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Autore: oscuro_errante    08/04/2024    3 recensioni
Un gruppo di avventurieri, di ritorno da una missione nei pressi di Secomber, viene inviato al nord, nel tentativo di fermare la caccia a un rarissimo esemplare di drago bianco, ricercato per le scaglie, le zanne e il particolare veleno che secerne da alcune ghiandole.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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«Avete mica capito che fine abbia fatto Shael? Era dietro di me fino a un attimo fa…»
A porre la domanda era stata Dandreal, una chierica di ascendenza Aasimar a cui era stata fornita la protezione dei Five Protectors, un famoso gruppo di avventurieri che, poco tempo dopo la propria formazione, era stato in grado di sconfiggere, e uccidere, un drago.

Shael Silentlight, la persona di cui stava chiedendo la chierica, era la ladra scout del gruppo, un’Elfa della Luna di sangue nobile, che si era unita ai Five Protectors dopo qualche anno all’interno della Gilda dei Ladri. Il suo passato era piuttosto controverso, a causa della ribellione messa in atto dal cugino Nakeas ai danni della sua famiglia e, in particolare, del padre di Shael, il quale era stato dato per morto. Shael e i suoi due fratelli, grazie all’aiuto di alcuni armigeri ancora fedeli al defunto genitore, erano riusciti a fuggire, ma ben presto erano stati costretti a separarsi, per depistare Nakeas e i suoi scagnozzi.

Anche Ice, il gigantesco lupo bianco salvato dalle segrete del castello Tresendar dalla stessa scout e da Altan, il Ranger, non si trovava da nessuna parte - nonostante fosse ben difficile non notarlo, date le sue dimensioni e il pelo, talmente bianco da richiamare i colori delle valli innevate del profondo nord.

Dandreal era stata un’aggiunta temporanea ai Five Protectors, ai quali era stato assegnato il compito di scortarla fino a una zona parecchio tumultuosa della Costa della Spada, dove erano stati richiesti i suoi servigi da guaritrice. La regione attorno a Secomber era caratterizzata dalla massiccia presenza di agguerrite bande di accoliti di Talos, Dio della Distruzione, in una delle quali si erano sfortunatamente imbattuti sulla via del ritorno. Questo incontro imprevisto li aveva costretti ad affrontare nell’immediato gli adepti di Talos, prima di infilarsi in una foresta poco lontana dalla strada principale nel tentativo di far perdere le proprie tracce ai malconci sopravvissuti. Avevano appena deciso di accamparsi in un’ampia radura, facilmente difendibile in caso fossero stati attaccati, quando Dandreal si era accorta che Shael e Ice non si trovavano con loro.

Prima che qualcuno degli altri avesse materialmente il tempo di risponderle - nel mentre, era stato anche rapidamente imbastito un fuoco al centro del bivacco - il frusciare proveniente dal fogliame circostante mise tutti in allerta; solo Grey, il lupo grigio che era diventato il compagno animale di Altan, si limitò ad alzare appena il muso e indirizzarlo verso la fonte del rumore, senza però fare altro. Chiaro segno, nonostante l’apparente agitazione degli altri, che non potesse essere nessun altro individuo che la stessa Shael.
Nonostante ciò, tutti quanti tirarono un sospiro di sollievo quando videro sbucare la figura slanciata e spigolosa dell’Elfa, seguita dalla gigantesca sagoma di Ice, che si stagliava nettamente sul verde intenso del sottobosco e della densa vegetazione che circondava la radura per via del suo manto bianco.

«Ero ad assicurarmi che non ci avessero seguito,» rispose stancamente la scout, zoppicando vistosamente, rivolgendosi a Dandreal. Nessuno fu particolarmente sorpreso: l’udito degli Elfi era molto più sviluppato rispetto a quello di qualsiasi di loro, a esclusione forse della barda, che era una mezzelfa. Vestita con abiti che l’aiutavano a passare il più inosservata possibile in diversi contesti e situazioni, sui quali portava un’armatura elfica in acciaio finemente lavorato, realizzata in maniera tale da non intralciare nei movimenti e, al tempo stesso, fornire una protezione sufficientemente valida in modo da farle correre meno rischi possibile, l’Elfa aveva un portamento elegante nonostante la zoppia. Una faretra piena di frecce piumate e una spada corta erano sospese alla cintura della donna, rispettivamente a destra e a sinistra, di fatto equilibrandosi reciprocamente; in mano, la ladra aveva un arco di squisita fattura elfica, ancora incordato, ma senza alcuna freccia incoccata.

«Scusate se ci ho messo più tempo del previsto…» Shael fece ancora qualche passo incerto, sempre zoppicando visibilmente, prima di accasciarsi sul posto. Dandreal le fu a fianco prima ancora che qualcuno degli altri potesse fare il benché minimo movimento verso di lei, afferrandola per tempo e accompagnandola a terra, mentre l’arco rimbalzava sinistramente tra la polvere a pochi passi da loro. Altan, più vicino rispetto agli altri, si affrettò ad aiutare la chierica a liberare il fodero della spada e la faretra piena di frecce dalla vita dell’Elfa, in maniera tale che non dessero troppo fastidio e la loro assenza permettesse di vedere meglio dove fosse il problema.

L’alto Aasimar prese con cura anche l’arco elfico, studiando con occhio critico ed esperto l’arma per vedere se la caduta avesse inferto qualche danno, non trovando difetti. Soddisfatto, appoggiò il tutto in una pila ordinata vicino al fuoco da campo che avevano preparato, prima di ritornare dalle due donne, alle quali si erano avvicinati la mezzelfa e il dragonide del gruppo. La strega e il paladino, quest’ultimo unitosi solo di recente, preferirono rimanere indietro, assieme al famiglio della strega e a Grey, onde evitare brutte sorprese.

L’assenza della spada e del relativo fodero permise a Dandreal, ma anche a coloro che si erano avvicinati loro, di notare un moncone di freccia spuntare dalla coscia sinistra della scout, troncato di netto e con una fasciatura di fortuna stretta attorno alla coscia e al foro di entrata. L’Elfa aveva chiaramente tentato di limitare il più possibile la fuoriuscita di sangue, anche nel tentativo di lasciarsi alle spalle meno tracce possibili, nel faticoso rientro verso l’accampamento.
«Ma che diamine è successo?» Dandreal era incredula, mentre senza farci particolarmente caso stringeva spasmodicamente a sé l’altra donna, osservando e studiando allo stesso tempo, con estrema attenzione, la gamba e il tessuto intriso di sangue attorno al moncone di freccia, toccandolo con premura, avendo cura di non farle troppo male, per verificare l’entità del danno.
«Sfortuna,» sussurrò debolmente Shael, irrigidendosi al tocco della chierica, fitte di dolore che le attraversavano la gamba ferita, «o fortuna, a seconda di come vogliate metterla.» Alzò lo sguardo verso gli altri, facendo per continuare a parlare, ma Dandreal non le diede il tempo di farlo: «Ho bisogno che qualcuno di voi le estragga la freccia dalla coscia.» Alzando a sua volta lo sguardo sugli altri, aggiunse: «Da cosa ho potuto vedere e toccare, le è andata bene e non le è entrata troppo in profondità.»

«Fortuna, quindi,» osservò con un pelo di rimprovero il guerriero dragonide, avvicinandosi ulteriormente e inginocchiandosi loro di fianco, pronto a seguire le istruzioni della chierica. Prima, però, non poté però fare a meno di chiederle se non fosse il caso di far stendere a terra l’Elfa, prima di procedere.
«Non è il caso, guardate, va benissimo così. Preferisco non essere spostata troppo,» Shael, se possibile, si era irrigidita ancora di più al pensiero di doversi muovere troppo, e nessuno ebbe il coraggio di insistere troppo, Dandreal per prima. Al netto della complicata situazione in cui si trovavano, nessuna delle due donne sembrava particolarmente a disagio nel trovarsi così a stretto contatto, tralasciando ovviamente il fatto che la ladra avesse una gamba ricoperta di sangue e avesse il volto sfigurato dal dolore.

«Sei pronta?»
La domanda era stata fatta più per pro forma che per altro, mentre il dragonide toglieva delicatamente la fasciatura e si apprestava a estrarre la freccia con la semplice forza bruta. La barda aveva preso in mano la nuova ocarina, che era andata a sostituire quella presa a Phandelver, e si era messa a strimpellare elegantemente qualche nota, con l’idea di rilassare un po’ gli animi, mentre Altan, inginocchiatosi a sua volta, teneva saldamente le caviglie a terra, con Ice che, vigile, sorvegliava dall’alto della sua mole cosa stesse accadendo all’Elfa.
«Fallo e basta,» digrignò debolmente i denti Shael, ma prima che potesse aggiungere altro o irrigidirsi ulteriormente, l’amico le aveva estratto, con un colpo deciso, il moncone della freccia dalla gamba, facendola inarcare dal dolore tra le braccia, che comunque la stavano stringendo saldamente, della chierica e dal Ranger.

Dandreal si affrettò a spostare la mano destra sulla coscia della scout, per poi chiudere gli occhi e lanciare il complesso incantesimo che avrebbe rimarginato completamente la ferita, togliendo contemporaneamente qualsiasi traccia dei danni causati dalla freccia al corpo della donna. Quando finì, aprì gli occhi e posò lo sguardo su Shael, il cui colorito era nettamente migliorato, ritornando quasi alla sua solita tonalità di bianco-azzurrino che la caratterizzava di solito.

Momentaneamente dimentica di tutto e tutti, le chiese: «Cosa è successo?»
Mentre ancora la musica dell’ocarina aleggiava nell’aria, Shael delineò a grandi linee cosa fosse accaduto con i loro inseguitori, che l’Elfa era riuscita a eliminare con l’aiuto prezioso di Ice rimanendo indietro quel tanto che bastava per ingaggiarli. Nella concitazione del rapido scontro, con la scout che aveva cercato - riuscendoci solo parzialmente - a prenderli di sorpresa, uno di loro era riuscito a scagliarle addosso una freccia, prima di essere atterrato ed eliminato dal gigantesco Lupo Bianco, che con la coda dell’occhio aveva colto il suo movimento e non aveva esitato a intervenire. Per quanto fosse stato tempestivo, Ice non era riuscito a impedire a Shael di essere ferita, nonostante fosse stata sufficientemente fortunata da non ritrovarsi in una situazione peggiore.

«Sei sicura che siano stati tutti eliminati?»
Era stato Altan, pratico come al solito, a chiederlo. A differenza di Eldrok, che dopo aver estratto il moncone della freccia si era alzato per andarlo a gettare nel fuoco, il Ranger era rimasto assieme alle due donne, tenendo ancora bloccata a terra l’Elfa, permettendo alla guarigione magica di fare il proprio decorso, senza che la ladra si muovesse troppo.

Alla sua domanda, comunque, Shael rispose scuotendo la testa: «Essere certi equivale a essere morti, quindi no. Non ne sono assolutamente certa. Ma, comunque, sono abbastanza convinta che la nostra posizione sia sicura e che dei loro non ne sia rimasto nessuno in vita.»
«Mhm…» Altan meditò un attimo, indeciso sul da farsi, prima che la barda, che aveva rimesso il proprio strumento nella sua custodia, gli si avvicinasse per chiedergli cosa avesse intenzione di fare. Il Ranger scosse la testa, pensoso, rialzandosi infine in piedi: «Potremmo anche andare a controllare tu e io, alla fine siamo le due persone più adatte a farlo dopo Shael, ma non penso ce ne sia bisogno. Shael non è una sprovveduta e sono abbastanza sicuro che Ice, nel proteggerla, abbia fatto piazza pulita dei nostri inseguitori.»

Guardando verso l’Elfa e la chierica, che ancora la teneva stretta a sé nonostante non ce ne fosse obiettivamente più bisogno, aggiunse: «Organizzeremo dei turni di guardia, giusto per non lasciare nulla al caso, ma per il resto direi che, almeno per questa volta, il problema si sia risolto piuttosto comodamente.» Lanciando uno sguardo significativo alle due donne, aggiunse: «Forse è meglio andare a mangiare qualcosa. Entrambe avete bisogno di rimettervi in forze e riposare, dopo quanto appena successo.»
L’Elfa fece per protestare - si sarebbe volentieri offerta per il primo turno di guardia, considerando che a lei sarebbero bastate solo quattro ore per riposare e tornare completamente in forze - ma tutti gli altri concordarono che, per quel giorno, la donna avesse fatto a sufficienza e che non fosse necessario stancarla ulteriormente. Cosa che Dandreal, dal canto suo, apprezzò particolarmente, vista la paura che si era presa per la donna, sia quando si era resa conto della sua assenza, sia quando se l’era ritrovata di fronte più pallida di un cadavere e con una ferita apparentemente pericolosa.

«Allora, venite o no?» Eldrok, che aveva gettato tra le fiamme del bivacco sia il moncone della freccia che lo straccio utilizzato come bendaggio di fortuna, aveva notato a sua volta come le due donne fossero rimaste indietro e gli era venuto spontaneo richiamarle, senza particolare malizia. Colte improvvisamente da un forte imbarazzo, Shael e Dandreal si districarono l’una dall’altra, con l’Elfa che si alzò in piedi e, senza starci a pensare troppo, allungò una mano per aiutare la chierica ad alzarsi a sua volta.
Dandreal accettò l’aiuto, arrossendo ulteriormente e affrettandosi a lasciare la mano dell’Elfa non appena ne ebbe l’occasione, dirigendosi subito verso gli altri, seguita immediatamente dalla stessa ladra, a disagio quanto lo era la chierica.

Si era sentita parecchio al sicuro, tra le braccia dell’Aasimar, e di per sé la cosa non è che l’avesse sorpresa particolarmente, nonostante il forte imbarazzo che stava provando in quel momento: sin da quando si erano conosciute, un paio di anni prima, quando ancora l’Elfa si trovava nei pressi di Baldur’s Gate e prima che Dandreal e il gruppo di disperati con cui viaggiava scendessero nell’Avernus, le due donne avevano stretto un legame molto solido e profondo, che erano state in grado di coltivare per mezzo di una fitta corrispondenza, mantenuta nel corso dei mesi successivi.
Nonostante il peculiare effetto dell’Avernus, che prevedeva uno sfasamento temporale tale per cui, quando Dandreal ne era uscita, per Shael erano passati ben dodici mesi, a fronte della manciata di settimane trascorse per l’Aasimar, le due si erano avvicinate al punto tale che l’Elfa aveva iniziato ad avvertire un interesse sempre maggiore nei confronti dell’altra donna, che superava il puro interesse amicale o fisico (comunque fortemente presente) e si addentrava pericolosamente, almeno dal punto di vista dell’Elfa, nel sentimentale.

Era profondamente terrorizzata da quell’aspetto, si sentiva sempre in difficoltà nel relazionarsi con le altre persone, in particolar modo quando le relazioni in questione implicavano il mettersi in gioco a un livello molto più profondo di quanto richiesto da una ‘semplice’ amicizia, così profondo, così importante, da portarla addirittura a bloccarsi e a desistere prima ancora di provarci.
Era così assorta dalle proprie preoccupazioni e dai propri pensieri, che andò involontariamente a scontrarsi contro l’altra donna, che aveva rallentato, fino a fermarsi, a diversi passi dal fuoco - il cui calore aveva iniziato a farsi sentire, lambendo entrambe e dissipando il freddo che nessuna delle due si era accorta di star provando fino a quel momento.
Per un lungo attimo, il corpo dell’Elfa si ritrovò ad aderire quasi completamente alla schiena dell’Aasimar, entrambe le mani che istintivamente si erano saldamente strette attorno ai fianchi dell’altra donna, per impedire a entrambe di finire a terra.

Rabbrividendo, e niente ne poteva, in quella circostanza, la bassa temperatura che caratterizzava la zona, le due si separarono, con Dandreal che si girò tra le mani dell’Elfa quel tanto che bastava per guardarla negli occhi il tempo sufficiente a trasmettere alla ladra, forse inconsciamente, la profonda ansia che provava ogni volta che si trovava troppo vicina a qualsiasi cosa emanasse un forte calore e assomigliasse o avesse a che fare col fuoco. Il passato della chierica, infatti, era stato parecchio turbolento, molto di più rispetto a quello dell’Elfa, che pure non aveva da lamentarsi.
Nata e cresciuta in un villaggio dedito all’agricoltura, aveva appena compiuto vent’anni quando il mondo le era crollato addosso: a causa di una disputa con un centro vicino, il suo villaggio era stato dato alle fiamme e lei aveva perso l’intera famiglia, fatta salva una nipote, che la chierica era riuscita a salvare a caro prezzo. Le cicatrici che portava sul corpo, in particolare una sulla schiena, ne erano perpetua testimonianza.

Ma questo nessuno, men che meno Shael, lo sapeva. L’Elfa aveva avuto modo di notare, in particolar modo da quando si erano riviste in occasione di quella missione congiunta (ma aveva avuto qualche sospetto già nel passato), come l’Aasimar cercasse il più possibile di non avvicinarsi troppo a qualsiasi fonte di luce e calore corrispondesse a del fuoco, che fosse controllato o meno aveva poca importanza. Tentava sempre di celare al meglio questo suo disagio, avvicinandosi il più delle volte di malavoglia a dove si riunivano gli altri, per evitare di sentirsi fare troppe domande in merito e svicolare il discorso.

Shael rafforzò appena la presa, prima di farle cenno con il mento: «Mettiti qua, il calore dovrebbe essere sufficiente a scaldarti senza essere troppo invadente. Ti porto io da mangiare,» aggiunse, senza riuscire mai a guardarla negli occhi per più di qualche attimo - il che le permise di celare al meglio la difficoltà che provava anche in quel momento e, allo stesso tempo, notare come Ice si fosse disteso poco lontano da loro, ma ben distante dal fuoco, ai limiti del cono di luce proiettato dalle fiamme. Lo avrebbe raggiunto appena finito il pasto, preferendo meditare isolata rispetto agli altri, così da non disturbare nessuno quando si alzava in piena notte per esplorare il territorio, verificare che non si rischiassero di imbattersi in qualche brutto scherzo o alla ricerca di materiale per la realizzazione di nuove frecce o pozioni o altre cose, utili per il gruppo.
Dando un leggero colpetto sul fianco della chierica, con l’idea di rassicurarla, Shael si affrettò a lasciarla andare e fece per superarla, con l’idea di dirigersi verso gli altri e prendere da mangiare, ma le parole di Dandreal, così come una delle sue mani sul braccio destro, la costrinsero a fermarsi: «Non farlo mai più, Shael.»

L’Elfa si girò lentamente verso l’Aasimar, uno sguardo interrogativo sul volto, il braccio destro ancora leggermente sollevato e stretto nella salda presa della chierica, che non sembrava intenzionata a lasciarla andare. «Non farlo mai più… cosa, esattamente?»
«Mi hai spaventata a morte, prima,» ammise Dandreal, chiaramente imbarazzata dall’ammissione, ma senza alcuna intenzione di ritornare sui propri passi, ora che aveva trovato finalmente il coraggio di prendere atto della cosa.
«Cercherò di fare come potrò,» le rispose con un sorriso la ladra, «ma non è qualcosa che possa decidere o controllare, in qualche modo…» La presa sul suo braccio si rafforzò ulteriormente, interrompendola e facendole muovere le dita della mano di riflesso, nel tentativo di allentare la tensione e il formicolio che la presa dell’Aasimar stava causando.

«Sei sparita all’improvviso, nemmeno me ne sono accorta,» sussurrò di rimando la chierica, sembrando quasi ferita dal fatto, «e quando sei tornata, avevi un moncone di freccia nella gamba.» Shael evitò di ricordarle che, avendolo vissuto in prima persona, sapeva benissimo cosa fosse successo, preferendo piuttosto rimanere in silenzio, in attesa che Dandreal finisse di parlare. Attorno al bivacco, nel frattempo, gli altri si erano messi a dare gli ultimi ritocchi alla cena, tirando fuori il necessario dalle bisacce e approntando le ultime cose. Nessuno, questa volta, le interruppe.

La chierica la guardò negli occhi, con uno sguardo profondamente turbato: «Posso accettare, anche se non me lo devo far piacere, che tu debba fare da avanguardia o retroguardia per le tue abilità, ma non mi sta bene che tu ti riduca a un pezzo di carne sanguinolento solo perché devi dimostrare di potertela cavare da sola.»
«Dandreal…» Shael scosse appena il capo, girandosi completamente verso l’altra donna e mettendole la mano libera sul braccio, nel tentativo di rassicurarla, mentre l’altra mano finiva con l’appoggiarsi sul fianco dell’Aasimar.
«Pensi davvero che io mi metta in pericolo per provare qualcosa? Me la sono cavata da sola per anni, prima di incontrare Ice o gli altri. Prima addirittura di incontrare te. Non devo dimostrare niente a nessuno.»
In cuor suo, però, l’Elfa sapeva di star fondamentalmente mentendo o, quantomeno, di non star dicendo completamente la verità. In quell’occasione, infatti, Shael aveva deciso di rimanere indietro per assicurarsi, sì, che gli inseguitori non fossero più un problema, ma più con l’obiettivo di proteggere la chierica che nell’ottica di mettere al sicuro il gruppo.

«Odio quando menti, sapendo di mentire, per proteggermi. E non provare a dire il contrario, sappiamo entrambe che stai mentendo e che lo stai facendo proprio in quell’ottica,» la rimproverò Dandreal, scuotendo il capo amareggiata, ma lasciandola finalmente andare. Dopo un istante di indecisione, nel quale Shael non sembrava sapere cosa fosse il caso di fare, l’Elfa si decise infine ad andare verso gli altri, nonostante il passo incerto e le spalle rigide.
Dandreal, dal canto suo, si diresse verso Ice: le piaceva la compagnia del lupo, nonostante l’animale sembrasse mal sopportare tutti tranne che per Altan e Shael. Negli ultimi tempi, però, pareva star prendendo in simpatia anche la chierica, spesso muovendosi anche attorno a lei con fare protettivo, in particolar modo quando la scout non era nei paraggi.

La chierica si sentiva profondamente amareggiata e non era riuscita a trattenersi dall’esprimere il proprio disagio all’Elfa, ben sapendo quanto sarebbe stato inutile farlo: Shael non si sarebbe sbottonata, non avrebbe mai ammesso le ragioni dietro le sue azioni, qualunque quelle ragioni fossero. Aveva solo da sperare che non fosse trapelato nulla di quanto volesse in realtà nascondere lei stessa, altrimenti sarebbe stato qualcosa di davvero imbarazzante, soprattutto se si fosse rivelato monodirezionale. Non fece caso alle parole scambiate dagli altri attorno al fuoco, prima che Shael ritornasse con il cibo che le aveva promesso, in una ciotola fumante e dal profumo delizioso, al punto tale che sentì il proprio stomaco brontolare dalla fame.

«Tu non mangi?»
Shael aveva portato con sé solo una ciotola, piena di stufato fumante, e le posate per Dandreal, ma nient’altro. «Sì, mangio anche io, tranquilla. Mi era solo più comodo portare una cosa per volta, non volevo rovesciare niente. Adesso vado a prendere anche la mia cena.»
«Ti aspetto, allora,» si offrì subito Dandreal, «vai a prendere anche il tuo, così mangiamo assieme e mi tieni compagnia.» Shael sembrò essere momentaneamente presa in contropiede, prima di fare come le fosse stato chiesto.

«Mi domandavo, in effetti, quando avrebbe avuto il coraggio di chiedertelo,» osservò amabilmente Ileafen, la barda del gruppo, mentre assieme a tutti gli altri, a parte il paladino, se la ridevano.
«Chiedermi cosa?» Shael sbuffò, mentre recuperava la sua cena: da quando avevano iniziato quella missione, infatti, i suoi compagni non avevano perso occasione per punzecchiarla. Per quanto fosse cosciente che lo facessero senza cattiveria, la cosa iniziava a pesarle un po’, rendendola fondamentalmente scontrosa.
«Siamo letteralmente a una manciata di passi da voi, cosa potrà mai succedere?»
«Non vuol dire,» sogghignò sotto i baffi il dragonide, «potreste sempre imboscarvi da qualche parte. Ice sono sicuro farebbe una buona guardia.»

Sbuffando, imbarazzatissima, Shael voltò loro le spalle, andando verso Dandreal, che li stava osservando con curiosità mista a perplessità e ad altri sentimenti indecifrabili. Non aveva colto tutto lo scambio di battute tra Shael e gli altri, ma aveva visto come l’Elfa si fosse irrigidita, il linguaggio del corpo che tradiva un profondo disagio e imbarazzo, misto a frustrazione e ad altro, qualcosa che la chierica non sembrava ancora in grado di cogliere appieno.

«Tutto a posto?»
«Sì,» si limitò a rispondere succintamente la scout, ancora in difficoltà, mentre le si sedeva di fianco, mantenendo in equilibrio precario la propria ciotola, nel tentativo di non rovesciarne il contenuto per terra.
«Semplicemente si stavano divertendo a mie spese. Ogni tanto capita, che ci si prenda in giro a vicenda. Anche io lo faccio, nei loro confronti.» Si strinse nelle spalle, prima di continuare: «Questa volta hanno trovato qualcosa su cui battere con maggior successo rispetto al passato, riescono sempre a fare centro.»
«Se ti infastidiscono, posso sempre intervenire io,» si propose subito la chierica, ma Shael scosse la testa, rispondendo anche in maniera piuttosto secca e brutale con un «Non è il caso,» ancor più rigida di prima. Dopo qualche istante di silenzio, l’elfa si costrinse a rilassarsi e si allungò ad appoggiare gentilmente una mano sul ginocchio di Dandreal, che si era a sua volta irrigidita visibilmente, cercando di rassicurarla: «Perdonami, non avrei dovuto reagire così. Sono particolarmente tesa e suscettibile, ultimamente.»

Mangiarono qualche boccone in silenzio, fianco a fianco, prima che Dandreal si decidesse a parlare: «Cosa farete, una volta che ci saluteremo?»
«Dobbiamo ancora valutare, ma probabilmente andremo verso nord. Dicono sia stato avvistato un rarissimo esemplare di drago bianco, che i cacciatori non sembrano intenzionati a voler lasciare in pace e sarebbe un peccato se succedesse qualcosa di cui pentirsi in seguito.»
«Non avete un chierico, con voi, nel caso la situazione degenerasse. Magari posso accompagnarvi, non ho necessità di tornare subito indietro, mi piacerebbe esservi di aiuto...»
«E metterti in pericolo?»
«Posso badare a me stessa…»
«Sai benissimo che non è quello,» sbuffò l’Elfa, parecchio seccata. Si alzò, la cena ormai finita, e fece per andarsene, ma Dandreal, alzatasi a sua volta, le afferrò un braccio, costringendola a girarsi verso di lei: «Allora qual è il problema, Shael? Cosa ti turba? Perché non mi vuoi?»

«Il problema sta proprio nel fatto che io ti voglia,» sibilò l’Elfa, tra i denti, come se stesse ammettendo una debolezza e non volesse farsi sentire. Si scrollò di dosso la mano della chierica, rimasta sorpresa dall’ammissione così diretta della scout, che si girò completamente verso l’altra donna, negli occhi uno sguardo tormentato. Dietro di loro, era sceso il silenzio.
«Mi… vuoi? Davvero?» Dandreal era ancora incredula dall’ammissione, era chiaro che avesse bisogno di una conferma ulteriore. Shael deglutì vistosamente, ma ormai era inutile negare l’evidenza, così rispose semplicemente, senza troppi fronzoli: «Sì.»
«Ma hai paura.» Questa non era una domanda, ma un’affermazione. L’Elfa annuì, rigidissima, ma quando Dandreal le si avvicinò nuovamente, prendendole entrambe le mani nelle sue, non si mosse, le permise di farlo e di tirarla verso di sé.
«Anche io ho paura, non sei solo tu ad averne. Per esempio prima, quando sei tornata con quel moncone di freccia nella gamba, mi hai terrorizzata. Ma anche io ti voglio. Quindi,» le sorrise, piena di speranza e con sguardo esplicativo, «come la mettiamo?»

«Prendetevi una stanza…!»
L’esclamazione venne soffocata da un colpo secco, come di una manata su una superficie solida, e da risatine soffocate e completamente fuori contesto. Mentre Dandreal finì con l’abbracciare Shael e affondare il volto nel suo petto, per l’imbarazzo, l’Elfa strinse le proprie braccia attorno alla figura ben proporzionata dell’Aasimar, quasi a volerla proteggere, prima di voltare appena la testa e, con la coda dell’occhio, intravedere il dragonide cercare di allontanarsi il più in fretta possibile dal paladino, che lo aveva preso di mira per farlo rimanere in silenzio.
«Direi sia ora di andare a riposarsi,» intervente placidamente la barda, sorridendo in maniera plateale, «e visto che mi sembri bello sveglio e pimpante,» aggiunse, guardando verso il dragonide, «direi che il primo turno di guardia possa farlo tu.»
Sbuffando e sorridendo allo stesso tempo, Eldrok si mise in piedi e tornò vicino al fuoco, sedendosi appoggiando la schiena contro un albero caduto, in maniera tale da poter controllare sia l’accampamento che la zona circostante senza venir preso alla sprovvista, in caso di attacco.

Mentre anche gli altri si sistemavano per la notte, avvolgendosi nei mantelli e mettendosi attorno al fuoco, in un paio di occasioni lanciando occhiate volutamente maliziose verso la chierica e la scout, Shael si voltò a guardare nuovamente Dandreal, il cui volto era ancora nascosto nel suo petto.
Sorridendo, e accarezzandole la schiena, le disse: «La mettiamo che ci proviamo.»
   
 
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