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Autore: KH4    13/04/2024    1 recensioni
Quando la suoneria del telefono rimbombo' per tutta la stanza sopraelevandosi all'acquoso rovesciarsi del temporale, Itadori nemmeno spreco' le energie per aprire gli occhi e delineare la penombra bluastra che gli ondeggiava pigramente intorno.
Che fosse notte fonda ed egli fosse riuscito a fatica ad abbandonarsi dentro un bozzolo di dolci coltri - nonostante la lunga giornata passata dietro i fornelli dell'Izakaya -, questi particolari parevano pressochè ininfluenti dinanzi l'impellenza manifestata dell'apparecchio, al che, nel pieno automatismo del gesto, fece scivolare fuori il braccio dalle coperte.
Il luminoso display rettangolare lo vide appena schiudere una palpebra e senza nemmeno mettere a fuoco il nome che spiccava al centro accettò la chiamata.
- Si, pronto? -
- Itadori...-
- Fushiguro? Va tutto bene? -
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fushiguro Megumi, Itadori Yuji
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali del capitolo: Modern Au - Age Up (entrambi i protagonisti hanno 22 anni) - Paring: Fushiguro x Itadori - Potenziale OOC (conosco molto grossolanamente il carattere dei personaggi perciò abbiate pietà di me. Inoltre! in questa fic, Naoya Zenin ha 27 anni come nel manga - da quello che ho letto - ma Fushiguro ne ha 22. Sempre da quel che ho letto quest'ultimo è il nipote di Naoya, quindi il primo è suo zio - credo... -, pertanto li tratterò sulla base di questa parentela. Inoltre: in questa storia, Fushiguro è stato adottato dalla Famiglia Zenin dopo che il padre è sparito chissà dove).

L'ho scritta tutta d'un fiato la mattina di Pasqua, cosa che non capitava da eoni.
La classica idea che ti balla in testa e non ti abbandona finchè non la trascrivi e devo dire che nonostante sia uno stile di scrittura molto più semplice di quello a cui sono abituata - più sbrigativo, meno engmatico e maggiormente diretto - posso dire di essere soddisfatta.
Forse potra risultare mielosa e di solito non sono una che ama molto le cose troppo sdolcinate, ma sicchè questa shot si è scritta praticamente da sè, ho apportato poche correzioni.
Questi due ragazzi insieme mi piacciono e non poco pur non seguendo regolarmente le dinamiche del manga originale, quindi chissà che non pensi di scrivere ancora qualcosa su di loro - in un futuro molto anteriore, si intende, conoscendo i miei tempi di scrittura. -
Detto ciò, buona lettura a tutti!
 
You can stay as long as you need.
You can stay forever.

Quando la suoneria del telefono rimbombo' per tutta la stanza sopraelevandosi all'acquoso rovesciarsi del temporale, Itadori nemmeno spreco' le energie per aprire gli occhi e delineare la penombra bluastra che gli ondeggiava pigramente intorno.

Che fosse notte fonda ed egli fosse riuscito a fatica ad abbandonarsi dentro un bozzolo di dolci coltri - nonostante la lunga giornata passata dietro i fornelli dell'Izakaya -, questi particolari parevano pressochè ininfluenti dinanzi l'impellenza manifestata dell'apparecchio, al che, nel pieno automatismo del gesto, fece scivolare fuori il braccio dalle coperte. 

Il luminoso display rettangolare lo vide appena schiudere una palpebra e senza nemmeno mettere a fuoco il nome che spiccava al centro accettò la chiamata.

- Si, pronto? -
- Itadori...-
- Fushiguro? Va tutto bene? -

A dispetto della voce pregna di sonno, Itadori non potè fare a meno di notare nella subitanza del momento il tono fin troppo atono dell'amico, spolverando l'aria con le ciglia nel tentativo di constatare che ore fossero effettivamente.

La sveglia riposta sul comodino segnava quasi le tre del mattino, con il silenzio annichilito dalla profondità del maltempo.

Orario alquanto insolito per chiamare, specie se a farlo era proprio chi fra i due era il più restio ad alzare la cornetta.

- Scusa se ti chiamo a quest'ora, ma...Non è che...Potrei venire a stare da te per qualche giorno? -
- Certo, nessun problema -, si affrettò a dire lui, issandosi sui gomiti - Sai che la mia porta è sempre aperta...per te... -

Qualcosa non andava.

Al ragazzo non occorse che uno sfilaccio di secondo per limare e perfezionare quel cruccio affinchè assumesse dimensioni abnormi.

La voce di Fushiguro gli giungeva con un sottofondo scrosciante a schiantarsi ovunque si stagliasse una superficie, non dissimile da quello che udiva picchiettare fuori dalla sua finestra.

Quando poi l'eco squillante di un'auto sfilò rapido scemando con coda astratta, le gambe sforbiciarono fuori dal letto con un balzo che gli fece afferrare al volo la giacca riposta sull'appendino.

- Fushiguro...Dove ti trovi esattamente? - 

 
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Itadori non dovette far altro che macinare i gradini uno dietro l'altro in una corsa forsennata e spalancare il portone d'entrata per trovare Fushiguro sotto la minuta tettoia che riparava il citofono del suo condominio.

Tutti i buoni propositi elencatigli dalla ragione per intavolare quell'implacabile piazzata ai danni del moro - non tanto per la malsanità dell'orario, ma per la sua reticenza ad aspettare che l'orlo dell'abisso fosse in procinto di scivolargli da sotto i piedi per contattarlo - morirono non appena il panico acido che gli solleticava la bocca dello stomaco ne incrinò pericolosamente i sensi.

Nemmeno ripercorrendo a ritroso i ricordi stratificati dal passare del tempo Fushiguro era mai stato tanto disastrato, chiaro segno che qualunque fosse successa il suo istinto non era stato filtrato dal raziocinio.

La linea ingobbita della schiena pressata contro il muro sosteneva a fatica il peso del corpo grondante acqua da ogni parte, l'espressione di chi aveva combattuto un'estenuante battaglia e ora non rammentava più se esistesse una meta verso cui fare ritorno addensata sui pallidi lineamenti.

La cravatta nera gli penzolava allentata al collo sfiorando il tessuto fradicio della camicia bianca, i pantaloni scuri appiccicati alle gambe.

- Mi spiace per... -

Itadori lo accolse fra le sue braccia non appena Fushiguro provò a issarsi in posizione eretta barcollando, temendo che le forze potessero abbandonarlo seduta stante.

Con quel contatto ravvicinato intravide sotto le ciocche corvine atte a ricadergli sul volto il profilarsi di un grosso livido all'altezza dello zigomo; al lato della bocca, invece, una sbucciatura fresca riluceva di sangue che l'acqua diluiva in rigagnoli pronti a colare lungo la linea del mento.

- Me ne.. -
- Me lo racconterai più tardi -, tagliò corto il ragazzo - Vieni dentro, su.- 

 
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Se c'era una persona per cui Itadori avrebbe fatto qualunque cosa - sottintendendo unicamente a se stesso un certo grado di preferenza - era senz'altro Megumi Fushiguro.

Si conoscevano dalle scuole medie superiori, ma il tempo in cui la sua figura era relegata sotto la voce "amico" apparteneva a un passato ora evolutosi a qualcosa che non poteva essere banalmente incasellato in una semplice definizione. 

Non gli chiese nulla, ne pretese di colmare il digiuno con immediati aggiornamenti buoni soltanto a ledere laddove il riposo doveva giostrare il principio di guarigione - anche se fu impossibile al suo animo non accartocciarsi nel vederne il verde brillante degli occhi vagare in una nebbia egualmente densa al silenzio che ne accompagnava il passo strascicante -. 

Lo infilò sotto il getto bollente della doccia, gli diede degli abiti comodi e dopo avergli medicato alla bene in meglio le ferite gli cedette il suo letto dove impiegò meno di cinque minuti per sprofondare in un sonno profondo. 

Quel "grazie" che gli sentì sussurrare mentre ne ricopriva le membra sfinite gli impedirono di allontanarsi dal suo capezzale, consentendo alla preoccupazione di modellare a libero piacimento gli eventi che avevano portato il moro dinanzi alla sua porta. 

 
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Quell'inizio di primavera conservava pesanti strinature invernali, l'aria a pungolare le guance e la pioggia siderale così fitta da tamburellare affilata.

L'alba aveva appena iniziato a penetrare dall'esterno con un primo fascio uggioso perfettamente tagliato dalla vicinanza delle tende ravvicinate quando le narici di Fushiguro lo slegarono dal suo sonno, dilatandosi stuzzicate da un delizioso profumo.

Schiudendo le labbra la sua voce si sarebbe vergata senz'altro di un rimbombo anormale, schiacciata sul fondo del baratro piceo assunto dal supplizio della sua coscienza, perciò si limitò a orchestrare i propri passi facendo attenzione a non ingrovigliare i piedi fra loro.

La tavola che mirò con le ciglia ancora intrise dalla stanchezza, i capelli ingrovigliati e la tacita supplica dei suoi arti a risuggellare il caldo connubio creatosi fra il suo corpo e le coperte ascrisse l'intera situazione concentrandola in due punti precisi.

Il primo che si trovava per davvero a casa di Itadori.
La seconda, che la sua bravura nel saper cucinare si rifletteva in piatti incapaci di attribuirsi qualsivoglia malanimo incarnavano.

- Sei sveglio. - Come evocato a comando, il ragazzo gli si paleso' a fianco, il grembiule ben legato dietro la schiena e una zuppa calda di miso e tsukemoto pronta a essere servita - Come va il viso? Hai riposato abbastanza? Se non te la senti di stare in piedi posso portarti la colazione a letto... -
- No, non c'è ne è bisogno. - Come supposto, le corde arrocchite grattavano fra di loro, ma malgrado il fastidio - unito al pizzicare delle palpebre e il cerchio alla testa appena stemperato - Fushiguro non avrebbe abusato della gentilezza dell'amico più di quanto già si era permesso di fare. 

L'inanellarsi degli eventi succedutisi permaneva fisso nella sua mente: impossibile da cancellare, destinato a rimanere impresso per così scardinare tutti i suoi equilibri.

Eppure inabissatosi nel momento in cui le braccia di Itadori lo avevano accolto, come sempre facevano dacchè si conoscevano.

 
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- Me ne sono andato. -

Fushiguro glielo rivelò con un piccola nota d'orgoglio a districarsi dalla matassa che teneva ancora annodate le sue corde vocali. 

Entrambi si erano spostati in bagno dopo aver terminato la colazione; Itadori aveva appena finito di cambiargli la medicazione allo zigomo, passando a disinfettare l'escoriazione sotto cui pulsava il gonfiore ai danni del labbro quando si arrestò per la rivelazione.

- Cosa intendi? - Ebbe timore a chiederglielo, le parole intente a sfregarsi inconsciamente fra loro, pronte ad esplodere come un petardo.

Lui e Fushiguro erano vincolati da un'amicizia che gli aveva permesso di comprendere come, fra tutte, le dinamiche familiari incarnassero l'epicentro del suo malumore quando questo traboccava; in quel primo anno scolastico era stato concepito il cambiamento che avrebbe preso forma soltanto nei mesi avvenire, un'immagine in boccio tramutatasi in un legame capace di sciogliere la taciturnità dentro cui il moro era solito trincerarsi.

A Itadori era occorso poco per imparare ad ammutolire ogni domanda riguardo ciò che era in grado di far suppurare quelle ferite abili nell'annebbiare il discernimento di Fushiguro.

La figura paterna, più di qualunque altra, si ergeva a profilo abozzato fra sibili atti a impedirgli di intercalarsi nella sua visuale; lo stesso suono che ne caldeggiava il nome intavolava un formulario che ne aveva sempre disposto l'animo a volerlo sospingere nel polveroso dimenticatoio, proprio come egli aveva fatto di punto in bianco non tornando più a casa.

Che fosse morto o semplicemente decisosi a fregarsene delle sue responsabilità, le ingiurie a suo carico erano le più facili a srotolarsi in gola anche adesso che la lista delle persone da cui distanziarsi si era notevolmente rimpolpata.

- Ieri sera avevo una cena di famiglia. Almeno credevo fosse una cena di famiglia -, cominciò a raccontargli Fushiguro - Invece si trattava di una specie di party aziendale. -
- U-uhm. - Itadori riprese a tamponare delicatamente l'escoriazione all'apice del gonfiore.

Era così avezzo alla concisione dell'amico che il vederlo vestire i panni del parolaio gli avrebbe anche strappato una genuina risata se le circostanze a lui ancora ignare non avessero contemplato quegli ematomi ingigantitisi a pompelmi maturi.

- E' andato tutto bene finché Naobito-san non mi ha preso da parte e portato nel suo studio, dove senza troppi giri di parole mi ha messo sotto il naso la foto di una ragazza. La figlia di un ricco imprenditore con il quale è in affari da un pò. -

Lasciatosi suggere dal contenuto, le parole del moro composero per il ragazzo il quadro intero di una situazione per la quale sarebbe valsa la pena strapparsi le orecchie.

Gli Zenin effigiavano un'emblematica dinastia inerpicata lungo un crepuscolo inalterato dalla mutabilita del tempo, con tasche profonde e un plotone di avvocati capaci di renderli pressochè intoccabili.

Ammodernavano le apparenze condividendo fra loro il gusto effervescente degli affari andati a buon fine, ma non quella sostanza che dettava il loro rigido vivere dietro tradizioni ataviche sopra cui speculare sarebbe stato tanto saggio quanto stuzzicare un vespaio con un bastone pregando di non uscirne punto all'inverosimile.

Nella ferocia del business non conoscevano altro che la loro unanime vittoria e un matrimonio combinato equivaleva a una dimostrazione di potere sempre pronto a ramificarsi e ad estendersi laddove poteva crescere e prosperare.

- Lì ha cominciato a sciorinarmi il fatto che fosse ora di prendere in considerazione l'idea di accasarmi con qualcuno di mio pari lignaggio -, proseguì Fushiguro - Che come...Zenin...Non potevo esimermi dalle mie responsabilità. Poi ha sganciato la bomba. -

Perchè? Questa non era una bomba?

Itadori non era sicuro di poter reggere qualora il moro gli avesse rivelato che il matrimonio era stato organizzato per quella stessa sera e che se l'era data a gambe per non dover consumare l'unione seduta stante, magari davanti a una cerchia ristretta di membri d'alto rango perchè così dettavano alcuni bigotti precetti tramandati di generazione in generazione.

No.
Tutto avrebbe sopportato che vedere il ragazzo di cui era innamorato legato a qualcun altro per il resto della sua vita.
 
Ma, d'altro canto, anche avendo la possibilità di dire qualcosa, chi mai sarebbe stato lui per riuscire a scombinare i grandi progetti che una simile famiglia danarosa aveva in serbo per uno dei suoi rampolli?

Nessuno, ecco la verità.

Nell'ottica suprema con il quale il Clan scrutava chiunque li circondasse, solamente chi rispondeva ai suoi standard non veniva giudicato alla stregua di un sassolino utile a essere calciato ai lati della strada.

E piuttosto di perderlo definitivamente con una incauta confessione su dei sentimenti che forse era il caso di insabbiare, Itadori era anche pronto ad accontentarsi di quello che gli stava offrendo e che sempre gli avrebbe offerto: uno spazio dove la pressione di quei legacci avviluppati attorno lui cessassero di giostrarlo come la marionetta che invece i suoi parenti volevano che fosse.

- Voleva annunciare a tutti il suo imminente pensionamento...E presentarmi come prossimo Capofamiglia. -
- ...Eh? - Per la seconda volta le dita del giovane si arrestarono a mezz'aria, guardando Fushiguro con l'incredulita' a sottoscrivere l'impatto di quella rivelazione inaspettata - Capofamiglia? -
- Già. Ti lascio immaginare che faccia ha fatto Naoya. -
- Era nello studio? - Con tutti quei dettagli non gli fu difficile proiettare nel suo immaginario la situazione descritta e l'inevitabile tracollo prossimo a essere servito.

La parola "Erede" cozzava contro ogni ambizione espressa da Fushiguro, ma in tutti quegli anni la sua consistenza pareva sempre essere rimasta a debita distanza, prediligendo invece approcciarsi all'ombra arrogante di Naoya Zenin, il figlio più giovane di Naobito.

Dopotutto, egli stesso non aveva mai perso l'occasione di ribadire come tutta la sua vita altro non fosse stata che una lunga e meticolosa preparazione a ricoprire quel ruolo che soltanto il suo estro geniale - secondo la sua egocentrica opinione - era adatto a ricoprire. 

In un singolo episodio la casualità delle vicissitudini aveva fatto incrociare i loro cammini e tanto era bastato a Itadori da reputarlo un'individuo sprezzante oltre ogni logica umana, borioso e sordo alle sofferenze di qualsivoglia essere vivente.

Come chiunque in quella famiglia.

- Aveva le vene del collo e delle tempie che pulsavano così tanto che per un attimo ho pensato sarebbe esploso. L'unica parte divertente della serata -, ebbe piacere di rimembrare il moro - Comunque, il party, la ragazza nella foto...Tutto era stato organizzato affinché Naobito-san potesse presentarmi come suo successore, prossimo alla laurea e con un fidanzamento a consolidare il radioso futuro dell'azienda. E io gli ho detto chiaro e tondo che non me ne fregava nulla -, confessò  - Che col cavolo che avrei preso il suo posto. Che la piantavo con la facoltà di Economia, lo stage in America, l'azienda...Con ogni cosa a loro legata. Gli ho detto che voglio fare Veterinaria, prendermi cura degli animali, scegliermi gli amici, costruirmi una carriera con le mie sole forze, vivere senza le loro tossiche pressioni...Da come ho urlato penso mi abbiano sentito tutti gli ospiti. -

Fu probabilmente il primo sorriso che Itadori gli vide accennare, che si trasformo' in una smorfia non appena le labbra tirarono troppo sugli angoli e l'abrasione fece sentire il suo peso. 

- Me ne sono andato -, ripeté - Dio... -, ridacchio' ancora - Tuttora stento a crederci...- Poi quella leggera risata si acquietò e Fushiguro chiuse gli occhi sospirando - Ma,ovviamente, Naoya ha dovuto dire la sua. -
- E' stato lui a picchiarti?- Itadori non riuscì a trattenere la domanda per sé. Si era fatto a grandi linee un'idea su che tipo di uomo fosse lo zio dell'amico, ma da lì ad alzare le mani... - Per quale motivo? Insomma, hai rifiutato il ruolo che invece lui ambisce da tutta una vita, di voler tagliare i ponti... -
- E lui mi ha preso alla lettera -, riprese l'altro - Dopo avermi raggiunto al parcheggio, ha detto che se era mia intenzione realizzarmi al di fuori della loro cerchia era giusto che lo facessi senza il loro sostegno: quindi niente soldi, fondi, vestiti, appartamento e via dicendo. Dopodichè, visto che era in vena, ti ha...Messo in mezzo... -
- Fushiguro, no! Così ti fai male! - Itadori gli prese il viso fra le mani cercando di dissuaderlo dall'affondare i denti nella tenera carne del labbro.

Ci sarebbe solo mancato che si procurasse ulteriore dolore fisico a causa sua.

Dopotutto, non era certo una novità, per lui, apprendere da quale olimpo abbacinante tutto il Clan Zenin - in particolare Naobito - lo giudicasse.
Gli bastava ripescare dalle sue memorie il gelo ricevuto da quei occhi fondi, di un blu tendente all'abisso degli oceani, ogni qualvolta la sua presenza affiancava quella di Fushiguro.

Lo trafiggevano da parte a parte per il non condividere il giusto ceto sociale, come se la sua scelta di vivere trovando la felicità nelle piccole cose rasentasse la banalità per eccellenza.

Una banalità che non doveva influenzare suo nipote.

- Erano anni che non colpivo qualcuno così forte. - Per sollievo di Itadori, Fushiguro allentò la presa sul labbro arrossato - Ce le siamo date per non so quanto. Dieci? Quindici minuti? Non ne ho davvero idea. Poi sono tornato in città a piedi e... -
- A piedi sotto il temporale?!? Ci avrai messo almeno un'ora, stupido! - Ci mancò poco che Itadori lo colpisse in testa per la scelleratezza appena udita, ma anzichè assecondare l'istinto  riuscì a rimanere fermo nella sua redarguizione limitandola al piano verbale.

Inspiro' a fondo, invece, le mani scivolate sulle spalle dell'amico.

- Mi dovevi chiamare subito. Ti sarei venuto incontro. - Lo fissò negli occhi smeraldini come ogni volta in cui tentava di fargli comprendere che con lui poteva concedersi il lusso di abbassare la guardia e riuscì a stento a proseguire, serrando i denti e rabbrividendo in silenzio.
- Sì, e avresti sborsato non so quanti soldi per il taxi... -
- E cosa vuoi che me ne importi?!? Mi dovevi chiamare subito e basta! - Lo fulminò sul posto, con una sincerità disarmante che per Itadori stesso fu pressoché arduo mantenere il contatto visivo senza che le gote gli si incendiassero; nemmeno si domandò quale divinità venne in suo soccorso per aiutarlo a terminare le medicazioni senza che il martellare del suo cuore divenisse udibile.

Non era sua intenzione alterarsi e tuttavia non poche erano le volte che il comportamento di Fushiguro lo spingeva a domandarsi se realmente egli lo considerasse una persona su cui fare affidamento, anche con un'intera decade alle spalle della loro amicizia a testimoniare in favore di un responso sopra cui non c'erano dubbi al riguardo.

Il moro sapeva che se aveva bisogno di lui non doveva che chiedere; il punto era l'altera fierezza con la quale si prefiggeva di affrontare ogni tipo di situazione basandosi unicamente sulle proprie forze, calci e pugni compresi.

A guardarne il profilo composto e portato alla razionalità nessuno avrebbe supposto l'esistenza di un lato molto più rissoso, sebbene più incasellato nell'adolescenza.

Alle scuole medie superiori era sufficiente sfiorare qualsivoglia nervo scoperto per farlo reagire e il granitico corrugarsi della fronte serviva agli altrui occhi un fare iroso e suscettibile, pronto a snudare i denti in un morso, se necessario.

Una sola persona occupava la totalità della sua scala affettiva, con una sopportabile eccezione quale era allora Itadori, infine conquistatosi il proprio spazio sul podio senza che nessuno fosse mai riuscito a spodestarlo.

- Credi di avere qualche possibilità di poter recuperare qualche tuo effetto personale? Almeno le cose più importanti... - Domandò infine il suddetto
- Documenti e carte ce li ho nel portafoglio qui con me, ma per il resto non saprei. Se conosco Naoya, e lo conosco, a quest'ora avrà fatto cambiare la serratura dell'appartamento e istruito il personale del condominio sul non farmi entrare -, rispose l'altro.
- Beh, tentare non nuoce! - Fushiguro osservò Itadori issarsi sulle ginocchia di scatto, risoluto nel mentre sistemava la cassetta del primo soccorso - Mal che vada acquisteremo quello che ti occorre in centro. Fino a domani sera non ho impegni di lavoro, quindi ci possiamo organizzare. Ah, ovviamente sei mio ospite a tempo indeterminato -, sentenziò irremovibile.
- Ne sei sicuro? - Fushiguro mastico' l'esitazione sul palato non sapendo come disfarsene - Insomma, so di avertelo chiesto, ma... -
- Puoi restare. - Itadorì lo ripetè in un abbrivio dettato dall'impulso, con il sorriso a stendersi fluidamente sulle labbra - Puoi restare per tutto il tempo che ti serve. -

Puoi restare per sempre.
  
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