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Autore: lady lina 77    21/04/2024    1 recensioni
Una AU con protagonisti i personaggi di Poldark creati dal meraviglioso W. Graham.
Siamo in Germania, negli anni neri del nazismo, nell'affascinante Annaberg-Buchholz, in Sassonia, fra boschi, miniere, case a graticcio e antiche tradizioni. Ross Poldark è un giovane tenebroso, volenteroso, proprietario di alcune miniere lasciate in eredità dal padre. Non è ricco ma ha tanta voglia di fare, da lavoro a molte persone che lo aiutano e rispettano ma questo non può bastare: è ebreo, anche se non praticante. E nella Germania di quegli anni questo potrebbe non essergli perdonato.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Dwight Enys, Elizabeth Chynoweth, George Warleggan, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La piccola Sophie Enys vide la luce il 30 gennaio 1938, in un gelido giorno d’inverno dove la natura sembrava addormentata sotto uno spesso strato di neve bianchissima.
La gravidanza era stata perfetta a detta del dottore – che era anche il padre della piccola – ma questo non aveva impedito a Caroline di lamentarsi per le caviglie gonfie, per il mal di schiena, per il fatto di non poter andare a cavallo e al cinema e per non essere più in grado di rotolarsi sul tappeto del salotto assieme al suo carlino Horace. E poi c’era il cinematografo, una vera tragedia che Dwight non avesse voluto farla uscire nelle ultime settimane di gravidanza, con ghiaccio, neve e pancione… Si era chiesta spesso se Clarke Gable l’avrebbe mai perdonata per questa sua mancanza…
La bimba, biondissima come la madre, coi suoi stessi lineamenti fini e con un faccino vivace, venne al mondo strillando come un’aquila, tanto che Dwight aveva subito affermato che avrebbe potuto fare la venditrice del pesce al banco del mercato da grande. Caroline invece si era chiesta subito per quanto avrebbe potuto tollerare quel piccolo essere urlante che attentava alle sue orecchie e all’integrità dei vetri.
Ross e Demelza erano andati a trovarli, a piedi, due giorni dopo, in una serata buia, oscura ma quanto meno asciutta.
Il tratto di bosco che separava Nampara da Killewarren era fitto di alberi ed appariva buio e pieno di ombre sinistre. Se non avessero conosciuto, sasso per sasso, albero per albero quella strada, probabilmente si sarebbero sentiti come Hansel e Grethel mentre cercavano la via per tornare dai loro genitori. “Forse ci apparirà dal nulla una casetta di marzapane” – mormorò Demelza, tenendo stretto il pacchetto di cioccolatini che avevano comprato per Caroline.
Ross sorrise, strano come spesso pensassero alle stesse identiche cose, anche alle più stupide. “Sperando non ci sia dentro una strega da mettere nel forno”.
Si guardarono negli occhi e sorrisero.
Da quell’estate fino a quel momento erano stati mesi intensi e bellissimi per loro. Nonostante tutto, nonostante il mondo che diventava sempre più violento e cupo, con amore e passione erano riusciti a far crescere la loro storia e a chiudere i problemi fuori dalla porta di casa. Si amavano intensamente, notte dopo notte, senza reticenze, imbarazzi, sensi di colpa. Si amavano, si baciavano, ridevano e vivevano insieme, un uomo e una donna innamorati senza nulla a dividerli.
Ross trovava che Demelza fosse cresciuta molto in quei mesi. Alcuni tratti più infantili del suo carattere erano spariti lasciando al loro posto un animo intelligente e malizioso pieno di curiosità per la vita ma anche più consapevole delle forze oscure che si agitavano attorno a tutti loro. In realtà lo era sempre stata ma ora pareva avvertire maggiormente la gravità della situazione che via via andava dipanandosi davanti a loro e alla Germania. Demelza rideva spesso ma a volte, se si metteva ad osservarla di nascosto, la vedeva assorta, cupa, persa in pensieri che ancora non aveva voluto condividere con lui. Era preoccupata per la sua sorte di ebreo, era chiaro, e forse pensava di proteggerlo semplicemente non parlandogli dei suoi timori. Eppure sembrava anche consapevole del fatto che presto avrebbero dovuto fare scelte difficili ed affrontare quella guerra che il mondo sembrava voler fare a chi, come loro, si amava a dispetto dei dettami sempre più stringenti del nazismo.
Era dura per entrambi nascondere il loro amore e non poter fare come tutti, passeggiare mano nella mano, andare al cinematografo o a fare una gita, baciarsi in una via o mangiare un gelato in piazza insieme. Certo, nel loro piccolo mondo di Nampara, quando chiudevano la porta, erano felici, ma fin quanto tutto questo poteva durare? Fin quando sarebbe bastato accontentarsi di quegli scampoli di tempo rubati di nascosto al mondo? E soprattutto, sarebbe arrivato il giorno in cui Demelza si sarebbe stancata di vivere un amore unicamente clandestino?
Questo e mille altri tarli si mangiavano l’animo di Ross, così come quello di Demelza era attanagliato dalla preoccupazione per il suo uomo.
Ross la prese per mano. Di notte, nel bosco, in pieno inverno, nessuno li avrebbe visti.
Demelza parve sorpresa ma poi rispose alla stretta con forza.
E in silenzio raggiunsero la grande casa degli Enys, antica, austera ed elegante, circondata dai silenzi del bosco, comoda per vicinanza al borgo di Annaberg-Buchholz ma abbastanza lontana per vivere appartata la sua placida esistenza senza intromissioni esterne.
Fu Dwight ad accoglierli. Il giovane medico dai lineamenti e dai modi gentili li accolse indossando una calda camicia da camera bianca e pantaloni verdi. Era raggiante e Ross gli strinse subito la mano. “Ti credevo più provato!” – commentò, scherzando.
Lui rise. “Sì, c’è stato un momento dove ero certo di soffrire più di Caroline ma me ne sono ben guardato dal dirglielo!”.
E hai avuto salva la vita” – rispose Ross con sarcasmo.
Ross e Demelza risero e dopo aver ricevuto le loro congratulazioni, l’uomo li fece entrare e li condusse nel grande salone riscaldato da uno scoppiettante camino.
Caroline, vestita con un morbido abito azzurro, li aspettava sul divano assieme ad Horace. Davanti a lei, sul tavolino, c’erano un vassoio con dei pasticcini e una bottiglia di vino bianco. Di fianco al divano, una culla.
Demelza corse ad abbracciare l’amica. Caroline sembrava il ritratto della salute e il viso reso più pieno dalla gravidanza la rendeva ancora più bella. Sembrava già tornata in perfetta forma e solo un accenno di pancia indicava che aveva partorito da poco. Poi andò a vedere la bimba, placidamente addormentata. “Oh Caroline, è davvero perfetta!”.
L’amica alzò le spalle. “Perfettamente rompiscatole! Dovessi sentirla la notte quando strilla perché ha fame e pretende di ricevere attenzioni immediate fregandosene del bisogno di dormire della sottoscritta!”.
Demelza rise. “Beh, i neonati son così, non lo fanno apposta! Mia madre morì che ero piccola e ho cresciuto i miei sei fratelli tutta da sola, ne so qualcosa”.
Caroline, dopo quelle parole, guardò Dwight. “Tesoro, dimmi che possiamo rubarla a Ross e assumerla come bambinaia, ti prego!”.
Ross rise. “Scordatelo! Nampara necessita di Demelza ben più di te”. Lo disse scherzando ma in cuor suo non poté non chiedersi se per la sua amata non sarebbe stata una soluzione migliore e più tutelante. Ma ricacciò indietro quel pensiero quasi doloroso…
Sì sì certo, Nampara…” – mormorò maliziosamente Caroline, sotto voce.
I quattro si sedettero attorno al tavolo parlando di bambini, parti, di cinema, di cani, di tutto e niente, ridendo e scherzando come non facevano da tanto.
Quando la piccola Sophie si svegliò, fu Demelza a correre per prenderla in braccio. Non vedeva l’ora di spupazzarsela a dovere…
Ross la osservò in silenzio. Santo cielo, come aveva potuto considerarla tanto a lungo una ragazzina? Era una donna bella, giovane, piena di vita, appassionata ma anche tenera. E con quella bimba fra le braccia non poteva non immaginare, sognare una vita al suo fianco non solo come amanti clandestini ma come una futura famiglia… Faceva male anche quel pensiero perché quel sogno accarezzato forse per la prima volta, sarebbe stato irrealizzabile fino a che Hitler e il nazismo avessero dettato legge.
Demelza intercettò il suo sguardo a cui rispose, quasi leggendogli nel pensiero, con un sorriso, mentre cullava la bambina.
Anche Caroline intercettò lo sguardo fra i due, sorridendo nuovamente maliziosa. “Sophie è come me, capricciosa e desiderosa di una amica del cuore! Sinceramente non voglio per casa una marmocchia ariana che corre per i corridoi cantando canzoni naziste come i pargoletti-Goebbels, io voglio che abbia una amica VERA e soprattutto intelligente! Quindi, Demelza e Ross, impegnatevi e fornitegliene una!”.
Ross e Demelza sussultarono mentre Dwight la fissò ad occhi spalancati. “CA-RO-LI-NE!!!”.
Lei guardò il marito con noncuranza e finta innocenza. “Avanti, smettiamola di nascondere l’elefante che passeggia nella stanza!”.
Dwight accentuò lo sguardo di rimprovero ma Caroline finse di ignorarlo, rivolgendosi ai due amici. “Sappiamo… O meglio, abbiamo capito tutto già da un po’ io e il dottor Enys! Ci chiedevamo quando avreste voluto dircelo!”.
Ross si irrigidì. “Dirvi cosa?”.
Di voi!” – ripose la donna, con tono calmo. “Credo sia parecchio che ormai, chiusa la porta di casa vostra, non siate più padrone e domestica. Giusto?”.
Demelza arrossì e Ross rimase in silenzio, presi decisamente alla sprovvista. E ora? Da cosa avevano capito tutto?
Fu Dwight a toglierli dall’imbarazzo, deciso a fare una bella ramanzina a Caroline una volta rimasti soli. Sia lui che sua moglie conoscevano fin troppo bene Ross e Demelza per non accorgersi dei cambiamenti nel loro rapporto ma per mesi avevano taciuto, rispettando e comprendendo la scelta dei due di tenere nascosta la loro relazione. E ora che diavolo prendeva a Caroline? “Tesoro, non sono fatti nostri”. Poi, con un sospiro, guardò Ross negli occhi. “Scusa, mia moglie non voleva essere inopportuna ed invadere la vostra privacy”.
Caroline balzò in piedi. “Sì che volevo! Che amici saremmo se non fossimo sinceri? Avanti, lo sappiamo che siete una coppia, credevate che non l’avessimo capito? Che non avessimo captato gli sguardi furtivi fra di voi in nostra presenza? Credevate che non vi avremmo appoggiato?”.
Demelza prese un lungo respiro, a spiegarsi era da sempre migliore di Ross. “Ovviamente contiamo da sempre sul vostro supporto, ma…”.
Ross la interruppe, era giusto che fosse lui a spiegare le cose, era il più grande e si sentiva il più responsabile di quella situazione. “Avete ragione, dall’estate scorsa molte cose sono cambiate fra me e Demelza e non volevamo certo tenervene all’oscuro per mancanza di fiducia. Volevamo solo proteggervi, sappiamo bene cosa succede a chi non denuncia un legame fra un ebreo e una ariana. Volevamo solo che foste al sicuro, assieme alla vostra bambina in arrivo”.
Dwight sorrise, poggiando amichevolmente una mano sulla sua spalla. “Lo sappiamo Ross e vi supportiamo in ogni cosa! E siamo felici per voi”.
Caroline abbracciò Demelza, che teneva in braccio sua figlia. “Già, felici! Era da così tanto che volevo dirtelo mia cara”. Poi avvicinò le labbra alle sue orecchie, sussurrando sotto voce. “Poi, un giorno che saremo da sole, mi racconterai di com’è Ross sotto le lenzuola. Mi ha sempre dato l’idea di uno che sa come prendere una donna. O sbaglio?”.
Demelza divenne rossa come un peperone, comprendendo assolutamente bene a cosa alludesse la sua amica.
Non rispose e Caroline le strizzò l’occhio. “Sono felice per te e per voi, siete una bella coppia insieme”.
Ross si sentiva commosso per la felicità degli amici ma il suo animo non poteva non tormentarsi per loro, oltre che per Demelza. “Ragazzi, saperlo vi pone di fronte a dei rischi. State attenti, non dite nulla”.
Caroline alzò le spalle. “Siamo stati zitti per mesi e continueremo a farlo, non essere ansioso”.
Dwight rimase in silenzio, assorto. Conosceva Ross, era il suo migliore amico da molto e condivideva le sue preoccupazioni. Lui stesso, benché ariano e gradito al partito, era angustiato per la situazione del paese e per l’impatto che questo avrebbe avuto su sua moglie e sua figlia e non poteva non comprendere i timori di Ross che si trovava in una situazione ancora più pericolosa per lui ma soprattutto per Demelza. Sapeva quanto si sentisse responsabile verso di lei, come da sempre fosse stato protettivo e ora il legame fra loro non poteva che aver acuito questi sentimenti.
I due uomini, mentre le ragazze si occupavano di Sophie che si era messa a piangere e necessitava di essere cambiata, si avvicinarono alla grande finestra che dava sul giardino.
Ross abbassò lo sguardo, fissando l’oscurità che regnava fuori da Killawarren. “Dwight, ti chiedo un favore enorme e tu e Caroline siete gli unici di cui mi fidi davvero”.
Dwight annuì, forse presagendo cosa Ross volesse da lui. “Non preoccuparti, qualunque cosa accada, io e Caroline ci saremo sempre per Demelza”.
Ross per un attimo parve sorpreso ma poi sorrise. Lui e Dwight erano come fratelli e forse era normale leggersi nella mente e capirsi. Entrambi amavano due donne, entrambi vivevano in un’epoca storica difficile ed entrambi comprendevano quanto incerto fosse il destino davanti a tutti loro. “Non sappiamo cosa ci aspetta domani e se dipendesse da me fermerei il tempo a questa serata perfetta, alle nostre risate, confidenze, alla gioia per la nascita di Sophie, alla reciproca compagnia. Ma il tempo non si può fermare e gli eventi corrono veloci. Se tutto diventasse difficile, se per necessità dovessi dovermi separare da Demelza vi prego, prendetela con voi. La battuta di Caroline di poco fa, di farne la bambinaia di Sophie, forse non è così folle. Da voi sarebbe più al sicuro che con me”.
Dwight si morse il labbro, avrebbe voluto dirgli che non ce ne sarebbe stato bisogno ma entrambi avrebbero saputo che era una illogica illusione, una bugia. “Te lo prometto. E che Hitler e il nazismo ce la mandino buona”.
Ho dei forti dubbi, Dwight”.
Anche io! Ma stasera dobbiamo festeggiare, godercela come dici tu! Gioire delle amicizie vere e della vita che trionfa nonostante le brutture del mondo”. Alzò il calice di vino. “A noi, perché un giorno, fra un mese, un anno, dieci anni o chissà, ci si possa trovare di nuovo insieme in questa stanza a brindare senza paure, problemi, senza Hitler e in un mondo di pace fatto da uomini liberi e uguali gli uni davanti agli altri”.
Ross fece tintinnare il bicchiere contro quello dell’amico, pregando che quel desiderio potesse avverarsi davvero quanto prima. “A noi e a tutto ciò che c’è di buono, perché succeda presto e se non è presto... prima o poi”.


...


Ross e Demelza lasciarono la casa degli Enys quando mancava poco a mezzanotte. Avrebbero voluto lasciar tranquilli i neo-genitori ben prima, ma Caroline aveva insistito affinché rimanessero ancora un po’, adducendo che sentiva la necessità di sana vita sociale dopo giorni in cui si era sentita una mucca circondata da pannolini.
I due si misero in cammino verso Nampara sotto una fitta nevicata, stringendosi nei mantelli, in rigoroso silenzio. E se il non essere particolarmente loquace era una delle caratteristiche predominanti del carattere di Ross, lo stesso non si poteva dire per lo spirito vivace e allegro di Demelza.
La ragazza camminava assorta, seria, osservando distrattamente il sentiero davanti a loro.
Ross la osservò attentamente, sembrava improvvisamente triste e non ne capiva il motivo dopo una serata tanto piacevole. Certo, anche lui aveva molti pensieri per la testa ma la chiacchierata con Dwight e la sua disponibilità ad aiutare Demelza nel caso ce ne fosse stato bisogno, lo aveva alleggerito di un pesante fardello. “Cosa c’è?” – chiese alla ragazza, preoccupato per quello strano mutismo.
Demelza scosse impercettibilmente la testa. “Nulla”.
Ross le si affiancò, Demelza aveva un passo incredibilmente svelto quella sera. “Ti conosco e direi proprio che c’è QUALCOSA”.
La giovane si fermò, alzando gli occhi al cielo per osservare i candidi fiocchi di neve gelata che le cadevano sul viso. “Pensavo…”.
A cosa?”.
Lei sorrise, tristemente. “Da piccola adoravo la neve, mi sembrava una creatura magica che arrivava sul mondo per pulire tutto lo sporco a terra per poi riempire ogni cosa di magia. Mi piace ancora ma non riesco più a pensare che sia magica”.
Ross alzò le spalle. “Beh, pulisce l’aria”.
Ma non le nostre vite, Ross” - commentò, amaramente.
L’uomo sussultò davanti a quella apparente battuta che però nascondeva tutta la tragedia della loro vita e della Germania in quel momento. “No, non le nostre vite purtroppo”.
Demelza si voltò a fronteggiarlo. “Sai, guardavo Dwight e Caroline con Sophie, prima. E non potevo non pensare che dopo tutto loro hanno una speranza e uno scopo. Crescere, prosperare come famiglia, vivere ciò che va vissuto alla luce del sole. Nonostante Hitler, nonostante il nazismo…”.
Ross scosse la testa, ricordandosi di una piccola confidenza fattagli da Dwight poco prima, sotto voce per non essere udito da Caroline. “Non è così nemmeno per loro, Demelza. Questo non è un buon momento per nessuno per mettere al mondo bambini. Anche chi si crede al sicuro, non lo è davvero”.
Demelza sussultò. “Beh, ma c’è chi ha comunque qualcosa più di noi, più di me e te che dobbiamo nasconderci nell’ombra nonostante non stiamo facendo nulla di male”.
Ross sentì un brivido lungo la schiena. “Stai… stai cercando di dirmi che sei stanca di me, di noi e di…”.
Demelza lo bloccò. “No, nulla del genere” – disse con urgenza – “Sto solo dicendo, sto solo chiedendomi… Vedremo mai la luce in fondo a questo tunnel? Potremo vivere come tutti gli altri un giorno?”. I suoi occhi si riempirono di lacrime. “Ross, io vivo per te e posso sopportare tutto. E lo farò sempre, ma… Ma poco fa, osservando Caroline e Dwight con la loro bimba… mi sono chiesta se un giorno potremo vivere anche noi qualcosa di simile senza paura, senza nasconderci, con gioia. Non ho potuto non chiedermi che ne sarà di noi se le cose non cambieranno”.
Ross alzò la mano per accarezzargli la guancia ed asciugarla dalle lacrime. Ecco cosa temeva, ecco perché non voleva legarsi a lei. L’aveva trascinata in un mondo di incertezze e insicurezze, non poteva darle un futuro, garantirle nulla! “Ora lo capisci perché inizialmente ti volevo tenere lontana, senza legami con me? Non volevo che vivessi questo, non volevo che tu soffrissi! Non volevo privarti di quella gioia che ora vivono Caroline e Dwight e che al momento può darti chiunque altro eccetto me”.
Demelza si sentì in colpa per quello sfogo e per aver caricato Ross delle sue paure e ansie. “Ma io non voglio nessun altro che non sia tu. Vorrei solo essere certa che ci sarà una fine a tutto questo e che il mondo tornerà ad essere un luogo di pace fatto da uomini liberi, uguali e che non devono nascondersi”.
Ross le sorrise. “Certo che tutto questo finirà, DEVE finire in un modo o nell’altro. Ho paura quando penso a come si risolverà la cosa ma so che qualunque strada intraprenderà il mondo, sarà purtroppo necessaria anche se non indolore. Dobbiamo solo avere pazienza e vivere giorno per giorno in attesa di avere anche noi, io e te, un futuro. Nemmeno io voglio rinunciare a te e nemmeno io voglio una donna che non sia tu al mio fianco. E sarà sempre così”.
Demelza tirò su col naso. “E’ che ho così delle brutte sensazioni”.
Ross guardò il cielo. Anche lui, dalla notte di capodanno di quel 1938, aveva brutte sensazioni. In realtà gennaio era passato relativamente calmo ma sentiva che nell’aria c’era qualcosa di sinistro pronto ad abbattersi su tutti loro. La abbracciò, forte. “Andrà tutto bene, amore mio. Non so dirti quando ma sarà così”.
E allora Ross, tienimi forte a te”.
La baciò sulla nuca. "Non posso fare che questo, per ora". Poi la baciò sulle labbra, per la prima volta fuori da casa loro, dalle sicure mura di Nampara.
Demelza rispose a quel bacio dolce in modo un pò nervoso, guardandolo poi negli occhi. "Siamo all'aperto, Ross! E se qualcuno ci vedesse?".
Lui scosse la testa, per una volta deciso a far prevalere l'aspetto più selvaggio del suo carattere. "Non c'è in giro nessuno, siamo in un bosco, di notte, sotto la neve. Tutto questo appartiene a noi e nessun altro in questo momento e se qualcuno passasse di quì... che vada al diavolo e si faccia i fatti suoi". Lo disse con furore, baciandola nuovamente. "Non stiamo facendo nulla di male, hai ragione tu" - sussurrò contro le sue labbra. Poi le sorrise. "Ti prometto che arriverà un giorno in cui usciremo insieme mano nella mano fra la gente senza paura, il giorno in cui vivremo come Caroline e Dwight e potremo rivendicare al mondo il nostro diritto di essere una coppia e una famiglia. Ti giuro anche che il nazismo finirà e che da quel giorno ti porterò spesso, almeno una volta al mese, al cinematografo!".
Demelza inclinò il capo, sorridendo. Era sincero, non stava promettendo qualcosa solo per tranquillizzarla, Ross pareva crederci davvero e questo faceva sentire la sua anima più leggera. "Non fare promesse che non puoi mantenere" - lo rimbeccò.
"Parli del nazismo e della sua fine?".
Lei rise. "Parlo del fatto che verrai al cinematografo una volta al mese! Lo odi, come odi tutte le cose moderne! Fosse per te, la gente si sposterebbe ancora a cavallo".
"Che sarebbe un bel modo per vivere" - osservò lui, perfettamente convinto di quel che asseriva.
Poi la abbracciò, coprendola con il suo mantello. "Torniamo a casa adesso, fa freddo".
Lei annuì, facendosi avvolgere dalle sue braccia.
Camminarono nelle neve candida, con quel vago senso di inquietudine per delle sensazioni a cui non sapevano ancora dar nome, che non se ne voleva andare.
Perché lo sapevano, la storia stava facendo il suo corso e Ross e Demelza, assieme alla Germania, si stavano avviando verso un pericoloso punto di non ritorno.
Fra l'11 e il 13 marzo le truppe tedesche avrebbero invaso l'Austria, annettendola al Reich. Una invasione tutto sommato pacifica, a cui seguirà l'annessione, a settembre, della regione cecoslovacca dei Sudeti. Il tutto mentre, qua e la nella nazione e nel totale silenzio, nascevano i primi 'campi da lavoro'.
Ma quel che Ross e Demelza non potevano immaginare, sarebbe avvenuto a novembre, dieci mesi dopo. E da quel momento in poi il buio sarebbe piombato sulle loro vite e ci avrebbe messo tantissimo tempo a diradarsi.
Le leggi razziali che attanagliavano la vita degli ebrei erano già di per se terribili ma la Notte dei Cristalli sarebbe piombata su tutti loro con la sua furia, distruggendo quel poco di speranze che erano rimaste. Le vite di molte persone sarebbero andate in frantumi, esattamente come le vetrate dei negozi e delle case degli ebrei che quella notte sarebbero finite in un incubo senza ritorno.

  
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