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Autore: Fiore di Giada    09/04/2024    3 recensioni
Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando lunghi solchi sull'asfalto, simili a nere ferite.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Karl ed Hermann parcheggiarono presso la Bavaria Academy Ballet.
Il sole si posava sugli ampi vetri dell’edificio, illuminandolo di riflessi dorati, mentre un debole vento soffiava tra i rami degli alberi.
Diverse auto erano presenti nell’area parcheggio e, di tanto in tanto, alcune persone uscivano dall’edificio, avviandosi verso le proprie vetture.
Poi, partivano e si allontanavano.
Sei sicuro della tua idea? ‒ domandò ad un tratto Hermann. Karl gli aveva accennato a qualcosa, ma percepiva una forte indecisione.
E non gli sembrava una buona premessa per la riuscita del suo piano.
A quella domanda, il giovane attaccante si passò una mano tra i capelli biondi. Il suo compagno di nazionale aveva saputo intuire le sue perplessità.
Vuoi la verità? Mi sembra di tradire la fiducia di Genzo. Andrei mi ha detto che, a poco a poco, si sta riprendendo. Ma credo sia anche giusto che i suoi compagni di nazionale conoscano la verità. ‒ mormorò. Non ci dovevano essere dubbi sulla morale del suo compagno di squadra dell’Amburgo.
Strinse le mani attorno al volante e un sospiro sgorgò dalle sue labbra. Cosa avevano pensato loro dell’improvvisa scomparsa di Genzo?
Alzò la testa e fissò lo sguardo sull’edificio.
Anche la signorina Schumann ha il diritto di conoscere le mie intenzioni. Anche perché devo chiederle un favore enorme. ‒ mormorò.
Perplesso, il mediano aggrottò la fronte. Queste novità incuriosivano anche lui.
Di che si tratta? ‒ chiese.
Presto lo saprai. ‒

Qualche minuto dopo, la ragazza uscì zoppicando dall’edificio, reggendo il borsone.
Karl, d’istinto, appoggiò la mano sul manico, ma Hermann, con un gesto deciso, gli bloccò il braccio.
Stai tranquillo. La aiuterò io. E’ meglio non correre rischi stupidi. ‒ affermò, risoluto.
Scese dall’auto e, di gran carriera, le andò incontro.
Signorina, che cosa è successo? Le è passato un treno sulla gamba? ‒ domandò.
Lei girò la testa verso di lui e le sue labbra si distesero in una linea diritta.
No, semplice tendinite alla caviglia. Infortunio comune per i danzatori. ‒ spiegò la giovane, calma.
Hermann, per alcuni istanti, la fissò, poi le passò un braccio attorno alle sue spalle.
Ehi! So camminare! ‒ esclamò lei, sorpresa.
Non lo metto in dubbio, ma non è il caso di fare sforzi inutili. E poi il suo borsone è sempre pesante. ‒

Hermann aiutò Hilda ad entrare nella macchina.
Salve, Schneider. Come si sente? ‒ lo salutò lei.
Per ora, non ho mal di testa. Vi ringrazio per la premura. ‒ rispose lui, calmo.
Poi, il suo sguardo si adombrò e abbassò le palpebre.
Signorina Schumann, ho intenzione di parlare coi compagni di nazionale di Wakabayashi. Penso che voi dobbiate saperlo. ‒ affermò.
Per alcuni istanti, la ballerina tacque, pensierosa.
Vi ringrazio per la vostra correttezza, ma non ne avevate già parlato al parco? ‒ domandò, meravigliata.
E’ vero, ma ho avuto modo di riflettere. Credo che voi dobbiate essere messa al corrente di tutto. Anche perché devo chiedervi un grosso favore. ‒ rispose il giovane.
Con un cenno deciso del capo, la ragazza annuì.
Vi ascolto. ‒

Per ora, parlerò con uno dei suoi compagni di nazionale, poi deciderò cosa fare. ‒ cominciò.
E dove andrete? ‒ domandò Hilda, attenta.
In Italia. Alcuni suoi compagni giocano lì. ‒ spiegò il capitano della nazionale tedesca.
Per alcuni istanti, la giovane tacque e si grattò il mento.
Che cosa c’è? ‒ domandò Hermann, stupito dall’improvviso silenzio di lei.
Non penso che tutti giochino nello stesso posto. Ci avete pensato, quando dovrete parlare a tutti? ‒ domandò.
Sì. Ma questo è un aspetto che valuterò in seguito. Un passo alla volta, mi comprende signorina? ‒
Lei gli posò una mano sul polso e fissò i suoi occhi cerulei nelle iridi simili di lui.
Comprendo. Non vi preoccupate. ‒

Mi avete detto che volete chiedermi un grosso favore. Di che si tratta? ‒ chiese poi la giovane.
Karl, per alcuni istanti, tacque e fissò su Hermann uno sguardo interrogativo.
Con un cenno del capo, il mediano annuì.
Signorina, nei limiti delle sue possibilità, le chiedo di venire allo stadio e di seguire le partite della nostra squadra. ‒ affermò lui.
La ragazza, per alcuni istanti, lo guardò perplessa, poi, con un cenno del capo, annuì.
Ho capito. Pensate di sfruttare la popolarità del calcio per dare un messaggio agli idioti. La mia presenza, in un simile luogo, sarebbe mediaticamente efficace. ‒ dichiarò, pacata.
Esatto. Sarete adeguatamente tutelata, anche dai miei compagni, ma non siete obbligata ad un simile passo. Se avete paura, vi comprendo. ‒
Un lieve sorriso sollevò le labbra di Hilda, mentre un’ombra malinconica velava i suoi occhi. Il garbo di Karl era quasi commovente, ma, in quel momento, era inutile e insensato.
No. Non ho intenzione di restare fuori. La memoria di mio fratello non deve diventare un pretesto per una inutile violenza. Farò quello che posso per aiutare tutti voi, ma ad una condizione. ‒
I due giocatori, perplessi, fissarono la giovane. Che cosa intendeva dire?
Vi prego di non usare il voi. Ho un nome. ‒ dichiarò lei, ferma. Una simile distanza non aveva più senso.
Loro meritavano il suo rispetto.
Karl ed Hermann, prima tesi, si rilassarono. Quelle parole donavano speranza ai loro cuori.
Va bene… Hilda. ‒

Diverso tempo dopo, il centravanti tedesco entrò nel suo appartamento.
Si lasciò cadere sul letto e, per alcuni istanti, rimase immobile, lo sguardo fisso sul soffitto. Hilda Schumann, prima loro avversaria, aveva cambiato idea ed era disposta ad aiutarli.
Non voleva ammetterlo, ma tale mutamento innestava una debole speranza di una risoluzione positiva della vicenda.
Si scosse dalle sue fantasticherie, prese il portatile e lo aprì e digitò il nome utente e la password del suo account e – mail.
Con calma, cominciò a scorrere la posta elettronica.
Il suo sguardo, ad un tratto, si concentrò su una mail appena arrivata, sepolto da centinaia di messaggi di spam.
Bene, ha risposto., si disse il centravanti, un sorriso leggero sulle labbra sottili. Genzo gli aveva parlato del carattere aspro di Kojiro Hyuuga, frutto di una vita dura.
Lo sguardo di Karl si incupì. Non commetteva un torto nei confronti di Tsubasa?
Si era ben accorto del legame affettivo tra il suo compagno di squadra e il capitano nipponico.
Forse, doveva essere il primo a conoscere le ragioni di Genzo.
Scosse la testa, risoluto. No, Tsubasa era d’animo limpido, ma non avrebbe compreso le ragioni del suo amico.
Anzi, avrebbe sentito su di sé il peso di un senso di colpa immotivato.
Con un movimento deciso, premette l’indice sul tasto destro del mouse e, qualche secondo dopo, la mail si aprì.

Ci ho messo un po’ di tempo a rispondere alla tua e-mail, Schneider.
Questo silenzio da parte vostra è stato snervante.
Perché non ci avete detto nulla delle condizioni di Wakabayashi?
Anche i suoi familiari erano disperati. E non meritavano questo. Ci avete pensato?
Per fortuna, fisicamente si è ripreso.
Però, ha deciso di continuare con questo silenzio.
E voi avete deciso di aiutarlo.
A mente fredda, posso capire le sue ragioni. Si sente colpevole della morte di quello sfortunato ragazzo.
Ne sono certo, è insopportabile, ma ha una morale.
Ma ha sbagliato. E avete sbagliato ad assecondare una simile decisione.
Non siamo stupidi. Lo avremmo aiutato.
Nessuno ha mai visto in lui un assassino.

P.S: se vuoi incontrarmi, vieni a Bologna, precisamente all’Università.



Un mezzo sorriso sollevò le labbra di Karl. Kojiro Hyuga, pur non comprendendo in pieno le ragioni di Genzo, si era schierato dalla sua parte.
Certo, nelle sue parole, si respirava rabbia, ma era comprensibile un tale sentimento.
Sì, iniziare con lui era la scelta migliore.
Spense il computer, lo chiuse e lo ripose nella sua custodia. Un altro peso si era allontanato dal suo cuore.
Provato dalla fatica, si lasciò cadere sul letto e si addormentò.










   
 
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