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Autore: RandomWriter    14/04/2024    0 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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Capitolo 62 – Scosse di assestamento
 
Un raggio di sole le baciò le palpebre ancora chiuse, destandola controvoglia dal mondo dei sogni.
Si girò pigramente sul fianco opposto, avvertendo però che la sua libertà di movimento era insolitamente limitata. Aprì gli occhi lentamente e vide materializzarsi davanti a lei una sagoma che sonnecchiava ancora beata.
Aveva appena trascorso la notte con il ragazzo di cui era innamorata da mesi.
Arrossì, estasiata dalla consapevolezza che non aveva sognato quanto era accaduto poche ore prima. Mai in vita sua aveva dormito nello stesso letto con un’altra persona eppure una sensazione di calma e familiarità le attraversava il corpo. Corpo che era rimasto completamente nudo sotto le lenzuola per tutta la notte.
Castiel era privo di quella protezione, così ci pensò Erin a coprirgli le spalle con il timore di destarlo dal suo sonno.
« Aspettavo te Erin...da tutta una vita »
Il ricordo di quella magica serata la fece sgambettare felice ma così finì involontariamente per svegliare il compagno. Lo vide sorridere leggermente, socchiudendo appena gli occhi:
« ‘giorno » bisbigliò.
« Buongiorno » sussurrò lei, impaziente all’idea di poter interagire con lui.
Castiel però si limitò ad allungare un braccio e avvicinare i loro corpi, affossando la testa tra i capelli di lei.
« Hai i piedi gelidi » borbottò dopo un po’.
Erin ridacchiò e in tutta risposta gli accarezzò il polpaccio con la punta dell’alluce, facendolo rabbrividire.
« Dormito bene? » gli chiese teneramente.
« Mai dormito meglio... tu? »
« Anche io »
Rimasero per qualche minuto in silenzio, lasciando che i loro corpi si scrollassero di dosso il torpore del sonno.
« Che vuoi fare oggi? » domandò Erin d’un tratto.
In tutta risposta, Castiel si risolse ad aprire gli occhi e, anche se ormai l’imbarazzo tra di loro era stato abbattutto, Erin avvampò, annegando nella dolcezza del suo sguardo.
Lui avvicinò il suo viso quello di lei e la baciò delicatamente, mormorando:
« Questo... »
Si staccò, per poi tornare subito a posare le sue labbra su quelle di lei « ...e questo » e baciandola una terza volta concluse « ... solo questo »
Erin ridacchiò felice, accarezzandogli la guancia.
« Ancora non mi sembra vero »
Lui non rispose ma si limitò ad esplorare il suo seno a tradimento:
« Ehi! »
Si ritirò, proteggendo debolmente la vulnerabilità del suo petto con le braccia mentre lui la esortava dolcemente a non protestare:
« Doveri coniugali » le sussurrò « care ragazze, finalmente ci conosciamo »
Per quanto quell’intimità la imbarazzasse, era sollevata che lui trovasse attraente anche quella parte di lei, specie dopo le battute acide di cui era stata vittima nei mesi precedenti. Proprio per quel motivo, decise di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e commentò:
« Mi pareva di aver capito che tu non apprezzassi particolarmente le mie... ragazze »
Castiel sospirò e, dopo averle lanciato un’occhiata sorniona, bofonchiò:
« Ancora non ci arrivi che dovevo fare di tutto per negare l’evidenza? Sei proprio ritardata, Cip » e si voltò dall’altra parte quasi a voler recuperare qualche altro minuto di sonno.
« Ehi! Come ti permetti? » ma il ragazzo non le lasciò dire altro che, senza voltarsi, aveva allungato una mano sulle gambe di lei, accarezzandole la coscia.
« Me lo devi, Travis. Sarà una tortura stare vicini di banco e non poterti mollare neanche una palpatina innocente... per non parlare poi dei nostri amici. Almeno quando siamo soli, mi devi assecondare »
Erin si sporse dal suo lato e ammirò il profilo del ragazzo.
Da quando si erano baciati la notte prima, un sorriso rapito aveva incurvato irreversibilmente le labbra del ragazzo. Raramente l’aveva visto così di buon umore e aveva letto tanta tenerezza nel suo viso perennemente imbronciato.
« Con quella faccia da pesce lesso, temo che ci scopriranno prima che io riesca a dirlo a Rosa » lo stuzzicò.
Lui allora tornò a voltarsi verso di lei e la spinse nuovamente contro di sè:
« Il problema è che non so come altro guardarti »
Lei si sciolse e, mentre incollavano le loro bocche, lui le trascinò la gamba sopra la propria, avvinghiando in un intreccio i loro corpi ancora nudi.
Le accarezzò la schiena, sostando infine le mani sul sedere di lei.
Era evidente che le intenzioni del ragazzo quella mattina non si sarebbero limitate a qualche passionale bacio.
Si erano privati per troppo tempo di quella felicità e, come aveva predetto Castiel, sarebbe stato difficile trattenere l’impulso di cercarsi.
 
Non appena la porta della stanza di Rosalya si aprì, un debole raggio di luce squarciò il buio dell’ambiente, colpendo il suo viso addormentato. Lysandre ne sbirciò l’espressione e, dopo essersi assicurato che stesse realmente dormendo, la richiuse con la stessa cura impiegata ad aprirla.
« Non svegliare Rosa, nonna » disse, una volta incrociata la donna « ha passato la notte in bianco »
« Tutto bene, tesoro? » chiese apprensiva quella figura materna ma il ragazzo si limitò a sorriderle malinconicamente:
« Pene d’amore »
All’esterno un vento freddo sferzava contro le finestre, come se l’inverno non volesse rassegnarsi a lasciare lo spazio dovuto alla primavera. Nonostante la temperatura però, il cielo era limpido e il sole tentava di scaldare i primi timidi boccioli apparsi sui rami degli alberi.
Lysandre scese le scale e raggiunse la cucina al piano di sotto. La sera prima aveva saputo smorzare l’apprensione dei nonni quando Rosalya era corsa in lacrime nella sua stanza. Li aveva esortati a lasciarla da sola e che l’indomani avrebbe spiegato loro l’accaduto.
La verità era che nemmeno lui aveva informazioni da condividere.
C’era solo una persona, al di fuori di Nathaniel che poteva averle e non era intenzione di Lysandre concedergli il privilegio di tenere per sè un segreto così scomodo.
 
Attraverso il vetro caldo e limpido del bicchiere appena uscito dalla lavastoviglie, Jordan scrutava i clienti del bar.
Quella domenica mattina c’era poco movimento e, se si fosse sbrigata a sistemare i calici, avrebbe anche guadagnato qualche prezioso momento per studiare.
« E’ possibile avere un caffè? »
Sussultò, riconoscendo all’istante la voce irritante di quel ragazzo che le dava il tormento da settimane.  
Si voltò e, come aveva previsto, si trovò davanti Trevor:
« Caffè finito » rispose caustica.
Una sua collega le passò accanto, tenendo saldamente in mano una cassa di bottiglie vuote.
« Vivian lascia a me » si offrì, affiancandola « queste le porto fuori io, stai tu al bancone? »
Vivian acconsentì di buon grado, posizionandosi cordialmente davanti a Trevor che però seguiva Jordan con lo sguardo.
« Cosa ti porto? » lo accolse la donna, cercando di attirare l’attenzione su di sè.
« Caffè... » ripetè il giovane cliente sovrappensiero.
Senza un secondo di esitazione Vivian gli versò sotto il naso una tazza fumante di caffè ma il ragazzo non se ne curò.
Jordan era ancora arrabbiata con lui.
Una volta sul retro del locale, Jordan scaricò con poca grazia la cassa di bottiglie, facendone tintinnare il vetro.
« Tra tutti i bar che ci sono a Morristown, proprio qua deve venire quell’idiota... » borbottava tra sè e sè.
« Perchè qui il servizio è il migliore » la interruppe la voce di Trevor alle sue spalle.
Jordan trasalì, prima di voltarsi e rispondergli piccata:
« Sei al limite dello stalking, io te lo dico »
Lo fissava dritto negli occhi, sfidandone il sorriso compiaciuto e innocente con cui sperava di ammorbidire l’astio verso di lui. Il ragazzo sembrava assolutamente incurante dell’esito della loro discussione del giorno prima.
« Eddai Jordan. Facciamo pace? » la supplicò lui, saltellandole incontro.
« Ma se non mi hai ancora chiesto scusa! »
« Per aver detto che non hai amici? » puntualizzò lui, accendendo ancora di più l’irritazione della sua interlocutrice « ma non ti sembra di esagerare? Te ne sei andata come una pazza dal locale! »
Jordan si zittì, sentendosi incredibilmente ridicola. Riconosceva di aver avuto una reazione isterica e che non avrebbe dovuto scaldarsi tanto per il commento idiota di una persona altrettanto idiota.
« Tu non mi conosci, non sai com’è la mia vita » lo accusò, portandosi le mani sui fianchi.
« E allora lasciati conoscere, Jordan » convenne lui arrendevole.
Le sorrise conciliante, ma la cameriera non retrocesse di un passo.
« Io proprio non ti capisco! Perchè non mi lasci in pace? Ti diverte così tanto rompermi le scatole! »
Nonostante quell’esclamazione non differisse in contenuto da molte altre discussioni precedenti, il ragazzo questa volta sembrò vacillare un istante, sospirando pensieroso.
« Che ne sono, Jojo... ti incazzi se dico che sei un bel passatempo? »
Il sopracciglio di Jordan si alzò mentre i pugni venivano stretti nell’impulso di picchiarlo.
« Voglio dire » si corresse Trevor « che anche se mi insulti tre quarti del tempo, a me piace parlare con te... mi ricorda il mio rapporto con Kim »
Quell’ultima dichiarazione sopì l’aggressività della ragazza che venne controbilanciata da una leggera curiosità e confusione:
« Allora perchè non parli di più con lei e lasci in pace me? »
« Perchè da quando si è messa con Dajan non ha più tempo per uscire. Poi figurati da quando ha lasciato la squadra! Pensa solo ad allenarsi e a stare con lui »
Jordan rimase in silenzio, incrociando le braccia al petto:
« Quindi sei rimasto senza la tua amichetta e cerchi di sostituirla con me? »
Trevor alzò lo sguardo, corrucciando le labbra offeso:
« Hai la sensibilità di un pitbull tu »
« Ne sei sorpreso? »
Il ragazzo allora ridacchiò, scuotendo il capo divertito.
« Dico solo che qualche volta potresti mostrarti un po’ più dolce verso gli altri »
« Se non l’hai notato, sei tu che tiri fuori il mio lato peggiore »
« Beh, almeno ti tiro fuori qualcosa » convenne lui conciliante « tieni sempre le distanze da tutti »
Jordan sbuffò, ma Trevor proseguì:
« Anche se ammetto che ieri sembravi andare molto d’accordo con i miei amici, specialmente Erin e Castiel. Soprattutto Erin, era preoccupata per te dopo che te ne sei andata »
Vide la durezza della cameriera scalfirsi in una smorfia meno aspra al nominare la mora che il giorno prima le aveva fatto compagnia a bordo campo.
« Erin è ok, sei tu che non sei a posto »
« Cosa devo fare allora per diventare tuo amico? » insistette lui prontamente.
« Smettila di chiamarmi Jojo, tanto per cominciare »
« Impossibile » dichiarò perentorio « ma posso evitare di chiamarti Michael... anche se con la mascolinità che ti ritrovi non ti sta male »
Jordan girò i tacchi ma Trevor si alzò di scatto e le afferrò la mano.
« Eddai, stavo scherzando... » patteggiò e, senza mollare la presa aggiunse « e mi dispiace davvero per ieri. Sono stato inopportuno con quel commento. Ero solo un po’ infastidito e mi sono uscite cose che non dovevo dire »
Cogliendo un mutamento nell’atteggiamento della sua interlocutrice, Trevor la lasciò libera mentre lei chiedeva.
« Perchè eri infastidito? »
« Perchè ti sei messa a fare l’amicona con Erin e ci sta, Erin riesce a far parlare anche i muri ma con Black... cioè, io ci ho messo settimane a instaurare una parvenza di dialogo con lui, che è così esclusivo con le sue amicizie che davvero non capisco come tu ci sia riuscita »
« Quindi eri geloso perchè i tuoi amici parlavano con me? » riepilogò Jordan visibilmente confusa.
« No, era perchè tu parlavi con loro... con me non vuoi mai parlare »
« Forse perchè, a parte le prese per il culo, non mi pare tu abbia molto altro da dire » obiettò spietata.
Questa volta toccò a Trevor trattenere una smorfia d’irritazione:
« Solo perchè mi conosci appena e, giusto per citare te, anche tu tiri fuori il mio lato peggiore »
« Che senso ha allora diventare amici noi due? »
« A me piaci un sacco, Jordan. Sei pungente, mai noiosa, cosa c’è di così sbagliato nel voler per amica una persona così? »
La ragazza era arrossita appena, presa in contro piede dalla spontaneità di quell’ammissione.
Trevor era così diretto nel dichiarare i suoi pensieri che non poteva essere equivocato. Nessuno aveva mai insistito tanto per intrecciare un rapporto con lei e quel fatto un po’ la commosse. Era abiuata a usare il suo caratteraccio come pretesto per tenere alla larga le persone ma con lui i suoi sforzi risultavano vani.
« Era ovvio che ieri ti trovassi bene con i miei amici e io sono convinto che ti divertiresti ad uscire con noi. Non mi va di vedere una persona interessante come te sempre sulle sue, solitaria e scontrosa. Sono convinto che tu abbia un mondo dentro »
La ragazza non fiatava, così Trevor proseguì:
« Sabato prossimo usciamo ed Erin mi ha chiesto di invitarti... e non dire che lavori, l’ho già chiesto al tuo capo »
 
Rallegrato da quella figura così familaire, Demon accolse di buon grado Lysandre, saltellando felice.
Quella domenica il ragazzo si era materializzato davanti alla sua abitazione, dalla quale i due occupanti non erano ancora usciti.
Castiel infatti era comodamente sdraiato sul divano quando udì il campanello. Erin era sotto la doccia e lui si era perso a ripensare alla notte appena trascorsa in sua compagnia. Per tale motivo staccarsi da quell’idillio mentale gli risultò, prima che spiacevole, troppo repentino.
Si affacciò confuso alla finestra e nell’intravedere la figura di Lysandre, emise una parolaccia. Quest’ultimo aveva mosso leggermente il capo, segnale che la presenza del padrone di casa non era passata inosservata.
Prima di assolvere ai suoi doveri di amico, il rosso scavalcò il divano e si precipitò dall’altro lato della casa, spalancando la porta del bagno: 
« Ma ti sembra il modo? » sbottò lei, trasalendo spaventata. Si stava coprendo il corpo ancora bagnato con l’asciugamano ma Castiel sembrò non curarsene.
« C’è Lysandre qui fuori »
La ragazza sgranò gli occhi e cominciò a farneticare in preda all’agitazione:
« E ora che facciamo? Non faccio in tempo ad asciugarmi e andarmene! »
« Non muoverti di qui. Io cerco di fare presto » le promise.
La ragazza annuì esitante, sistemandosi meglio l’asciugamano mentre lui, prima di abbandonare la stanza, le rivolse un sorriso compiaciuto:
« La prossima volta la doccia la facciamo insieme » e prima che lei potesse replicare, era già sparito in soggiorno, con un ghigno compiaciuto stampato in faccia. Contentezza che doveva sbrigarsi a nascondere, poichè la conversazione che lo aspettava non si sarebbe rivelata per nulla distesa.
« Ce ne hai messo di tempo » osservò Lysandre non appena Castiel si presentò al cancello.
« Mi sono svegliato da poco » borbottò l’amico, sedando l’entusiasmo di Demon.
Entrando nell’appartamento, il poeta rimase interdetto dal numero impressionante di alcolici esauriti che testimoniavano una notte all’insegna dell’alcol.
« Castiel, non ti sembra di esagerare? Hai bevuto tu tutta questa roba? » si allarmò, dimenticando per un istante il motivo di quella scomoda visita.
In difficoltà, il ragazzo si grattò il capo e mentì:
« Beh, è stato qui Trevor ieri »
« Ah giusto, eri fuori con i ragazzi del basket. Come è andata? »
« Non penso tu sia venuto qui di prima mattina per parlare del mio sabato pomeriggio » lo liquidò lui, tornando a sedersi sul divano.
« Veramente è quasi mezzogiorno » puntualizzò l’educato ospite, sollevando il sopracciglio « comunque no, volevo chiederti di mia sorella. Si può sapere cos’è successo con Nathaniel? »
Il rosso sospirò e attese qualche secondo, nell’arco del quale il poeta tornò a chiedere:
« C’entra con la vostra chiacchierata infinita di venerdì sera? »
Castiel lo fissava inespressivo, indeciso sul modo di affrontare quelle domande così dirette.
« Senti Lys, non vorrei che ci intromettessimo in queste questioni. Riguarda solo loro due »
« Castiel » lo ammonì l’altro con un’occhiata eloquente. Per quanto fosse entrambi due strenui difensori della privacy altrui, erano altrettanto consapevoli della necessità e diritto del fratello di Rosalya di preoccuparsi per quest’ultima. Il rosso sospirò e, avvertendo la tensione crescere, iniziò a prepararsi una sigaretta.
« Nathaniel ha tradito Rosalya con Sophia, la sorella di Erin » ammise infine.
Lo vide sgranare gli occhi per lo stupore e rimanere senza parole.
Anche se lo conosceva da anni, raramente espressioni così violente avevano deformato i lineamenti eleganti di Lysandre. Non avrebbe voluto dilungarsi in troppi dettagli anche perchè nemmeno lui ne era a conoscenza.
« Quando è successo? »
Il musicista fece spallucce, desideroso di stroncare quella scomoda conversazione il prima possibile.
« La sera prima che partisse... ma non è che io sappia granchè... Nate è parecchio incasinato »
La delusione provata da Lysandre era racchiusa nel silenzio riprovevole con cui fissava il rosso, prendendosi il tempo per elaborare quella notizia così scioccante.
« Beh, c’era da aspettarselo che tu lo difenda » commentò piatto. Quel giudizio però fece scattare immediatamente l’indole poco diplomatica del rosso che si scaldò:
« Cosa intendi? »
L’amico fece una pausa, fissandolo dritto negli occhi:
« Sii onesto, Castiel. Tu e lui siete tornati amici da poco, non mi aspetto che tu ce l’abbia con lui ora come ora. Ha tradito mia sorella, non te »
Erin nel frattemp aveva socchiuso la porta. Doveva attraversare il corridoio per recuperare i vestiti lasciati in camera ma temeva di farsi scoprire dall’ospite. Si rassegnò quindi ad assistere passivamente a quella conversazione, anche se generava in lei un’angoscia che Castiel era riuscito a farle dimenticare.  
« Sa di aver fatto un gran casino, Lys... però se ti aspetti che mi schieri contro Nathaniel una seconda volta, no, hai ragione, non lo farò »
« Quindi quello che ha fatto non intacca il tuo giudizio su di lui? » dedusse il ragazzo, recuperando la sua proverbiale compostezza.
« Si è comportato da stronzo con Rosalya » chiarì Castiel in difficoltà ma con fermezza ribadì « ...ma non per questo non sarò più suo amico. Penso che ora più che mai non dovrei lasciarlo da solo »
Quella frase commosse Erin ma lasciò impassibile Lysandre. La sua espressione ermetica non lasciava trasparire il suo punto di vista in merito alla posizione assunta da Castiel.
« Ha sbagliato, è successo una volta e... » vedendo Lysandre aprire la bocca si affrettò a precisare « non voglio giustificarlo, sia chiaro, però dico solo che è stata una decisione impulsiva e imperdonabile ma nessuno è perfetto... poteva capitare a chiunque »
Lysandre sbattè gli occhi confuso. Quel discorso era davvero uscito dalle labbra di Castiel Black, la persona più orgogliosa e leale che avesse mai incontrato. Faticò a riconoscerlo in quell’indulgenza e non mancò di farglielo notare:
« Non a chiunque » asserì severamente « non a te, o a me.. e lo sai ... abbiamo dei principi morali e fatico a capire come non sia riuscito a trattenere i suoi impulsi »
« Non so che dirti, Lys. Questa questione non riguarda noi due ma lui e Rosalya. E’ a lei che deve una spiegazione anche se a volte queste domande non hanno risposta »
Erin nel frattempo aveva abbassato il capo colpevole. Condivideva a pieno il punto di vista di Lysandre e non si capacitava del fatto che Nathaniel si fosse comportato in modo così disonesto verso la sua migliore amica. Inoltre, sua sorella Sophia non era meno riprovevole dal momento che era perfettamente a conoscenza degli equilibri che sarebbe andata a compromettere.
« E’ questione di autodisciplina, Castiel » stava insistendo Lysandre, visibilmente nervoso « e tu lo sai meglio di me, visto che pur di non rischiare l’amicizia con Erin, hai letteralmente castrato i tuoi sentimenti per lei »
Il rosso distolse lo sguardo mordendosi la lingua e pensando all’oggetto del suo desiderio che in quel momento si nascondeva in bagno avvolta solo dal suo morbido asciugamano.
« Che nel tuo caso quest’autoinibizione ha davvero dell’ammirevole visto quanto lei ti piace e quanto tu sia molto fisico e passionale »
Fu davvero difficile per il ragazzo nascondere quanto quel discorso lo imbarazzasse, specie sapendo che Erin stava sentendo tutto. Anche se ormai i loro sentimenti erano stati reciprocamente svelati, gli risultava ancora un po’ difficile che venissero ostentati così palesemente. La ragazza infatti si lusingò nell’apprendere che Castiel avesse parlato di lei con trasporto al poeta.
« Che vuoi che ti dica? Sono un asceta » sospirò il rosso infine, alzando le braccia in segno di resa.
Quella risposta però disorientò il suo interlocutore che iniziò a scutarlo più attentamente:
« Che ti prende? » borbottò il rosso.
Castiel era davvero strano quel giorno. Non rispondeva più di tanto alle provocazioni, non si scaldava troppo ed era in grado di affrontare la conversazione offrendo punti di vista in cui l’orgoglio poteva passare in secondo piano. Anche se Rosalya non era sua amica quanto Nathaniel, da un lato Lysandre si sarebbe aspettato molta più solidarietà in merito alla bassezza del biondo o, per lo meno, qualche commento negativo in riferimento alla sua incapacità di gestire quella situazione.
« Strano da parte tua dire una cosa del genere » commentò infine.
« E che dovrei dire? »
« Nulla. Di solito quando ti punzecchio su Erin emetti solamente grugniti come un maiale »
Una risatina flebile, appena percettibile si levò dal bagno ma fortunatamente fu solo Castiel a sentirla. Ciò gli confermò che la ragazza stava effettivamente origliando la loro conversazione.
Quasi l’avesse letto nel pensiero, Lysandre si alzò:
« Comunque, dovrei andare in bagno »
« No! »
Sorpreso per quel divieto così perentorio, l’amico lo guardò confuso:
« E perchè mai? »
Le stranezze di Castiel quel giorno non facevano che aumentare. Erin nel frattempo era andata nel panico, prigionera di una stanza senza via di uscita. Come avrebbe potuto giustificare la sua presenza quella domenica a Lysandre, uscendo dalla doccia del bagno di Castiel?
« P-perchè stamattina sono stato piuttosto male. Fossi in te non entrerei in quel bagno » replicò il padrone di casa, prendendo tempo.
« Non sarà peggio di quella volta in cui hai mangiato il chili del messicano vicino casa mia » mormorò il poeta, avanzando disinvolto verso il bagno ma il musicista con un balzo gli si parò davanti e ne intercettò la direzione.
« Ma sul serio Lys, fossi in te piscerei in giardino »
Si guadagnò un’occhiataccia e incapace di trovare altre scusanti,aggiunse:
« Senti, aspettami in soggiorno che almeno arieggio la stanza »
« Io davvero non ti riconosco oggi, Castiel. L’altra volta mi avevi risposto, testuali parole, “cagassi margherite non comprerei il deodorante per l’ambiente” »
In altre circostanze il ragazzo avrebbe riso per quel commento ma Lysandre sembrava determinato più che mai ad ignorare le sue discutibili proteste.
Ormai la mano di Lysandre aveva raggiunto la maniglia che il rosso si rassegnò a borbottare:
« Senti, io volevo dirtelo però... »
Le parole gli morirono in bocca.
Erin non c’era più. La piccola finestra del bagno era spalancata e arieggiava la stanza, invasa dalla frizzantezza di quell’aria primaverile.
« Volevi dirmi che usi la crema all’aloe? » chiese confuso Lysandre, sollevando un barattolo lasciato aperto sul lavandino.
Castiel sorrise sollevato e borbottò:
« Beh, tu non andare in giro a dirlo, ho una reputazione da difendere »
Nel frattempo, cercando di non far rumore, Erin si abbassò quatta quatta e si portò sul retro della casa. Demon le accorse incontro ma lei lo esortò a non abbaiare, portandosi l’indice alle labbra.
Aveva freddo e non vedeva l’ora di poter tornare in casa. I capelli erano ancora umidi, i piedi nudi a contatto con il manto erboso le ricordavano quanto il suo outfit fosse inopportuno per starsene in giardino quel giorno di inizio aprile. Sarebbe stato più semplice, anche se più imbarazzante, dire a Lysandre la verità ma era determinata a rispettare la promessa fatta con sè stessa meno di dodici ore prima.
Sentì dei rumori e sobbalzò, finchè non si trovò davanti Castiel.
Lui sorrise intenerito nel vederla scalza e coperta solo dall’asciugamano.
« Mi hai fatto prendere un colpo, Cip » sussurrò.
« Tu? E io? Prova tu a scavalcare quella finestra con solo questo addosso »
« Non ho nulla in contrario a vederti girare nuda per casa » sogghignò lui, guadagnandosi un’occhiata torva « comunque tieni » le disse allungandole una sua felpa che riuscì infilarsi non senza qualche difficoltà, dal momento che solo l’asciugamano poteva coprire le sue intimità.
Un leggero tremolio infatti attraversava il suo corpo tanto che nemmeno il ragazzo poteva ignorarlo.
« Erin, entra e glielo diciamo » sospirò.
« No » replicò lei risoluta « finchè non potrò dirlo anche a Rosalya, non lo dovrà sapere nessuno »
Lui la fissò come fosse una bambina alle prese con i capricci e alla fine convenne:
« Come vuoi, ma sai che di Lysandre ti puoi fidare più di chiunque altro. Se gli chiediamo di non dirlo a nessuno, lo farà »
« Lo so, ma è solo una questione di principio e lealtà verso la mia migliore amica » insistette la ragazza, continuando a tremare. Quella visione era molto tenera e avrebbe voluto scaldarla con un abbraccio ma doveva sbrigarsi a tornare in casa per liquidare l’amico.
« Castiel! »
Il ragazzo si affrettò quindi a rientrare in casa, facendole segno di spostarsi sulla veranda posteriore della casa, da cui l’avrebbe fatta rientrare di soppiatto.
« Ah, sei qui » esclamò Lysandre incrociandolo sull’uscio della porta. Con enorme sollievo del ragazzo, il suo ospite aveva già indossato il cappotto.
« Stai andando già via? » si pentì all’istante di quell’osservazione ma fortunatamente non fu bastevole a far cambiare idea a Lysandre.
« Quello che volevo sapere l’ho saputo, anche più di quanto mi aspettassi in realtà... per il resto sono d’accordo con te, è una questione tra Nathaniel e Rosalya... semplicemente voglio sapere come comportarmi »
 
Quando aprì gli occhi, in un primo momento Sophia non riconobbe l’ambiente attorno a sè. Il suo smarrimento durò appena un attimo perchè subito la sua mente si ingegnò a rinfrescarle i fatti della notte precedente. Lei che si presentava da Nathaniel a Morristown. Rosalya, che con un tempismo irreale irrompeva e veniva brutalmente ferita dalla loro relazione.
A quel punto le era risultato impossibile passare la notte da sua zia, per altro inconsapevole del suo ritorno in città. Per questo aveva accettato l’invito del biondo a passare la notte nella depandance.
Notte in cui lei non aveva fatto altro che singhiozzare, divorata dal rimorso.
Si sentiva in colpa anche per il semplice fatto di sentirsi in colpa. Non era lei a meritare quell’abbraccio protettivo con cui il ragazzo cercava di sedare la sua afflizione.
Dal canto suo Nathaniel si era limitato a stare in silenzio, senza condividere con lei l’angoscia di cui a sua volta era vittima. Doveva pagare per le sue azioni ma si stava rivelando dolorosamente difficile.
Svegliarsi e non trovarlo più lì accanto a lei la fece sentire ancora più smarrita e colpevole. La sua solitudine però non era destinata a durare troppo, poichè una voce gentile la destò:
« Dormito bene? »
Alzò lo sguardo e, con sua enorme sorpresa, trovò il viso di Ambra che faceva capolino nella stanza.
« Ambra... »
La bionda avanzò lentamente, cercando di ignorare gli occhi gonfi dal pianto e l’espressione stanca sul viso dell’amica.
« Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, sappi che non ti giudico... che non vi giudico » si corresse con dolcezza.
Sophia sospirò, stringendosi nelle spalle:
« Ciò non cambia che quello che abbiamo fatto sia stato... »
« E’ stato quello che è stato, Sophia » tagliò corto la ragazza, sedendosi a bordo del letto.
« Non volevo ferire Rosalya, mi sento una merda... sono una merda »
Ambra non rispose, così la rossa proseguì:
« Io non so che mi sia preso... ma non sono riuscita a trattenermi »
« Ti piace davvero mio fratello? »
« Lo trovi tanto strano? »
« Non è questo che intendevo » ribattè Ambra seriamente « volevo solo capire se fate sul serio... del resto, hai preso un volo all’ultimo minuto dall’altra parte del paese solo per rivederlo »
« Io... non so come andrà a finire ma quello che sento per lui è qualcosa che non ho mai provato prima. Lui è diverso da tutti gli altri »
Ambra sorrise appena e annuì. Sollevò lo sguardo al cielo e un pensiero la divertì, a giudicare dalla smorfia che le piegò le labbra.
« A che pensi? » indagò Sophia.
« Che non dovrei sorprendermi del fatto che tu piaccia a Nathaniel... si era preso per tua sorella quando cercava di assomigliarti in tutto e per tutto. Diciamo che era inevitabile no? »
« Non ricordarmelo » replicò mestamente Sophia, piegando le gambe davanti a sè « che casino abbiamo fatto. Sono andata a letto con l’ex di mia sorella... si può essere più mentalmente instabili? »
« Non credo che Erin ne farà un dramma per questo »
« Forse non per questo, ma per Rosalya? »
Ambra rimase in silenzio e lasciò passare qualche istante prima di replicare:
« Magari in un primo momento ce l’avrà con te ma rimani pur sempre sua sorella, un legame che è impossibile da spezzare »
 
« Che idiota che sono! Devo avvertire mia zia! » esclamò Erin, sbattendo il palmo sulla fronte « si starà chiedendo dove sia finita »
Mentre si affrettava a cercare il cellulare, il secondo ospite della stanza emise un sospiro contrariato, mormorando:
« Sedotto e abbandonato »
Erin incurvò le labbra divertita e, prima di avviare la chiamata, gli si avvicinò trionfante:
« Infatti volevo dirle di non aspettarmi per pranzo »
 
Quella domenica mattina Alexy si era svegliato di malumore.
Imputò la causa all’incubo della notte precedente eppure quella spiacevole sensazione di malessere, sembrava non abbandonarlo.
Si era alzato presto, aveva trascorso un sacco di tempo per dedicarsi alla sua skin care coreana ma nemmeno quella era bastata ad attenuare il suo malumore.
Avrebbe voluto partecipare alla serata di Rosalya ed Erin ma sapeva riconoscere quando farsi da parte. Rosalya aveva finalmente trovato un’altra migliore amica e, per quanto fosse orgoglioso l’esclusività di cui aveva sembra goduto, dividere quel titolo con Erin non era poi tanto male. Le due amiche meritavano l’amicizia l’una dell’altra e, l’appartenenza allo stesso genere consentiva a Rosalya di potersi beare finalmente di un punto di vista diverso da quello, per quanto prezioso, che lui le aveva sempre offerto.
Si risolse quindi a fare una passeggiata, accompagnato dalle sue ineseparabili cuffie e lasciò che il calore del timido sole primaverile rincuorasse il suo animo turbato.
In cuor suo sapeva che troppi fattori concorrevano al suo malumore.
Uno su tutti, era un chiodo difficile da eliminare. La sua amicizia con Kentin progrediva ogni giorno di più e, con essa, la sponteneità e facilità con cui il ragazzo sfogava la sua frustrazione per non riuscire ad aprirsi con Iris. Gli ripeteva che era una battaglia persa, che mai avrebbe avuto una chance con la rossa e quelle parole lo irritavano particolarmente. Sulla carta non c’era nessun impedimento in quella relazione, aspetto nettamente diverso tra lui e il cadetto. Kentin non aveva mai palesato alcun interesse per il suo stesso genere e Alexy non intendeva essere il candidato per un test così rischioso.
I suoi passi lo condussero nei pressi della sua gelateria preferita, ancora chiusa a causa della bassa stagione.
« Eppure ci sarà una cazzo di gelateria aperta! »
Si voltò riconoscendo all’istante quella voce.
« Se perdiamo anche questo treno, poi te la vedi tu con Bree » aveva risposto una voce più profonda e risentita.
Dal lato opposto della strada, impegnati in una conversazione animata, riconobbe il front man e il bassista dei Tenia. Si fermò di colpo e quel gesto sembrò urtare il campo visivo dei due poichè spostarono immediatamente la loro attenzione su di lui.
« Oh, Alexy! » lo salutò bonariamente Chester, trotterellandogli incontro.
Damien si limitò a sospirare e raggiungerlo con la sua espressione perennemente scocciata.
Erano passate meno di quarantott’ore dall’ultima volta che li aveva visti e non pensava che l’occasione di ribeccare quei colleghi di Castiel sarebbe stata tanto vicina.
« Sai se ci sono gelaterie in zona? » indagò Chester.
Alexy lo squadrò divertito, spostando poi lo sguardo su Damien che aveva alzato gli occhi al cielo.
« Digli di no » aveva tagliato corto il moro, incrociando le braccia al petto.
Anche se Chester era il più maturo in termini di età, i suoi trent’anni venivano azzerati dalla maturità del ventitrenne accanto a lui.
« In realtà ce ne sarebbe una poco più in là » ammise indicando alle sue spalle, indeciso su quale delle due richieste assecondare « vicino al distributore di benzina »
« Visto? » esultò trionfante Chester.
« Perderemo il treno, idiota »
« Abbiamo venti minuti, Dam! Rilassati! Nobody likes you when you're twenty-three!” aggiunse, canticchiando una strofa dei Blink-182
« ... And you still act like you're in freshman year » replicò prontamente Alexy, cogliendo al volo il riferimento.
Quella prontezza strappò un sorriso a Damien, mentre Chester ghignava:
« Ehi amico, ora non vorrai dargli corda. Comunque torno subito, aspettami qui » ordinò al bassista e, prima che Damien potesse protestare, Chester si era già volatilizzato.
« Che coglione... » aveva borbottato Damien, accigliandosi.
« E’ solo pieno di energie » aveva contrattato il ragazzo.
La serata al pub con i Tenia non aveva rapprentato una particolare occasione perchè i due interagissero e, avendo sondato il carattere schivo di Damien, Alexy si era pronto a congedarsi al più presto.
Tuttavia, le sue intenzioni vennero boicottate proprio dal motivo del suo imminente allontanamento:
« Belle cuffie »
Sorpreso per quel commento, Alexy aveva sgranato gli occhi, rivivendo per un istante il ricordo di quando Castiel gli aveva parlato per la prima volta nei corridoi della scuola.
« Che c’è? » li aveva chiesto il moro, di fronte al silenzio del suo interlocutore.
Alexy scosse il capo divertito e spiegò:
« Ho avuto un flash-back. La prima volta che io e Castiel ci siamo parlati, ormai più tre anni fa, mi aveva fermato in corridoio proprio parlando di queste cuffie »
« Mozart è proprio irrecuperabile. Praticamente ha solo la musica in testa »
« Tu no? » indagò Alexy.
« Beh, non sono al suo livello di ossessione. Hai presente com’è no? »
« Sì, però è normale per una passione »
« Allora non sai com’è quando era a Berlino » sogghignò Damien
« Perchè com’era? » aveva chiesto l’altro divertito. Vide il bassista scrollare le spalle e borbottare:
« Sembrava autistico. Era difficile distrarlo e perdeva completamente la cognizione del tempo. Continuava a comporre per ore ma quando smetteva, sembrava strafatto di crack »
Alexy sorrise nuovamente e ringraziò di aver trovato un argomento così piacevole per quella conversazione.
« Questo se non altro è andato a vostro favore. Pubblicherete l’album in tempi record »
« Lo faremo se quell’altro pirla di Chester la smettesse di farci perdere tutti i treni » aveva sibilato Damien, ricordandosi improvvisamente il motivo del suo malumore.
« Ci aspettano a New York stasera ed abbiamo già perso troppo tempo qui per stronzate. L’hai mai sentito di uno che cerca dei souvenir a Morristown? »
« Non credo neanche che ne abbiamo » aveva riflettutto Alexy.
« Bene, ora capisci con che soggetto abbiamo a che fare. Non che Ace sia tanto meglio »
« Ma quindi tu sei il più vecchio del gruppo? »
Vide Damien accigliarsi e, trattenendo a stento un sorriso irritato, chiedere:
« Perchè tu pensi che io sia più vecchio di Chester? »
Alexy fece spallucce e convenne:
« Non è così? »
Damien lo squadrò e borbottò:
« A voi ragazzini tutti sembrano dei vecchi »
« Beh, se Chester ha ventitrè anni, tu sarai intorno ai ventincinque suppongo? » tentò il ragazzo. In cuor suo Il bassista gli sembrava anche più grande ma sperò che quell’imbrogliare sull’età perorasse la sua captatio benevolenzie.
Damien era più alto di lui, occhiali Ryaban dalla montatura nera che incorniciavano dei penetranti occhi nocciola. I capelli castani sembravano quasi virare sul ramato sotto i raggi del sole ma erano in realtà piuttosto scuri. Ora che lo osservava così da vicino, Alexy notò quanto ad aspetto fisico, quel ragazzo fosse decisamente il suo tipo.
« Anche se sembra un adolescente, Chester ha trent’anni » chiarì Damien.
« Ah » borbottò confuso Alexy « allora perchè parlava dei ventitrè anni prima? »
« Perchè io ho ventitrè anni! » sbottò Damien e, scuotendo il capo, mormorò:
« Non so neanche perchè me la prendo tanto. Me lo dicono tutti che sembro più vecchio »
« Beh, finchè ti prendono per un trentenne, non vedo quale sia il problema. Più successo con le donne, no? »
Quel commento strappò un sorriso sornione al ragazzo che, a sua volta, fece sussultare il cuore di Alexy.
Era un sorriso bianco, quasi mellifluo, che lo fece avvampare per quanto carisma riusciva a trasmettere:
« E chi l’ha detto che mi interessano le donne? »
 
In quella domenica ventosa, il sole iniziò a fare capolino dietro le nuvole, regalando un po’ di tepore con i suoi caldi raggi.
« Hai ricevuto il messaggio di Kim? »
Castiel fissò la ragazza sorpreso. Allungando il cellulare nella tasca, controllò le notifiche e lesse a voce alta:
« Dobbiamo parlare della tua partecipazione al torneo delle sezioni. Chiamami »
« Tu sai cosa sia? » gli chiese Erin incuriosita.
Stavano attraversando il parco, diretti verso il centro città. Il rosso incrociò le mani dietro la nuca e borbottò:
« E’ una delle poche cose davvero interessanti del liceo » sogghignò. I suoi  occhi si accesero di un’espressione combattiva, espressione che era da un po’ che non gli leggeva in faccia.
Castiel viveva per la competizione, amava mettersi alla prova in fatto di prestazioni atletiche ed era dal torneo di basket del mese precedente che non si entusiasmava in quel modo:
« Praticamente ogni studente per classe deve scegliere almeno una disciplina di atletica » iniziò a spiegare « tipo, due persone per correre i mille metri, velocità, salto in alto, salto in lungo e lancio del peso. Poi c’è la sfida negli sport che comprendono una partita di basket, pallavolo e calcio... »
« E tu quali sport avevi fatto l’anno scorso? »
Il rosso fissò lo sguardo verso l’alto nel tentativo di ricordare tutto:
« Basket e calcio sicuro » elencò « poi mi pare che mi avessero messo anche a fare velocità e salto in alto »
« Caspita, ma bisogna farne così tanti? »
Lui ridacchiò e, pavoneggiandosi, precisò:
« Solo i migliori partecipano a più gare »
« Che arrogante che sei » gli sorrise. In cuor suo però si sentì così fiera di lui che dovette trattenersi dall’abbracciarlo. Per certe manifestazioni d’affetto in pubblico non si sentiva ancora così spontanea e pronta.  
« La cosa figa è che negli sport di squadra ci si sfida tra classi della stessa sezione »
« Cioè? »
« Siamo sei sezioni no? Quindi sei squadre per ogni sport. Una con studenti della sezione A, un’altra della B e così via. Per quanto riguarda il basket, abbiamo già la squadra con noi due, Dajan che è in 5^ C, Kim e Trevor. Basterà trovare le riserve »
« Ah e non è lo stesso per le gare di atletica? »
« No, lì è diverso. Sono sfide a dodici atleti, due per sezioni dello stesso anno.
« Beh, io eviterei di candidarmi per la partita di basket. Meglio chiamare Liam... è in 5^ C, no? »
Castiel si arrestò, fissandola basito:
« Com’è che ti tiri indietro ora? Abbiamo quasi vinto un torneo nazionale insieme, o sbaglio? »
Lei sorrise imbarazzata e lui di riflesso le scompigliò affettuosamente i capelli.
Stava per aggiungere altro quando Erin lo vide sbiancare e, con poca grazia, afferrarle il polso per costringerla a nascondersi accanto a lui dietro ad un alto cespuglio:
« Ma che ti prende? » esclamò lei confusa:
« Ci sono Alexy e Damien! » replicò lui, portando l’indice davanti alla bocca.
« Che? » gracchiò Erin.
Cercò di allungare il collo ma Castiel si sporse e le fece abbassare la testa:
« Sta giù! »
Erin si trovò nuovamente nascosta dai rami frondosi dell’arbusto, disorientata e in balia alle istruzioni del ragazzo:  
« Che fanno? » indagò mentre lui scrutava l’orizzonte con discrezione.
« Limonano » sussurrò Castiel.
« COOSA? » strillò Erin, alzandosi nuovamente di scatto.
Castiel le tappò prontamente la bocca, costringedola a tornare nascosta:
« Ma cosa vuoi che stiano facendo, scema! Stanno parlando! Non attirare l’attenzione! »
« Allora tu non dire cose del genere! » sbuffò contrariata.
Castiel schioccò le labbra e ammise:
« Comunque mi fa strano vederli insieme da soli »
« Dici che si stiano frequentando? »
« Non direi, si conoscono da appena due giorni... è più probabile che si siano beccati per caso, oggi i ragazzi partivano per New York » ragionò.
« Se Alexy avesse una tresca con Damien e non ce l’avesse detto, ci resterei male » s’imbronciò Erin.
« Da che pulpito, Travis »
« Cosa vorresti dire? »
« Dimmelo tu allora. Perchè siamo nascosti dietro questo cespuglio come due criminali? »
Erin arrossì divertita e borbottò:
« Beh, possiamo sempre dire di esserci incontrati per caso »
« Chi tu e io? Tanto vale dirgli quello che è successo ieri »
« Non è così improbabile che ci siamo incontrati » borbottò Erin poco convinta.
« Di domenica mattina sì, soprattutto per me. Di solito dormo fino all’ora di pranzo »
A quella confessione Erin sorrise, accettando la resa nella loro discussione.
Quella dolcezza a sua volta contagiò una smorfia analoga in Castiel che stava giusto per stamparle un bacio fugace, quando una voce li fece trasalire:
« Ragazzi! Che ci fate voi due qui? »
Dietro di loro si era materializzato Alexy, che li fissava con un’espressione stupita e confusa.
Nonostante il viso di Erin tradisse sconcerto e colpevolezza, fu su di Castiel che si era concentrata l’attenzione del ragazzo. Il rosso, recuperando immediatamente un’invidiabile autocontrollo, dichiarò prontamente:
« Ace voleva salutare Erin prima di partire ma siamo arrivati tardi. Tu piuttosto, come mai da queste parti? »
« Ace voleva salutare Erin? » ripetè dubbioso Alexy, ignorando la domanda che gli era stata rivolta « e allora perchè vi stavate nascondendo? »
« N-non ci stavamo nascondendo, idiota » mormorò Castiel mettendosi eretto «  mi è caduto l’accendino. Tu invece, come mai qui? » tornò ad insistere, sperando di aver deviato finalmente l’itneresse dell’amico. Alexy infatti rinunciò alla sua curiosità, non prima di aver lanciato un’occhiata indecifrabile anche ad Erin.
« Sono uscito a fare due passi e ho beccato Damien e Chester. Stavo parlando con lui giusto un attimo fa ma il loro treno sta partendo per cui si è defilato »
Nessuno aggiunse altro a quella conversazione perchè ognuno era assorto dalle proprie considerazioni: Erin era ancora disorientata dalla presenza di Alexy e la sincerità del suo viso faticava nel tenergli nascosto quanto la sua relazione con Castiel fosse cambiata nelle ultime ore. Quest’ultimo era evidentemente scocciato da quell’interruzione inaspettata, poichè ne presagiva l’impossibilità di un pranzo in esclusiva compagnia di Erin. A conferma dei suoi timori, Alexy li invitò ad unirsi a pranzo, dal momento che poco prima si era accordato con Kentin ed Iris. Per i due ragazzi fu inevitabile accettare l’offerta e così, accantonando la delusione, si lasciarono guidare dall’amico presso il locale scelto.
 
Una volta arrivati nel locale, vennero accolti con calore da Iris che invitò Erin ad occupare il posto accanto al suo. Poco dopo arrivò anche Kentin che venne immediatamente coinvolto nella conversazione:
« Avete saputo del torneo delle sezioni? La preside ha deciso di anticiparlo! » stava commentando Iris.
« Ho ricevuto un messaggio da Kim » bofonchiò Castiel giocherellando con la forchetta « ma non avevo capito che fosse anticipato. A quando? »
« Giovedì »
« Ma è tra tre giorni! » sbottò « di solito lo facciamo a Maggio, verso la fine dell’anno »
« A quanto pare hanno bisogno di nuove leve per il campionato di atletica e selezioneranno nuovi studenti in occasione del torneo »
« Si vince qualcosa a partecipare al campionato? » intervenne Kentin, sfogliando il menù.
« Chissenefrega del campionato, Affleck! Qua la vera sfida è il torneo delle sezioni » replicò Castiel, togliendogli il menù da sotto il naso.
Quel gesto indispettì non poco l’ex cadetto che si prodigò a recuperarlo:
« Ascoltami » lo redarguì il rosso « la C è una sezione imbattuta da quattro anni. Non esiste che perdiamo contro le altre, abbiamo una reputazione da difendere »
« Mamma mia quanto la prendi sul serio, Cas » brontolò Alexy divertito.
« Sta’ zitto sezione B. Tu non puoi capire, vi siete sempre classificati ultimi » lo liquidò « allora Affleck, ti è chiaro che si gioca sul serio? »
Iris ed Erin guardarono i due ragazzi divertite: Castiel era fomentato dalla competizione, mentre Kentin non sembrava condividere lo stesso ardore.
« Sinceramente Black, non ci trovo molto gusto a fare squadra con te. Sarebbe più stimolante poterti affrontare » ammise infine Kentin, allungando le gambe sotto il tavolo.
Un sorriso beffardo allungò da un lato all’latro le labbra di Castiel che, fissando la sua preda con sfrontatezza, sussurrò:
« E chi ti ha detto che non ci possiamo sfidare? »
Kentin assunse una posa più composta e, piegandosi verso di lui, esclamò:
« Ci sono sfide individuali all’interno della stessa classe? »
« Non esattamente, ma potremo concorrere per la stessa gara e vedere chi fa il tempo migliore »
« Ragazzi per quanto questa cosa possa andare a beneficio della classe, ricordatevi che siete prima di tutti alleati, non rivali » puntualizzò Erin.
Castiel e Kentin però la ignorarono, aizzati dalla competizione.
« Sarà la volta buona per dimostrare chi è la fighetta, Ariel » lo punzecchiò Kentin.
« Quel titolo ti spetta di diritto, Barbie »
« Possiamo ordinare? » sbottò Iris, la cui fame aveva iniziato a renderle intollerabile il prolungarsi di quel discorso.
Mentre erano intenti a studiare il menù, Castiel lanciò un’occhiata fugace ad Erin, esultando soddisfatto quando realizzò che anche quest’ultima stava ricambiando quel complice interesse. Era una tortura per entrambi azzerare il contatto fisico in presenza dei loro amici.
Sperarono di potersi congedare dopo pranzo con una scusa e trascorrere qualche ora da soli prima di doversi rivedere l’indomani a scuola.
Per Castiel era davvero difficile trattenersi dal toccarla e ogni volta che la sentiva parlare, una scarica di adrenalina lo attraversava da parte a parte, spingendolo a cercare un, seppur fugace, contatto.
Sfruttando la loro vicinanza, zampettò il piede lungo la gamba di lei e gliela strofinò delicatamente, beandosi della privacy conferita dal tavolo. Lei si destò improvvisamente ma, contrariamente alla sua proverbiale spontaneità, fu impeccabile nel non tradire alcuna emozione. Stava imparando in fretta.
Quell’atteggiamento così impassibile lo stuzzicò ulteriormente e tornò a cercare quel contatto finchè Kentin guardò irritato sotto il tavolo e sbottò:
« Ma che ti prende, Black? Mi stai facendo il piedino? »
Castiel diventò dello stesso colore dei capelli mentre Erin, intuendo al volo l’equivoco, scoppiò a ridere.
« S-sei tu che invadi il mio spazio, coglione! » bofonchiò Castiel, ritraendosi immediatamente. Per un attimo aveva avuto il sospetto che quel polpaccio fosse più lungo e muscoloso di quanto ricordasse ma non aveva avuto abbastanza tempo per elaborare il pensiero.
Quel pranzo si rivelava più snervante di quanto avesse immaginato.
 
Quando Rosalya aprì gli occhi, era ormai ora di pranzo.
Non aveva toccato cibo la notte precedente e non aveva nessuna volontà di rimediare.
Si sentiva svuotata.
Era tutto così irreale.
Fino a ventiquattr’ore prima, aveva un ragazzo. Un ragazzo dolce, che la amava, che la faceva sentire ancora più bella di quanto non fosse. Un supporto inalienabile della sua vita.
Si sentiva stupida e ingenua per non essersi accorta di quando quell’amore, ammesso che lui l’avesse mai considerato tale, fosse svanito. La poca cura con cui Nathaniel aveva deciso consapevolmente di rinunciare a lei, ferendola nel peggiore dei modi non aveva giustificazioni. A rendere ancora più penosa la sua afflizione era la consapevolezza che non si fosse trattato di un errore.
Era lei, Rosalya, l’errore. Quella di troppo.
La complicità e protezione tra lui e Sophia l’avevano esclusa nello stesso istante in cui si erano trovati a pochi metri l’uno dall’altra.
Si sentiva sola e ferita, vulnerabile al giudizio altrui. Il suo carattere difficile e facilmente irascibile poteva giustificare venir meno dei sentimenti di Nathaniel? In cosa aveva fallito per perderlo così miseramente?
Il suo animo era dilaniato tra la rabbia e l’orgoglio di non poterlo perdonare e la speranza che si potesse riparare quanto accaduto.
Per la prima volta in vita sua, la solitudine la paralizzò.
Tutti i suoi romantici progetti futuri erano andati in pezzi e tale consapevolezza, fu l’unico boccone che poteva inghiottire quel giorno.
 
« Come è andato ieri il vostro pigiama party? » chiese Iris d’un tratto.
Per la verità era stata inizialmente invitata anche lei da Rosalya ma aveva dovuto declinare poichè il suo fratellino sarebbe rimasto a casa da solo, visto che la madre era impegnata con il turno di notte.
Erin però, anzichè dilungarsi in una descrizone entusiasta della serata, si era improvvisamente rabbuiata.
Gli eventi di quelle ultime ore erano stati così impattanti che era riuscita ad accantonare il pensiero di Rosalya e della sera precedente.
Quella mattina, poco prima di uscire,  le aveva scritto un messaggio ma stava ancora aspettando una risposta.
« Io... sono in difficoltà ragazzi » mormorò abbassando il capo.
Poteva fingere che tra lei e Castiel non fosse accaduto nulla ma mentire su quanto stava passando Rosalya era una ben diversa questione.
« Non sta a me dirvelo ma... »
Era in difficoltà. Posizione talmente palese e sofferta che i presenti erano ammutoliti e la fissavano carichi di aspettativa.
« Lei e Nathaniel hanno rotto » tagliò corto Castiel.
Si voltarono tutti di scattò verso di lui ma, mentre Iris e Kentin si erano limitati a smorfie di sconcertato stupore, Alexy era scattato in piedi urlando:
« COOSA?! »
Con il peggiore dei tempismi, il cameriere era appena giunto a ritirare i piatti consumati ma la sua presenza non bastò ad Alexy per trattenersi:
« Cosa stai dicendo? »
« Siediti » gli ordinò Castiel, lanciando un’occhiata fugace attorno a sè. Inevitabilmente, la reazione dell’amico aveva finito per attirare gli sguardi di clienti incuriositi.
« Ma come è possibile? » sbiancò Iris, mettendosi una mano davanti alla bocca incredula « andava tutto bene fino all’altro giorno! »
« Evidentemente no » convenne Castiel ma la sua fermezza fece sobbalzare nuovamente Alexy.
Del resto, tra i commensali, era insieme ad Erin, la persona più vicina alla stilista.
« NON CAPISCO, CASTIEL! Tu sai qualcosa, non è vero? Ecco perchè avete parlato appartati venerdì! Cosa ti aveva detto lui? »
« Non sta a me dirlo e non di certo a te, Alexy » replicò Castiel cercando di mantenere la calma.
Erin lo fissava in silenzio, ammirandolo per la compostezza con cui sosteneva quella conversazione. A più riprese aveva notato come con il passare dei mesi il ragazzo fosse maturato nel gestire le relazioni interpersonali e in quella circostanza in particolare, si dimostrò molto più diplomatico e adulto di quanto potesse esserlo lei. Castiel sapeva più cose di quante ne poteva dire ma riusciva comunque a mantenere la calma. L’aveva sollevata dall’onere di annunciare a voce alta quella scomoda verità e aveva pure la discrezione di sorvolare su un dettaglio che presto o tardi, anche i suoi amici avrebbero saputo.
« Lui ha un’altra? » indagò Alexy, quasi leggendo nella mente della mora.
« Al » lo richiamò Castiel « pensi davvero che Rosalya voglia che sia io a dirtelo? »
Il ragazzo si ricompose, ponderando quelle parole.
« Alexy » lo chiamò Erin titubante « Rosa non risponde ai miei messaggi. Puoi provare a scriverle tu? »
« E che differenza farebbe? »
Erin si morse la lingua ma realizzò che a quel punto non aveva senso omettere l’ultima scomoda verità:
« Nathaniel l’ha tradita con mia sorella »
Quella dichiarazione gelò l’atmosfera.
Nessuno si aspettava una simile uscita, persino Castiel era convinto che Erin non avrebbe esternato quel pensiero, specie dopo aver convinto Alexy a non estrapolarglielo.
« Voglio solo sapere che non è sola e forse a te starà a sentire » continuò.
Alexy riflettè su quelle parole, indeciso sul da farsi.
Gli avevano sganciato una tale notizia che era difficile analizzarla con lucidità. Per quanto considerasse Nathaniel un suo amico, aveva sempre nutrito non poche perplessità sulla facilità con cui saltellava da una relazione all’altra. Eppure, mai avrebbe osato immaginare che anche Rosalya sarebbe stata vittima di quella superficialità. Non era difficile immaginare l’inguaribile danno all’autostima, oltre che alla fiducia, fosse stato inferto all’orgogliosa stilista. Ben più complesso era capire quale mossa si sarebbe allineata con il suo interesse. Da un lato sapeva che doveva lasciarle del tempo per leccarsi le ferite. Dall’altro, aveva il terrore di farla sentire sola.
Erin nel frattempo stava maturando pensieri analoghi.
Per ore il suo inconscio le aveva fatto accantonare quella miserabile vicenda, ma non poteva più lasciarsi distrarre dalla sua ritrovata felicità con Castiel. Rosalya aveva bisogno di lei.
Era stata la prima a chiamarla il giorno prima dell’operazione di Sophia, era sempre stata la sua più valida sostenitrice e mai una volta aveva esitato a manifestarle il più profondo e commovente affetto, di cui nemmeno suo fratello Lysandre poteva bearsi.
« Andiamo da lei, Alexy. Almeno che sappia che, quando vuole, noi ci siamo »
« Non possiamo andare tutti, Erin. Non avrebbe senso » replicò Alexy con serietà.
« Andiamo solo noi due » proseguì la ragazza con determinazione, mentre Castiel vedeva sfumare definitivamente il suo idillio pomeridiano.
« Potrebbe essere prematuro » s’intromise Iris « temo che finireste per ricevere solo una porta in faccia »
« Voglio solo che sappia che sarò lì quando vorrà aprirla » concluse Erin e, notando la passività dei presenti, si alzò dal tavolo, recuperando il cappotto abbandonato sullo schienale.
« Vengo con te » dichiarò infine Alexy, convinto dalle sue parole.
Erin annuì e lanciò un’ultima occhiata dispiaciuta a Castiel.
Lui annuì comprensivo e la lasciò andare a malincuore.
Rimasti soli, Kentin e Iris lo fissarono in silenzio.
« Quindi tu Castiel sapevi già da venerdì quello che stava succendo. O da ancora prima? » indagò la ragazza impaziente. La curiosità la stava tormentando ma non voleva sembrare un’impicciona agli occhi degli amici.
« L’ho scoperto venerdì » replicò laconico « ma se non vi dispiace, preferirei non parlarne. Nathaniel si è confidato con me e non possiamo immischiarci nei fatti loro »
« Non voglio immischiarmi » chiarì la rossa « Erin e Alexy bastano e avanzano, se mai Rosalya vorrà un po’ di conforto. Vorrei solo capire cosa aspettarci proprio ora che tra di voi era tornato tutto come prima »
« Che intendi? »
« Tu continuerai ad essere amico di Nathaniel? »
« E questo che significa? » sbottò lui sulla difensiva.
Poche ore prima Lysandre, sotto il vessillo di fratello dell’offesa, si era azzardato a toccare quel tasto. Del resto, il poeta era anche uno dei suoi più intimi confidenti e quella domanda a bruciapelo era per certi versi dovuta. Quanto ad Iris invece, quell’approccio così diretto non le si addiceva e finiva per irritarlo e confonderlo:
« Se mi stai dicendo che devo troncare la mia amicizia con Nathaniel per come si è comportato con Rosalya, allora non mi conosci ancora, Iris » sibilò. Poteva mantenere il sangue freddo se questo significava alleggerire Erin dall’onere di spiegare una situazione scomoda ma si infervorava in pochi secondi non appena qualcuno osava mettere in discussione la sua amicizia con il biondo.  
« Non volevo dire questo » replicò Iris ma ci pensò Kentin a darle man forte:
« Calmati, Black e cerca di ascoltare. E’ chiaro che Nathaniel rimane il tuo migliore amico ma capisci che per Iris e Erin sarà più difficile mantenere il rapporto con lui dopo quello che è successo. Loro hanno un rapporto con Rosalya che tu non hai »
« Sentite. Chiariamo una cosa » esclamò Castiel, cercando di apparire più controllato « è palese che io e Rosa siamo come cane e gatto ma non per questo non me ne frega niente di quello che le ha fatto Nathaniel. So cosa sta passando ma lei Rosalya è forte, molto forte e sono sicuro che si riprenderà prima di quanto crediate. Nathaniel non è una persona cattiva, sta soffrendo anche lui per questa scelta ma se l’ha fatta è perchè era qualcosa che non poteva evitare »
« Sbaglio o ti aveva giocato un tiro analogo con la tua ex? » lo interruppe Kentin, ignorando le affermazioni del rosso.
Gli occhi di Castiel si ridussero a due fessure ma, mentre Iris venne attraversata da una scarica di paura, Kentin continuò a fissare il ragazzo dritto in faccia.
« Stavamo parlando di Nathaniel e Rosalya, o sbaglio? »
« Quello che voglio dire è che dovresti essere più obiettivo nel giudicare Nathaniel perchè la mia impressione è che tu lo stia difendendo senza che se lo meriti »
« Tu non lo conosci » ruggì il rosso.
« E’ vero » riconobbe l’ex cadetto « ma conosco te. So quanto sei testardo e fedele a quell’amicizia. Vorrei solo che non facessi fregare un’altra volta »
Quell’ultima osservazione, pronunciata con tanta onestà, sembrò placare l’animosità di Castiel perchè vi lesse una sincera preoccupazione da parte dell’amico davanti a lui.
Riconosceva che i trascorsi di Nathaniel lo rendevano poco incline ad essere difeso ma, nonostante questo, Castiel non voleva più voltargli le spalle.
« Quello che è successo l’anno scorso non vi riguarda. E’ una faccenda chiusa » e, estraendo il tabacco per rollarsi una sigaretta continuò « questa volta non gli impedirò di darmi la sua versione... e anche se moralmente parlando quello che ha fatto è ingiustificabile, sta a ognuno di noi decidere se merita di essere isolato per questo. Per quello che mi riguarda, tutto sta nel come gestirà le cose d’ora in avanti, assumendosi la responsabilità di quello che ha fatto e di come questa cosa inevitabilmente ci condizioni tutti »
Finito di distribuire il tabacco sulla cartina, sollevò lo sguardo verso Iris e proseguì:
« Vuoi sapere cosa aspettarti ora? Aspettati che Rosalya non voglia vedere nessuno, che si chiuda nel suo silenzio per un po’. Aspettati che Nathaniel eviterà chiunque di noi lo voglia accusare di qualcosa, sentendosi ancora più verme e solo. So cosa vuol dire essere come Rosalya e so cosa vuol dire essere Nathaniel. Per questo non voglio che si sentano abbandonati. Nessuno dei due »
 
Durante il loro viaggio verso casa White, ben poche erano le informazioni di cui disponeva Erin e che poteva condividere con Alexy. Quest’ultimo ancora stentava a credere alla vicenda e più volte ebbe la sensazione che si trattasse solo di un sogno. La prospettivadi riavere Nathaniel nel gruppo dopo il suo ritorno dalla California era stata tanto agognata e menzionata da Rosalya, che già gli sembrava realtà. Eppure, l’imminente futuro che si presentava loro davanti aveva tolto quel personaggio così centrale dal copione.
« Siamo arrivati » sussurrò Erin con un nodo alla gola.
Per l’ennesima volta, il ragazzo controllò il messaggio senza risposta nella sua chat.
« Ancora niente? » gli chiese Erin, ottenendo solo un cenno di diniego.
Si risolsero quindi a suonare il campanello e dopo pochi istanti, uscì Lysandre dalla porta principale.
« Lysandre! » esclamò la coppia, sollevata mentre quest’ultimo si avvicinava in silenzio.
« Come sta? » chiese Alexy omettendo l’ovvio soggetto della domanda.
« Si è alzata poco fa. Non abbiamo scambiato mezza parola » li informò il ragazzo.
« Possiamo vederla? » titubò l’amico, mentre Erin si mordeva le labbra. Per tutto il percorso verso casa White aveva vissuto il dissidio di essere di troppo e allo stesso tempo legittimata a presentarsi al cospetto dell’amica.
I suoi timori però trovarono presto tregua poichè Lysandre li invitò a lasciarla sola. In quel momento era meglio lasciarle il suo spazio, lasciarle il tempo per metabolizzare l’accaduto e leccarsi le ferite, prima di poter sfogare tutta la sua frustrazione con i suoi amici più stretti.
Vinto dalle argomentazioni del poeta, Alexy non osò insistere, mentre Erin convenne:
« Dille che noi ci siamo... e che la capisco se non vuole vedere me, ma che non per questo la lascerò sola »
 
I piatti erano ormai in lavastoviglie quando Rosalya si presentò in salotto.
Le palpelbre cadevano pesanti sugli occhi gonfi di un pianto che la nonna preferì non vedere.
« Tesoro... » la salutò, andandole incontro apprensiva « ti ho messo da parte un po’ di pollo »
« Non ho fame... » mormorò la nipote senza cambiare espressione.
« Invece devi mangiare, Rosy » la incoraggiò con dolcezza « saltare un buon pasto non ha mai risolto i problemi »
Rosalya fissò il piatto coperto sul tavolo e scosse il capo:
« Non mi va, non insistere »
Di fronte a quella fragilità, la donna sospirò rassegnata mentre la nipote cambiava discorso :
« Nonna... vorrei andare dalla zia per qualche giorno »
« A New York? » replicò presa in contropiede da quella proposta.
« Ho bisogno di staccare un po’ dalla scuola e cambiare un po’ aria... ti prego » la supplicò Rosalya trasmettendo nella carica emotiva del suo sguardo tutta la necessità di quella richiesta.
Richiesta che venne immediatamente ponderata dall’anziana. Il rendimento scolastico della nipote era molto buono e assentarsi per qualche giorno non le avrebbe reso difficile mettersi in pari con il programma. Sua figlia, sorella minore della defunta madre di Rosalya, sarebbe stata ben lieta di ospitarla in città e pertanto, non esistevano reali motivi per opporsi a quel desiderio.
« Ne parlerò con il nonno appena esce dal suo studio, ma credo si possa fare.  Tu in cambio però mangia un po’ di pollo » trattò.
Con sua enorme sorpresa e sollievo, Rosalya sorrise appena e si avvicinò al tavolo, scoperchiando il pasto a lei designato. Fu proprio in quel momento che Lysandre rientrò in casa, attirando l’attenzione delle due donne:
« Chi era? » chiese la signora White.
« Erin e Alexy » rispose il nipote, rivolgendo però quell’informazione alla sorella. La ragazza non rispose e, deludendo le aspettative della nonna, si limitò a prendere con le mani uno straccetto di pollo per poi ricoprire nuovamente il piatto. Rosalya si spostò quindi sul divano, scrollando distrattamente il cellulare.
« Sono preoccupati per te, specialmente Erin » la informò Lysandre, avvicinandosi a lei, mentre sua nonna assisteva alla scena in silenzio.
« Verrai a scuola domani? » indagò Lysandre, determinato a strappare un dialogo alla taciturna sorella.
« Vado a trovare la zia a New York per qualche giorno » replicò lei asciutta « così posso tornare dopo lo Spring Break »
Il ragazzo sbirciò il calendario e calcolò che dopo una settimana di scuola, avrebbero potuto beneficiare della pausa primaverile.
« Intendi sparire per due settimane? » chiese Lysandre sorpreso.
« Per il tempo che mi servirà » replicò l’altra serafica e, insofferente a quelle domande, si era alzata dal suo posto ed era tornata in camera.
 
Sophia lanciò un’ultima occhiata alla stanza e si affrettò a richiudere il trolley:
« Aspetta che ti aiuti » le aveva detto Nathaniel cercando di strapparle il bagaglio dalle mani « viaggi sempre così leggera tu? »
« Sono una che si adatta facilmente » le sorrise lei.
Era arrivato il momento di congedarsi.
Dopo aver usufruito di una notte di ospitalità, Sophia si sentiva in imbarazzo a stare a casa Daniels, per quanto la depandance isolata dalla casa principale le garantisse una certa privacy. Tutt’al più perchè a parte Ambra, nessuno degli altri abitanti della casa aveva capito con quale titolo lei fosse lì.
Lei e Nathaniel avevano parlato a lungo quel pomeriggio.
Da un lato avrebbero solo voluto vivere la loro nascente storia con leggerezza e libertà, dall’altro i recenti eventi impattavano negativamente sulla serenità di entrambi.
Arrivarono alla Subaru del ragazzo che le caricò la valigia nel bagagliaio.
Sophia si accomodò sul lato passeggero e cercò della musica dal cellulare con cui sdrammatizzare la situazione.
Le luci di Morristown le correvano sotto gli occhi e pensò al fatto che lei e sua sorella in quell’istante erano nuovamente nello stesso centro urbano. Tuttavia, non era riuscita ad approfittare di quella coincidenza per cercarla.
« E Debrah che intende fare? » era sbottato all’improvviso Nathaniel.
Sorpresa da quel cambio di argomento, Sophia aveva replicato:
« Non lo so. O meglio, so che vorrà chiarirsi con Castiel » mormorò ponderando le parole.
Stavano camminando su un sottile lamina di ghiaccio che poteva incrinarsi da un momento all’altro.
« Tu che versione hai di quella storia? » indagò Nathaniel.
Dopo la loro accesa discussione, avvenuta appena due giorni prima, era preparato a riaprire l’argomento con maggior diplomazia e capacità di ascolto. Per quanto detestabile ai suoi occhi, Debrah era un personaggio chiave per Sophia e tanto valeva chiarire la posizione di entrambi in merito.
« Beh, un po’ vaga innanzitutto. Dopo che Debrah si era messa con lui, era sparita dalla circolazione, non la vedevo quasi più. Per questo non ho mai collegato che il vostro Castiel fosse lo stesso che usciva con lei. Dopo mesi in cui non ci vedevamo, mi aveva scritto perchè aveva il cuore a pezzi » ricordò Sophia.
Spiegò allora a Nathaniel che quel pomeriggio non aveva esitato un secondo a incontrarla al parco più vicino.
 
« Candy! » aveva esclamato Sophia, con il fiatone. I lunghi capelli castani le si erano attaccati alle guance imperlate di sudore. Erano mesi che diceva di volerli tagliare a caschetto e quel giorno rimpiangeva la sua brutta abitudine alla procrastinazione. Scorse Debrah poco lontana che, alzatasi dalla panchina, le veniva incontro con un sorriso appena accennato:
La abbracciò e rimasero in silenzio per qualche istante.
« Ti chiedo scusa, Fia » le aveva sussurrato Debrah colpevole « sono sparita dall’oggi al domani per correre dietro a quello e ora sono qui che mi lamento con te »
« Cosa è successo? » esclamò Sophia, invitandola a sedersi nuovamente.
« La verità è che non mi va tanto di parlarne adesso » puntualizzò l’altra « però rivoglio la nostra amicizia, non voglio più trascurarla come ho fatto »
« Non devi preoccuparti, Candy » la consolò Sophia, accarezzandole la schiena « io per te ci sarò sempre »
Debrah annuì e, contraddicendo le sue dichiarate intenzioni, sospirò:
« Mi sono resa conto che Castiel è ancora un ragazzino immaturo. All’inizio mi piaceva il suo fregarsene di tutto e di tutti ma lui non ha alba di chi è. E’ un insicuro patologico, che usa il sarcasmo come difesa per non ammettere quello che prova realmente. Io voglio stare con una persona più matura, che mi faccia sentire speciale e mi ricopra di attenzioni, non con uno che si comporta come se fossimo migliori amici. Avevo smesso da un po’ di provare qualcosa per lui e me ne sono resa conto anche confrontandolo con un suo amico. Però se Castiel fosse stato disposto a cambiare, a dimostrarmi che poteva essere diverso, forse c’era speranza che recuperassimo il nostro rapporto. Invece no, lui è scattato sulla difensiva e mi ha detto che per una come me non valesse la pena cambiare  »
 
« Beh, non sono mai riuscito a sapere da Castiel cosa si siano detti quando hanno rotto» aveva puntualizzato Nathaniel « ma qui mancano sicuramente pezzi di storia »
« Quali? »
« I miei, tanto per cominciare »
« Intendi la versione che hai da Castiel? »
« Intendo la mia di versione » l’aveva bloccata Nathaniel.
« Cosa intendi? »
« Sono io l’amico di Castiel di cui ti parlava Debrah »
Lasciò che quella notizia sortisse l’effetto atteso e proseguì:
« Per la verità, mi sorprende che dopo la mia reazione di venerdì mattina tu non l’avessi capito... o che lei stessa non te l’abbia fatto presente. Quando un discografico mi aveva addocchiato, lei iniziò a staccarsi gradualmente da Castiel e flirtare velatamente con me. Almeno questo è ciò che realizzai con il senno di poi perhcè in quel momento pensavo che si fosse solo affezionata a me in riflesso al mio rapporto con Castiel. Ha finito però per strumentalizzarmi e usarmi come pretesto per rompere con Castiel nel peggiore dei modi. Non ho mai capito perchè gli abbia lasciato credere che tra di noi ci fosse qualcosa, perchè ti giuro, una cosa del genere non l’avrei mai fatta a Castiel.
« Ma a Rosalya sì » pensò Sophia, con una leggera punta di preoccupazioe. Si sforzò di stare concentrata sulla narrazione e accantonare i loro problemi personsali
« Inoltre non ho mai capito cosa volesse realmente da me, non credevo e non credo tutt’ora di piacerle... possibile che non te ne abbia mai parlato? »
Sophia soppesò quelle parole.Aveva una sola e nebulosa versione di una faccenda che fino a pochi giorni prima era relegata in un angolo della sua mente, accanto a ricordi di marginale importanza.
Ora però acquisiva una luce diversa e, nello spolverare quel poco che ricordava, si rese conto di non sapere quasi nulla.
 
« Tu però non crucciarti troppo » le aveva detto Alexy, salutando Erin davanti al negozio di animali « non ha senso che siate in due a soffrire »
La mora aveva ripensato così a lungo a quelle parole che, quando la sua strada incrociò la presenza di Castiel, quasi sobbalzò confusa.
Si era lasciata assorbire così tanto dalla vicenda della sua amica che aveva finito per scordarsi totalmente dei freschi sviluppi della sua relazione con il ragazzo. Il quale però, non sembrava dello stesso avviso.
« Potresti anche rispondere ai messaggi » le aveva brontolato bonariamente, avvicinandosi.
« Scusami! Oggi sono un po’... »
Non completò la frase ma non era necessario che lo facesse. Casa di Erin era poco lontana, così il ragazzo andò dritto al punto:
« Qualche novità con Rosalya? »
« Non ci ha voluto incontrare »
Castiel sospirò appena e commentò, incrociando le braccia dietro la nuca.
« Vedrai che è solo questione di tempo, tu cerca di non pensarci troppo »
« Ci provo, è che... mi sento in colpa per tutto... perchè è colpa di mia sorella, perchè quando lei è crollata io e te... sì insomma... » farfugliò a disagio.
Castiel si fermò e, scrutando il profilo del condomio che si delineava sotto il suo sguardo, la costrinse ad arrestarsi a sua volta.
« Cosa pensi che ti direbbe se lo sapesse? »
« Io... non lo so »
« Lo sai invece, Erin. Ti direbbe di non usarla come scusa per non goderti questa cosa. Rosalya sarà la prima ad essere contenta per te, me l’hai detto tu. Quindi smettila di tormentarti con questi pensieri e pensa piuttosto alla faccia che farà quando lo saprà »
Quella consolazione bastò a rincuorare, anche se di poco, la ragazza.
Si avvicinò a Castiel e, mettendosi in punta di piedi, gli stampò un bacio fugace sulla guancia:
« Grazie » gli sorrise ma il destinatario di quell’affetto si mostrò insoddisfatto:
« Ehi, ehi, mica ti aspetterai che mi basti? » e trascinandola a sè cercò le sue labbra con intensità e passione.
Erano ore che aspettava di poter stare da solo con lei e la prospettiva di doverla già salutare lo faceva sentire impaziente. Dopo mesi di così logorante friendzone, gli risultava davvero difficile arginare il suo bisogno di contatto fisico verso la ragazza. Purtroppo per entrambi però furono costretti a sciogliere quella piacevole stretta al suono della vibrazione del cellulare di Erin:
« Mia zia. Mi chiede che fine ho fatto » mormorò delusa.
Lui le sorrise, tenendo le mani in tasca.
« Mi fa ancora un po’ strano... a te no? » borbottò lui, accompagnandola davanti al portone principale.
« Un po’ » riconobbe lei « ma penso sia normale dopo essere stati amici per così tanto tempo »
« Non so se ti ho mai davvero considerata mia amica » riconobbe lui, guadagnandosi una gomitata.
« Ehi, guarda che io ti considero ancora il mio migliore amico! » e nel notare l’espressione confusa del ragazzo, precisò « solo che adesso tu sei anche... sì, cioè insomma... »
Sollevò lo sguardo e vide l’espressione sardonica con cui la fissava:
« Continua, Travis. Ti ascolto » la punzecchiò.
In tutta risposta lei corrucciò le labbra e si voltò indispettita verso l’entrata del condominio:
« Buonanotte Black! » borbottò risentita.
« Erin... » la richiamò lui, costringendola a voltarsi e non appena incrociò il suo sguardo offeso, con quanta più tenerezza gli fosse possibile completò:
« Sì, sono anche il tuo ragazzo adesso ».
 
NOTE DELL’AUTRICE:
 
Care lettrici,
Sono così contenta di tornare da voi dopo esattamente due mesi dall’ultimo aggiornamento. Purtroppo (o per fortuna), la mia vita è cambiata drasticamente in questo lasso di tempo e, per farla breve, mi sono ritrovata a cambiare città e dover lavorare su me stessa. Ironico che quando ho pubblicato il precedente capitolo, in cui ho riversato qualcosa di personale nella storia tra Erin e Castiel, in questo poi mi sia immedesimata totalmente in Rosalya.
Per certi versi è stato terapeutico scrivere il punto di vista di personaggi come lei, Nathaniel e Sophia, anche se, moralmente parlando, trovo difficile capire la posizione di questi due. Se non altro, immedesimarmi nei loro panni mi ha reso più semplice riflettere sulla mia situazione e accettare che a volte queste cose capitano senza che ci sia realmente una spiegazione. La vita non finisce mai di sorprendere e, anche quando capitano eventi traumatici e inaspettati, sta a noi trovare la resilienza di guardare avanti. Ancora una volta quindi, mi trovo inevitabilmente legata alla mia stessa storia, come in una maledizione in cui ciò che scrivo si avvera o si è già avverato (proverò a far vincere un milione di euro a Rosalya, magari capiterà anche a me!).
 
Questo messaggio quindi è dedicato a tutte quelle persone che, come me, hanno dovuto riscrivere i propri progetti di vita, che fino ad un attimo prima erano romanticamente legati ad un’altra persona che le ha deluse. Spero abbiate trovato anche voi la forza di trasformare un evento traumatico in un’opportunità di crescita e capire che nessuna delusione d’amore è abbastanza grande da impedirci di trovare la felicità. Il fallimento di una relazione è solo la stazione di partenza di un emozionante viaggio in solitaria alla scoperta di noi stesse.
 
Elena
  
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