’improvviso fu Yūji a muoversi, circondandolo con un braccio.
    Junpei si pietrificò a occhi sgranati mentre l’altro lo stringeva pigramente a sé.
    «Yū-Yūji…?» lo chiamò a bassa voce, la gola completamente asciutta e il volto in fiamme.
    «Non ti dispiace, vero, Junpei?» gli chiese lui, le labbra aderenti ai suoi capelli morbidi e scuri. «Se cerchiamo di non toccarci staremo scomodi per tutta la notte. Tanto vale stare comodi, no?»
    Junpei non riuscì a rispondere. Si limitò a boccheggiare con il cuore che gli batteva all’impazzata nel petto, le guance a fuoco.
    Yūji doveva aver interpretato male il suo silenzio, perché di punto in bianco allentò la stretta. «Se ti do fastidio... »
    «N-no!» Junpei gli aveva già bloccato il braccio con entrambe le mani. Dovette fare un enorme sforzo per riuscire a parlare ancora. «No, va… va bene.»
    Non ne vedeva che la sagoma al buio, ma gli bastava per capire che Yūji stava esitando. Quel braccio ancora sospeso su di lui, che non ritornava a stringerlo, ne era la prova.
    «Junpei...»
    Yoshino deglutì avendo un brutto presentimento.
    «Che cosa stava succedendo fra noi prima del black out?»
    Non lo avrebbe creduto possibile, invece il battito del suo cuore aumentò ancora.
    «Yūji... c'è Nobara.»
    «Sta russando nel tuo letto.»
    Avrebbe voluto negare, ma quella maledetta di Kugisaki faceva concorrenza ai tuoni.
    Junpei deglutì a fatica. «Non stava succedendo niente, comunque.»
    «Siamo di nuovo al buio» gli fece notare Yūji. «Possiamo riprendere da dove avevamo lasciato.»
    Junpei gli lasciò il braccio e si coprì il viso con entrambe le mani, troppo imbarazzato per rispondere.
    Le dita di Yūji gli avvolsero i polsi con delicatezza attenta, esortandolo pian piano a scoprire il volto.
    Adesso non c'era più spazio fra i loro corpi, né fra le loro labbra.
    Junpei sentì il cuore scoppiargli nel petto, ma non ci pensò due volte a stringere le braccia attorno alle spalle di Yūji e a ricambiare il suo bacio.

   
 
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