Anime & Manga > Yuukoku no Moriarty/Moriarty the Patriot
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Autore: Rjsecretful    17/04/2024    0 recensioni
Cosa è successo tra la fine del volume 8 e l'inizio del volume 9? Aver avuto un momento amichevole con Sherlock a Durham ha dato tanta gioia a William, come in ogni momento trascorso insieme all'eccentrico investigatore. Ma che cosa succederebbe se in questo intervallo di tempo fra i due volumi, dato per scontato nel manga, accadessero degli eventi eccezionali, in cui il Professor Moriarty, per la prima volta, scoprisse qualcosa di più? Qualcosa di leggermente oltre il suo legame con Holmes, che lo induce a rivedere se stesso con una visione alternativa?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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TOC TOC TOC TOC
“Hanno bussato!” disse Fred.
“E anche energicamente, per essere nel pieno della domenica.” disse Moran.
“Me ne occupo io.” disse Jack, uscendo dalla stanza, diretto alla porta d’ingresso della residenza.
Nel frattempo, Lewis si affrettó a raccogliere tutte le scartoffie.
“Sará meglio nascondere le prove.” commentó il minore dei fratelli Moriarty.
“No, aspetta Lewis!” disse William, che era affacciato alla finestra. “È soltanto la nostra beneficiaria. Per il momento, tienile da parte.”
“L’hai invitata, per caso?” chiese Bond.
“Sí e no.” rispose William, mentre lasció il salotto, volto ad andare ad accogliere l’ospite.
Jack arrivó per primo nell’atrio e aprí la porta. La prima cosa che vide fu un ragazzo coi capelli castani chiaro dall’aria sconvolta, che non gli diede neanche il tempo di dare i convenevoli.
“Dov’é il Professor Moriarty? Per favore, me lo faccia incontrare!”
“Perdonatemi, ma chi siete?” chiese gentilmente il maggiordomo.
“Sono un suo studente. Aiutatemi, vi pre…”
“Samantha.” William irruppe poco dopo, scendendo dal primo piano.
Alla vista del biondo, l’ospite rimase un attimo impietrita. Poi fece un lungo respiro per ricomporsi, e s’inchinó sommessamente.
“Professore, voglia scusarmi per questa presentazione senza preavviso.” disse lei.
“Mi sembrava di avertelo detto.” disse William. “Se avessi avuto bisogno, potevi venire da me. Non sono necessari questi ossequi.”
La ragazza risollevó la schiena e si avvicinó al giovane uomo, con le mani congiunte al’altezza del diaframma.
“Ecco… posso davvero permettermi?” chiese.
“Senza alcun problema. Vieni con me, mi racconterai tutto con calma.” disse William, facendosi da parte e dandole segno di farsi avanti verso il primo piano.
“Jack, potresti preparare del té?” chiese il biondo, prima di seguire Samantha sulle scale.
“Come desiderate!” rispose l’uomo anziano con un leggero inchino.
Il professore e la studentessa giunsero nel salotto, dove erano attesi da Lewis, Albert e il resto dei membri al loro servizio.
“Vi auguriamo un benvenuto!” disse Lewis, che si avvicinó alla giovane ospite facendo un inchino con una mano sul cuore.
“Perdonate la scortesia!” disse Samantha, inchinandosi a sua volta. “Sono uno studente dell’Università di Durham. Mi chiamo Samuel Cooper.”
I presenti non fecero subito presente il fatto che conoscessero la sua reale identità. Avevano compreso, solo guardandola, che c’era qualcosa che la turbava, e perció avevano immediatamente concluso che, per il momento, era meglio tacere e lasciarle recitare la sua parte.
“Scusate, lasciateci soli qualche minuto.” disse William.
“Va bene, come vuoi. Avanti, ragazzi! Sloggiamo!” disse Moran.
Tutti quanti uscirono dal salotto, e vi rientró solo William, insieme a Samantha. L’uomo la invitó a sedersi sul sofá, poggiandole entrambe le mani sulle spalle.
“Ora cerca di distenderti.” le disse.
La fece sedere, e in seguito si poggió anche lui sul sofá di fronte.
“Come mai sei venuta? Che cosa ti é capitato per arrivare fino a qui tanto affannata?”
Samantha abbassó leggermente il capo, stringendo i pugni sulle ginocchia, prima di rispondere.
“Mio zio ha di nuovo picchiato mia madre.”
Il professore fece un attimo mente locale, prendendo una pausa di silenzio.
“Capisco.”
“Io…” continuó lei. “Non so proprio che mi é preso. Ho perso la ragione e allora… allora… Mi vergogno un po’ ad ammetterlo, ma sono scappata di casa.”
“Ti succede spesso di assistere a queste situazioni?” chiese William.
Samantha scosse il capo.
“No, non proprio. O meglio, non sempre. Di solito lui le tira degli schiaffi e la minaccia. Ma nei casi peggiori la picchia di brutto, e con quello che gli capita in mano. Oggi é stato uno di quei casi. Sentivo le urla sue e di mamma attraverso i muri.”
Mentre lei parlava, divenne sempre piú tesa.
“Non ce la facevo… Non ce la facevo proprio piú. Mi sono esasperata, ed ho finito col non capire piú niente. Non riuscivo a stare calma, volevo solo un po’ di conforto e la prima cosa che mi é venuta in mente é stata di precipitarmi qui da lei.”
“Hai fatto bene.” la rassicuró l’uomo. “Non devi essere dura con te stessa.”
Dopo qualche minuto, arrivó Jack trasportando il set da té.
“Il té é servito. Scusate se vi ho fatto aspettare.” disse il maggiordomo.
“Non c’é di che. Dopo che hai rassettato, puoi pure chiamare gli altri e farli venire qui. E puoi anche dire a Lewis di portare tutto.” disse William.
“Sará fatto.” disse Jack, rivolgendosi poi a Samantha. “Prego, ecco a voi, giovane ospite. Un té vi rasserenerá l’animo. Vi ho visto molto su di giri, quando vi ho aperto la porta.”
La ragazza si sciolse e accettó con gratitudine l’offerta.
“La… la ringrazio. Anche se mi sento giá meglio.”
“È giá passato tutto, quindi?” chiese William, mentre Jack si ritirava.
“Si puó dire di sí. Grazie, professore. Lei é stato molto disponibile, e questo mi ha aiutato.”
“Bene.” disse il biondo, prendendo la propria tazza e poi accavallando la gamba. “Perché ci sarebbe una cosa importante di cui ti devo parlare. Hai avuto un perfetto tempismo ad arrivare nella mia magione.”
“Di che si tratta?” chiese Samantha, dopo aver dato i primi sorseggi al té.
“Questa volta devo chiederti di tenere duro. Ti senti di ascoltare?”
“Non mi tenga sulle spine, per favore. Mi dica tutto.”
William diede un sorseggio al proprió té. E poi fece un lieve respiro e rispose.
“Riguarda tuo padre.”
Cadde, per un attimo, un silenzio di tomba, nel quale i due incrociarono gli sguardi.
“Ascolta.” proseguí William. “I fatti circa la sua morte sono stati riconosciuti come un caso di omicidio colposo. Ma tu hai detto che volevi sapere chi lo avesse ucciso. Forse non credevi che fosse davvero andata cosí?”
“No, infatti. Non ci credo. Se fosse vero quello che avevano concluso le indagini, allora che problema c’era a trovare il responsabile per un eventuale risarcimento? Sono sicura che sia stato un omicidio premeditato.” rispose la ragazza.
“E hai visto giusto, infatti. Io penso di sapere chi é stato, anzi ne sono certo.”
“Cosa? Dice davvero?” scattó lei, balzando in piedi, dopo aver posato bruscamente la tazza sul tavolino. “E lei come…”
Toc Toc
“Fratello, noi qui siamo pronti.”
Irruppe Lewis, bussando sull’uscio del salotto, seguito dai compagni, che entrarono nella stanza, disponendosi attorno al’ospite e al biondo.
“Pronti per che cosa?” continuó a chiedere Samantha, piena di dubbi. “Ma cosa sta succedendo?”
“Signorina Cooper, stiamo per spiegarle tutto. Si risieda e non si faccia prendere dalla foga, la prego.” disse Albert.
“Ma… ma voi mi avete chiamata Signorina?! Allora… Professore, lei mi aveva detto che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.”
“Ho detto che non avrei fatto nulla a tuo sfavore, semplicemente.”
“Se poi ci avete fatto caso, mentre io ero nell’atrio, il Signorino Will vi ha chiamata col vostro vero nome in mia presenza. Eravate talmente giú di morale che non ve ne siete accorta.” disse Jack, ripresentatosi insieme agli altri.
“Non ha di che allarmarsi, Signorina Cooper.” disse Money Penny, che fu la prima ad avvicinarsi al’ospite, con tono gentile. “Le diamo la garanzia che il suo segreto non é uscito dalle mura di questa casa.”
“Esattamente. Quindi non hai bisogno di fingere. Puoi essere te stessa.” disse Bond, appoggiato al muro con le mani in tasca.
“Siamo qui per aiutarvi. Non vi faremo alcun male, fidatevi di noi.” disse Fred.
Samantha rimase, in un primo momento, zitta zitta, ancora in preda alla confusione. Scrutó tutti quanti, piena di perplessitá.
“Va bene, ho capito.” disse infine, risedendosi. “Stava dicendo, professore?”
“Arriveró al dunque. Il responsabile dell’assassinio di tuo padre é tuo zio.”
La ragazza fece un’espressione allibita, accennando un sorriso amaro.
“Sta… sta scherzando, vero?”
“Non mi metterei certo a scherzare proprio adesso.” rispose William.
“Ma mi sembra assurdo. Se lui fosse capace di uccidere io ne avrei saputo qualcosa. Mia madre non mi avrebbe mai fatto vivere con una persona del genere. Non puó essere.”
“E invece eccome se puó essere.” disse Moran, tenendo le braccia conserte. “Rifletti: tuo padre é sparito solo un giorno dopo che tuo zio si é presentato a casa tua.”
Di fronte al’incredulità della mora, le venne raccontato per filo e per segno ogni cosa di quanto i Moriarty e i loro soci avevano scoperto e di come avevano ricostruito i fatti, dimostrando che la loro tesi era inattaccabile, esponendole le prove. Le raccontarono di come il padre era stato preso di mira da molti nobili e del fatto che era stato catturato per essere ucciso e poi fatto ritrovare morto per imporre un regime di terrore a Durham.
“Ma io ancora non capisco.” Samantha continuó a battere il suo chiodo, mentre teneva lo sguardo fisso sulla lettera di Enders. “Se l’eliminazione di papà era giá programmata, allora perché mai mio zio si sarebbe dovuto presentare a casa per fare trattative con lui circa la mia questione. Perché trattare con un uomo che deve essere fatto fuori?”
“Probabilmente il suo atto voleva essere una sorta di anticipazione che ha dato a te e tua madre.” disse William. “Intendo dire che voleva farvi presente la sua disponibilità ad accogliervi nella sua magione, affinché voi due, in preda alla disperazione dopo l’omicidio, vi giocaste l’ultima carta che avevate per poter sopravvivere. Tuo zio ha agito sia per i suoi tornaconti personali, sia per conto di tutti quelli che avevano in odio tuo padre.”
Samantha si prese la testa fra le mani e si agitó.
“Insomma, adesso basta, per favore.” disse, in preda all’irritazione. “Che cos’é tutta questa storia? Vi mettete ad indagare come se foste tutti degli investigatori, e per farlo v’intrufolate persino in casa di mio zio in piena notte, mentre io sto dormendo… Se dovevate fare cosí, perché non avete chiesto a me di frugare fra le cose di mio zio?”
“Samantha, ti avevo promesso che ti avrei aiutato. È quello che sto facendo.” disse William.
“Ma questo non é il modo di aiutare che userebbe un insegnante. Cosiderando anche tutte le domande che mi ha fatto a scuola, é chiaro che lei non é un normale professore. E anche voi altri… Non assomigliate per niente a dei semplici domestici. Chi siete in realtà, qual é il vostro obbiettivo?”
Tutti quanti si fecero seri. Ormai era il momento. Dovevano dirle chi erano veramente. Era inutile continuare a girarci attorno. I fratelli Moriarty, coloro che rappresentavano il nucleo dell’organizzazione si guardarono e si diedero assenso.
“Va bene, perdonateci se ci siamo trattenuti nel dirvi anche questo.” disse Lewis.
“Ci scusi, Signorina. Per questo e per le misure che abbiamo preso nei suoi riguardi. Ma si tratta di una questione della massima segretezza, per cui non abbiamo potuto fare come dice lei. Se l’avessimo fatto, le avremmo destato subito dei sospetti riguardanti il nostro suddetto segreto.”
“Ordunque chi siete?” domandó la ragazza.
“Noi siamo…” disse William. “Il Signore del Crimine.”
Samanta guardó di nuovo tutti, incrociando i loro sguardi. Quello che aveva detto il professore non era affatto una bugia, le espressioni dei presenti non tradivano.
“Il Signore del Crimine?!” esclamó la ragazza. “Proprio quello di cui parla tutta l’Inghilterra? Quello che si dice punisca i nobili per poi ucciderli?”
I tre fratelli annuirono.
“Ascolta, Samantha.” disse Bond, che si avvicinó alla giovane, inchinandosi a terra su un ginocchio. “Noi possiamo aiutarti a vendicare tuo padre. E, oltre a questo, possiamo fare in modo che tu possa riavere ció che ti spetta di diritto.”
La mora divenne come catatonica, il suo corpo sembrava essersi trasformato in un guscio vuoto. Era pensierosa, incerta su cosa dire o fare. Qualche istante dopo, tornó alla realtà, riscuotendo la testa e sbattendo le palpebre.
“Professore.” disse lei. “Avrei bisogno di parlarle ancora un momento, privatamente. E mi servirebbe anche una boccata d’aria.”
Udendo quelle parole, William si alzó in piedi dal sofá.
“Certo, capisco. Vieni.” disse l’uomo.
Il professore e la studentessa uscirono dalla stanza, lasciandosi dietro gli altri. Ci fu un minuto di silenzio, nel salotto, in attesa che i due fossero lontani.
“Ho come l’impressione che questa situazione sará piú complicata del solito. Chissà cosa ne verrà fuori?” disse Albert.
“Anch’io la penso cosí. Peró bisogna capire la signorina. In fin dei conti, mi sembra una persona fragile.” disse Fred.
“Tsk! Per me é solo una sciocca brontolona che non sa nemmeno lei cosa vuole. Si vede ad occhio che non é sicura di cosa desidera che facciamo. Stiamo solo perdendo tempo.”
“Smettila, Sebastian!” sbottó Money Penny. “Cerca di metterti nei suoi panni. Non lo capisci che quella povera ragazza é nelle mani di un uomo deplorevole? La sua faccenda é come una prigione per lei. Non é difficile che, facendo una vita simile, lo spirito s’indebolisca.”
“Puó essere come dici tu. Ma se non si dá una smossa, non riuscirá mai a cambiare niente.” disse Moran.
“Mah… per come andranno le cose, non possiamo certo lasciarla vivere in balia di quell’uomo” disse Bond.
“Sono d’accordo. Ormai ci siamo fino al collo, anzi, fin sopra la testa.” disse Jack.
“La sola cosa che possiamo fare é attendere come si evolveranno le cose, e in seguito agire sulla base di quello che dirá nostro fratello.” disse Lewis.

Nel frattempo, William e Samantha giunsero nel cortile, e si sedettero al tavolo sotto un padiglione.
“Come ti senti?” disse l’uomo, rompendo il ghiaccio.
“Come potrei sentirmi?” Samantha rispose con domanda retorica. “Io non mi aspettavo tutto questo. Avevo chiesto il suo aiuto sperando di trovare una maniera per poter mettere a tacere i giorni d’Inferno che ho trascorso da quando ho iniziato a vivere con mio zio. E di punto in bianco vengo a sapere che lei é il Signore del Crimine, che mio zio ha contribuito ad un omicidio… mi sembra che il mondo giri alla rovescia.”
La ragazza appoggió i gomiti sul tavolo, tenendosi la testa.
“Hai paura?” chiese William.
Samantha sollevó il capo.
“Paura?!” esclamó lei. “Paura di che cosa?”
“Di tuo zio. Oppure é di me che hai paura?”
La ragazza lo guardó senza mostrare nessuna emozione.
“Niente affatto.” sbottó. “D’altronde, qualunque cosa lei sia, che importanza ha? L’uomo di cui io e mia madre viviamo alla mercé ha fatto uccidere mio padre, e in un modo perverso. Per tutti questi anni ho vissuto senza sapere niente, eppure le circostanze erano evidenti. Come ho potuto essere stata cosí sciocca? Senza contare che quella che ne ha pagato le conseguenze é mia madre…”
“Dubitare delle persone che ci sono vicine non é mai facile, soprattutto se sono familiari. E poi sei ancora una ragazza, hai molto da imparare.”
“In ogni caso, quello che sto provando non é paura. Piuttosto fremo dalla rabbia.” disse Samantha, battendo i pugni sul tavolo. “Ho rispettato e temuto un uomo indegno di chiamarsi nobile. Io… io… io lo….”
“Lo desideri uccidere?” la anticipó il professore.
“Non lo so.” disse la ragazza, suscitando lo stupore dell’uomo. William sapeva che lei era una persona incerta, ma quella fu la prima volta che qualcuno, di fronte alla possibilità di farsi giustizia, con l’aiuto della consulenza criminale del biondo, si dimostrava tentennante.
“Lo ucciderei con le mie stesse mani…” disse Samantha. “E lo farei morire tra atroci sofferenze, se penso a quello che ha fatto passare a papà. Peró… peró…”
La giovane rilassó le mani.
“Peró, come potrei mai? Questo non é ció che i miei genitori mi hanno insegnato. Loro mi hanno sempre educata a credere nella giustizia. Come potrei difendere la memoria di mio padre, se andassi contro i suoi insegnamenti? E che cosa penserebbe mamma, se commettessi un omicidio?”
Samantha cominció a singhiozzare, e si coprí il viso con le mani, per nascondere le lacrime.
“Professore, non so cosa fare? Io non posso… non posso uccidere qualcuno. Eppure odio quell’uomo con tutto il cuore…”
William, vedendo quella scena, s’impietosí. Si avvicinó a lei é cercó di confortarla, dandole delle leggere pacche sulla schiena.
“Va bene, non c’é bisogno che decidi subito. Ti concedo tre giorni di tempo per riflettere su cosa vuoi fare. Perció rasserenati.”
Samantha distolse le mani dal viso, scuotendo due volte le spalle per i singhiozzi, e infine si asciugó le lacrime e si rivolse al gentiluomo.
“Voglia perdonarmi. Ho di nuovo perso il controllo.” disse la giovane.
“Non fa niente. Sappi che, in qualsiasi maniera tu decida di agire, possiamo fare in modo che tu e tua madre non dipendiate piú da tuo zio.” disse William.
La ragazza tiró su col naso, asciugandosi con l’indice l’ultimo residuo di lacrima.
“Bene.” disse William. “Se ti sei calmata a sufficienza, adesso dovresti tornare a casa.”
“A casa?” disse Samantha, alzandosi in piedi. “Non potrei rimanere ancora un po’?”
“Non essere irragionevole.” disse l’uomo alzando l’indice in segno di autorevolezza. “A quest’ora si saranno accorti che sei scappata. Se non ti fai trovare, tua madre potrebbe preoccuparsi.”
“Peró…” la ragazza giró il capo, incerta. “Il fatto é che non so come comportarmi adesso. Cosa faccio se mio zio dovesse notare che c’é qualcosa di strano in me?”
Il professore rispose dandole altre pacche rassicuranti sulle braccia.
“Non devi fare nulla. Comportati come fai sempre e non noterá nulla.”
In seguito, le mise le mani sulle spalle e la guardó negli occhi con sguardo penetrante.
“Puoi farcela. Hai sopportato per tanto tempo, puoi sopportare ancora un altro poco.”
Samantha ebbe ancora qualche titubanza, e in seguito mostró un’espressione risoluta.

I due Moriarty piú giovani osservarono la ragazza allontanarsi dalla magione, stando dietro al vetro della finestra. Si era congedata dopo aver dato adeguamente i saluti e ringraziamenti a tutti i membri dell’organizzazione, sia per l’accoglienza ricevuta che per tutto ció che avevano fatto per lei, e anche dopo essersi scusata per i propri comportamenti prevenuti, promettendo che gli avrebbe dato presto una risposta in merito all’offerta che le avevano dato.
“Fratello.” disse Lewis. “Sicuro che sia stata una buona idea lasciarla tornare a casa da sola?”
“Non preoccuparti. Non penso che fará qualche sciocchezza. A dispetto di quella che sembra, é una persona molto forte e scaltra.”
“Moran non é tanto d’accordo, sai? L’ha giudicata piuttosto male.”
“Non farci caso. So riconoscere la determinazione di una persona. Quella ragazza, malgrado la sua condizione difficile e i suoi alti e bassi, ha continuato a lottare duramente per trovare una via d’uscita. Altrimenti non avrebbe iniziato a fare di tutto per arrivare a me, al fine di chiedermi aiuto.”
“Capisco.” disse Lewis.
“È una ragazza adorabile, tutto sommato, vero?” continuó l’occhialuto giovane uomo.
William capí dove voleva arrivare il fratellino. Stava cercando di scaldare l’atmosfera con argomenti vispi. Se persino Albert aveva fatto caso alle attenzioni che il biondo dimostrava per la giovane, di certo Lewis ne sapeva qualcosa di piú. Ma il matematico non si scompose, mangió la foglia e depistó il discorso.
“È una persona di forti ideali, piú di quanto lei stessa crede. In futuro potrebbe essere un’importante risorsa per il mondo che noi vogliamo creare. Proprio per questo sono sicuro che quando verrá a darci la sua decisione, ci sorprenderá.
   
 
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