Anime & Manga > Occhi di gatto/Cat's Eye
Segui la storia  |       
Autore: crisalide_bianca    15/04/2024    1 recensioni
Dopo essersi allontanate dal Giappone per mesi, nuove scoperte e nuovi pericoli chiamano in madrepatria le sorelle Kisugi. Hitomi, Rui, e Ai (la banda Occhi di gatto) hanno infatti trovato una nuova pista nella ricerca del padre scomparso, ma gli artefatti rischiano di andare perduti per sempre a causa di un nuovo, temibile nucleo criminale. Personaggi e dipinti inediti si uniranno alla storia originale di Tsukasa Hōjō per dare vita al seguito delle avventure delle ladre più famose degli anni '80.
Essendo una storia ispirata al manga e non alla serie animata, i nomi dei personaggi saranno quelli originali in giapponese.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kelly Tashikel, Matthew Hisman, Nuovo personaggio, Sheila Tashikel, Tati Tashikel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il ragazzo dalla chioma bionda si trovava dall’altra parte della città e si spostava a piedi, calpestando i pensieri che lasciava andare durante il cammino. Raggiunse una cabina telefonica e vi sparì all’interno per qualche minuto: non una parola uscì dalle sue labbra, si diede al puro e concentrato ascolto di ciò che veniva proferito dalla parte opposta della cornetta. La mascella serrata e il volto quasi corrucciato lo facevano sembrare più minaccioso di quanto in realtà non fosse in quell’esatto momento. Si passò una mano sul mento da poco rasato e interruppe la chiamata con il finire del tecnico monologo, sospirando accentuatamente. Dopo tutta la fatica che aveva fatto, era consapevole di essere solo all’inizio e la sensazione di essere ai chilometri preliminari di una lunga maratona lo lasciò senza ottimismo per la vittoria della prima battaglia. Uscì da quella claustrofobica scatoletta rossa a gettoni, diventata da tempo sua consigliera.

-“Era ora.” Sentì alle sue spalle, in lingua inglese. Abbassò il capo, prima di voltarsi: avrebbe riconosciuto quel timbro tra mille altri. “Ce ne hai messo di tempo per cominciare questa cazzo di missione.”

-“Finalmente scopri le tue carte, Marcus.” Era a conoscenza che si trovasse in città, poiché era in grado di avere occhi e orecchie in tutta la città di Tokyo e dintorni, ma quale fosse lo scopo della sua presenza rimaneva una supposizione. Lo guardò finalmente negli occhi. “Perché sei venuto fin qui?” Non fece giri di parole.

-“Nonostante tutto si parla ancora molto bene di te in agenzia, sai? Non so proprio come tu faccia.” Lo sguardo strafottente di sfida era accompagnato dal movimento delle braccia che si piegavano per infilare le mani nelle tasche della giacca. “Mi chiedo solo se sia perché sei tu, il figlio del capo. Il ragazzo prodigio. Il golden boy…”

-“Che cosa vuoi?” Stava iniziando a irritarsi. Detestava tali delegittimazioni nei suoi confronti, che sentiva ripetere da tutta la vita.

-“Vedi, c’è qualcosa che non mi torna.” Fece un passo in avanti. “Sei qui da quanto tempo, quattro mesi o giù di lì? E ancora sei alla prima fase del piano per smantellare questa fantomatica organizzazione, che ti succede?”

-“Succede che parli peggio dei tipi in giacca e cravatta degli Affari Interni.” Non appena nominò quell’ente, l’uomo tirò fuori dal taschino un distintivo che ne riportava la sigla, innescando un accenno di divertimento in Lewis. “Dovevo immaginarlo, sei passato al lato oscuro.” Cercò di scherzare per smorzare dei toni che però rimasero immutati.

-“Nessuno ha mai avuto il coraggio di indagarti per quella volta in Messico. Due volte sei finito nei guai qui, e nessuno ha battuto ciglio. Ed è strano, perché quando sei in missione è facile capire se qualcosa non va.” Si avvicinò ancora. “Per quanto io possa detestarti, sei un maestro della tattica, un cazzo di chirurgo dell’anticrimine, per questo sono d’accordo con tutti quelli che ti danno del predestinato. Allo stesso tempo, se la tua marcia verso un obiettivo rallenta così tanto, significa che qualcosa non va o che stai nascondendo dei particolari molto rilevanti. Ed io li scoprirò, stanne certo.”

-“Era da tanto che non mi facevi così tanti complimenti, Marcus. Gli ultimi mi hanno lasciato un brutto livido sullo zigomo per diverso tempo, come ricorderai.” Lo guardò, glaciale, negli occhi. “Tutto ciò che hai bisogno di sapere sta nei rapporti che ho compilato fino ad ora, spero possano aiutarti a chiudere presto questa caccia alle streghe.”

-“Lo farò sicuramente. Eppure, se in nome della nostra passata amicizia per caso volessi venirmi in contro, senza passare per la burocrazia… puoi farlo ora.” Lo incalzò, con falsissimo buonismo. Jack lo assecondò solo in parte, sospirando.

-“Questo caso è molto importante per me e nel piano originale doveva essere condotto a due.” L’agente Kelly strinse i pugni. Ancora non lo aveva fatto, ma quasi non sopportava di sentir pronunciare il nome di Sophia da quell’uomo che egli considerava alla stregua dell’assassino materiale. “È stata lei a trovarlo, saremmo venuti qui dopo il Messico. Per anni ho messo da parte questa pista, perché non credevo di potercela fare da solo, non dopo tutto quello che è successo.” Si mosse anche lui verso il suo interlocutore, consapevole che il sapore del sangue avrebbe potuto riempire le sue guance di lì a poco. “Sto provando a finire ciò che non abbiamo fatto in tempo ad iniziare insieme e voglio farlo nel migliore dei modi.” Gli porse la mano, auspicando una stretta che sancisse la tregua. “È come se fosse il suo testamento non scritto e sento il dovere di rispettarlo. Lo voglio fare al meglio.” Già sentiva le nocche incidere il suo viso, eppure con sua estrema sorpresa ciò non accadde. Marcus si limitò a fare una smorfia di disappunto e girare i tacchi, ignorando il gesto di pace dell’ex collega. Il ragazzo fece un respiro profondo, deluso e sorpreso al tempo stesso dalla reazione.

“Scusami Sophia. Prima o poi gli dirò la verità, te lo prometto.”

 

-“Bene, siamo arrivate. Manca ancora un paio di ore prima del colpo, usiamo questo tempo per tracciare un perimetro e individuare i possibili punti di accesso.” 

-“Caspita Rui, che termini specialistici… devi aver passato davvero tanto tempo con il tuo amato prima di metterci al corrente della tua relazione.” Scherzò Hitomi.

-“Non è il momento, per fav…”

-“Con lui intorno, bravo com’è, non puoi non aver assimilato il suo fare da poliziotto. Dobbiamo preoccuparci?” Continuò Ai, appena scese dall’auto a noleggio per scaricare i bagagli leggeri contenenti il materiale necessario per il furto.

-“Possiamo cambiare argomento?” Rui non aveva intenzione di stare al gioco e ciò non era da lei.

-“Oh, d’accordo.” Rispose la sorella. “Credevo che ti facesse piacere parlare di Jack, sembrate stare bene insieme. Le battute erano un modo per farti sapere che Ai ed io siamo felici per te e…”

-“Ho capito, ora basta però. Dobbiamo pensare al lavoro.” Prese uno dei bagagli più ingombranti dell’auto e lo portò verso l’entrata della casa al mare, lasciando perplesse le due ragazze, le quali non poterono interrogarsi a vicenda con lo sguardo.

 

Il colpo di quella notte si presentava come tra i più classici: nessun super criminale spietato e nessuna organizzazione all’orizzonte. Come in un teatro della commedia dell’arte, erano presenti dei tipi fissi che si sintetizzavano in un nervoso Toshio nel ruolo di antagonista imbranato, una precisa Rui alla regia, Ai alla parte tecnica e Hitomi al centro dell’azione nel ruolo di scaltra protagonista. Quella era la formula magica che aveva portato più tele e artefatti nella grande collezione di famiglia. Quasi tutto era pronto per aprire il sipario.

 

Allo scattare dell’ora, il detective Utsumi era sull’attenti, ma aveva una strana sensazione. Forse per la mancanza di Asatani o forse per il semplice impianto di allarme di quel piccolo museo, per la prima volta si sentì in svantaggio, quasi nudo, nei confronti della sua acerrima nemica. Solitamente, anche quando l’odore di sconfitta era nell’aria, si contraddistingueva per il suo inesauribile ottimismo, seppur ingenuo, che gli dava una sorta di spinta adrenalinica ulteriore in quell’infinita caccia. Guardò la cassaforte a parete che conteneva il piccolissimo dipinto di un anonimo tedesco, intitolato dagli studiosi La piccola onda, trovato insieme ad alcuni diari (tra cui alcuni di bordo) in una nave transatlantica ormai in disuso, approdata al Porto di Chiba nel 1940. I suoi cimeli erano stati quindi raccolti ed esposti in raccolte ed eleganti sale allestite sobriamente, le quali ospitavano per lo più documenti. Tra queste, c’erano carte e manoscritti firmati dal tormentato maestro di Michael Heinz in fuga dalla Germania.

 

Toshio sentì dei lamenti provenire dal corridoio: erano sicuramente i suoi agenti. D’istinto prese in mano la radio di servizio e si mise tra la porta d’ingresso della stanza e l’oggetto del desiderio della banda. 

-“Che cosa sta succedendo? Se qualcuno ascolta, risponda!” Aspettò qualche secondo. “Allora?! Rispondete!” 

-“Ca… capo.” Una voce affaticata si fece sentire sulla stessa frequenza. “Sta arrivando.” Un tonfo diede l’impressione che l’agente non potesse più continuare la conversazione.

-“Porca miseria…” Sussurrò, prima di alzare il volume della voce. “Ehi, Gatta! Siamo di nuovo tu ed io, voglio proprio vedere come…” Si spensero le luci, così in qualche secondo accese una torcia ad illuminare l’uscio. “Anche se non riuscirò a prenderti, almeno ti vedrò in faccia! E allora lì sì che per te si metterà mal- Ah!” Sentì un rumore alle spalle e una botta alla base del collo, poi più nulla: quel piccolo momento di buio le era bastato per entrare e coglierlo di sorpresa.

-“Sarà per un’altra volta, tesoro.” Divertita, gli arruffò i capelli e prese in prestito la torcia, mentre il volto del detective aderiva comicamente al pavimento. Hitomi si portò una mano all’orecchio. “Ai, hai trovato il codice?” Chiese, attendendo una risposta che sarebbe dovuta arrivare dall’ufficio del direttore del museo.

-“Credo di esserci vicina. Questo posto è ordinato a tal punto da farmi inquietudine.” Disse, mentre sfogliava dei fascicoli all’interno di grandi cassetti.

-“Potresti prendere spunto per la tua camera, ogni volta che entro sembra che sia esplosa una bomba.”

-“Sei sempre spiritosa tu, eh?” Rispose, più indaffarata che infastidita.

-“Ragazze, concentratevi.” Le riprese la voce più matura, alla gestione del piano.

-“Sì, sorellona, spero solo che Ai si sbrighi, perché non avevo alcuna intenzione di colpire Toshio più forte di così: tra poco si sveglierà.”

-“Abbi pazienza, questo posto è pieno di informazioni e non capisco dove cercare! Oh… Sicurezza, deve essere questo, vediamo.”

-“Oh, ce l’abbiamo fatta.” La sorella di blu vestita commentò ironicamente.

-“Ricordati che ho in mano la tua copertura, simpaticona.” Il detective Utsumi cominciò a bofonchiare qualcosa nel sonno.

-“Ecco Ai, questo è il preciso momento in cui mi dovresti dare il codice.” Le mise fretta.

-“Questo è strano…” Quelle parole non piacquero alle sue interlocutrici. “Sulla dicitura cassaforte Dürer non ci sono numeri o kanji, ma lettere dell’alfabeto, solo che non sembrano parole… ci sono tante X e I, L… che significa?”

-“Santo cielo, Ai! Cerca altrove, allora!” La ragazza si stava spazientendo.

-“No, aspetta: Ai, riesci a leggerli in ordine?” Rui attirò la loro attenzione.

-“Certo. IIIVXXX, VIX…”

-“No, al contrario, leggili all’occidentale: da sinistra verso destra.” Era quasi sicura di aver capito.

-“D’accordo, vediamo: LXXXI…”

-“Dovrebbe essere 81.” Rispose Rui, mentre Hitomi eseguiva, senza comprendere il ragionamento della compagna di furto.

-“LIV?”

-“54. Forza, veloci.” Esortò.

-“XIV.”

-“14.”

-“Manca l’ultimo.” Hitomi sentiva il poliziotto muoversi con fatica.

-“Questo è lungo, ehm… XXXVIII?” Quasi domandò.

-“Caspita, mi sembra sia…” A stento sapeva il motivo per cui ricordava un tale codice numerico.

-“Che cosa è…?” Si sentì la voce di Toshio, il quale toccò la propria nuca dolorante e Hitomi non poteva più nemmeno aprir bocca.

-“38!”

-“Eh?! Dove sei, ladra?!” Si alzò in piedi di scatto e si voltò verso la cassaforte. I suoi occhi si sbarrarono di colpo. “Non è possibile.” Ripeté più di una volta. “Non è possibile!” Si avvicinò, a passo lento, fino a che non ne ebbe la certezza. Allungò la mano improvvisamente, estrasse un biglietto dall’interno del non più sicuro nascondiglio. “Me l’hanno fatta di nuovo sotto al naso, accidenti!”

 

Era da qualche tempo che i furti non andavano in modo così liscio. Tutto per un istante sembrava essere tornato ai bei vecchi tempi: pericoli ce ne erano sempre stati, è vero, ma sempre superabili da quel tocco di acume che scorreva nelle vene delle tre ladre. Tale astuzia le aveva salvate anche questa volta.

-“Numeri romani, eh? Non li avevo mai visti prima e a scuola non li insegnano, come hai fatto a capirli?” Ai non poteva fare altro che provare ammirazione per le conoscenze di sua sorella: non finiva mai di sorprenderla.

-“Nel tempo libero ho iniziato ad avvicinarmi alla cultura latina, l’arte classica ha il suo fascino. Non avrei mai pensato che mi sarebbe tornata utile in questo senso.” Confessò.

-“Ah sì? E ti sei interessata alle arti figurative oppure a quelle letterarie?” Hitomi sembrava incuriosita l’improvviso interesse della sorella. La verità era che Rui, nella mente, aveva ormai tatuata una frase che aveva letto tempo addietro sulla pelle: coniunctio animi maxima est cognatio. Non ne aveva ancora trovato il significato.

-“Un po’ tutte e due.” Rimase vaga.

-“O forse vuoi fare colpo su Jack studiando le radici della sua lingua.” Ai, come al suo solito, provocava, anche se stavolta con non troppa malizia. La donna cercò di sorvolare. Hitomi provò a sviare il discorso, comprendendo gli stati d’animo.

-“A parte la fretta finale, sento come se fossero stati secoli che non andava tutto così bene, non abbiamo lasciato il minimo scampo al mio povero Toshio." Sorrise, seduta sul sedile posteriore dell'auto avviata verso casa, mentre teneva la valigetta con i documenti davanti alle gambe. Aveva ragione: nell’ultimo periodo tutto si era complicato e, nemmeno a dirlo, il punto di non ritorno coincideva con l’arrivo del ragazzo d’oro, così gentile e appassionato, eppure inseguito da orde di guai di crescente misura. Era bravura nel suo lavoro oppure un talento nell’attirare calamità antropiche? Rui non riusciva a colpevolizzarlo, anche se un’inedita voce le ispirava rinnovata cautela nei suoi confronti. Le immagini che scorrevano nel piccolo schermo dalla mattina stessa avevano mosso qualcosa in lei.

 

Dopo poco più di un’ora di guida, le tre giovani erano di nuovo tra le mura di casa, affaticate dopo una notte che di lì a poco avrebbe lasciato spazio al giorno.

-“Se non vi dispiace, analizzerei domani con calma il nuovo materiale, ho bisogno di riposare.” Le sorelle minori la seguirono volentieri.

-“Hai ragione, domani abbiamo la sveglia presto.” Hitomi si dimostrò concorde. 

-“Va bene, porto il tutto al magazzino, intanto voi andate a dormire.” Quella frase di Rui fu accompagnata da cenni di assenso e Ai si diresse verso la propria camera da letto. 

Con la valigetta in mano, entrò nel caveau dove erano conservate tutte le opere d’arte e gli indizi raccolti in quel lungo viaggio. Iniziò a sistemare con cura la refurtiva, quando sentì dei passi dietro di lei. D’istinto, afferrò uno dei taglienti biglietti da una tasca, pronta ad usarlo.

-“Ehi, Rui.” Riconobbe la voce e quella immotivata tensione sparì. D’altronde, chi poteva essere, se non sua sorella? Non aveva motivo di essere così sul ‘chi va là’.

-“Hitomi, non dovresti essere già a letto?”

-“Sì, ma non riuscirei a dormire bene se prima non ti chiedessi come stai. Hai lo sguardo spento, che ti succede?” Un piccolo sorriso forzato uscì dalle sue labbra vermiglie.

-“Si nota così tanto?”

-“No, in realtà no. Ma sono tua sorella, ti conosco giusto un pochino.” Si sedette su una cassa di legno usata per il trasporto dei manufatti artistici.

-“È solo che è diventato tutto più grande di noi.” Si sedette anche lei, di fronte a Hitomi. “Ho fatto finta di non accorgermene perché sembrava più facile da gestire, ma dalla notizia di quell’arresto… Insomma, non dovevo portarvi in mezzo a tutto questo.”

-“Rui.” Le prese le mani. “Non abbiamo mai fatto così tanti passi in avanti come negli ultimi mesi. Sono aumentati i rischi, è vero, ma anche i nostri mezzi, le nostre consapevolezze... i nostri alleati.” Fece una pausa, per guardarla negli occhi. “Ed è soprattutto per merito tuo: sei davvero una grande sorella maggiore.” Rui quasi si commosse a quelle parole di conforto e si lasciò andare ad un abbraccio affettuoso.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Occhi di gatto/Cat's Eye / Vai alla pagina dell'autore: crisalide_bianca