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Autore: Hatsumi    12/04/2024    0 recensioni
Stefano ha trent'anni, una grande passione per il calcio e un buon gruppo di amici. Stefano è gay, non lo nasconde ma nemmeno lo sbandiera ai quattro venti. Riesce perfettamente a dividersi tra la sua squadra di calcetto e il suo gruppo di amici, senza che queste due realtà della sua vita si scontrino. Finché in squadra arriva Paolo: bello e misterioso che Stefano scopre di conoscere dai tempi del liceo...
Genere: Commedia, Drammatico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stefano fatica a svegliarsi: sbadiglia, si stropiccia gli occhi e finalmente, quando la sua vista riesce ad adattarsi alla luce, mette a fuoco e inizia a guardarsi intorno. Si trova a letto e non ha idea di quando ci sia finito. Perdipiù, il letto nel quale è sdraiato non è il suo e non riconosce nemmeno la stanza in cui si trova. Davanti a sé vede una grande finestra a due ante, in alluminio dorato, che conduce a un balcone. Alla sua destra nota una piccola porta in legno verniciata di bianco, mentre alla sua sinistra, divisa da un arco, vede quella che pare essere una cucina con un tavolo in legno con due sedie, un frigorifero a due ante, un lavello, un piano cottura con fuochi e forno e un piccolo piano di appoggio. L’appartamento è poco più grande di un monolocale, molto piccolo e modesto, con soffitti alti e pavimentazione in cotto, molto datato, apparentemente dei primi anni sessanta o settanta. Si fa forza con i gomiti e si mette a sedere. Abbassando lo sguardo, nota che la maglietta che indossa non è la sua, è molto ampia e lunga e osservandola bene riconosce perfettamente il disegno applicato su di essa. 
 
-La maglietta del gallo…?
 
Rimane sorpreso dal suono della sua stessa voce. Proprio in quell’istante, dalla cucina, emerge Paolo che lo osserva, appoggiando la schiena contro lo stipite dell’arco divisorio, a braccia conserte. 
 
-Buongiorno.
 
Lo saluta, sorridendogli. Stefano riesce pian piano a ricollegare una serie di informazioni nel suo cervello, cercando di capire perché Paolo sia proprio di fronte a lui, inizialmente chiedendosi se stia ancora dormendo o se lui sia lì realmente.
 
-I tuoi vestiti sono sulla sedia, lì davanti. Ti ho messo io quella maglietta, per i pantaloni purtroppo non ne avevo che ti andassero bene. 
 
Spiega Paolo. Stefano osserva sulla sedia, piegati e in ordine, il suo maglione bordeaux, la camicia bianca a pois bordeaux e oro e i jeans, stesi lungo lo schienale. Sono gli stessi abiti che ha indossato il giorno di Natale, a casa dei suoi genitori. Si accorge di essere in mutande e istintivamente si copre, trascinando il lenzuolo fino allo stomaco. 
 
-Mi sono addormentato… 
 
Conclude, a voce bassa e con filo di imbarazzo. 
 
Paolo lo raggiunge e si mette a sedere ai piedi del letto. 
 
-Sei, letteralmente, crollato. 
 
Specifica, trattenendo una risata. Stefano non riesce a guardarlo negli occhi, stringe nervosamente tra i pugni due lembi di lenzuolo. 
 
-Che figura…
 
Commenta, vergognandosi di sé stesso. Paolo si avvicina di più a lui e gli prende entrambe le mani, togliendo da esse il lenzuolo stropicciato.
 
-Non dire così. Eri esausto, ti si sono scaricate le pile.  Non credo di averti mai sentito parlare così tanto, tutto in una volta sola. 
 
Lo rincuora, accarezzandogli entrambe le mani. Stefano si fa coraggio e alza lo sguardo, riesce a vedere il proprio riflesso nelle iridi celesti di Paolo e il suo cuore, stranamente tranquillo fino ad ora, inizia a battere all’impazzata. Immediatamente gli ritornano in mente tutti gli eventi delle ultime dodici ore, dal momento in cui ha aperto il regalo di Paolo al suo risveglio in quel letto sconosciuto. Un sorriso si forma spontaneo sulle sue labbra. 
 
-Ho rotto gli argini, il fiume di parole che mi tenevo dentro… non poteva essere più contenuto.
 
Confessa. Paolo annuisce. 
 
IL GIORNO PRIMA, ORE 17,30
 
Stefano cammina nervosamente avanti e indietro per il soggiorno, tenendo stretto tra le mani il regalo di Paolo. Continua a leggerlo e rileggerlo, prima a mente, poi ad alta voce. L’ha memorizzato, al punto di poterlo disegnare a occhi chiusi. Avrebbe davvero voluto riceverlo da lui in persona. Posa la cornice sul tavolino e si getta sul divano, chiudendo gli occhi per cercare di calmarsi. Pensa a quanto sia stato sciocco nel suo trattenersi nei confronti di Paolo, rimprovera sé stesso per essersi tenuto dentro tutto quanto e non essere riuscito nemmeno a dirgli quanto per lui sia importante. Apre gli occhi e fissa di nuovo quell’oggetto.
 
Ti amo
 
Quelle due parole continuando a ripetersi come un loop nella sua testa. Immagina di sentirlo con la voce di Paolo. Alla fine è riuscito di nuovo a sorprenderlo, a sconvolgerlo. Sì, perché mentre Stefano viveva nella paranoia, lui non ci ha pensato molto nel recapitargli un dono simile, dal significato così importante. Stefano è certo che Paolo sia sincero in ciò che dice, lo stesso Alberto glielo ha confermato, qualche giorno prima. Eppure vorrebbe che glielo confermasse, ha bisogno che glielo confermi. Potrebbe sempre prendere il telefono e chiederglielo ma sente che non basta, non gli è sufficiente per sentirsi in pace e sereno, deve averlo davanti a sé. Qualche minuto prima, proprio dopo aver scartato il regalo, si sentiva pronto a uscire e andare da lui perché la sua testa gli aveva suggerito, d’impulso e in modo immediato, di salire in macchina e raggiungerlo, che sia Roma o che siano due fermate di metropolitana, poco importa. 
 
Si calma e inizia a credere che possa non essere la scelta migliore. Non ha mai fatto nulla di così impulsivo in vita sua, non si è mai comportato in modo imprevedibile e non ha mai agito senza calcolare matematicamente tutte le possibili conseguenze. 
 
“E guarda la mia cautela dove mi ha portato!”
 
Pensa, riflettendo sulla serie di fraintendimenti che hanno causato quel suo raffreddamento nei confronti di Paolo, portandolo a non vederlo né sentirlo da quasi una settimana. Rimane per circa una decina di minuti immobile sul divano, con lo sguardo fisso davanti a sé. Sa che deve prendere una decisione, sa che deve fare qualcosa e soprattutto deve rispondere a quella mossa di Paolo in modo adeguato, non vuole creare altre incomprensioni e non vuole dare a intendere a Paolo di non essere rimasto colpito dal suo gesto. Non basteranno un messaggio, una telefonata o una chiamata di Skype
 
Sospira. Si alza di scatto dal divano e per una volta decide di agire di impulso, di comportarsi come non ha mai fatto in vita sua. Si sente quasi tremare e avverte una forza avversa dentro di sé, una calamita, che lo trattiene e gli suggerisce di fermarsi, di tornare ad essere razionale e realista, come è sempre stato. Si fa spazio una voce nella sua testa, la quale lo invita a non tradire sé stesso, perché tutto sommato in quei trentadue anni della sua vita, vivendo con cautela, con prudenza e con la testa ben salda sulle spalle, non se l’è cavata poi così male. Ha raggiunto diversi traguardi, vive una bella vita, ha avuto molte soddisfazioni e il tutto seguendo una serie di calcoli e di valutazioni di rischi ben ponderati. 
 
Finché non è arrivato Paolo. La sua variante, il suo errore di sistema, il suo glitch, la sua ossessione. In altre parole: l’amore. 
 
Con enorme coraggio, sfidando sé stesso e le sue paure, prende le chiavi dell’auto ed esce. Non ha mai guidato da solo per così tanti chilometri, non ha mai fatto un viaggio del genere, totalmente impreparato e deciso all’ultimo secondo. Ciononostante sente di doverlo fare, pur non avendo nemmeno idea di dove debba andare e di quale strada debba prendere. Una volta salito in auto imposta la generica destinazione “Roma” nel navigatore, senza inserire alcun indirizzo preciso. Per ora la priorità è arrivare alle porte di Roma, quando sarà arrivato all’ultimo casello autostradale vedrà cosa fare. 
 
Entrato in autostrada nota che è quasi deserta, sono le 18.30 del giorno di Natale, sicuramente tutti quanti sono ancora a tavola a terminare gli avanzi del pranzo di mezzogiorno. Stefano percorre le strade indicate dal navigatore, dovrebbe arrivare poco prima di mezzanotte. Spera di riuscire a vedere Paolo prima che cambi il giorno, per potergli fare gli auguri e per poter, in un certo senso, trascorrere il giorno di Natale con lui, come avrebbe dovuto fare. 
Quando si trova a Bologna, a circa due ore di viaggio, durante le quali ha continuato a chiedersi se il suo gesto non sia una pazzia, inizia a sentirsi mancare il respiro, a sospettare che questa sua decisione avventata sia uno sbaglio. Certo, Paolo potrebbe anche essere sincero… ma come reagirà?
 
“E se mi prendesse per pazzo?”
 
Inizia a chiedersi di punto in bianco. Guarda le indicazioni dei cartelli, cercando di capire se sia ancora possibile tornare indietro e far finta che non sia successo nulla. Dopotutto, nessuno sa della follia che sta per compiere, se uscisse al primo casello e riprendesse la strada per Milano potrebbe convincere persino sé stesso di non essere salito in macchina quella sera. 
Scuote il capo. Non può farlo, non vuole farlo. Non si è mai preso un rischio così grande ma crede che per Paolo possa valerne la pena. Vorrebbe soltanto non essere così solo in quell’auto, in balìa dei suoi pensieri e delle sue paure. 
Decide di fare una telefonata ad Alberto. Non vorrebbe disturbarlo e non vorrebbe parlargli, ancora, di Paolo. Tuttavia è stato lui stesso a dirgli di contattarlo qualora ne avesse avuto bisogno e in quel momento, più che mai, ha bisogno del conforto e della rassicurazione del suo migliore amico.
Collega il cellulare alla radio dell’auto, in modo da poterlo chiamare liberamente e sentire la sua voce diffondersi nell’abitacolo della macchina, come se fosse lì seduto accanto a lui. 
Dopo aver chiesto all’assistente vocale di telefonargli, attende con impazienza che risponda. Solo pochi squilli e poi, finalmente, sente la sua voce.
 
-Dimmi. 
 
Risponde, con tono rassegnato. Sicuramente ha intuito che, avendolo chiamato ad un orario così insolito il giorno di Natale, possa esserci un qualche tipo di problema.
 
-Albe… ti posso disturbare?
 
Domanda Stefano, cercando di mantenere la calma. Sente Alberto sospirare dall’altro capo del telefono con il sottofondo un vociare generale, sicuramente è a tavola con la sua famiglia. 
 
-Hai fatto qualche pirlata?
 
Chiede. Stefano sorride, forse “pirlata” è il termine giusto per definire ciò che sta facendo. 
 
-Sto facendo la pirlata più grande di tutta la mia vita. 
 
Ammette, temendo quasi la reazione di Alberto. Questi non risponde subito ma sente diversi rumori, dall’altro capo del telefono, rumori di sedie, passi e infine di una porta chiudersi. 
 
-Ok. Sono da solo e tu sei in vivavoce, dimmi cosa cazzo hai fatto e dimmi subito se devo mandare Giulio a prenderti domani mattina. 
 
Stefano non riesce a trattenere una risata, un po’ per nervosismo e un po’ per sincero divertimento.
 
-No, tranquillo. Anche perché… non sarò a Milano, credo. Sto andando a Roma, da Paolo. 
 
Confessa, tutto d’un fiato. La sua confessione lascia Alberto stranito, dal momento che non risponde subito e rimane in silenzio per diversi secondi, al punto che Stefano deve controllare che la chiamata sia ancora in corso e che non sia caduta la linea. 
 
-Sei serio?
 
Domanda poi, incredulo.
 
-Serissimo. 
 
Conferma, iniziando poi a raccontare il motivo della sua decisione improvvisa, descrivendo per filo e per segno il regalo ricevuto da Paolo, le emozioni che esso ha suscitato in lui e i dubbi, prima di decidersi di salire in macchina in direzione Roma. 
 
-E una volta arrivato, cosa farai?
 
Domanda Alberto, ponendogli quella stessa domanda che lui stesso si pone dal momento in cui è salito in auto.
 
-Mi lascerò guidare dall’istinto! Non lo so, Albe. Non ho mai fatto nulla del genere ma… ho bisogno di vederlo, adesso. E lui è là e io sono… ero a Milano. Forse nemmeno mi vorrà vedere o mi prenderà per pazzo… però devo farlo, soprattutto per me stesso. 
 
Confessa, con il cuore in gola. Alberto sospira, non risponde immediatamente.
 
-Doveva proprio arrivare il tuo biondo, per farti prendere un po’ di coraggio!
 
Esclama, con il suo solito tono sarcastico, nel quale Stefano legge un velo di amarezza.
 
-Non credevo ti avrei mai visto… innamorato. 
 
Aggiunge, confermando il sospetto di Stefano che immediatamente inizia a pentirsi di non aver avuto più riguardo nei confronti di Alberto. Non sa come rispondere a questa sua constatazione e, fortunatamente, Alberto riprende a parlare, cambiando il tono della conversazione. 
 
-Almeno una borsa con due vestiti te la potevi fare, però. 
 
Esclama. Stefano effettivamente ha sottovalutato tutte le questioni pratiche, non ha nemmeno valutato l’ipotesi di preparare una valigia e ha dato per scontato che Paolo lo ospiterà, ovunque sia. A conti fatti, non ha programmato proprio nulla, ha solo deciso di andare all’avventura, senza pensare a cosa accadrà dopo che, coraggio permettendo, riuscirà a dire a Paolo tutto ciò che ha in mente. 
 
-Ci stavo riflettendo proprio prima di chiamare te… però più ci penso e più sono convinto che sia una follia. Ho avvertito la tentazione di impostare “Milano” e tornarmene indietro, facendo finta di niente. 
 
Confessa, con rammarico. 
 
-Ecco, così mi sembri più il mio Stefano. Iniziavo a preoccuparmi!
 
Ribatte Alberto, divertito. 
 
-Comunque… hai preso una decisione: vai fino in fondo.
 
Conclude. Dopodiché Stefano, nel rispetto dei sentimenti di Alberto, decide di cambiare il discorso, chiedendogli di raccontargli come ha trascorso il giorno di Natale e a sua volta gli parla del pranzo con la propria famiglia. I discorsi proseguono finché si avvicinano le nove e trenta e Alberto, scusandosi, è costretto a chiudere la conversazione per ritornare a tavola con la propria famiglia invitandolo però a farsi sentire più tardi, arrivato a Roma.
 
Il traffico in autostrada è scorrevole, poche auto e nessun rallentamento. Stefano riesce ad arrivare a destinazione all’orario previsto, riuscendo a parcheggiare in Stazione Termini, esattamente come gli è stato suggerito da Alberto, prima di chiudere la telefonata. Riesce a trovare un parcheggio in una zona non troppo lontana dalla stazione. Non conosce la zona non essendoci mai stato prima e non è sicuro se e come ritroverà l’auto, quando ritornerà a prenderla. In situazioni diverse, a Milano, non si sognerebbe mai di lasciare l’auto incustodita a Centrale o ancor peggio a Rogoredo ma in quel momento non ci pensa. Vuole andare fino in fondo a quella sua decisione folle. Chiude l’auto e si affretta a raggiungere la metropolitana. Sfortunatamente sono passate le 23.30 e pare non ci saranno più corse, fino all’indomani, ragion per cui decide di prendere un taxi. Dopo esser riuscito a chiamarne uno, accordando una cifra a dir poco esorbitante, dato l’orario e la Festività, decide di farsi trascinare da quel suo lato romantico a cui più volte si riferisce Paolo, chiedendo all’autista di portarlo alla Fontana di Trevi, pur non avendo la benché minima idea di dove si trovi, essendo stato a Roma solo moltissimi anni prima, in gita in terza media.
 
Dopo essere giunto a destinazione, rimane per un attimo sopraffatto di fronte alla fontana, più buia di quanto se la ricordasse ma non per questo meno romantica. Inspira ed espira profondamente dopodiché si fa coraggio e prende in mano il cellulare, pronto per prendere contatti con Paolo. Mentre era seduto sul taxi ha riflettuto su come impostare il loro incontro, ci ha pensato e ripensato più volte. Inizialmente voleva telefonargli, poi ha deciso di optare per una nota vocale e infine la scelta è ricaduta su un messaggio, un messaggio accompagnato da una fotografia, sperando che Paolo non stia già dormendo e sia disposto ad incontrarlo. Scatta una foto alla Fontana di Trevi, senza badare troppo all’angolazione o alla luminosità, dopotutto il soggetto è sufficientemente riconoscibile. Dopo aver allegato la foto si fa coraggio e inizia a scrivere il messaggio, digitando esattamente la prima cosa che gli balena in mente.
 
“Se ti dicessi che sono qui, quanto tempo ci metteresti per arrivare?”
 
Invia subito il messaggio e chiude la conversazione, senza ricontrollare. Il cuore il gli batte all’impazzata e comincia camminare nervosamente, sperando che Paolo risponda quanto prima. Tiene il cellulare stretto nel palmo di una mano ma non lo guarda, rivolge lo sguardo verso l’alto, verso il paesaggio circostante. La vibrazione del telefono lo fa sobbalzare, Paolo ha già risposto. Apre immediatamente il messaggio.
 
“Dieci minuti.”
 
“Ti aspetto.”
 
Risponde, volendo essere chiaro per far intendere a Paolo di essere lì, per davvero. Inizia a camminare a passi spediti avanti e indietro, cercando di non allontanarsi troppo dalla fontana, per paura di non riuscire a vedere Paolo arrivare. Nel frattempo ripete tra sé e sé ciò che vuole dire, non si è preparato un vero e proprio discorso ma ci sono delle cose che ha bisogno di sapere e altre che ha bisogno che Paolo sappia. Il tempo sembra non passare mai e ogni volta che Stefano controlla sullo schermo del cellulare l’orario, sono passati prima due, poi tre e poi cinque minuti. L’attesa risulta interminabile, al punto che Stefano inizia temere che Paolo possa non presentarsi o possa aver frainteso il suo messaggio. Riapre la conversazione e rilegge il loro ultimo scambio, verificando che abbia effettivamente letto il suo ultimo messaggio. Quando alza lo sguardo dal telefono, lo scorge in lontananza. Non è il solo nella piazza ma lo riconosce immediatamente, lo vede incedere con il suo passo sicuro, con la sua solita eleganza. Indossa un cappotto grigio lungo, che gli ha già visto altre volte, lasciato aperto. Non è pettinato con cura come al solito, dà anzi l’impressione di essere uscito così, esattamente com’era vestito, senza badarsi troppo del proprio aspetto. Nonostante questo, agli occhi di Stefano, rimane comunque di una bellezza da perdere il fiato, al punto che quando se lo trova davanti rimane senza parole e tutto ciò che ha ripetuto a sé stesso fino a pochi istanti prima si cancella istantaneamente dalla sua testa. 
 
-Buon Natale!
 
Esclama, non riuscendo a trovare altre parole e prendendo tempo. Paolo aggrotta la fronte, sorpreso dalla sua esclamazione. 
 
-Buon Natale… 
 
Risponde a sua volta, confuso. Stefano continua a fissare Paolo, i suoi occhi, i suoi capelli spettinati, il cappotto aperto sotto il quale indossa una semplice tuta grigia. Si chiede come possa aver trascorso quella giornata, da solo. Immediatamente se ne dispiace e il suo cuore sussulta. 
 
-Sei venuto fino a qui solo per fargli auguri? Mi potevi telefonare… 
 
Suggerisce Paolo, non distogliendo nemmeno per un attimo lo sguardo da lui. Stefano avverte un fastidioso groppo in gola, sente come se tutte le parole che ha intenzione di rivolgere a Paolo si siano incastrate lì, in fondo alla laringe, incapacitate ad uscire. Esattamente come quella volta durante il brunch, non riesce a dire a Paolo ciò che vorrebbe. Tuttavia, adesso, non può permettersi di stare in silenzio. Deve farsi coraggio e sbloccarsi, a qualunque costo. Deglutisce rumorosamente e respira. 
 
-Per prima cosa: voglio sapere se intendi davvero quello che c’è scritto nel regalo che mi hai mandato. 
 
Esclama. Paolo annuisce. 
 
-Certamente. Te lo posso ripetere, se vuoi, quante volte vuoi. 
 
Conferma. Stefano si sente mancare di fronte a quella risposta. Vorrebbe davvero sentire quelle parole pronunciate da lui ma non ora, prima deve chiarirsi.
 
-No, aspetta. Prima ti devo chiedere scusa. 
 
Paolo apre bocca, nel tentativo di dire qualcosa ma Stefano lo ferma, appoggiandogli una mano sul petto. 
 
-Lascia parlare me, per favore. 
 
Chiede, con tono di supplica. Paolo lo lascia fare, Stefano ritira ma mano dal petto di Paolo e riprende a parlare. 
 
-Ti chiedo scusa, per prima cosa per non averti invitato a Natale con la mia famiglia. Nessuno meriterebbe di stare da solo a Natale.
 
Afferma, fermandosi solo per un attimo a prendere fiato e a raccogliere le idee. Paolo gli concede il suo tempo, senza intervenire e senza mostrare particolari reazioni. Prosegue. 
 
-Poi, perché faccio fatica ad essere sincero con te. Perché tu sei… il mio glitch, metti completamente in discussione tutto il mio sistema. Non ho mai provato per nessuno quello provo per te, per mesi ho faticato a dargli una spiegazione e a dargli un nome e poi quando l’ho capito… mi ci è voluto un po’ per accettarlo. Però ho continuato a temere che si trattasse di una cosa troppo grande, troppo pesante e avevo paura a dirtelo, a fartelo capire, perché… non ti volevo spaventare, non ti volevo perdere. 
 
Pronuncia l’intero discorso tutto d’un fiato, facendo il possibile per non togliere gli occhi da Paolo la cui espressione nel frattempo sembra essersi addolcita. Stefano cerca di non lasciarsi trasportare e prosegue, ha ancora altro da dire e deve farlo prima che quell’improvvisa carica di coraggio si esaurisca.
 
-Sei diventato davvero troppo importante per me. Mi sentivo male solo al pensiero di rinunciare a vederti, di sentire la tua voce, di non ricevere tuoi messaggi vocali che ho ascoltato e riascoltato mille volte, tutti quanti, fino ad impararli a memoria. Alle tue foto… a tutte le volte che mi hai sfiorato e che ho desiderato che mi sfiorassi, al tuo profumo e ultimamente ai tuoi baci e… 
 
Si ferma. Non è così coraggioso dall’esternare dettagli troppo intimi, in pubblico e ad alta voce. Riorganizza i pensieri, prima di riprendere a parlare. 
 
-Insomma a tutto quello che sei. E adesso che ho provato davvero cosa vuol dire rinunciare a tutte queste cose, per una sola settimana…  mi sono sentito perso. Mi sono pentito amaramente di non aver avuto il coraggio di essere sincero, di non averti fatto capire quanto tu sia importante per me. Ma io non sono bravo in queste cose, non le conosco.
 
Fa un’altra pausa, ora che sta arrivando alla conclusione inizia a sentirsi tremare e teme di non riuscire a proseguire. Paolo, questa volta, interviene. 
 
-Ste, è la prima volta anche per me. 
 
Confessa, con tono rassicurante. 
 
-Ma tu sei sempre così sicuro di te, sai sempre quello che fai, non vacilli mai. Mentre io… io sono entrato nel panico quando mia sorella ha detto, davanti a te, che stiamo “insieme”. Quando io non sapevo se fosse così ed ero troppo spaventato per chiedertelo, perché avevo paura che se te l’avessi chiesto sarebbe andato tutto in fumo. 
 
Quest’ultima parte del discorso è particolarmente difficile per Stefano, la voce gli trema ed inizia a faticare a restare fermo. Il suo cuore batte sempre più forte e lo sguardo fisso di Paolo su di lui non lo aiuta. Quest’ultimo si lascia sfuggire un sorriso. 
 
-Io pensavo fosse ovvio. Mi spiace non aver capito che ti servisse questa conferma, so che tu non dici mai nulla e devo sempre interpretarti, come fossi una versione di latino. Se me l’avessi chiesto, ti avrei risposto serenamente. 
 
Si giustifica Paolo, sorpreso da ciò che Stefano ha appena confessato. Questi, immediatamente arrossisce davanti alle sue parole.
 
-Te lo chiedo adesso: stiamo o stavamo insieme, io e te?
 
Domanda, abbassando lo sguardo. 
 
-Sì, stavamo e stiamo e staremo insieme, mi auguro. 
 
Risponde, con fermezza. Stefano fa un respiro profondo. 
 
-Bene. 
 
Ribatte, non essendo per il momento in grado di andare oltre, di dire altro. In quel momento il suo cervello sta processando tutto quanto, mentalmente sta maledicendo sé stesso per aver tanto esitato nel porre una domanda alla quale Paolo ha risposto senza la benché minima incertezza. Alza a malapena gli occhi per guardarlo e incrocia il suo sguardo profondo e intenso. Riesce a mantenere il contatto visivo, cercando come sempre di trasmettergli i propri pensieri, permettendogli di leggere il proprio viso e le proprie emozioni. Paolo si avvicina di più a lui, i loro visi sono così vicini dal poter sentire il suo respiro. 
 
-Coraggio. Sei arrivato fino a qui, a mezzanotte del giorno di Natale e ti accontenti di dirmi solo giri di parole? Me lo vuoi dire o no? Oppure preferisci che sia io a farlo, per primo?
 
Lo incita, appoggiandogli una mano sulla spalla e l’altra su di un fianco. Stefano sussulta nel momento stesso in cui le mani di Paolo si posano sul suo corpo. Quel contatto fisico con lui, di cui tanto aveva sentito la mancanza, è in grado di paralizzarlo. Non sa come rispondere alla sua affermazione. Da un lato, si trova lì proprio perché voleva sentirsi dire da Paolo quelle stesse parole che ha letto nella cornice puzzle, dall’altro, però, vorrebbe compiere quell’ultimo sforzo e lasciarsi definitivamente andare. 
 
-Ti amo, Paolo. 
 
Confessa, finalmente, sentendosi quasi mancare nel momento stesso in cui pronuncia quelle semplici parole. Paolo lo stringe più forte, sul suo viso compare quel meraviglioso sorriso che ogni volta colpisce Stefano nell’osservare quelle labbra vermiglie lucide perfettamente incurvate e quella fossetta sulla guancia che fanno sembrare che il suo viso, oggettivamente perfetto e armonico, sia scolpito nell’alabastro. 
 
-Ti amo anch’io, Stefano. 
 
Ripete lui. Dopodiché prende il viso di Stefano tra le mani e lo bacia, un bacio profondo e intenso. Per Stefano, che in quel momento sente il suo mondo completamente stravolto, è il più bel bacio mai ricevuto. 
 
PRESENTE
 
Stefano è seduto al tavolo della cucina di quello strano appartamento. Di ciò che accaduto la sera precedente non si ricorda nulla, rammenta a malapena di essersi spostato a piedi, insieme a Paolo e di aver continuato a parlare, percorrendo stradine e vicoli del centro, arrivando davanti ad un portone, probabilmente l’ingresso dell’appartamento in cui si trova ora, ricorda il momento in cui Paolo l’ha preso per i fianchi e l’ha baciato, di nuovo. 
 
-Purtroppo il giorno di Natale le brioche sono difficili da reperire… mi spiace ma ho trovato solo queste.
 
Spiega Paolo, posando davanti a lui un cornetto alla marmellata con una spolverata di zucchero a velo. Stefano lo ringrazia, rimanendo perso nei propri pensieri. Paolo gli posa entrambe le mani sulle spalle e si sporge, dandogli un bacio sulla guancia.
 
-Buon onomastico.
 
Esclama, mettendosi poi a sedere a sua volta. È il giorno successivo a Natale, il 26 dicembre: Santo Stefano, è il suo onomastico lui se n’P quasi dimenticato. Paolo nel frattempo prende la caffettiera con la quale ha precedentemente preparato il caffè.
 
-Spero sia buono e che non sappia di acqua sporca. Saranno almeno dieci anni che non uso la moka…
 
Commenta, osservando con poca convinzione il rivolo di liquido marrone scuro scendere dal beccuccio della caffettiera, mentre riempie due tazzine in ceramica bianca con dei decori e dei motivi geometrici. Dopo aver versato la stessa quantità di caffè nelle tazze, ne porge una a Stefano. 
 
-Il profumo sembra buono.
 
Commenta lui, pervaso dal gradevole aroma del caffè. Paolo non sembra troppo convinto, porta la tazza alla bocca e ne beve un sorso. Dopodiché fa una smorfia e la posa immediatamente sul tavolo, scuotendo il capo.
 
-No, non ce la posso fare.
 
Esclama. Stefano sorride; il rapporto di Paolo con il cibo è una sfaccettatura della sua personalità che trova estremamente divertente, perché è l’unica situazione nella quale riesce a vederlo seriamente in difficoltà. Al contrario, lui non è mai stato particolarmente difficile o schizzinoso e anche quel caffè che per Paolo è terrificante, per lui è tutto sommato gradevole. Lo osserva spezzettare la brioche e mangiarla malvolentieri. Rivede nei suoi gesti l’atteggiamento di un bambino capriccioso, con la fronte corrucciata e l’espressione seria. Lo guarda, soffermandosi sul suo profilo simmetrico, sulla linea dritta che forma il suo naso e sulla sua mandibola ben delineata e scolpita e continua a chiedersi se arriverà il giorno in cui smetterà di guardarlo con ammirazione e rimanere ogni volta colpito da un’angolazione differente del suo viso. 
Prende un morso della propria brioche, giudicandola piuttosto gustosa. Si trova poi, nel silenzio, a pensare a quanto tutta la situazione che sta vivendo sia surreale: solo ventiquattro ore prima si trovava a casa sua, a Milano, pronto a raggiungere la casa dei suoi genitori per festeggiare insieme il Natale. Invece ora si trova a Roma, in un contesto totalmente differente, nel quale fatica a collocarsi sia dal punto di vista temporale che spaziale. Oltretutto, la luce calda del sole che filtra dalle persiane e la temperatura decisamente più mite rispetto a quella di Milano, gli rendono difficile pensare che si tratti di Natale, del 26 dicembre.
Dopo aver terminato la colazione, si stiracchia sulla sedia e sbadiglia. Nonostante siano le undici di mattina si sente ancora stanco. Avverte prepotentemente la stanchezza causata dalle sei ore di viaggio e il calo di energie, a seguito del picco adrenalinico della sera precedente. Ricorda poco delle ultime ore, nello specifico ha un vuoto dal momento dalla sua confessione a Paolo a quando si sono spostati a piedi verso l’appartamento. La sua mente gli suggerisce solo dei piccoli frammenti. Si stiracchia di nuovo e osservando il piccolo divano a due posti, accanto al tavolo, ricorda di essersi seduto e probabilmente addormentato lì. 
 
-È tuo questo appartamento?
 
Domanda, rompendo il silenzio. Paolo, che nel frattempo ha preso a giocherellare con il cucchiaino da caffè, scuote il capo.
 
-No, questo locale e l’intero palazzo in cui si trova sono di proprietà di un socio della Vince. Li mette a disposizione a chi fa trasferte qui o nel Lazio, in generale. 
 
Spiega. 
 
-Quindi non ti faranno storie perché mi hai portato qui, vero?
 
Domanda Stefano, preoccupato. Paolo gli sorride. 
 
-Tranquillo, ci sono stato molte volte ed è un po’ come se fosse davvero casa mia. Non mi dirà nulla nessuno. 
 
Lo rassicura, dopodiché si alza a si avvicina a lui, posandogli una mano su un braccio. 
 
-Purtroppo dobbiamo uscire a cercare qualcosa di mangiare, non avevo previsto ospiti e non ho nulla in frigorifero. 
 
Aggiunge. Stefano annuisce e si alza, ricordandosi però di avere indosso solo la maglietta di Paolo e i boxer. 
 
-Peccato che io non abbia portato nulla con cui vestirmi…
 
Commenta, riflettendo solo ora sul fatto di essere stato così sciocco da non aver portato nemmeno una borsa con un cambio. Paolo gli sorride e lo cinge per la vita, portandolo vicino al suo petto. 
 
-Ti presterò io tutto ciò che ti serve per uscire, oggi. Mentre domani, quando riapriranno i negozi, vedremo di comprare qualcosa. Ti avviso però che la mia idea è che i vestiti non ti servano affatto, finché sarai qui. 
 
Afferma, con tono di voce basso e con quel suo usuale sorriso malizioso, appena accennato sulle labbra. Stefano risponde di riflesso al suo sorriso. 
 
-Però se la maglietta del gallo l’hai data a me, come pensi di sedurmi?
 
Ribatte, cercando di mostrarsi sicuro quanto lui. La sua provocazione pare catalizzare l’interesse di Paolo che lo stringe ancora di più e lo fa roteare, tenendolo per i fianchi, facendo sì che dia le spalle al tavolo e trattenendolo contro di esso con il proprio corpo. 
 
-Hai ragione. Forse dovresti essere tu a sedurre me, questa volta. 
 
Suggerisce, spingendolo in avanti. Stefano si siede sul tavolo, allargando le gambe per permettere a Paolo di inserirsi tra di esse, dopodiché lo tira a sé, facendo pressione con i polpacci e bloccandolo tra sé stesso e il tavolo in una morsa stretta. 
 
-Tipo così?
 
Domanda Stefano, ammiccante. Paolo si passa una mano tra i capelli e si bagna le labbra con la lingua dopodiché si sporge verso Stefano, posando entrambi i palmi delle mani sul tavolo, ai suoi fianchi. 
 
-Oh… le magie che sa fare quella maglietta!
 
Commenta, avvicinandosi al suo orecchio e sussurrando. Posa un bacio leggero sulla sua guancia e poi prosegue, fino ad arrivare alle labbra. Stefano allenta la presa delle gambe e scivola all’indietro sul pianale del tavolo, per dare più libertà di movimento a Paolo che subito ne approfitta e riprende a baciarlo con più intensità, scendendo poi verso la mandibola e il collo, nelle parti lasciate scoperte dalla maglietta, nel frattempo afferra un lembo della maglia e la solleva, passando una mano al di sotto di essa e spingendo Stefano fino a farlo sdraiare sul tavolo. Lui come sempre si lascia guidare e si lascia travolgere, lasciando che si realizzi ciò che aveva intenzione di compiere la sera precedente, quando invece si era addormentato sul divano.
 
LA SERA PRIMA, ORE 00.00
 
Dopo essersi confessati reciprocamente i propri sentimenti, Stefano si sente sollevato e più volte deve toccare e stringere Paolo, per essere certo che tutto quanto sia successo davvero e che non sia un semplice frutto della sua immaginazione. Cammina affianco a Paolo che lo stringe a sé, lo segue senza fiatare e senza chiedere dove abbia intenzione di portarlo, poiché in quel momento la destinazione non gli interessa, stare insieme a lui gli è più che sufficiente. 
 
-Però domani mattina devo davvero recuperare la mia macchina, se ci sarà ancora!
 
Esclama, all’improvviso, ricordandosi in quel momento di averla abbandonata in una zona periferica vicino alla stazione Termini.
 
-Domattina ci pensiamo.
 
Lo rassicura Paolo, continuando a tenerlo stretto. Stefano annuisce ma poi altri pensieri affollano la sua testa.
 
-E i vestiti! Non ho portato nessun vestito, nemmeno un paio di mutande. Come faccio?
 
Chiede, con spontaneità. Qualcosa nel suo tono di voce deve aver divertito Paolo, che si lascia sfuggire una breve risata. 
 
-Te ne presterò un paio. 
Propone. Stefano scuote il capo, la biancheria indossata da Paolo non è per niente adatta a lui. Certo, su Paolo fa un effetto incredibile, ma non su di lui.
 
-No, io non me li metto i tuoi slip! Cosa ci metto dentro? Non ho tutta la quella… roba da contenere.
 
Esclama, senza badare alle parole. Questa volta Paolo non può proprio trattenersi, scoppia a ridere di gusto. Si ferma e si pone davanti a Stefano, tenendolo stretto per i fianchi e cercando di smettere di ridere. Stefano dopo essersi reso conto di ciò che ha detto arrossisce e cerca di rimediare.
 
-E… non ho neanche uno spazzolino, un deodorante… oddio! Non mi faccio la doccia da stamattina. 
 
Esclama, terrorizzato e cercando nel contempo di liberarsi da Paolo che di tutta risposta lo stringe sempre più forte. Si avvicina al suo viso, al suo collo e lo annusa, posando poi un bacio tra la mandibola e il collo. 
 
-La tua pelle sa sempre di buono, non ti preoccupare. 
 
Lo rassicura. Stefano si paralizza e immediatamente viene pervaso dal profumo di Paolo. 
 
-Beh in effetti tutto il profumo che ti metti tu, basterà per tutti e due.
 
Commenta. Paolo inarca le sopracciglia. 
 
-Ste, ma stai bene? Sembri una radio! Come faccio a spegnerti?
 
Esclama, con tono ironico. Stefano cerca di rispondere ma Paolo lo precede e posa l’indice sulle sue labbra, per azzittirlo.
 
-Lo sai, i motivi per cui ti amo sono molti più di dieci ma non c’era abbastanza spazio. Posso dirtene qualcun altro?
 
Stefano annuisce.  Paolo toglie il dito dalle labbra di Paolo e gli accarezza il viso.
 
-Perché sei una sfida e mi piace decifrarti, perché non c’è un briciolo di cattiveria in te, per come mi guardi.
 
Il cuore di Stefano batte all’impazzata, osserva Paolo a bocca aperta, incapace di ribattere. Se l’intento di Paolo era quello di azzittirlo, ci è riuscito perfettamente. Dopo essersi concesso qualche istante per osservarlo e godersi l’espressione stupita e rapita sul suo viso, Paolo riprende a parlare.
 
-Perché mi fai sentire, veramente, una persona speciale, per come ti lasci andare quando sei con me e anche perché sei davvero bravo a farmi i… 
 
Stefano il quel momento si irrigidisce e sente una vampata di calore divampare dal petto fino alla punta dei capelli. Paolo, scoppia di nuovo a ridere.
 
-I complimenti! Perché? Pensavi dicessi po-
Questa volta Stefano non gli permette di finire la frase, si sporge verso di Paolo e lo bacia, aggrappandosi a lui. Paolo ricambia immediatamente il bacio, stringendo a sua volta Stefano e accarezzandogli i capelli con una mano. 
 
-Dai, velocizziamo il passo che inizia a fare freddo.
 
Suggerisce Paolo, staccandosi dal bacio e riprendendo a camminare. Effettivamente, pur riscaldato dal tepore del corpo di Paolo, inizia a sentire freddo, dal momento che gli abiti che indossa non sono sicuramente adeguati a stare fuori nel cuore della notte. Camminando tra i vicoli del centro di Roma, Stefano ha quasi l’impressione di trovarsi in un film o in un romanzo d’amore e il fatto che Paolo sia lì con lui rende tutto più surreale. 
 
-Credo che tu abbia ragione, quando dici che sono un romantico. Guarda dove siamo! E… 
 
Alza gli occhi verso l’alto e osserva il cielo, limpido e puntellato da tante piccole stelle luminose. Indica un punto preciso, nel quale si trova la luna.
 
-Eccola, eccola là: la luna! Ed è ancora piena. Noi ci siamo riuniti e anche lei l’ha fatto, come a Merano.
 
Esclama, girandosi verso Paolo il quale sembra sempre più colpito dall’eloquenza di Stefano. Questa volta non si ferma ma continua a camminare.
 
-Me l’hai scritto tu che sono la tua luna, no?
 
Domanda Stefano, che a questo punto ha smesso di porsi freni nel fare domande a Paolo. Si sente preso da una ventata d’euforia, al punto di credere che il proprio cuore possa scoppiare. 
 
-Certo. Te l’avevo già detto, no?
 
Chiede. Stefano annuisce. 
 
-Sei la mia luna perché sei il raggio di luce nel buio della mia esistenza. 
 
Spiega Paolo, lasciando di nuovo Stefano senza parole. Questa volta è lui a fermarsi, costringendo Paolo a fare altrettanto. 
 
-Che c’è? Troppo patetico?
 
Domanda. Stefano scuote il capo.
 
-No, no. È che… io ho sono venuto fin qui, armato di buone intenzioni, pronto a dichiararmi a te e alla fine quello che se ne esce con le parole più belle sei sempre tu.
 
Spiega, con sincero disappunto. Paolo gli sorride e posa un bacio delicato sulle sue labbra, breve ma molto dolce. Dopodiché entrambi riprendono a camminare. Stefano rimane in silenzio per qualche minuto godendosi il momento e poi, forse perché la sua gioia in quel momento è così forte da essere incontenibile, inizia a cantare.
 
-E guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po’! Passo le notti a camminare, dentro un metrò 
sembro uscito da un romanzo… giallo! Ma cambierò, sì cambierò!
 
Paolo lo guarda stranito, Stefano lo ignora e continua a cantare.
 
-Gettando arance da un balcone, così non va! Tiro due calci ad un pallone e poi chissà, non sono ancora diventato matto, qualcosa farò, ma adesso no. Luna!  
 
Si ferma e guarda Paolo.
 
-È “Luna”, di Gianni Togni. La conosci?
 
Gli domanda. 
 
-Sì ma… Ste, seriamente, hai bevuto mentre eri al volante?
 
Stefano sorride e riprende a cantare, prende Paolo per mano, facendo una mezza giravolta.
 
-Luna non mostri solamente la tua parte migliore, stai benissimo da sola, sai cos’è l’amore. E credi solo nelle stelle, mangi troppe caramelle… luna! Luna ti ho vista dappertutto anche in fondo al mare ma io lo so che dopo un ti stanchi di girare, restiamo insieme questa notte, mi hai detto no troppe volte… luna!
 
Improvvisamente Paolo spinge Stefano con il proprio corpo, facendo scontrare la sua schiena con un grosso portone di legno, al di sotto di un arco in mattoni. 
 
-Ma come?! Mi hai detto che sono bravo a cantare.
 
Chiede Stefano, sorpreso dal suo gesto. 
 
-Sei straordinario. 
 
Conferma Paolo, prendendolo per i fianchi e sporgendosi per baciarlo. Stefano questa volta si sposta, evitando il contatto. 
 
-Allora perché mi hai fermato? Potrebbe essere la nostra canzone, visto che si chiama proprio “Luna”.
 
Insiste Stefano, convinto del suo pensiero. Paolo scuote il capo.
 
-No. Io non ti ho mai detto di no e mai te lo dirò. 
 
Spiega. Stefano sorride.
 
-Infatti è la luna a dire no a Gianni Togni, io sono la luna, non tu. Sono io la… “donna difficile”, come mi hai detto un po’ di tempo fa. La dovresti cantare tu la canzone ma visto che non lo sai fare, lo faccio io per te.
 
Paolo questa volta non lo lascia sfuggire, lo stringe ancor più forte e lo bacia, togliendogli il fiato. 
 
PRESENTE, ORE 12.30
 
Il centro di Roma è quasi deserto e il sole, alto e splendente in cielo, ricorda più una giornata primaverile che dicembrina. Camminano l’uno al fianco dell’altro, staccati di pochi centimetri, al punto che le loro spalle riescono quasi a sfiorarsi. Stefano sta indossando il cappotto di Paolo e si sente impacciato e ridicolo: le spalle sono decisamente troppo larghe rispetto alle sue e ha dovuto arrotolare le maniche due volte, perché erano molto lunghe. Si sente come se avesse indosso il cappotto di suo padre ed è felice che non ci sia quasi anima viva in giro, a vederlo. Paolo al contrario è sempre impeccabilmente perfetto: indossa solo una giacca blu e al di sotto di essa una camicia color glicine, pantaloni dal taglio dritto e dello stesso colore della giacca. Deve trattarsi sicuramente di capi di alta moda, dal momento che anche il cappotto che gli ha prestato lo è, si tratta infatti di un cappotto in pura lana di Hugo Boss, lo stesso della sera prima che su Paolo era straordinariamente perfetto, anche al di sopra di una semplice tuta, mentre Stefano si sente come in  quel periodo da bambino in cui i suoi cugini più grandi gli passavano i loro vestiti usati, di almeno due taglie più abbondanti rispetto alla sua, essendo tutti molto più robusti di lui. Con la coda dell’occhio osserva Paolo, il cui sguardo è nascosto dietro alle lenti scure degli occhiali da sole. Tiene le mani in tasca e cammina disinvolto, apparentemente spensierato. Passando per un vicolo, incontrano alcuni gruppi di persone, perlopiù turisti e Stefano inizia a notare diversi sguardi indirizzati verso Paolo, sia da parte di donne sia da parte di uomini o ragazzi. In particolare, una donna apparentemente sulla cinquantina passa accanto a loro e si ferma, quasi pietrificata, per osservarlo, lasciandosi sfuggire un’espressione compiaciuta, prima di riprendere a camminare. Paolo sembra non essersene accorto.
 
-Certo che andare in giro con te è un’esperienza… 
 
Afferma Stefano, sospirando. Paolo si gira verso di lui.
 
-Perché?
 
Domanda sorpreso. Stefano fa una smorfia, cercando di capire se davvero non si sia accorto di nulla o se stia invece facendo il modesto.
 
-Quando cammini in mezzo alla gente si girano tutti a guardarti, la signora di prima ti avrebbe spogliato con lo sguardo, se avesse potuto. 
 
Spiega Stefano. Paolo si ferma, sollevando appena gli occhiali per osservare meglio Stefano. Prima che possa dire qualcosa viene fermato da un commento colorito, provenire da una donna piuttosto giovane.
 
-a’ bono!
 
Esclama, ad alta voce. Stefano abbassa lo sguardo e arrossisce.
 
-Appunto…
 
Commenta, a bassa voce. Paolo sorride. 
 
-Non sarai mica geloso?
 
Domanda Paolo, sorridendo maliziosamente e con aria compiaciuta. Stefano scuote il capo e riprende a camminare. Paolo lo raggiunge subito e lo trattiene, mettendo un braccio attorno alla sua vita, al di sotto del cappotto. 
 
-Colpa tua che fai il vergognoso e non vuoi neanche tenermi per mano.
 
Lo rimprovera scherzosamente. Stefano rimane in silenzio, tenendo lo sguardo basso, effettivamente, poco prima mentre stavano uscendo dall’appartamento, Paolo aveva cercato di prenderlo per mano, mentre lui si era ritirato vedendo arrivare delle persone nella sua direzione. Naturalmente non pensa ci sia nulla di male nel fatto che due uomini mostrino affetto reciproco, il vero problema per lui non è il fatto che siano due uomini, quanto la dimostrazione di affetto in pubblico, anche a Milano gli è difficile accettare i baci e gli abbracci di Paolo, che da tipo estremamente fisico quale è non ha intenzione di trattenersi, tuttavia trovandosi in una città diversa dalla propria e sconosciuta, non si sente sicuro. Insicurezza che ricorda di non aver mostrato la sera prima. Mentre riflette, cercando di ricordare cosa esattamente possa aver fatto la sera precedente, Paolo lo bacia sulla guancia. Un bacio rapido e delicato che ha il potere di congelare immediatamente i suoi pensieri.
 
-Vedrai che adesso non mi guarderà più nessuno, con occhi desiderosi. Sono tutto per te.
 
Commenta, sussurrandogli nell’orecchio. Stefano si irrigidisce e Paolo sorride, provando grande divertimento nel metterlo in difficoltà in quel modo. 
Riprendono a camminare in silenzio, guardandosi attorno per trovare un locale aperto dove poter acquistare almeno un pezzo di pizza. Improvvisamente il cellulare di Stefano, nella tasca del cappotto, inizia a vibrare. Lo prende e accetta la telefonata senza leggere di chi si tratti, la luce del sole non gli permette di vedere bene lo schermo del cellulare. 
 
-Pronto…?
 
Risponde, con incertezza. La persona all’altro capo del telefono sembra essere decisamente più determinata di lui.
 
-Dove cazzo sei finito?! Sono le dodici e mezza passate e stiamo aspettando solo te!
 
È Elena ed è arrabbiata. Stefano spalanca gli occhi, ricordandosi solo in quel momento che sarebbe dovuto andare a pranzo anche oggi dai suoi genitori. Non ha avvisato nessuno della sua partenza e nemmeno gli è balenato in testa di doverlo fare, perché dal rientro a casa il pomeriggio precedente la sua mente è stata occupata da Paolo e non c’è stato spazio per altro. 
 
-Sono…
 
Fatica a rispondere ed Elena prende di nuovo la parola.
 
-Ti ho mandato almeno tre messaggi, un sms, ti ho fatto un vocale e adesso ti ho chiamato due volte! Ci vuoi dare una spiegazione? Siamo tutti a tavola.
 
Lo rimprovera. Stefano cerca di prendere coraggio, nel frattempo Paolo è girato verso di lui e sicuramente sa ascoltando tutto, dal momento che Elena parla così forte, quasi avesse inserito il vivavoce.
 
-Sono a Roma. 
 
Risponde, non riuscendo a dire altro. Ovviamente l’ira di Elena accresce.
 
-A Roma? Adesso? Ma cosa... ?
 
Paolo prende il telefono dalle mani di Stefano e lo porta all’orecchio.
 
-Ciao Ele, prima cosa Buon Natale. Secondo, tranquilla, il tuo fratellino è con me.
 
Risponde, con disinvoltura. Stefano lo guarda stranito, spalcando gli occhi. Anche Elena sembra essersi azzittita. 
 
-Paolo..?
 
Domanda, riprendendo il suo solito tono di voce ma senza alcuna sfumatura astiosa. 
 
-Sì. Stefano è arrivato ieri sera. Davvero non poteva stare un altro giorno senza di me. 
 
Risponde, con un grande sorriso. Stefano al contrario si sente impallidire e vorrebbe strappargli il telefono di mano. Elena è sicuramente a tavola di suoi genitori, che potrebbero aver ascoltato ogni cosa. 
 
-Ah… ok! Nessun problema, bastava saperlo. Quel decerebrato di mio fratello non ha detto nulla nessuno ed eravamo qui tutti a tavola a chiederci che fine avesse fatto!
 
Si giustifica lei, mantenendo sempre un tono alto e sostenuto. 
 
-Mi spiace. Si è fatto tardi e probabilmente deve essergli sfuggito di mente… tranquilla, non gli è successo nulla. Anzi, me lo terrò fino al due di gennaio, se per voi non è un problema. 
 
Annuncia Paolo, rivelando qualcosa di cui Stefano non era ancora a conoscenza. 
 
-No, no. Tienitelo pure quanto ti pare! Noi l’abbiamo avuto abbastanza. 
 
Conclude lei, dopodiché si salutano ed Elena riattacca, senza chiedere di parlare di nuovo con Stefano. Paolo gli porge il cellulare, con aria soddisfatta. Stefano lo prende e lo ripone nella tasca del cappotto, sospirando.
 
-Mi sono totalmente dimenticato di avvisare, è colpa tua!
 
Lo rimprovera, infastidito. 
 
-Colpa mia? 
 
Domanda, aggrottando la fronte. Stefano annuisce.
 
-Mi mandi completamente in palla il cervello. Se ci sei tu di mezzo… non riesco a pensare ad altro!
 
Si lamenta, abbassando lo sguardo e rendendosi conto di aver detto più di quanto in realtà volesse dire. Paolo afferra più saldamente il fianco al quale è aggrappato e porta Stefano davanti a sé, contro il suo petto. Con la mano libera gli carezza il viso e si avvicina lentamente a lui, per baciarlo, posa le proprie labbra sulle sue in un bacio dolce, delicato e fugace. 
 
-La stessa cosa vale per me. Non appena mi hai mandato quella foto sono uscito di casa così com’ero vestito, dimenticando il fatto che stessi andando a fare pipì. 
 
Confessa, sorridendo. Stefano grazie a quel dettaglio riesce a ricordare più chiaramente l’ultimo passaggio della sera precedente.
 
 
LA SERA PRIMA, ORE 00.30
 
Stefano segue Paolo all’interno di un cortile elegante e signorile, con archi e vetrate, di stile totalmente diverso rispetto al suo moderno e lussuoso appartamento di Milano. Dopo aver salito due rampe di scale, Paolo si ferma ed estrae un mazzo di chiavi dal cappotto. Apre la porta davanti a sé e invita Stefano ad entrare, dopo aver acceso le luci. Il locale è molto più modesto di quanto si aspettasse, considerati gli standard di Paolo.
 
-Perdonami il disordine, decisamente non aspettavo ospiti.
 
Si scusa Paolo, sistemando il tavolo occupato da un pc portatile, alcuni documenti e un bicchiere d’acqua mezzo pieno. Stefano ripensa di nuovo al fatto di aver lasciato Paolo da solo, il giorno di Natale. Ripensa al suo pranzo in famiglia e si immagina lui, seduto a quel tavolo, in completa solitudine. 
 
-Ti sei spento, tutto d’un tratto?
 
Domanda Paolo, vedendolo pensieroso. Stefano cerca di abbozzare un sorriso. 
 
-No, mi stavo solo guardando intorno. Questo posto… non è proprio da te.
 
Commenta. Paolo si avvicina a lui, prendendolo per mano. 
 
-È vero, è terribile. Stai pensando di tornartene a Milano?
 
Chiede, intrecciando le proprie dita con le sue. Stefano scuote il capo. 
 
-Non me ne vado finché non te ne vai tu. Sono venuto a prenderti e non tornerò senza di te. 
Risponde. 
 
-Ma a Milano ci sarei tornato comunque, lo sai vero?
 
Stefano annuisce. 
 
-Ma saresti venuto a cercarmi? 
 
Domanda, titubante. Paolo non gli risponde subito, gli rivolge uno sguardo enigmatico con l’obiettivo di lasciarlo sulle spine. Stefano lo fissa profondamente negli occhi, in attesa di una risposta e il battito del suo cuore accelera, immediatamente. Paolo si lascia sfuggire un sorriso.
 
-Se non avessi fatto tu la prima mossa, sì. Mi sono comportato da stronzo, facendo quella telefonata, però ero davvero infastidito quella sera e sapevo che se ti avessi affrontato faccia a faccia non sarei riuscito ad essere impassibile, ti avrei guardato negli occhi e avrei ceduto. 
 
Spiega, continuando a tenergli stretta la mano destra e posando quella sinistra sul suo fianco. 
 
-Ti aspettavi che venissi qui?
 
Chiedi Stefano, con un fil di voce. Paolo scuote il capo.
 
-No, hai superato completamente le mie aspettative. 
 
Ammette, risalendo dal fianco fino al petto e accarezzandolo seguendo movimenti circolari. Stefano inizia a sentire caldo e quel suo maglione, in realtà molto leggero, diventa di troppo. 
 
-Ho imparato dal migliore.
 
Azzarda Stefano, ben sapendo che quel complimento sarà apprezzato da Paolo il quale, immediatamente, lo spinge contro il muro premendo sul suo petto e lo bacia, con passione e avidità. Percepisce chiaramente il desiderio nel movimento delle sue labbra, della sua lingua, della sua mano destra che sale fino ad accarezzargli i capelli, mentre con l’altra continua a tenerlo fermo contro il muro, quasi avesse il timore di una sua fuga. Stefano, ovviamente, non ha alcuna intenzione di andare via, al contrario risponde agli stimoli di Paolo, posandogli una mano sulla schiena e portandolo ancora più stretto addosso a sé. Dalla schiena la sua mano arriva alla nuca, scompigliando suoi capelli biondi, così elegantemente spettinati. Si lascia trasportare dalla voracità e l’intensità dei baci di Paolo, che assaggia la sua bocca e le sue labbra, quasi con l’intento di divorarlo. Se anche volesse farlo, Stefano glielo concederebbe. 
 
-Aspetta.
 
Si ferma improvvisamente, prendendo fiato ma senza staccarsi da Stefano. Gli posa un dito sulle labbra, che Stefano istintivamente lecca, facendolo sorridere. 
 
-Ti chiedo solo due minuti di pazienza. Prima che mi contattassi stavo andando a fare pipì, dammi il tempo di andare in bagno e riprendiamo da dove abbiamo lasciato. Siediti lì, sul divano, concentrato così come sei. 
Propone, indicandogli un piccolo divano, contro una parete. Stefano annuisce e si siede, mentre Paolo si allontana per andare in bagno, come gli ha appena detto.  Ci mette qualche istante prima di riprendersi e un po’ si dispiace che Paolo abbia interrotto ciò che stavano facendo, proprio sul più bello. Girandosi a destra nota che, dalla finestra, si intravedono le luci di Roma. Solo in quel momento realizza di aver ottenuto il suo intento, di aver compiuto il primo atto sconsiderato e irrazionale della sua vita e di esserne uscito vincitore. Ripensa al momento in cui lui e Paolo si sono confessati i reciproci sentimenti, spazzando via tutte le paure che fino a quel momento l’avevano tormentato, fino a togliergli il sonno. Ripensa al giorno prima, quando per l’ennesima volta aveva ripetuto a sua sorella e davanti a tutta la sua famiglia di non avere una relazione. Solo poche ore più tardi, ha ricevuto da Paolo la risposta a quella domanda che avrebbe voluto e dovuto porgli da diverso tempo. Si sente leggero, sollevato, come se un macigno enorme fosse stato prelevato dal suo petto e dal suo cuore. 
 
Ovviamente nella sua testa stanno iniziando a formarsi altri interrogativi e altri dubbi: inizia a pensare che presto dovrà portare Paolo nella sua famiglia, che dovrà inserirlo stabilmente nel suo gruppo di amici e che dovrà forse smetterla di far finta di niente, con i compagni di squadra, specialmente dopo che all’ultima cena di Natale, nessuno si è mostrato contrario all’eventualità di una relazione tra lui e Paolo. 
 
Si tratterà di affrontare diversi cambiamenti, anche grandi, che potrebbero modificare radicalmente la sua vita e, soltanto a valutarne il peso, Stefano inizia a preoccuparsi. Fortunatamente riesce a spingere via temporaneamente tutte le preoccupazioni, si mette più comodo sul divano chiudendo gli occhi e cercando di rilassarsi, per godersi di quel suo bel momento e quel traguardo importante, appena raggiunto. Si rilassa al punto di addormentarsi, è più sereno di quanto non fosse quando è partito qualche ora prima e ha un gran sorriso sulle labbra.
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Ciao a tutti! Perdonate l'attesa, spero ne sia valsa la pena :) Io mi sono divertita molto nello scrivere questo capitolo. Mi auguro di ritornare a postare regolarmente! Lasciatemi i vostri feedback, se vi va ;) a presto!
  
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