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Autore: vegeta4e    19/04/2024    0 recensioni
Non tutto quello che finisce rappresenta la fine. A volte una fine può rappresentare un nuovo inizio: la morte di Claire, l’abbandono di Peyton che segnò Mac molto più di quanto volesse ammettere… eppure il lavoro riuscì a salvarlo, ad obbligarlo a non crogiolarsi nei ricordi. E funzionò, almeno fino a che Peyton non decise di fare ritorno a New York.
“Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma”. Dietro questa frase si cela una grande verità per il detective Taylor. Un’accusa di omicidio a suo carico, vecchi fantasmi tornati dal passato, rapimenti, lutti difficili da accettare.
Forse i problemi d’amore erano quelli di cui preoccuparsi meno.
[MacxPeyton] - Ambientata all’inizio della 5^ stagione.
[L’avvertimento cross-over riguarda solamente un paio di capitoli verso la fine della storia.]
- Pistola e distintivo. -
Mac ci mise qualche secondo per realizzare. Fissava Sinclair interdetto, incapace di comprendere il perché, incapace di combattere quella serie di ingiustizie che lo stavano lasciando disarmato.
Dopo lo stupore iniziale, non riuscì a trattenere una risata nervosa. Serrò i denti a labbra chiuse, passando lo sguardo da Sinclair a Don, che non aveva neanche il coraggio di guardarlo in faccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Messer, Don Flack, Mac Taylor, Peyton Driscoll, Stella Bonasera
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XXV

 Un’ora dopo Mac entrò nella sala interrogatori. Il marito della vittima era già seduto al tavolo, le mani incrociate sul ripiano freddo, in attesa di avere notizie sulla tragedia cui aveva assistito qualche ora prima.
Taylor prese posto di fronte a lui, studiando l’uomo per capire se il dolore nei suoi occhi fosse autentico o di facciata.
- Signor Nolan, mi dispiace per la sua perdita, ma dovrò comunque farle qualche domanda. Se la sente? -
- Sì. -
Il detective prese fiato. - Quando ha visto sua moglie l’ultima volta? Inteso prima di chiamare il 911. -

- Stamattina, prima di andare a lavoro. Sono uscito di casa per le 6:30 AM. -
- Capisco. - Disse Mac. - E come mai è tornato a casa? -
- Avevo dimenticato il cellulare. Quando sono rientrato l’ho trovata in quello stato… -
Taylor proseguì. - Non c'erano segni di effrazione nel vostro appartamento, vuol dire che sua moglie conosceva l'assassino dato che ha aperto la porta. Sa se qualcuno avesse problemi con lei? Se volesse farle del male? Forse qualche contrasto sul lavoro... -
L'uomo scosse la testa, sforzandosi di pensare alle ultime conversazioni avute con la donna, ma non si ricordava di nessuna lite.
- No... Eravamo una coppia normale in procinto di creare una famiglia... - Trattenne a stento le lacrime e Mac pensò fosse sincero.
- Posso vedere le sue mani, Signor Nolan? - L'uomo annuì senza opporre resistenza, posandole entrambe sul ripiano di acciaio. Il detective Taylor le osservò attentamente, non notando nessun tipo di segno.
Flack si staccò dal muro, avvicinandosi poi al tavolo.
- Dovrebbe darci l'indirizzo del suo ufficio, Signor Nolan. Dobbiamo confermare il suo alibi. -
- E un'ultima richiesta, dopodiché potrà andare. - Intervenne ancora Mac. - Dobbiamo prelevarle un campione di DNA per poterla escludere dai sospettati. -
- Va bene... Non c'è problema. - L'uomo collaborò ad entrambe le richieste degli agenti, dando a Flack l'indirizzo e lasciando che Mac prelevasse il campione di saliva. Non avendo altro per trattenerlo, i due agenti lo lasciarono andare dopo avergli ricordato di tenersi reperibile per qualsiasi circostanza.
Una volta tornato al laboratorio, Mac entrò nella stanza in cui Danny stava analizzando le prove raccolte sulla scena, o almeno così sembrava. Messer fissava il microscopio con gli occhi persi nel vuoto, incantato a guardare chissà cosa.
Taylor si avvicinò piano, schioccandogli poi le dita vicino all’orecchio sinistro.
- Ehi, tutto bene? -
Danny sussultò. - Eh!? Capo! Stavo… Stavo… Riflettendo. - Provò a giustificarsi, ma il sorriso sul viso del detective gli fece intuire che non era credibile neanche un po’.
- Finisci di analizzare quel campione e vai a farti una dormita di un’ora. -
- Davvero? - Messer sgranò gli occhi, incredulo per ciò che aveva appena sentito.
- Sì, ma non un minuto di più. Intesi? Ti lascio qui il campione di DNA del marito, confrontalo con quello del feto e vedi se c’è riscontro. -
- Agli ordini. -
Mac uscì dalla stanza tornando nel proprio ufficio, dove iniziò a mettere insieme i pezzi del puzzle, nonostante ne avesse pochi. Non passò più di mezz’ora che entrò Stella.
- Ho analizzato i residui sotto le unghie della vittima. Il DNA non combacia con quello del marito e non c’è nessun riscontro nel codis. -
Il detective fece un’espressione indecifrabile, concentrata, indispettita per quei risultati che non combaciavano e gli rendevano tutto più difficile. Ad interrompere i suoi ragionamenti fu lo squillo del telefono fisso che teneva sulla scrivania, a cui rispose dopo pochi secondi.
- Taylor. -
- Mac, c’è altro che devi sapere sulla vittima. - Era Peyton che lo chiamava dall’obitorio. - Ho trovato tracce di liquido seminale, nulla indica che fosse un rapporto non consensuale. -
- Sei riuscita a prelevare un campione per il test del DNA? - Chiese il detective. Forse così avrebbero avuto qualche speranza di incastrare l’assassino.
- Sì, mando su uno dei ragazzi. -
- Va bene, grazie. - Riposò la cornetta guardando Stella. - La vittima ha avuto un rapporto sessuale poco prima di morire, ma il marito ha detto di essere tornato a casa e di averla trovata già così. Se è uscito alle 6:30 AM e ha chiamato il 911 alle 8:00 AM, c’è un amante. Ma questo darebbe un movente al marito. -
Sospirò. Questo metteva in discussione tutte le certezze che il colloquio con il Signor Nolan gli aveva dato.
- Hai già parlato con il marito? - Domandò Stella.
- Sì. - Sbuffò girandosi una penna tra le mani. - Mi è sembrato sincero, ma con un amante di mezzo… A meno che il figlio non sia dell’altro uomo. La gravidanza potrebbe essere il motivo della discussione. -
Stella annuì, trovando sensato il ragionamento. - Hai già i risultati? Se il DNA del marito e del feto coincidono, si va ad esclusione. -
- No, se ne sta occupando Danny. - Scostò lo sguardo dalla collega per posarlo sui fogli sparsi sulla scrivania. - Forse il bambino era dell’amante, lei gliel’ha detto, lui non ha voluto prendersi le sue responsabilità, la lite è degenerata e lui l’ha uccisa. -
Purtroppo Taylor descrisse uno scenario plausibile a cui loro erano abituati, ma qualcosa non tornava nella testa del detective Bonasera.
- Però non capisco. Lei aveva una relazione stabile con un uomo convinto che il bambino fosse suo. Perché l’amante avrebbe dovuto preoccuparsi per un eventuale coinvolgimento? Avrebbe potuto tranquillamente dirle di crescerlo con il marito. -
Mac la ascoltò in silenzio, era giusto prendere in considerazione ogni ipotesi.
- Forse lei voleva lasciare il marito e crescere il bambino con il padre biologico. Oppure lui voleva costringerla a divorziare, ma lei ha rifiutato. Questo sarebbe un movente. - Sospirò lasciandosi andare contro lo schienale della poltrona. - Ci sono troppe opzioni, non ci resta che attendere i risultati del test del DNA. -
Flack fece la sua comparsa in quel momento attirando l’attenzione di entrambi.
- Buco nell’acqua. Attualmente la vittima aveva tre clienti in sospeso: due sarebbero dovuti andare dal notaio insieme a lei la settimana prossima, mentre il terzo era ancora alle prime fasi della trattativa. -
Mac sospirò. - Quindi apparentemente nessuno ha un movente. Si ritorna al delitto passionale. -
- Ci sono novità? - Domandò Don incrociando le braccia al petto.
- Eccome se ci sono. - Fu Danny a rispondergli, aggiungendosi alle persone presenti nell’ufficio di Taylor. - Il DNA del feto non corrisponde a quello del marito. -
Flack non trattenne un ghigno divertito. - Beh, è chiaro che la signora volesse qualcuno che non aveva bisogno di aiuto per carburare. -
Stella fulminò Don, mentre Mac fece un enorme sforzo per trattenere una risata.
- Andiamo, Flack, è un discorso serio. - Lo riprese il detective.
L’altro alzò le mani, andando sulla difensiva. - Va bene, allora diciamo che preferiva una Maserati a una vecchia Cinquecento. - Danny sorrise, l’umorismo di Flack era sempre una garanzia per Messer.
- Sì, diciamo così. - Concordò Taylor provando a rimanere composto.
Don tornò improvvisamente professionale, scostando gli occhi da Danny e riportandoli su Mac.
- Il nome dell’azienda della vittima era la Thebesthomerent, e rullo di tamburi… Il nome del direttore è Maximilian White. -
Il detective non se lo fece ripetere due volte, alzandosi dalla scrivania pronto ad andare.
- Andiamo a fare due chiacchiere con il Signor White. - Disse.
- Sì, magari scopriamo chi ha la Maserati. - Concordò Flack ricevendo l’ennesima occhiata da parte di Stella.
Taylor sospirò, constatando che non sarebbe stato in grado di affrontare tutta la giornata in quel modo.
- Aggiorniamoci tra mezz’ora, sarà sicuramente in pausa pranzo ed è molto probabile che andando in ufficio a quest’ora non troveremmo nessuno. - Osservò Stella. Don e Mac annuirono, tornando ognuno alle proprie mansioni.

Nel frattempo Peyton approfittò della momentanea pausa caffè di Quinn per andare dal proprio armadietto. Aveva appena terminato di ricucire il corpo di Rachel Hill, quindi decise di soddisfare la curiosità a cui poco prima, a causa della mole di lavoro, non era riuscita a dare ascolto. Sentiva il cuore martellarle nel petto mentre apriva la busta e tirava fuori il biglietto aereo regalatole da Mac. Guardò la data di partenza e di ritorno: dal 22 al 27 Dicembre. Sorrise intenerita per quel gesto così altruista, poi lo rimise nella busta posandolo nuovamente in borsa, domandandosi dispiaciuta con chi avrebbe trascorso il Natale. Ipotizzò con Stella, in fin dei conti non sarebbe stata la prima volta che i due si facessero compagnia durante le festività ed era serena nel sapere che il 25 lui non sarebbe rimasto da solo sul divano di casa.
Giunta quasi in obitorio pensò che, magari, gli avrebbe parlato di nuovo per convincerlo a partire con lei, quando un capogiro improvviso la obbligò a fermarsi ed appoggiarsi al muro per non cadere.
- Ehi! Ti senti male? - La voce di Quinn le arrivò forte e chiara alle orecchie, facendola girare verso destra. La donna le appoggiò preoccupata una mano sul braccio, pronta a sostenerla nel caso perdesse l’equilibrio.
- Non è niente, devo aver avuto un calo di zuccheri. -  Minimizzò Peyton, staccandosi poi con cautela dal muro.
Quinn le diede rapidamente un’occhiata, notando effettivamente un pallore insolito che poco prima non aveva notato.
- Ti sei alzata di colpo? Sei a digiuno? Forse dovresti mangiare qualcosa… - Disse visibilmente preoccupata.
Peyton annuì debolmente, accennando un sorriso imbarazzato. Non le era mai capitato.
- No, effettivamente non ho ancora pranzato. -
- Prenditi mezz’ora. - Le disse amichevolmente Quinn. - Qua avete dei ritmi molto serrati, specialmente sotto le direttive di Mac, lui non conosce pause. - Scherzò per smorzare l’imbarazzo.
Costretta dalle circostanze ad accettare, Peyton annuì andando in direzione dell’ascensore e salendo quindi al piano dei laboratori. Quando le porte metalliche si aprirono, la prima cosa che lei vide fu appunto Mac, impegnato a camminare avanti e indietro di fronte alle fotografie della scena appese sulla vetrata dell’ufficio, una mano puntata sul fianco e l’altra appoggiata sulla nuca. Lui si accorse della sua presenza solamente quando la vide apparire all’improvviso dietro al vetro, non trattenendo un sorriso all’idea di saperla supervisionata dalla sua vecchia conoscenza.
- Ciao. Come va con Quinn? - Chiese divertito.
- Bene, è una brava persona. Mi ha gentilmente concesso mezz’ora di pausa per mangiare qualcosa, ho avuto un capogiro poco fa. Forse un calo di zuccheri. -
Il sorriso sul volto del detective si spense subito, lasciando spazio alla sua solita espressione seria.
- Stai male? - Domandò avvicinandosi preoccupato.
- No, sto bene, dico davvero. -
- I cali di zuccheri non avvengono così a caso. Stamattina hai fatto colazione? - Indagò lui.
- Certo. - Provò a sorridere per tranquillizzarlo, ma Mac Taylor non si faceva di certo andare bene la prima prova che gli capitava sotto gli occhi, abituato com’era ad analizzare le cose mille volte.
- Ti accompagno in ospedale? - Chiese guardandola da capo a piedi, come ad assicurarsi che fosse tutto a posto.
Peyton sgranò gli occhi. - Mac! Non ti sembra di esagerare? L’ospedale è eccessivo. -
- E dove vorresti andare per fare un esame del sangue? -
- Dico davvero, sto bene. - Sospirò lei. - Stai tranquillo. -
Lui la guardò negli occhi per qualche secondo per assicurarsi che lei dicesse la verità. L’ultima cosa che voleva era che Peyton minimizzasse il problema per non perdere ore di lavoro.
- Vuoi prenderti il resto della giornata e andare a casa? Lo dico io a Quinn. -
Lei scosse la testa. - No, il tempo di un panino e torno. -
- Non dire assurdità. - La contraddisse subito Mac. - Andiamo a mangiare qualcosa di decente. -
Peyton sorrise. - Il detective Mac Taylor che lascia tutto per venire a mangiare con me? Devi essere davvero preoccupato, allora! - Lui sorrise scostando lo sguardo, capendo di essere stato colpito e affondato senza possibilità di ribattere.
- Una pausa farà bene ad entrambi. - Disse prendendo la giacca dall’appendiabiti. - Cosa vuoi mangiare? - Le chiese poi indossandola e sistemando il colletto.
- Qualcosa di veloce. Quinn mi aspetta. -
- Sfrutterai a pieno la tua ora di pausa pranzo. - Disse mettendole una mano sulla schiena per accompagnarla fuori dall’ufficio. Non avrebbe accettato discussioni su questo, perché per quanto Mac passasse in ufficio più ore dell’orologio, non aveva mai imposto i suoi ritmi agli altri della squadra. Sapeva di poterselo permettere non avendo una famiglia e non riuscendo a godere di tante ore di sonno. La salute dei membri del team, però, aveva sempre avuto la priorità su tutto.
Una volta usciti dall’edificio lui e Peyton attraversarono la strada, entrando in una tavola calda in cui spesso Mac si era ritrovato a fermarsi per recuperare le energie senza allontanarsi troppo.
Occuparono un tavolo vicino alla vetrata e lui continuava a fissarla per assicurarsi che stesse realmente bene. Dopo aver ordinato un’insalata lei e un hamburger lui, Peyton alzò lo sguardo sul detective.
- Allora? Hai già una pista da seguire per quanto riguarda il caso? - Sorrise.
Taylor sospirò, appoggiando poi le braccia sul tavolo.
- Non proprio. - Ammise. - Sappiamo che il figlio non era del marito, quindi resta da capire chi fosse l’amante. È tutta la mattina che cerco di capire chi possa avere il movente migliore: il marito può aver scoperto il tradimento, l’amante potrebbe averla costretta a divorziare o, al contrario, averle detto di non voler sapere nulla del bambino. Oppure la gravidanza non c’entra nulla e si tratta di contrasti sul lavoro, forse qualche collega era invidioso della sua carriera ed è tutto una enorme coincidenza. Non lo so. - Sospirò ancora non riuscendo ad uscire dal groviglio di pensieri che aveva in testa.
- Non vi resta che parlare con… - Peyton non fece in tempo a terminare la frase, un improvviso conato la costrinse ad alzarsi in fretta, lasciando il detective interdetto, seduto al tavolo, incapace di capire cosa stesse succedendo.
Mac riprese lucidità solamente dopo qualche istante, alzandosi anche lui e seguendola fino alla porta del bagno ormai chiusa. Non sentendo rumori bussò due volte.
- Peyton? Tutto bene? - Lei non rispose. Si sentì solamente lo sciacquone del water, seguito poi dalla serratura della porta. Quando Peyton uscì, l’espressione di Taylor era ancora più preoccupata di quando erano in ufficio.
- Vai a casa. Ora. Hai la giornata libera. - Disse irremovibile.
Lei sbuffò. - Mac, adesso va meglio. -
- Sei bianca come un lenzuolo. - Le fece notare lui con le mani ai fianchi.
- Devo aiutarvi con il caso, e poi Quinn mi aspetta e… -
- L’autopsia l’hai già fatta. - La fermò il detective. - E a Quinn spiegherò io il motivo della tua assenza. Vai a casa. -
Peyton lo guardò negli occhi per qualche secondo, capendo infine che non avrebbe avuto possibilità di fargli cambiare idea. Si limitò ad annuire sospirando, ormai arresa.
- Ti faccio mettere il pranzo da parte. - Dopo averle lasciato una carezza sulla guancia si allontanò, andando al bancone e spiegando brevemente la situazione alla ragazza dietro la cassa.
Lei intanto uscì dal locale, pensando che prendere un po’ d’aria l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio. Mac la raggiunse poco dopo tenendo in mano le due porzioni da asporto. Con gli occhi cercò un taxi libero, ma a quell’ora sarebbe stato complicato.
- Sei sicuro che non ci sia bisogno di me? - Chiese sentendosi in colpa.
Lui le porse il suo pranzo. - A chi altro vuoi fare l’autopsia? Il tuo lavoro è finito, e poi ci sono Sheldon e Sid. Ti sto dicendo di andare a casa in quanto capo. -
Lei prese il sacchetto con dentro l’insalata senza sapere cosa rispondere, mentre Taylor fermava un taxi giallo con un cenno della mano.
- Se peggiori, chiamami. D’accordo? - Le disse mentre lei saliva in auto.
- Va bene. - Chiuse la portiera, il finestrino lasciato mezzo abbassato dal passeggero precedente. - Ah, Mac? - Lo richiamò.
Lui si avvicinò. - Dimmi. -
Per un attimo Peyton fu tentata di chiedergli cosa ci fosse stato tra lui e Quinn. Aveva capito che doveva essere successo qualcosa tra loro in passato, ma non ebbe il coraggio di domandare. E, soprattutto, si vergognò del principio di gelosia che sentiva morderle la bocca dello stomaco.
- Niente… Solo che ti amo. -
Mac rimase immobile. Gli sembrò di sentire il sangue fermarsi nelle vene mentre la guardava con le labbra dischiuse e il taxi che partiva, lasciandolo come uno stupido in procinto di dire qualcosa. Avrebbe voluto risponderle anche io, ma pensò di non essere in grado di dirlo perché il ricordo di Claire era sempre lì, stampato in mente come un monito. I sentimenti per Peyton non li avrebbe mai messi in discussione, ma in cuor suo temeva che ammetterlo avrebbe voluto dire dimenticare Claire, e questo lo terrorizzava.
Stella lo trovò così, fermo sul ciglio della strada e lo sguardo perso verso l’orizzonte, a fissare un taxi ormai sparito nel traffico di New York.
- Mac! Che stai facendo, aspetti qualcuno? - La voce di Stella lo destò improvvisamente, riportandolo con i piedi per terra e facendogli dimenticare momentaneamente quella dichiarazione così spontanea e improvvisa.
- Eh? No… No. - Riprese contegno. - Ho dato la giornata libera a Peyton. Non stava bene. - Spiegò semplicemente.
- Capisco. Spero non sia nulla di grave. -
- Non penso, probabilmente sarà l’influenza. - La raggiunse sul marciapiede. - Mangiamo qualcosa e andiamo da questo White? -
Lei gli sorrise. - Sì, altrimenti non penso di arrivare a fine turno. - Mac annuì, attendendo poi Stella davanti l’ingresso della tavola calda. Nell’attesa chiamò Quinn direttamente sul telefono personale.
- Mac Taylor, adesso mi chiami addirittura sul mio cellulare privato? - Taylor colse il tono scherzoso della donna, ma sapeva che sotto c’era comunque un flirt velato che lei non si lasciava mai scappare.
- Quinn, ho dato a Peyton la giornata libera. Stava veramente male. - Disse solamente. - Se non hai altro da fare lì, sei libera anche tu. Probabilmente domani starà meglio. -
La sentì sospirare. - Diavolo, allora non era solo un calo di zuccheri. Va bene, avvisami quando potrà tornare a lavoro. Ci aggiorniamo. -
- Certo. - Le rispose Mac, poi chiuse la chiamata.

 

To be continued... 

   
 
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