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Autore: Kimando714    17/04/2024    0 recensioni
La vita a quasi trent’anni è fatta di tante cose: eventi felici ed eventi che ti mandano in crisi, successi ed insuccessi, traguardi personali e lavorativi, vecchi legami che cambiano e nuovi che nascono … Giulia è convinta di saper navigare il mare di contraddizioni che la vita le sta per mettere di fronte, e così lei anche il gruppo storico di amici. Ma la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, e non sempre sei pronto a ciò che ti pone davanti. E forse, il bello dell’avventura, sta proprio in questo.
“Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera” - Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale
[Terza e conclusiva parte della trilogia “Walf of Life”]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 25 - STAY


 
 
I gently cast a spell
My heart beats louder than ever
We're always in this moment
Together, wherever
Wherever
 
-Sta crescendo parecchio- la voce di Filippo le parve poco più di un sussurro, dolce e intimo – E piuttosto bene, direi-.
Giulia sorrise tra sé, guardandolo mentre era piegato per far sì che il suo viso fosse alla stessa altezza del suo pancione, ormai più che evidente sotto la maglietta leggera che il caldo di metà Maggio le permetteva di indossare.
-Meglio così, no?- replicò lei, continuando a camminare lentamente, il sole che ormai si apprestava a tramontare, tingendo sempre più d’arancio e rosso il cielo.
Avevano un’ultima tappa da fare, fino a casa di Caterina e Nicola per recuperare le gemelle. Avevano chiesto a loro se potevano tenerle quel pomeriggio, mentre lei e Filippo erano impegnati con una delle tante visite ed ecografie tipiche della gravidanza. Giulia non vedeva l’ora di vederle e mostrare loro le nuove foto del fratello – forse non si rendevano ancora conto che di lì a pochi mesi sarebbe nato, ma Giulia era sempre piena di gioia nel vedere Caterina e Beatrice così eccitate ogni volta che mostrava loro i risultati delle ecografie.
“È sano come un pesce” aveva detto loro la ginecologa, alla fine della visita, dopo aver controllato anche delle analisi che Giulia aveva fatto la settimana prima.
Tutto andava alla grande.
“Chissà se si sarà mai domandato come stiamo”.
Giulia cercò di allontanare quel pensiero. Non voleva che il ricordo di Lorenzo la rendesse triste in una giornata simile, in cui stava andando tutto bene.
Strinse un po’ di più la mano di Filippo, mentre continuavano a camminare, conscia che allontanare certi pensieri fosse più facile a dirsi che a farsi.
Non era la prima volta che si soffermava a pensarci, a chiedersi se Lorenzo avesse mai avuto qualche moto di curiosità, qualche intenzione di sapere come stesse lei o il figlio che portava in grembo.
Forse non gli interessava. Il silenzio mai spezzato, d’altro canto, poteva essere un segno inequivocabile del suo disinteresse totale.
O forse si poneva domande, alle quali però preferiva non dare risposta.
Lorenzo aveva quel privilegio: poteva avere mille dubbi, e lasciarli ugualmente insoluti. Un beneficio che lei non aveva.
Aveva ancora così tanti interrogativi a ronzarle per la mente che a volte, alla notte, faticava a prendere sonno. Il futuro la spaventava, nonostante la sensazione che potesse essere migliore di quel che si era immaginata mesi prima.
Ma per quella giornata alcune domande avrebbero atteso ancora un po’.
 
*
 
Si strinse nelle spalle, uno sparuto brivido di freddo che le percorse la schiena.
Aveva iniziato a piovere da poco, solo qualche minuto dopo che erano rientrati in casa. Una pioggia leggera, quella tipica pioggia sottile della tarda primavera, ma che bastava a far scendere le temperature a sufficienza per ricordare quelle di fine inverno.
Giulia si sentiva fredda anche per altri motivi – l’agitazione e lo stress di certo non aiutavano-, ma cercò di non darlo a vedere.
Il silenzio dell’appartamento la lasciava frastornata. Avrebbe preferito che le sue figlie non fossero all’asilo, ma lì a giocare in salotto: avrebbero di sicuro reso più vitale quell’ambiente, elettrico invece per tutti i pensieri che le vorticavano per la mente. Si era tenuta la mente il più libera possibile durante il weekend, ma il lunedì aveva richiamato a sé tutte le responsabilità e le decisioni che l’attendevano.
-Mi sembra una situazione piuttosto chiara, non credi?-.
Filippo le pose quella domanda mentre si sedeva accanto a lei sul divano, allungandole una tazza colma di tisana calda che le aveva appena preparato in cucina. Ci era voluto poco, e l’aveva fatto subito, prima ancora di cambiarsi d’abito dopo che erano rientrati a casa. Aveva ancora la camicia e i pantaloni vagamente eleganti che aveva usato per l’appuntamento che avevano fissato con un avvocato, e Giulia quasi si mise a ridere di nuovo nel notare il loro contrasto evidente: lei, in maniera totalmente opposta a Filippo, aveva decisamente puntato sulla comodità. Ma, d’altro canto, la gravidanza era un’ottima ragione per scegliere una tuta piuttosto che altri vestiti che l’avrebbero solo fatta sentire più a disagio con il suo corpo cambiato.
Ripensò brevemente all’incontro avvenuto meno di un’ora prima, a quel che avevano raccontato, e a quello che l’avvocato aveva detto loro. Aveva ragione Filippo: nonostante tutto, in verità era una situazione piuttosto chiara.
-Sì- annuì Giulia, mentre afferrava la tazza che Filippo le porgeva – Non credo che Lorenzo si rifarà mai vivo, quindi … -.
Quello era un pensiero che la lasciava ancora piuttosto combattuta. Era alquanto ovvio che Lorenzo non volesse avere nulla a che fare con il figlio che lei stava aspettando, e probabilmente per come erano andate le cose era meglio così. Allo stesso tempo, però, non riusciva a farsene una ragione fino in fondo.
“Forse sono troppo poco obiettiva”.
-Beh, non penso proprio abbia alcuna intenzione di riconoscerlo- proseguì ancora, con voce distante – Non mi aspetto di trovarlo fuori dalla sala parto, sempre che venga a sapere quando partorirò-.
Aveva detto chiaro e tondo all’avvocato che, date le circostanze, preferiva avere Lorenzo fuori da ogni questione. Preferiva di gran lunga non coinvolgerlo in un possibile riconoscimento, perché ragionevolmente Lorenzo aveva dimostrato solo ostilità nei suoi confronti. Del lato emotivo, in quel caso, era meglio non tenerne conto.
-Se si azzarda ad avvicinarsi è la volta buona che gli metto le mani addosso- mormorò Filippo a denti stretti, quasi lo stesse dicendo proprio al diretto interessato – Non devi preoccuparti per Lorenzo. Non si avvicinerà più né a te né al bambino-.
Le passò un braccio sulle spalle, lasciandole poi un bacio sui capelli. Giulia doveva ancora farci l’abitudine a quei piccoli gesti d’affetto, anche se pian piano stavano tornando ad essere normali tra loro, insieme ad altre cose. Dovevano ancora raggiungere altri stadi, ma pian piano ci sarebbero arrivati.
Per un po’ nessuno di loro disse nulla. Giulia continuò a bere la sua tisana, cullandosi nel contatto con il corpo di Filippo accanto al suo, sentendosi al sicuro: era piuttosto sicura che, in un modo o nell’altro, sarebbe riuscita ad affrontare anche da sola un eventuale ritorno di Lorenzo, ma con Filippo accanto si sentiva più quieta.
-E a proposito del bambino … -.
Filippo iniziò a parlare con voce esitante, e quando Giulia si voltò verso di lui lo vide mordersi il labbro inferiore, visibilmente agitato.
-C’è una cosa a cui stavo pensando già da prima che andassimo dall’avvocato. Riguardo il riconoscimento-.
Giulia aggrottò la fronte:
-Cosa?-.
Non aveva idea di cosa stesse per dirle Filippo, ed ora anche lei si sentiva un po’ agitata come lui. Ma la stretta di Filippo si fece più convinta, e la guardò in viso mentre si accingeva a parlare, dopo aver preso un respiro profondo.
-Voglio riconoscerlo-.
Filippo sembrava ancora in ansia, ma stavolta parlò con voce chiara e convinta, e Giulia sgranò gli occhi.
-Cioè, se tu sei d’accordo, ovviamente- aggiunse frettolosamente lui, subito dopo – È che … Forse non sarà mio biologicamente parlando, ma sinceramente non ci penso nemmeno a questo lato. Non mi interessa che abbia il mio sangue o meno. Sono venuto a tutte le visite, l’ho visto alle ecografie, lo sento scalciare, vedo ogni giorno quanto cresce … Non riesco a percepirlo come il figlio di qualcun altro-.
Filippo aveva parlato con voce febbrile, come se mille pensieri gli ronzassero in testa e provasse il bisogno di esprimerli tutti il prima possibile. Giulia si sentì ubriaca delle sue parole, e di un’emozione che poteva definire a metà tra la felicità, l’incredulità, e la paura.
Prima che potesse trovare anche solo una risposta da dargli, Filippo prese tra le mani il suo viso, con delicatezza:
-E poi è tuo. Basta già solo questo per farmi volere bene anche a lui-.
Giulia sentì gli occhi farsi lucidi per la commozione:
-Davvero pensi di volerlo riconoscere tu?-.
Non se lo era aspettata del tutto, anche se doveva ammettere che a volte quel pensiero l’aveva sfiorata. Era vero che il padre biologico sarebbe sempre stato Lorenzo, ma lui non c’era mai stato né per lei né per il bambino – e probabilmente sarebbe sempre stato così.
Filippo le sorrise, l’ansia che sembrava essere scomparsa:
-Se sei d’accordo anche tu, sì- le disse dolcemente – L’hai sentito, l’avvocato: sarebbe la soluzione più logica. E d’altro canto siamo ancora sposati, anche se stavamo per firmare le carte per la separazione mesi fa-.
Le accarezzò ancora le guance con i polpastrelli, e se alcune lacrime rigarono le guance di Giulia lei non se ne accorse fino a quando non lo avvertì asciugargliele.
-Voglio restarti accanto, te l’ho detto- Filippo lo disse a mezza voce, quasi temesse che qualcuno oltre a lei potesse udirlo – Questo comprende anche voler restare accanto alle bambine e al piccolo che nascerà-.
-Avevo un po’ paura di come avresti potuto vederlo- confessò Giulia, memore della promessa che si erano fatti di non tenersi nascosto più nulla – Mi solleva sapere che per te non sia diverso da Caterina e Beatrice-.
-Non lo è-.
Si avvicinò per lasciarle un bacio, stavolta sulle labbra, prima di staccarsi da lei pochi centimetri continuando a sorriderle:
-A dire il vero non vedo l’ora che nasca per conoscerlo- il sorriso si trasformò in una risata gioiosa – Finalmente avrò un altro uomo in famiglia a cui chiedere aiuto in mezzo a tre donne-.
-Scemo!- Giulia lo colpì piano ad una spalla, tenendo la tazza con una mano sola, ma stava ridendo anche lei – Sarete comunque in minoranza-.
Risero insieme ancora per qualche secondo, le difficoltà che sembravano dissiparsi almeno per quel momento. Giulia credeva che avrebbe ricordato quel momento di raggiante gioia per moltissimo tempo, come il giorno in cui, forse inconsciamente, aveva finalmente capito che Filippo sarebbe davvero rimasto – e che anche lei avrebbe fatto lo stesso.
 
Wherever you are
I know you always stay*
 
*
 
Dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di riuscire a riabituarsi alle luci stroboscopiche del Celebrità. Pietro si rese conto che quel posto gli era mancato: nelle ultime settimane non era riuscito a metterci piede nemmeno una volta, ed ora che era tornato percepiva quella contentezza per essere finalmente di ritorno in un luogo che per lui rappresentava la serenità.
Cercò di seguire la figura di Martino mentre si facevano largo tra la folla per raggiungere il bancone e ordinare qualcosa. C’era un sacco di gente, molta più del solito, ma quel particolare poteva forse imputarlo alle serate speciali dedicate al Pride che ci sarebbero state per tutto il mese di Giugno.
Quando arrivarono finalmente nei pressi del bancone, dove la calca di certo non diminuiva, Martino si girò verso di lui:
-Che te prendi?-.
-Non ho ancora deciso- replicò Pietro, facendosi un po’ più vicino a lui per riuscire a sentirlo e farsi udire meglio – C’è un po’ di gente stasera-.
-È il mese del Pride, che te aspettavi?- Martino rise – La gente ha voglia di festeggiare almeno un mese all’anno-.
Di sicuro ce l’aveva anche Martino, quella voglia di festeggiare. Quella sera aveva rispolverato i capi d’abbigliamento più colorati del suo intero armadio – e l’armadio di Martino conteneva, con ogni probabilità, ogni tonalità di colore possibile-, e il make up non era da meno: aveva sfumato diversi ombretti nei colori della bandiera gay, e aveva calcato la mano con l’illuminante sulle gote. Era sfavillante.
Proseguirono ancora un po’, fino a quando non trovarono un punto un po’ meno affollato, con due sgabelli liberi.
-A proposito de Pride … - iniziò a dire Martino, una volta seduti – Sabato prossimo ce starebbe la sfilata a Padova-.
“Lo so” avrebbe voluto dirgli Pietro, ma si trattenne. Non era del tutto sicuro di voler provare a spiegare a Martino, in mezzo a tutto quel baccano assordante, che si era interessato alla cosa solo per gusto di informazione, ma che – almeno al momento- non aveva ancora sfiorato l’idea di prendervi parte.
Cercò di sviare subito il discorso da sé:
-Tu ci vai, ovviamente-.
-Ovviamente- Martino aprì le braccia con fare ovvio, e con un sorriso immenso stampato sulle labbra – Te? Vuoi fare un salto?-.
Pietro si dette dell’idiota mentalmente: era ovvio che Martino glielo avrebbe domandato comunque.
-Non lo so- fece, timidamente – Forse vado dai bambini-.
Non era una bugia, tutt’altro, ma era anche vero che se avesse saltato quel sabato di sicuro Giada non avrebbe avuto nulla in contrario nell’ospitarlo un qualche altro giorno. Ma doveva ancora arrivare al livello in cui si sarebbe sentito del tutto a suo agio anche ad un Pride, e quindi non aggiunse nient’altro.
Martino alzò le spalle:
-Peccato, potevi portacce Alessio-.
A quella frase Pietro ringraziò di non star bevendo nulla, o si sarebbe sicuramente strozzato.
-Che?-.
Martino lo guardò maliziosamente:
-Massì, che c’è de male?- gli disse, con tutta la tranquillità del mondo – Siete entrambi appartenenti alla comunità, quindi avete ogni motivo pe’ venicce-.
Pietro dovette ammettere che, in fin dei conti, il ragionamento non faceva una piega.
-Adesso che sei out potevi invitarlo- proseguì Martino, dandogli una gomitata su un fianco – Magari era la volta buona che concludevi-.
Pietro lo guardò con tutto lo scetticismo che gli era possibile:
-Come no-.
La sua mente, però, stava già viaggiando, creando uno scenario simile a quello prospettato da Martino – magari non nella parte finale, ma in tutto il resto sì. Forse Alessio lo avrebbe anche accompagnato, se glielo avesse chiesto. Avrebbero camminato per Padova senza sentirsi in difetto, in mezzo a tantissime altre persone che condividevano con loro qualcosa, per un pomeriggio intero.
Ma per invitarlo gli sarebbe servita già una bella dose di coraggio … Non osava neanche immaginare cosa gli sarebbe servito per flirtare – figuriamoci baciare- con Alessio.
-Embè, guarda che il Pride ispira un sacco- proseguì ancora Martino – Ci andavate, sfilavate, e vedevi come concludevate la sera stessa-.
Pietro non disse nulla. Martino era sempre stato un po’ troppo ottimista, al contrario suo, anche se doveva ammettere che il più delle volte ci vedeva davvero lungo.
Sperò che un barista si presentasse nella loro zona del bancone il prima possibile, perché doveva affogare quei dubbi e quei pensieri in qualcosa da bere il prima possibile.
-Che poi me li dovrai presentà i tuoi amici, prima o poi- udì Martino parlare – Ormai son curioso di conoscerli sul serio, dopo tutto il parlare che fai di loro-.
Pietro alzò le spalle:
-Magari prima o poi capiterà. Se prometti di tenere la bocca chiusa con Alessio-.
Cercò di ricreare uno scenario simile: gli amici di una vita che conoscevano Martino. Alessio che conosceva Martino. Era un evento che poteva andare solo in due modi: o molto bene o malissimo. Nessuna via di mezzo possibile.
-Senti, io intanto sarei bravissimo a buttare qualcosina qua e là pe’ fargli capire un po’ di cose- Martino gli fece l’occhiolino – Dovresti sfruttare questa mia capacità da mediatore, altroché tenere la bocca chiusa-.
-Certo, come minimo andresti da lui a chiedergli se gli andrebbe di passare la notte con me- gli fece notare Pietro con ironia, piuttosto convinto che di ironico in realtà non ci fosse nulla: era del tutto sicuro che sarebbe andata proprio così. Magari Martino non lo avrebbe chiesto in maniera del tutto esplicita, ma in un modo o nell’altro l’avrebbe sottinteso.
Martino, di tutta risposta, gli sorrise candidamente:
-Nah, gli chiederei se sarebbe disposto a concederti almeno un primo appuntamento. Secondo me te … -.
Pietro lo vide sussultare per la sorpresa quando, del tutto inavvertitamente, gli si era avvicinato un altro ragazzo, sbattendogli una mano su una spalla come se lo conoscesse da sempre. Pietro non si era nemmeno accorto del suo avvicinarsi, troppo concentrato nel cercare di udire le parole di Martino, e ostacolato dalle luci che non aiutavano certo a vederci bene.
Non fece in tempo a domandarsi chi fosse il nuovo arrivato, che fu proprio lui a chiarirlo, mentre si rivolgeva a Martino:
-Ciao, coinquilino- disse lo sconosciuto, dopo che Martino si era voltato verso di lui – Ci si rivede anche qui-.
Era evidente che si conoscessero, ponderò Pietro: dopo che Martino l’aveva visto in viso si era notevolmente rilassato, come se dopo lo spavento iniziale per essere toccato senza preavviso si fosse tranquillizzato all’istante, nello scoprire che, in fin dei conti, non era il primo venuto.
-Ciao anche a te, Trevisan- gli rispose, con un’occhiata vagamente annoiata, piuttosto contrastante con il sorriso malizioso che l’altro, il suo coinquilino, gli stava riservando.
Pietro cercò di fare mente locale, ma non ricordava che Martino gli avesse mai parlato delle altre persone con cui condivideva l’appartamento a Mestre, e se l’aveva fatto erano state evidentemente osservazioni di poco conto.
Smise di pensarci quando notò lo sguardo dell’altro vagare sulla sua figura, uno sguardo piuttosto poco fraintendibile nelle iridi.
-Già trovato compagnia?- disse il ragazzo, rivolgendosi a Martino ma allo stesso tempo senza staccare gli occhi da Pietro – Non è affatto male-.
Lo aveva detto passandosi la lingua sulle labbra, e Pietro si sentì quasi messo a nudo dai suoi occhi. Dentro al Celebrità non riusciva a distinguerne benissimo i lineamenti, ma ad occhio e croce doveva avere all’incirca l’età di Martino. Era anche un po’ più basso di lui, e con capelli molto scuri che gli incorniciavano il viso allungato.
-Sono solo un amico- bofonchiò Pietro, preso totalmente alla sprovvista da quel flirting per niente sottinteso.
-Davvero?- fece l’altro, alzando le sopracciglia con aria sorpresa, e allungandogli la mano destra qualche secondo dopo – Piacere, Dario-.
-Pietro-.
Gli strinse la mano per pochi secondi, e gli parve quasi che persino la stretta di Dario fosse lasciva e languida come la sua espressione.
-Pietro … - lo sentì ripetere – Ti si addice-.
Martino sbuffò sonoramente, scuotendo il capo e roteando gli occhi al cielo. Doveva aver visto mille altre volte il suo coinquilino provarci con qualcuno a quel modo.
Dario non si fece distrarre:
-Hai qualcosa in programma per stasera, Pietro?- gli chiese, avvicinandoglisi in un movimento fluido e veloce, ed ora che lo aveva vicino Pietro notò che doveva avere gli occhi chiari, verdi o azzurri – Perché se non ce l’hai, posso proporti qualcosa io … -.
Pietro aveva una mezza idea di cosa gli avrebbe proposto, e per un mezzo secondo ebbe quasi la tentazione di accettare per vedere se Dario avrebbe davvero mantenuto quell’aura da predatore che aveva in quel momento. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, però, Martino si mise di nuovo in mezzo:
-Alt, fermo qua- esclamò, tirandosi nuovamente in piedi e prendendo per un braccio Dario per trascinarlo qualche passo più indietro – Stavamo parlando, e dobbiamo ancora finire. Vai a far cadere ai tuoi piedi qualcun altro-.
Dario non sembrò affatto turbato, lanciandogli invece un ghigno beffardo:
-Geloso?-.
Martino non demorse: ricambiò con un sorriso altrettanto malizioso.
-No, è che c’abbiamo da fa’-.
Pietro osservò quel siparietto piuttosto divertito. Non aveva la minima idea del rapporto che potesse intercorrere tra i due coinquilini, ma di certo c’era un po’ di aria di sfida. Non del tutto malevola, ma c’era comunque competizione.
Dario sospirò sconsolato, in maniera teatrale, prima di girarsi ancora una volta verso Pietro:
-Come non detto. Sarà per la prossima volta- disse semplicemente. E poi, come era comparso, se ne andò, non prima però di passargli di fianco e lanciandogli un bacio nell’aria.
-E quando rientri a casa non fare troppo casino, eh!- gli urlò dietro Martino per riuscire a farsi sentire, quando ormai Dario era quasi fuori dal loro raggio. Probabilmente non lo riuscì a sentire.
-Sempre se rientra- bofonchiò tra sé e sé Martino, scuotendo il capo. Si rimise a sedere come se nulla fosse stato, i gomiti appoggiati sul bancone e gli occhi che si spostavano in cerca di un barman.
-Ho capito male o è il tuo coinquilino?- gli chiese Pietro, pur aspettandosi già quale sarebbe stata la risposta, piuttosto ovvia.
-Il mio coinquilino in persona-.
-Non sei stato un po’ troppo brusco?- gli chiese ancora – Voglio dire, potevo farcela da solo a dirgli che non ero interessato-.
Lo disse anche se una minima parte di sé gli fece venire qualche dubbio, perché Dario nonostante tutto non gli era sembrato affatto male, e il sesso gli mancava. E Alessio, in qualsiasi caso, era distante esattamente quanto prima del suo coming out. Una notte un po’ diversa dal solito non avrebbe cambiato granché le cose.
-Forse sarebbe riuscito a farti cambiare idea, e non so quanto sarebbe stata una buona cosa- Martino parlò dopo diversi secondi di silenzio, finalmente voltandosi verso di lui – Non fraintendere, non è una cattiva persona. Ma è un po’ ambiguo, certe volte … Non è né carne né pesce. E poi comunque avrebbe cercato solo un’avventura di una notte da te. Non credo gli interessino le relazioni serie-.
Pietro alzò le spalle:
-Neanche io avrei voluto qualcosa di serio. Non con lui, almeno- ammise.
Quasi come avesse ricevuto un colpo di genio, gli occhi di Martino tornarono a brillare di vivacità:
-Daje, a proposito … - iniziò a dire, sghignazzando ancor prima di finire di parlare – Quando m’hai detto che me lo presenti Alessio?-.
Pietro un po’ rimpianse che Dario se ne fosse già andato chissà dove.
 
*
 
Si passò una mano sul viso, il sudore appiccicato alla pelle che cominciava seriamente a dargli fastidio. Pietro detestava parecchio l’umidità e l’afa che si cominciava a respirare a Venezia quando non era ancora piena estate. L’unico lato positivo era che era facile trovare ristoro nell’ombra proiettata dai palazzi sulle calli, evitandogli di dover camminare proprio sotto il sole della sera.
-Dimmi almeno che ne varrà la pena- brontolò rivolto a Martino, che gli stava camminando a fianco. Per una volta aveva scelto un outfit piuttosto sobrio – fin troppo per lui, tanto che Pietro aveva quasi stentato a riconoscerlo quando se l’era ritrovato davanti la porta di casa sua, poco prima-, e niente make up sul viso. Qualcosa gli faceva supporre che si fosse dovuto preparare in fretta e furia, rinunciando al suo stile appariscente.
-Se me stai chiedendo se è un film decente, me sa che lo scopriremo solo dopo- Martino lo disse con sarcasmo evidente, per niente preoccupato dai possibili risvolti.
-Comincio a pensare che ci fosse un motivo se nessuno voleva venire con te-.
Pietro se lo stava cominciando a chiedere sul serio come mai, tra tutti gli amici che Martino sembrava avere, nessuno aveva accettato la sua proposta di andare a vedere il film – di cui Pietro nemmeno ricordava il titolo- di un qualche regista coreano che usciva quella sera nei cinema. Era probabile che nessuno si fosse fatto ingannare dagli occhi dolci e innocenti con cui Martino aveva invece convinto lui.
Iniziava anche a pentirsi del cinema dove si stavano dirigendo, perché la zona in cui stavano camminando ora era quella dove si trovava casa di Alessio, oltre che a quella di Giulia e Filippo. Era un’ora in cui Pietro non si sarebbe aspettato di trovarli in giro, probabilmente ancora di ritorno dopo aver staccato dal lavoro, ma si sarebbe sentito tranquillo solo una volta arrivati a destinazione.
-Lo vedremo, lo vedremo- gli rispose Martino – Magari poi sei tu che uscirai dal cinema tutto esaltato-.
Pietro fece per rispondere, ma qualcun altro parlò al posto suo, e con enorme terrore ebbe solo qualche secondo per rendersi conto che non era stato Martino a interromperlo.
-Pietro!-.
Sarebbe potuto essere un altro Pietro la persona appena chiamata, ma dubitava che una simile coincidenza potesse accadere sul serio. E poi, manco a dirlo, quella che aveva appena udito era una voce che conosceva fin troppo bene. E della persona che aveva sperato fino all’ultimo di non incrociare proprio in quel momento.
Quando si voltò non poté nemmeno dirsi stupito di riconoscere subito Alessio. Era davanti al portone del suo palazzo, che Pietro e Martino avevano superato da qualche metro – segno che Alessio doveva aver camminato dietro di loro per un po’ di minuti prima di riconoscerlo.
Pietro non ebbe altra scelta che avvicinarsi di nuovo a lui, sperare di non apparire troppo agitato, e soprattutto augurarsi che Martino tenesse la bocca chiusa. Quella era la cosa su cui era più insicuro, perché era piuttosto certo che non appena si sarebbe reso conto di chi avevano incrociato non si sarebbe più trattenuto dall’entusiasmo.
-Ehi- Pietro lo salutò con finta indifferenza – Sei già rientrato dal lavoro?-.
“L’unica volta in cui non dovevi tornare in anticipo a casa”.
Alessio aveva l’aria un po’ stanca, ma Pietro dovette ammettere a se stesso che la camicia bianca che indossava, con le maniche arrotolate fino al gomito, gli stava davvero bene. Fin troppo.
E quei pantaloni scuri e attillati che gli fasciavano le gambe e …
-Sì, è stata una giornata tranquilla oggi- Alessio interruppe il suo flusso di pensieri, lanciandogli un sorrisetto divertito – E comunque anche tu evidentemente non ti stai trattenendo in redazione per gli straordinari-.
Pietro non stava guardando Martino, ma percepiva la sua presenza a pochi passi da lui, un po’ più indietro. Sembrava essersi tenuto in disparte, ma era impossibile continuare a fare finta di nulla, come se Alessio non stesse dirigendo lo sguardo proprio su di lui prima di tornare a guardare Pietro.
-Già- fece lui, sentendo già l’imbarazzo crescere – Stavo accompagnando un amico a vedere un film-.
Sperò che Alessio non fraintendesse quella definizione che aveva dato di Martino.
“Ci manca solo che creda che sto pure frequentando qualcuno, e poi mi sono giocato qualsiasi chance”.
Non passarono che pochi attimi prima che Martino si facesse avanti, molto meno baldanzoso del solito, ma ugualmente sciolto. Tese una mano verso Alessio con un sorriso affabile stampato in viso:
-Martino, piacere-.
-Alessio- gli rispose, con un sorriso di cortesia misto a curiosità, stringendogli brevemente la mano.
Quel che preoccupò Pietro – molto più della situazione paradossale alla quale stava assistendo, con due mondi che si stavano finalmente incontrando- fu l’espressione di totale sorpresa ed ardente consapevolezza che si dipinse sul viso di Martino non appena Alessio aveva detto il suo nome.
-Ah, quell’Alessio- Martino non riuscì a trattenersi nemmeno per un minuto, girandosi verso Pietro per tirargli una gomitata, prima di tornare a rivolgersi ad un Alessio con gli occhi sgranati – Ho sentito molto parlare di te-.
Pietro dovette faticare parecchio per trattenersi dal saltargli addosso e strozzarlo subito.
Alessio si rivolse direttamente a lui, con occhi stupiti:
-Non sono proprio sicuro di voler sapere cosa dici in giro di me-.
“Solo che sono innamorato perso”.
Sperò che non glielo dicesse Martino.
-Chiedi e ti sarà rivelato- lo sentì dire invece, e sebbene non fosse esattamente l’idea che aveva Pietro di risposta senza doppi significati, era comunque una risposta più semplice di quella che aveva pensato lui stesso. Martino rimaneva comunque non affidabile, ed era decisamente giunta l’ora di andarsene.
-Non eravamo in ritardo?- gli chiese, ben consapevole di star arrossendo.
-Embè, un attimo- il sorriso astuto di Martino non lo rassicurò affatto – Ho appena incontrato qualcuno di cui parli sempre. Ora sono curioso-.
“Cazzo”.
Ma prima che potesse anche solo trascinare platealmente Martino il più distante possibile da Alessio, lo osservò mentre gli si rivolgeva nuovamente, con imbarazzo alcuno, come se fosse un vecchio amico che conosceva da una vita intera:
-Non è che sei libero venerdì sera?-.
Fu una domanda talmente improvvisa che Pietro sgranò gli occhi, ed Alessio li strabuzzò.
-Cosa?-.
Martino lo guardò con carisma:
-Noi pensavamo di andare a bere qualcosa da qualche parte, però in due è un po’ un mortorio-.
Non era affatto vero che avessero organizzato una cosa simile quel venerdì sera, ed era evidente che Martino si fosse fatto venire in mente quell’idea su due piedi, solo per avere una scusa per avere Alessio a portata di mano. Pietro aveva davvero voglia di farlo finire all’altro mondo.
-Vieni con noi, no?-.
-Non sentirti in obbligo- Pietro lo disse velocemente, sperando che Alessio mangiasse la foglia. Il risultato, però, fu l’esatto contrario.
-No?- Alessio lo guardò sospettoso, e forse Pietro l’aveva decisamente sottovalutato – Però in effetti venerdì sera non ho niente da fare-.
Pietro quasi pensò che si fossero alleati telepaticamente contro di lui.
-Fatta!- Martino esultò quasi come avesse appena vinto qualche medaglia d’oro – Così me piaci-.
L’unico pensiero che riuscì a formulare Pietro in quel momento, sotto lo sguardo indecifrabile di Alessio e quello trionfante di Martino, fu che era inevitabilmente, incredibilmente, assolutamente fottuto.
 
*
 
Non c’era dubbio alcuno che fosse lui il primo ad essere arrivato a destinazione. Pietro si guardò attorno ancora una volta, ma sapeva già che non avrebbe trovato né Martino e – gli faceva ancora così strano anche solo pensarlo, figurarsi viverlo- né Alessio.
Almeno il posto in cui stare per quella sera aveva potuto deciderlo lui, scrivendo ad entrambi l’ora e di incontrarsi davanti all’entrata del locale. Pietro era andato sul sicuro: la scelta era ricaduta sul bar dove lui ed Alice avevano parlato sei mesi prima, e dove era già tornato un altro paio di volte. Gli era rimasta impressa l’atmosfera soffusa e calma di quel luogo, la musica jazz in sottofondo che di certo dava un tocco in più. Era piuttosto sicuro che Alessio l’avrebbe apprezzato, e anche Martino vi avrebbe trovato dei lati positivi.
E ora che lui era arrivato non gli rimaneva altro che aspettare.
Tirò fuori nervosamente dalla tasca dei pantaloni il cellulare, ma nessun messaggio gli era arrivato. In compenso, però, si rese conto di essere davvero troppo in anticipo per poter dire che fossero Alessio e Martino ad essere in ritardo. L’agitazione aveva avuto il suo grande ruolo nel farlo uscire di casa un’ora prima dell’orario stabilito per il ritrovo.
Per un attimo provò ad immaginare come sarebbe stato se, oltre a loro due, avesse dovuto attendere anche Filippo e Nicola. Aveva provato a convincerli ad unirsi – omettendo il vero motivo per il quale avrebbe voluto averli lì, ovvero cercare di attenuare i guai che Martino avrebbe sicuramente causato-, ma le risposte erano state altamente deludenti: se aveva potuto giustificare Filippo per aver rifiutato per rimanere a casa con Giulia e le figlie, un po’ aveva ancora il nervoso per Nicola. Lui, in maniera estremamente chiara e candida come se fosse la cosa più naturale del mondo, non aveva nemmeno provato ad inventarsi una scusa per non esserci: gli aveva direttamente detto che non aveva voglia di uscire.
Spostò il proprio peso da una gamba all’altra ancora per qualche minuto, l’ansia che lo attanagliava alla bocca dello stomaco tanto che sentiva la nausea farsi strada. Fu quando stava per ricontrollare nuovamente l’ora sul cellulare che intravide, con la coda dell’occhio, una figura famigliare che si stava avvicinando a lui.
-Ehi- prima che potesse essere Pietro a dire qualcosa, fu Alessio a salutarlo, quando arrivò ad affiancarlo dopo pochi secondi – Sei qui da tanto?-.
Pietro avvertì il profumo che doveva essersi spruzzato addosso, ancor prima di poterlo osservare per bene. Alessio sembrava essersi tirato a lucido, e per qualche secondo, con quella consapevolezza, Pietro trovò difficile anche solo mettere insieme due parole.
-No, non esattamente- gracchiò a fatica.
Alessio sembrò non farci caso:
-Il tuo amico?-.
-Deve ancora arrivare-.
Di nuovo, per l’ennesima volta in quei due giorni che avevano preceduto quella serata, Pietro non poté fare a meno di chiedersi come mai Alessio avesse accettato la proposta di uscire di un perfetto sconosciuto. Non sarebbero certo stati soli lui e Martino, e Pietro era un tramite che di certo non aveva ignorato, ma continuava a sfuggirgli la ragione che l’aveva spinto a venire.
Quel dubbio lasciò pian piano spazio ad altro, mentre studiava meglio Alessio. Aveva sicuramente valutato accuratamente come vestirsi, su quello Pietro non aveva alcuna incertezza: la camicia blu gli risaltava il colore degli occhi, e di certo anche le gambe erano ben evidenziate dai pantaloni scuri che aveva abbinato, non eccessivamente aderenti ma che non lasciavano nemmeno troppo alla fantasia. Aveva persino messo un orecchino d’argento al lobo sinistro.
Era incredibilmente attraente, e Pietro arrossì non appena si rese conto che ora Alessio lo stava fissando di rimando, con un sopracciglio alzato.
-Stai … - bofonchiò di nuovo, improvvisando e cercando di schiarirsi la voce – Bene. La camicia ti sta bene-.
-Grazie- Alessio arrossì a sua volta – È nuova, anche se in realtà l’ho comprata un po’ di mesi fa. Ma è la prima volta che la indosso-.
“Hai scelto la serata giusta”.
Pietro annuì, senza sapere bene cosa dire. Era una delle rare volte in cui si trovava davvero senza parole in compagnia di Alessio, ma si rese conto che quegli strani silenzi pieni di tensione stavano aumentando da dopo il suo coming out.
Non era una tensione negativa, tutt’altro, ma non avrebbe saputo bene come poterla descrivere. Una tensione che provava ogni volta che Alessio lo teneva osservato, soprattutto nei momenti in cui credeva che Pietro non se ne sarebbe accorto. In quel momento, invece, non stava affatto nascondendo la lunga occhiata che gli stava riservando.
-Anche tu stai bene, comunque- gli disse dopo un po’, con un mezzo sorriso – Il nero ti dona sempre-.
-Ho messo la prima cosa che mi è capitata sotto tiro- minimizzò Pietro, anche se non era del tutto vero. Alessio aveva sicuramente posto attenzione al suo abbigliamento, ma pure lui non era stato da meno.
Lo ascoltò ridere, e Pietro si sentì debole già così, già solo udendo il suono cristallino della sua risata.
-La fortuna di essere belli in partenza- fu il commento di Alessio qualche secondo dopo.
Pietro ebbe la netta sensazione di essere diventato completamente rosso in viso – e cercò di non fare caso, di nuovo, al fatto che quel genere di complimenti e osservazioni erano in un qualche modo più presenti negli ultimi mesi.
Un po’ gli venne da ridere – per non piangere direttamente- al pensiero di come sarebbe stato di lì a poco, quando li avrebbe raggiunti Martino, e quegli scambi sarebbero stati testimoniati da lui in persona. Già lo sentiva fargli un intero resoconto la prima volta che si sarebbero visti da soli dopo quella serata.
-Ti è caduta una ciglia-.
La voce di Alessio lo distrasse ancora una volta da quei pensieri. Gli stava puntando un dito nella direzione del viso in cui doveva essere finita la ciglia incriminata, ma Pietro, pur portandosi una mano sulla guancia indicata, non sembrò individuarla.
-Dove?- gli chiese.
-Aspetta-.
Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Alessio prese in mano la situazione: si girò completamente verso di lui, avvicinandoglisi, e allungando in paio di dita verso il suo viso.
-Sta fermo- gli mormorò, la voce a malapena udibile, e Pietro che sarebbe rimasto immobile in qualsiasi caso, la distanza tra loro davvero annullata. Avvertì i polpastrelli di Alessio accarezzargli la guancia, poco sotto l’occhio destro, e ne inspirò anche il profumo, molto più forte ora che lui gli era ancor più vicino, e avvertì sulla sua pelle anche il suo respiro caldo.
-Eccola-.
Anche se Alessio l’aveva appena detto, e aveva spostato anche le proprie dita, non si era fatto indietro. Erano ancora a meno di venti centimetri di distanza, e Pietro rimase imbambolato così. Gli sarebbe bastato così poco allungarsi per baciarlo: meno di tre secondi, la distanza di un respiro, e avrebbe scoperto se Alessio lo avrebbe ricambiato o meno.
La cosa che lo sorprese, sebbene non avesse alcuna certezza che non fosse solo una sua impressione ma qualcosa di concreto, era che Alessio gli sembrava del tutto non intenzionato a scostarsi.
-Bonsoir-.
Quando Pietro udì quella voce iniziò a sudare freddo. Non aveva calcolato di farsi beccare da Martino in quello stato, ma era ciò che era appena successo: si voltò lentamente, e davanti a sé vi trovò proprio Martino in persona, che stava visibilmente ridendo sotto i baffi, con una punta di malizia mista a divertimento puro nello sguardo.
-Ho interrotto qualcosa?- chiese subito dopo, senza nemmeno dar il tempo a lui ed Alessio di salutarlo di rimando.
E Pietro, stavolta, fu altrettanto svelto:
-No- disse con voce ferma, forse un po’ troppo brusco, prima di tirare un lungo sospiro – Entriamo, va’-.
Anche se dette loro le spalle subito dopo, diretto all’ingresso del locale, Pietro fu sicuro di tre cose: che Alessio aveva piantato gli occhi sulla sua schiena, che Martino stava ancora sghignazzando, e che non c’erano premesse a fargli credere che durante quella serata non sarebbe successo un autentico casino. 
 
*
 
-Davvero bono, ‘sto cocktail- Martino si rigirò il lungo bicchiere trasparente tra le mani, quasi a studiare ogni sfumatura del liquido, prima di alzare gli occhi su Pietro – Com’è che l’hai trovato sto posto?-.
-C’ero già stato mesi fa- rispose vagamente lui, che ancora non aveva toccato la sua birra. Doveva ancora realizzare del tutto la situazione in cui si trovava, prima di poter bere anche solo un goccio d’alcool.
Le loro ordinazioni erano arrivate da un paio di minuti, un tempo decisamente più ristretto rispetto a quello che ci era voluto loro per decidere cosa prendere e poi aspettare dopo che la cameriera si era allontanata dal loro tavolo.
-Ce li hai diciotto anni, vero?- Alessio lo chiese guardando Martino con occhio critico, come se quel dubbio gli fosse appena sorto. In effetti, pensò Pietro, poteva essere legittimo: sotto il disegno intricato del trucco il viso di Martino appariva ancora molto giovanile, come se fosse appena uscito dall’adolescenza.
-Li porto alla grande, ve’?- replicò il diretto interessato, con un sorriso compiaciuto – Comunque certo, ne ho venticinque-.
Alessio sembrò tirare un sospiro di sollievo tra sé e sé. Era stata una delle tante interazioni tra loro due a cui Pietro aveva assistito negli ultimi venti minuti, da quando erano entrati ed avevano presto posto a quel tavolino rotondo a metà sala. Il bar a quell’ora non era ancora così pieno come probabilmente sarebbe stato di lì a un’ora, e la musica ancora proveniva unicamente dalla radio e non dal vivo come sarebbe accaduto più tardi: non serviva alzare la voce per parlare, e a Martino non serviva certo sforzarsi per trovare qualcosa da dire ad ogni secondo.
A Pietro non era rimasto che guardare la scena più improbabile che gli si prospettava davanti in quel momento: Alessio che chiacchierava con Martino, del più e del meno, scambiandosi quelle informazioni iniziali che finiscono sempre per essere dette ai primi incontri tanto per spezzare il ghiaccio, il tutto con molta più naturalezza di quel che si sarebbe aspettato.
-Me so’ persino laureato a marzo, cosa da non credere-.
Alessio alzò un sopracciglio, mentre finiva di sorseggiare il suo Cosmopolitan:
-In cosa?-.
-Architettura- rispose prontamente Martino. Per quella sera non si era minimamente trattenuto con il make up – c’erano sfumature d’oro e viola sulle sue palpebre, ed anche una scia d’illuminante sugli zigomi-, ma Alessio non aveva battuto ciglio neanche per i primi secondi in cui l’aveva sicuramente notato.
-Non mi era ancora capitato di trovare un romano in giro per Venezia- commentò Alessio con leggerezza, dopo qualche secondo di silenzio.
-Ce sta sempre ‘na prima volta per tutto, no?- rise sommessamente Martino – Voi due invece siete andati alla stessa facoltà-.
Non era una domanda, per niente, e Alessio stava ascoltando troppo attentamente per non rendersene conto. Pietro lo vide voltarsi verso di lui con un sorriso indecifrabile sulle labbra, prima di tornare a rivolgersi a Martino:
-Che altro ti ha detto di me?-.
Il battito del cuore di Pietro accelerò all’istante, perché quella era la domanda perfetta per Martino per lanciare qualche amo decisamente di troppo.
E lo sguardo a tratti beffardo di Martino gli fece temere parecchio il momento in cui aprì bocca:
-Oh, sapessi … - cantilenò, con fare fintamente innocente – Diverse cose. Mi stavi già simpatico prima, però devo dire che dal vivo è ‘nartra cosa-.
Pietro roteò gli occhi al cielo, prima di dire direttamente ad Alessio:
-Non gli ho detto nulla di che-.
Era una bugia spudorata, e ne era perfettamente consapevole, ma doveva cercare di fare qualcosa per salvare almeno un po’ la faccia.
Alessio sembrò crederci – o almeno fu quello che presunse Pietro nel vederlo silenzioso-, ma non gli sfuggì lo sguardo piuttosto divertito di Martino. Lo guardò il più malamente possibile, come già ad anticipargli tutti gli epiteti poco carini che gli avrebbe rivolto alla prima occasione in cui sarebbero stati soli.
-Ma com’è che vi siete conosciuti?-.
Il silenzio era durato troppo poco, perché Alessio era tornato a parlare, ponendo di nuovo una delle domande peggiori che gli potessero venire in mente. Pietro sbiancò all’istante.
-Siamo … - iniziò a dire, balbettando perché non gli stava venendo in mente nulla di convincente – Colleghi-.
Ma prima che potesse spiegare meglio quella nuova bugia, Martino lo interruppe:
-In un locale gay-.
Pietro prese in seria considerazione l’idea di andare a cercare una pala e sotterrarsi direttamente appena fuori dal bar.
Non ebbe nemmeno il coraggio di alzare gli occhi su Alessio, anche se non lo udì commentare in alcun modo.
-Il Celebrità, presente? Sta a Mestre- sciorinò Martino, del tutto a suo agio – Discreto come posto, si beve bene, se hai culo incontri anche qualcuno non troppo male… -.
-Siamo solo amici- disse Pietro, con voce ferma.
C’era qualcosa in lui che lo spingeva tremendamente a voler spazzare via ogni sospetto che Alessio potesse avere su di lui e Martino. L’ultima cosa che voleva era che credesse che stessero insieme, che lui fosse impegnato con qualcuno.
Non si era ancora voltato verso Alessio, ma sentiva il peso del suo sguardo addosso.
Martino, invece, accolse quella sua precisazione con una certa nonchalance:
-Meglio specificare, eh?- gli disse, con un sorriso eloquente.
Pietro scostò lo sguardo, ponendolo finalmente su Alessio, che sospirò, la fronte corrugata:
-Non ho presente il posto- ammise – Non ho mai frequentato gay bar, in effetti-.
-Beh, potresti venicce, allora- Martino colse subito la palla al balzo – C’è … -.
-Una prima volta per tutto- concluse per lui Alessio, con un mezzo sorriso.
-Esatto-.
Pietro si sarebbe aspettato qualche altro commento tra di loro, ma quel che fece Alessio un po’ lo colse di sorpresa: lo vide girarsi nella sua direzione, con lo stesso mezzo sorriso un po’ enigmatico, e con gli occhi azzurri che lo tenevano fisso.
-Non mi hai mai invitato-.
-Non pensavo fossi interessato- mormorò Pietro, ancora spiazzato.
Avvertì Martino tirargli una gomitata sul braccio, con fare giocoso.
-Forse lo è-.
Pietro lo ignorò del tutto, continuando a rivolgersi ad Alessio con fare esitante:
-Non ci hai mai messo piede, d’altro canto-.
Alessio alzò le spalle:
-Forse dovrei fare nuove esperienze-.
Pietro se lo immaginò durante un sabato sera qualsiasi, al Celebrità, con la camicia che portava quella stessa serata addosso, la pelle leggermente sudata per il caldo, e il sorriso che gli rivolgeva ogni volta. Forse sarebbe stata la volta buona che non si sarebbe trattenuto dal baciarlo.
-Che carini che siete. Vi punzecchiate come una vecchia coppia sposata-.
Quando si voltò lentamente verso Martino, le immagini appena create dalla sua mente che svanivano per lasciar di nuovo posto alla realtà, Pietro provò davvero una gran voglia di strozzarlo.
In compenso, Martino lo guardò con ancor più divertimento negli occhi verdi:
-Sareste davvero una gran bella coppietta-.
Si chiese, in un momento di totale astrazione, se Martino gli ricordava così tanto la possibile versione maschile di Giulia anche prima di quella sera.
 


-Un altro giro?-.
Martino li guardò entrambi con sguardo interrogativo, gli occhi già più lucidi rispetto a prima. Era sempre piuttosto resistente all’alcool, ma Pietro sapeva che quello era il primo segno che lo avrebbe portato ad essere almeno un po’ brillo.
Alessio fu il primo a scuotere il capo:
-Se bevo ancora qualcos’altro finisco per non arrivare a casa intero-.
Era passata circa un’altra ora da quella prima mezz’ora stentata in cui Pietro era rimasto in attesa di scoprire le mosse di Martino. Nel bar avevano cominciato a suonare dal vivo – una band jazz di tre componenti, sui quali le luci, altrimenti soffuse nel resto del locale, erano puntate per renderli visibili al pubblico-, e al loro tavolo le cose avevano raggiunto un certo equilibrio. Pietro era quasi sicuro del fatto che, in realtà, Alessio avesse preso in simpatia Martino: lo reputava sufficientemente a suo agio nel parlargli, e non evitava mai la conversazione con lui.
Non era stato del tutto sicuro che potessero essere personalità compatibili, ma a quanto pareva era stato fin troppo pessimista.
-Se vuoi poi ti accompagno- disse rivolto ad Alessio – O puoi fermarti da me. Abito più vicino-.
Si era fidato troppo di Martino – o forse l’alcool cominciava a togliere ogni freno che si era posto in quell’ultima ora-, evidentemente, perché il fischio che partì da lui dopo le sue parole non poteva essere casuale.
-Che cavaliere. Fossi in te accetterei la proposta-.
Pietro ignorò quell’ennesimo commento che, però, fece sorridere sotto i baffi Alessio.
-Vediamo quanto bene camminerò- replicò quest’ultimo, allungandosi verso il tavolo per potersi appoggiare con entrambi i gomiti.
Pietro non insistette. Non aveva avuto alcun secondo fine nel proporre ad Alessio di fermarsi da lui, se non quello di facilitargli al meglio il ritorno a casa, ma se Alessio pensava di farcela a camminare non poteva certo impedirglielo.
Il secondo fischio che fece partire Martino, stavolta, non era rivolto a loro due: quando Pietro si voltò, già sulla difensiva e pronto a farlo tacere, lo vide girato verso la bassa pedana dove stava la band.
-Ehi, ma il batterista è veramente bono- Martino commentò con un’espressione davvero colpita – Un bono da paura-.
-Non è male, ma non è il mio tipo-.
Con un sopracciglio alzato e qualcosa che gli si rimescolava dentro che sembrava molto gelosia, Pietro si girò a guardare Alessio: l’aveva detto con totale noncuranza, come se stesse commentando il nuovo copriletto comprato all’Ikea.
-Da quand’è che hai un tipo?- gli chiese, più acidamente di quanto si aspettasse.
Alessio alzò le spalle:
-È una frase fatta, Pietro- iniziò a dire, vagamente esitante – Era per dire che per quanto possa essere carino, non mi attrae-.
Martino non si tenne fuori nemmeno da quella conversazione che, fosse stato per Pietro, sarebbe finita anche solo così:
-E se dovessi immaginare il tuo tipo ideale come sarebbe?-.
Alessio lo guardò con occhi sgranati, forse non aspettandosi del tutto una domanda simile. Per un attimo fugace spostò gli occhi su Pietro, ma il secondo dopo erano già tornati su Martino, con la stessa espressione di sorpresa.
-Non lo so, non ci ho mai pensato- Alessio stava farfugliando, per la prima volta in tutta la serata. Pietro era piuttosto certo che, se solo le luci fossero state più luminose e non li avessero lasciati nella penombra, avrebbe visto Alessio completamente rosso in viso.
-Forse … -.
Alessio sembrava star pensando davvero ad una risposta da dare, e stavolta fu Pietro ad essere preso contropiede. Non si era aspettato che provasse davvero a rispondere ad una domanda così idiota, che Martino gli aveva posto sicuramente per lanciare l’ennesima frecciatina ad entrambi.
-Boh, forse preferisco i mori. Occhi scuri- Alessio rise nervosamente, stringendosi nelle spalle. Anche Martino rise sommessamente, ma l’occhiata che Pietro si vide lanciare non passò inosservata.
Alessio rimase in silenzio per qualche secondo, lo sguardo vacuo, prima di tornare con gli occhi su Martino, ancora esitante ma forse più sincero:
-In realtà non mi interessa molto dell’aspetto esteriore- si interruppe come se stesse riflettendo ancora, sospirando – Credo che vorrei solo qualcuno che mi vedesse per quel che sono. Qualcuno di gentile, premuroso, che mi faccia riflettere anche su me stesso … Che prima ancora di essere il mio amante sia mio amico-.
Pietro si era ritrovato inconsciamente ad abbassare gli occhi per tutto il tempo – erano stati pochi secondi, a malapena un minuto, ma a lui era sembrata un’eternità intera- che Alessio aveva parlato. Aveva preferito chiedersi se, per caso, i suoi occhi si fossero soffermati su di lui mentre Alessio diceva quelle parole, piuttosto che avere la certezza che non fosse successo. Che non fossero parole destinate a lui.
Quando si forzò a rialzare il volto, dopo altri attimi di silenzio, si girò prima verso Martino: non lo stava guardando di rimando, e il suo sguardo era concentrato unicamente su Alessio.
Fu proprio Martino a parlare per primo:
-Ah, mi ricorda un po’ il nostro Pietro, questa descrizione-.
L’imbarazzo che Pietro avvertì fu così tanto che si alzò di scatto, cercando di apparire tranquillo quando in realtà era tutt’altro:
-Vado a prendere da bere- borbottò soltanto, non curandosi di aspettare qualche altra risposta prima di allontanarsi.
L’unico dubbio che gli rodeva il cervello era come mai Alessio non avesse negato – o se lo stesse facendo proprio in quel momento, quando lui già se ne era andato, e ad ascoltarlo era rimasto solo Martino.
 
*
 
Venezia era immobile e oscura a quell’ora della notte, ferma nel tempo.
Non avevano incrociato molta gente lungo il loro cammino, e ad Alessio andava bene così: gli stava piacendo quel silenzio che si era creato tra lui e Pietro da un po’ di minuti, forse perché non era un silenzio che pesava, né qualcosa che poteva apparire innaturale. Si sentiva a suo agio anche così con lui, consapevole solo che Pietro stava continuando a camminargli a fianco, le loro braccia e le spalle che ogni tanto si sfioravano accidentalmente.
Erano quei contatti fugaci e fortuiti che riempivano il loro silenzio, e ad Alessio bastava.
-Ti avrei ospitato senza problemi, lo sai?-.
La voce di Pietro spezzò il silenzio quando ormai erano in vista del palazzo dove si trovava l’appartamento di Alessio. Non mancavano più di duecento metri prima di arrivare di fronte al massiccio portone dove si sarebbe fermato, e da dove Pietro sarebbe ripartito per tornare a casa sua.
-Lo so, ma sto bene. Non sono neanche brillo- Alessio lo disse con convinzione, e in fondo stava dicendo davvero la verità. Non aveva bevuto molto, forse perché quella sera si era concentrato su altro, e aveva lasciato che la sua attenzione fosse catturata dai dettagli che poteva cogliere solo da lucido.
-Sai, non ero molto convinto della serata, però in realtà è stata … - lasciò cadere la frase, alla ricerca di un aggettivo che potesse concluderla al meglio.
-Piacevole?- suggerì Pietro.
Alessio preferì correggerlo:
-Interessante-.
Ancora qualche passo, nel silenzio della notte, nel caldo di Giugno che si attenuava solo in quelle ore notturne.
-Martino è simpatico-.
Era di nuovo la verità, qualcosa di cui Alessio non era stato sicuro per molto tempo. Però ora poteva dirlo con una certa onestà, e la cosa lo sorprese ancora, come la prima volta che si era reso conto, solo qualche ora prima, che effettivamente Martino gli piaceva.
Era stata una sensazione strana, quasi combattuta, e nemmeno lui era riuscito a capire l’origine di quella confusione.
Pietro rise sommessamente:
-È un personaggio-.
-Già-.
Arrivarono davanti al portone che Alessio non si era ancora deciso a porgli una domanda che gli ronzava in testa ormai da ore. Forse non si era ancora arrischiato a farla perché non era ancora del tutto convinto di voler sapere la risposta, ma la curiosità – e il bisogno di sapere- si stava facendo troppo presente per essere ancora soffocata.
Fu con un sospiro pieno di stanchezza verso se stesso e la sua indecisione che, finalmente, si decise a parlare:
-Era per lui la palette che avevi comprato l’anno scorso a Los Angeles, vero?-.
Ci aveva pensato e ripensato, e se nei primi minuti quell’ipotesi gli era parsa troppo stentata, ora Alessio cominciava a crederci sul serio. E la reazione di Pietro, il suo voltarsi di scatto verso di lui, gli rispose ancora prima che dicesse anche solo una parola.
-Come fai a ricordartene?-.
Alessio non seppe bene come reagire agli occhi sgranati e stupiti dell’altro, e tantomeno alle implicazioni di quella sua sottintesa conferma.
-Mi è venuto in mente quando l’ho visto- ammise.
Martino si era presentato con un trucco piuttosto visibile, e il fatto che Pietro non avesse battuto ciglio gli aveva fatto supporre che fosse una cosa abitudinaria, per lui, truccarsi. Alessio si era ritrovato a fissare le palpebre di Martino non perché ci trovasse qualcosa di male o di strano – doveva anche ammettere che stava bene, e che aveva talento-, ma perché il ricordo di quel regalo di Pietro gli era improvvisamente tornato in mente. Ed aveva realizzato, con una punta di disorientamento, che non sapeva bene come reagire a tutto ciò.
Doveva star lasciando trasparire tutto quel tumulto di sensazioni, perché Pietro prese a guardarlo con viso serio, a tratti rabbuiato:
-Perché hai accettato di uscire con noi stasera?-.
Glielo chiese con sincera curiosità, si rese conto Alessio. Anche per lui quella doveva essere stata una domanda tenuta taciuta a lungo.
-Non sapevi neanche chi fosse quando te l’ha chiesto-.
“E infatti ho pensato di tutto”.
Alessio scrollò le spalle a disagio. Non era del tutto sicuro di voler dire a Pietro quella che era stata la sua reale impressione su Martino per i due giorni che avevano preceduto quella serata insieme – e che si era rafforzata ancora di più quando aveva fatto il collegamento tra lui e il regalo di Pietro-, cioè che Martino non fosse solo un amico ma qualcosa di ben di più.
Il pensiero che si frequentassero lo aveva lasciato disorientato – destabilizzato sarebbe stato un aggettivo migliore- molto più di quanto Alessio fosse in grado di voler ammettere anche a se stesso.
Martino gli era davvero simpatico, ma immaginarselo con Pietro – come coppia- gli aveva lasciato un retrogusto amaro che faticava ad accettare.
-Ero curioso, forse- mormorò, forse non risultando del tutto credibile. Però non ritrattò, né aggiunse altro, lasciando a Pietro il compito di trarre le sue conclusioni da quelle sue poche parole.
-È solo un amico-.
Di nuovo quel chiarire il loro rapporto, di nuovo Pietro che lo guardava dritto in faccia come a volergli ricordare che non era legato a nessuno.
-Un amico che mi ha aiutato molto nell’ultimo anno, con la questione coming out … - disse ancora, scuotendo appena il capo – Ma solo un amico-.
-L’hai già detto-.
Pietro lo guardò con un mezzo sorriso che Alessio preferì non interpretare:
-Non mi sembravi molto convinto-.
Alessio tacque sulla difensiva, ma ormai sapeva che Pietro lo leggeva molto meglio di chiunque altro, almeno in certe situazioni. E quella era a tutti gli effetti una di quelle.
-Non ho detto nulla in proposito, Pietro- replicò, stringendosi nelle spalle – E comunque sei libero di fare quel che vuoi-.
Ed era vero, si ripeté tra sé e sé: Pietro era single, aveva fatto coming out e poteva accadere in qualsiasi momento che potesse trovare un uomo che potesse farlo innamorare e renderlo felice. Alessio ne era consapevole, e se una parte di sé ne sarebbe stata contenta, l’altra era la stessa che aveva preso la possibilità che Martino potesse essere quella persona non con l’entusiasmo che si sarebbe aspettato.
“Dovrei solo smetterla di ragionare troppo su queste cose”.
Per un attimo, però, ebbe il fugace presentimento che, prima o poi, sarebbe giunto il momento di una riflessione più profonda su tutto quello che si rimestava dentro di lui – che Pietro si portava con sé, inevitabilmente.
-Sì, ma Martino non mi interessa in quel senso- Pietro si fece avanti di un passo, gli occhi più addolciti rispetto a prima. Il suo viso era in penombra, il lampione acceso alle sue spalle che non bastava a rischiarargli i tratti del viso, ma Alessio riconobbe l’espressione meno tesa – forse riuscì a farlo perché conosceva il viso di Pietro a memoria.
-Ho capito-.
Tirò fuori le chiavi di casa dalla tasca dei jeans, e se le rigirò tra le mani goffamente, indeciso su cos’altro dire. Forse era semplicemente giunto il momento di rientrare.
-Grazie per avermi accompagnato- disse con sincerità – Mi sono divertito stasera-.
-Potremmo rifarlo presto- buttò lì Pietro, alzando le spalle – Anche solo noi due-.
Per quanto Martino potesse piacergli, Alessio gradì di gran lunga di più quell’ultima proposta. Sorrise a Pietro in maniera molto più rilassata di quanto non avesse fatto in tutto il resto della sera:
-È un’idea-.
 
 

 


 
*il copyright della canzone (BTS - "Stay") appartiene esclusivamente alla band e ai suoi autori.
 
NOTE DELLE AUTRICI
Nuovo aggiornamento, nuovo capitolo.... E con esso anche un aggiornamento dell'evoluzione della gravidanza di Giulia. Il piccoletto, come l'ecografia di controllo ha confermato, cresce sano e forte, e ora sembra anche avere una figura paterna pronta non solo a crescerlo con amore, ma anche a riconoscerlo. La stessa Giulia non lo dava per scontato ma noi, insieme a lei, non possiamo che esserne felici! E, per la gioia di Filippo il rapporto femmine-maschi in casa Barbieri-Pagano si assottiglia sempre più!
Cambia poi la scena e i riflettori questa volta vengono puntati dritti dritti su Pietro e Martino. I riferimenti al Pride non mancano, così come le frecciatine di Martino all'amico riguardanti Alessio, con somma delizia del moro. E abbiamo anche l'incontro, seppur fugace, di Pietro con Dario, il coinquilino di Martino. Sarà un incontro sporadico o ritornerà su queste pagine?
E poi abbiamo avuto anche la risposta sul fatidico incontro tra Martino e Alessio: alla fine Martino è stato accontentato prima del previsto, per sua immensa gioia (e con immenso terrore di Pietro), e sono bastati pochi minuti a Martino per creare già una situazione alquanto interessante!
Ed è così che abbiamo avuto una serata a tre con questo trio inedito. Alla fine Pietro non ha dovuto sudare troppo, e a parte qualche frecciatina e domande un po' a trabocchetto da parte di Martino, tutto è andato liscio ... E Alessio l'ha preso pure in simpatia, anche se probabilmente traspare un po' di gelosia malcelata!
Che Martino sia riuscito a mettergli la pulce nell'orecchio? 
Ma soprattutto ... Vorreste rivedere questi tre tutti insieme?😂
In ogni caso ci rivediamo mercoledì 1°maggio con un nuovo capitolo!
Kiara & Greyjoy
   
 
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