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Autore: Infinity_2015    22/04/2024    0 recensioni
Alex e Bea frequentano entrambi la facoltà di economia aziendale a Verona, dove si conoscono casualmente durante una pausa tra una lezione e l'altra alle macchinetta del caffè al secondo anno. Prima di allora non si erano mai neanche visti, nonostante avessero tutte le lezioni in comune.
Tra loro scatta subito una certa antipatia, riusciranno a superarla?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Bea

In quel momento io e Noel ci trovavamo a casa di Alex dopo aver passato il pomeriggio a lavorare sul progetto per Organizzazione Aziendale. 

Dovevo proprio ammettere che cercare di mettere in piedi questa cavolo di presentazione nello stesso gruppo di Andrea si stava rivelando più difficile di quanto credessi. Sin da subito, dal pranzo con Gonzalo e Ana, si era preso troppa confidenza, abbracciandomi e chiamandomi ‘tesoro’. Nonostante gli avessi ripetuto più volte di smetterla, aveva continuato imperterrito, persino quel giorno a casa di Alex.

Una parte di me era convinta che Alex si sarebbe alzato a tirargli un ceffone per la mancanza di rispetto che aveva dimostrato nei miei confronti, ma non l’aveva fatto ed io l’avevo ringraziato mentalmente per questo.

Ciò che mi aveva detto il giorno prima mentre accompagnava me e la mia migliore amica in stazione mi aveva lasciata interdetta e basita; ammettendo che si stava affezionando a me aveva scoperchiato il vaso di Pandora in cui nascondevo tutta una serie di emozioni che avevo cominciato a reprimere dopo le varie delusioni personali che avevo provato.

Aveva riportato a galla tutte le mie insicurezze riguardanti il mio carattere in primis: ero perfettamente consapevole di non essere la ragazza più facile con cui avere a che fare e questa cosa mi era sempre stata fatta pesare dalle altre persone, amici o ex fidanzati che fossero. Ormai erano anni che non avevo una relazione vera e il solo pensiero di poter cominciare di nuovo a provare qualcosa di forte e profondo per un ragazzo mi spaventava ancora da morire.

Mi ero sempre sentita ‘non abbastanza’ per le persone che mi circondavano, ero sempre stata la ragazza che aiutava sempre gli altri e che, di ritorno, riceveva solo pali e calci nel sedere. Dopo l’ennesima relazione andata da schifo, avevo iniziato ad incolparmi per com’era andata a finire e ad evitare le relazioni come se fossero la peste bubbonica o la lebbra. Ecco il motivo per cui, quando Alex aveva fatto quell’affermazione, le mie insicurezze, che tenevo gelosamente nascoste, erano tornate a galla in mezzo secondo, facendomi nuovamente dubitare di me stessa.

Negli ultimi anni avevo tentato, per quanto possibile, di non affezionarmi alle persone in generale. Ero stata ferita in modo così brutale e doloroso che non ero ancora pronta, nemmeno mentalmente, all’idea di poter soffrire nuovamente così tanto.

Grazie alla mia amata psicologa, piano piano stavo riuscendo a superare ciò che era successo nel mio passato e ad aprirmi ancora una volta alle relazioni amorose. Come tutti i percorsi psicoterapeutici, c’era bisogno di tempo perché si potesse effettivamente ritenere chiuso il mio passato.

Quando Alex aveva esclamato ‘Alleluia!’ appena Andrea era uscito dalla porta di casa sua, sia io che Noel eravamo scoppiate a ridere; ero sollevata di sapere che continuava a provare sempre la stessa antipatia nei confronti del suo fratellastro.

«Ehy, tutto bene?» chiese Alex accarezzandomi dolcemente il viso.

Io alzai lo sguardo al sentire il suo tocco sulla mia pelle e mi ridestai: «Sì, Alex, tutto bene»

«Sicura, cariño? Eri talmente persa nei tuoi pensieri che stavi guardando un punto fisso da 5 minuti»

Io annuii e gli sorrisi, chissà come mai si preoccupava così tanto per me…

Non feci nemmeno in tempo a sedermi sul divano che Alex mi raggiunse subito e mi fece appoggiare la testa sulla sua spalla. La mia migliore amica gli chiese se Andrea gli stesse sulle scatole e, dopo la sua risposta affermativa, replicò con una battutina facendo intendere che dietro la sua antipatia ci fosse sotto altro.

Il ragazzo al mio fianco non comprese subito fino in fondo ciò che Noel gli aveva detto e rimase lievemente interdetto, ma non riuscì a porgerle la domanda che gli ronzava in testa perchè esattamente in quel momento sentimmo la chiave girare nella toppa; poco dopo entrò Daniele e si fiondò sulle labbra di Noel, facendoci sentire entrambi a disagio e in imbarazzo.

Distolsi lo sguardo in tempo record e lo puntai sulle foto che erano disposte sul mobiletto della tv davanti al divano, rappresentavano tutte Alex e Dani da piccoli. In una stavano giocando a calcio, in un’altra erano in spiaggia a fare i castelli di sabbia, ma quella che mi colpì di più fu una foto di Alex al primo giorno di scuola, forse delle elementari. Mi alzai dal divano, ignorando la nauseante coppietta che limonava a pochi metri da me, e mi avvicinai per osservarla meglio: rappresentava un Alex di 6/7 anni direi, con accanto una donna bellissima sulla quarantina, probabilmente sua madre. Il mini-Alex aveva ancora gli stessi capelli castano scuro, ma erano ricciolini e un pelino più lunghi di come li portava in quel momento. Aveva un sorrisino adorabile contornato da due meravigliose fossette e un’espressione orgogliosa sul volto; sorrisi guardandolo e mi chiesi com’era stato per lui dover affrontare il divorzio dei suoi genitori da così piccolino.

Sentii dei passi dietro di me e due braccia cingermi per i fianchi, poi un fiato sul collo e la voce di Alex mi chiese: «Stavi guardando le nostre foto da piccini?»

Scoppiai a ridere e annuii: «Esatto, sono stata colpita da questa qui in particolare» 

Gli indicai l’immagine in questione e lui mi chiese: «Ah sì? E come mai?»

«Hai un’espressione talmente felice in questa foto che mi sono chiesta come mai ora quel sorriso non si vede quasi più» ammisi, voltandomi verso di lui.

Prima ancora che potesse rispondermi, sentimmo un colpo di tosse: «Ehy, piccioncini, avete finito?»

Alex si staccò da me e si voltò verso suo fratello: «Ciao anche a te Dani.»

Tornò a sedersi sul divano e aggiunse: «Parli proprio tu che, da quando hai messo piede in casa, non ci hai nemmeno salutati e sei corso a limonare la tua ragazza facendoci sentire le candele della situazione.»

Noel mi lanciò un’occhiata e sorrise, facendomi cenno di avvicinarmi: «Tesoro, mi accompagni in bagno? Lasciamo i ragazzi ai loro discorsi.»

Io annuii, ancora un tantino disorientata dal contatto con Alex, e la seguii lungo un corridoio per poi raggiungere il bagno.

Entrammo e mi chiese subito: «Quello cos’era?»

«Non capisco di cosa stai parlando» risposi io facendo la finta tonta.

Lei mi guardò storto con le mani sui fianchi e replicò: «Quella scenetta da coppietta, lui che ti abbraccia da dietro, tu che non lo scansi… Che sta succedendo?»

Alzai gli occhi al cielo, dovevo immaginarmelo che mi aveva chiamata in bagno per chiedermi del rapporto tra me e Alex. Avevo saggiamente deciso di non raccontarle cos’era successo il giorno prima mentre ci accompagnava in stazione, ma ero sicura al 100% che avesse fiutato qualcosa. 

Mentre eravamo sul treno aveva tentato di farmi dire ciò di cui avevamo parlato e come mai io lo avessi abbracciato in quel modo, ma non mi ero fatta scappare nulla. Dovevo ancora processare le parole di Alex, le possibili conseguenze e, cosa ancora più importante, ciò che provavo io.

«Non sta succedendo nulla, Noel.»

«Non ti credo. È tutto il giorno che vi comportate in modo strano, deve essere successo qualcosa ieri.»

«Lo stavamo facendo per Andrea, lo sai anche tu. Non voglio che mi si attacchi addosso come una cozza» le risposi risoluta.

Noel mi lanciò un’occhiataccia e replicò: «Bea, non provare a prendermi per stupida. La storia di Andrea aveva senso finchè c’era Andrea in casa. Mentre stavi guardando le foto e Alex ti ha abbracciata da dietro, lui era già andato via; questa scusa non regge.»

Dio, era ovvio che non avrebbe retto manco per sbaglio.

Abbassai lo sguardo e arrossii lievemente, forse era giunto il momento di essere completamente sincera con lei.

«Dal rossore sulle tue guance deduco che c’è qualcosa che non mi hai ancora detto» interruppe i miei pensieri la mia migliore amica.

Io annuii e iniziai a parlare: «Ieri, quando ti sei allontanata per lasciarci discutere in privato, Alex ha ammesso che si sta affezionando a me e che non se ne spiegava il motivo. Se mi conosci abbastanza, puoi immaginare che, lì per lì, ho frainteso il significato delle sue parole, dando per certo che lo stesse dicendo per il mio aspetto fisico.»

Noel annuì e mi fece cenno di continuare, quindi mi appoggiai alla lavatrice e proseguii: «Ovviamente gli ho chiesto cosa intendesse dire e lui mi ha spiegato che, di norma, non si affeziona facilmente alle persone e che, invece, con me era successo molto in fretta. Si è poi scusato per l’ennesima volta per il suo comportamento delle prime settimane, affermando con una certezza destabilizzante che non voleva ferirmi e che, in realtà, non gli avevo mai fatto schifo.»

«Wow. Direi che la situazione si è evoluta di parecchio negli ultimi due giorni.»

«Esatto. Sono ancora completamente destabilizzata da ciò che è successo. Non comprendo cosa gli passi per la testa e cosa significhi quella frase.»

La mia migliore amica mi guardò incredula e si portò una mano sul viso, sospirando: «Sei proprio un caso disperato, Bea. Se un ragazzo ti dice una cosa del genere significa che gli piaci!»

Boccheggiai alla sua affermazione, non avevo mai nemmeno considerato quell’ipotesi. Che potesse avere anche lontanamente ragione su questo?

«Non può essere! Dai, non avrebbe senso!»

Lei mi osservò sconsolata e non disse nulla, così ne approfittai e uscii da quel bagno, quasi come se volessi scappare da quella sottospecie di interrogatorio.

Tornata in salotto, notai che i ragazzi stavano ordinando qualcosa da mangiare sull’app di Deliveroo e chiesi: «Che si mangia stasera?»

Poco dopo ci raggiunse anche Noel e si avvicinò a Daniele, abbracciandolo e sbirciando il telefono: «Io proporrei un kebab, non lo mangio da una vita»

Sia io che i ragazzi ci trovammo d’accordo con lei, quindi li ordinammo e ci sedemmo tutti insieme sul divano per guardare un film.

Optammo per ‘Joker’ ed io mi ritrovai tra Alex e Noel che continuava a spingermi verso di lui, scossi la testa e mi arresi, appoggiando per l’ennesima volta la testa sulla sua spalla.

Ad un certo punto, il ragazzo al mio fianco alzò il braccio e lo portò sulle mie spalle, facendomi accoccolare a lui; a quel contatto sospirai felice e decisi di non pormi troppe domande sul motivo per cui una cosa così piccola mi avesse fatto un effetto del genere.

Passò una mezz’oretta e finalmente arrivò la nostra cena; mangiammo sul divano mentre finivamo di guardare il film, poi decidemmo di comune accordo di spostarci al tavolo del salotto per giocare a ‘What Do You Meme?’

Il tempo trascorse molto in fretta e presto si fecero le 23; io non facevo altro che sbadigliare già da qualche decina di minuti. Evidentemente Alex se ne rese conto e, contro ogni mia possibile aspettativa, si propose di riportarmi a casa. Io accettai di buon grado la sua proposta e venti minuti dopo arrivammo davanti al cancelletto di casa mia, lo salutai con un bacio sulla guancia ed entrai.

Mi lanciai sul letto stravolta e mi addormentai in mezzo secondo, ancora vestita e truccata.

La settimana dopo volò e, in un attimo, mi accorsi che mancavano solo due settimane ai parziali. Dovevo decisamente rimettermi in pari con gli appunti, altrimenti non sarei mai riuscita a passarli.

Quel giorno andai in università per le lezioni della mattina con Noel, poi, mentre lei tornò a casa, io rimasi all’Ex Palazzo di Economia per studiare un po’ per gli esami parziali. Quel pomeriggio, poi, mi ero iscritta ad una conferenza sull’effetto dei social media sulla psiche degli adolescenti; ero sempre stata convinta che per usarli bisognava avere una certa intelligenza e responsabilità e che, purtroppo, non erano adatti ai ragazzini troppo piccoli.

Dopo aver studiato per un paio d’ore, mi diressi verso il Silos di Ponente, l’edificio vicino alla Biblioteca Economica di Santa Marta, per partecipare alla conferenza.

L’incontro si rivelò molto interessante e formativo, il tempo passò così in fretta che presi in mano il cellulare solo alla conclusione del convegno. La prima cosa che feci fu controllare la situazione dei treni e scoprii con mio grande disappunto che ero rimasta a piedi a tutti gli effetti. Il treno che dovevo prendere per tornare a casa era stato cancellato perché c’erano stati problemi sulla linea, non avevo nessuno che mi potesse accompagnare a casa e, dulcis in fundo, avevo anche dimenticato le chiavi a casa.

Provai a chiamare mia madre per cercare di trovare una soluzione, ma ricordai solo dopo la sua mancata risposta che lei e papà erano andati a dormire fuori per il loro anniversario e che sarebbero tornati solo il giorno dopo.

Cercai di mantenere la calma ed uscii dal Silos di Ponente e, mentre riflettevo su cosa fare in quel momento e dove andare, cominciò a diluviare facendomi diventare zuppa in meno di 2 minuti.

Sbuffai e cercai di ripararmi il più possibile sotto la tenda retrattile di un bar lì vicino, vagliando le varie opzioni che avevo per risolvere il casino in cui mi ero cacciata.

Restare fuori sotto il diluvio universale al freddo non mi sembrava una grande idea, non avevo la macchina per poter tornare a casa in autonomia e non mi veniva in mente nessuno che potesse aiutarmi in quel momento.

Continuai a riflettere e, mentre la pioggia si faceva sempre più forte, mi venne l’illuminazione di cui avevo bisogno. Presi coraggio e mi rimisi in strada con la pioggia e il vento gelidi che mi sferzavano il viso, dirigendomi verso l’unica persona che abitava lì vicino e che avrebbe potuto darmi una mano in quella situazione.

Pochi minuti mi trovai davanti alla porta e suonai il campanello; rimasi in attesa di una risposta per quelli che mi parvero secoli e, proprio quando stavo per arrendermi, la porta si aprì rivelando un Alex a petto nudo, con indosso un pantalone della tuta grigio e i capelli ancora bagnati dalla doccia.

Cercai di darmi un contegno e lo salutai con un cenno della mano, lui mi squadrò dall’alto verso il basso e mi chiese: «Ehy Bea, cosa ci fai qui?»

«Sono rimasta a piedi e non posso tornare a casa, è un problema se resto qui per stasera?»

Alex, di tutta risposta, si spostò e mi fece entrare: «Nessun problema cariño, puoi restare quanto vuoi.»

Sorrisi e mi resi conto solo in quel momento delle condizioni in cui mi trovavo, dovevo essere uno spettacolo orrendo. Abbassai lo sguardo sui miei piedi, incerta su come comportarmi, e notai che gli avevo praticamente bagnato tutto l’appartamento; arrossii e scossi la testa, ero proprio un caso disperato.

«Oddio, scusami! Ho combinato un disastro!» 

Lui scoppiò a ridere e rispose: «Non ti preoccupare, basta passare il mocio e si risolve tutto» 

Io annuii e gli chiesi, sentendo le guance arrossarsi un po’: «Non è che potrei andare a farmi una doccia calda? Fuori fa un freddo impressionante e ho i vestiti fradici.»

Alex mi osservò attentamente e replicò: «Certo, vieni che te lo faccio vedere.»

Lo seguii e lo ascoltai attentamente mentre mi spiegava dove si trovavano gli asciugamani e, in caso di necessità, anche degli assorbenti.

Non potei fare a meno di chiedergli: «Come mai hai degli assorbenti in bagno? Ci vengono tante ragazze qui?»

Lui prese la maglietta che aveva lasciato appoggiata al lavandino, se la mise e mi rispose: «In realtà, escludendo Noel e mia madre, sei la prima che mette piede qui dentro.»

Non ci credetti più di tanto, mi sembrava troppo strano che un bel ragazzo come lui non avesse mai portato una ragazza in casa.

I miei pensieri vennero interrotti dalla sua voce: «Dai, ti lascio fare la doccia. Se hai bisogno di qualcosa sono di là»

Fece per allontanarsi, ma ci ripensò e decise che era una buona idea posarmi un piccolo bacio sulla guancia ed uscire dal bagno. Cercai di non pensare troppo al suo comportamento e, dopo essermi svestita, entrai in doccia sotto il getto d’acqua calda.

Mi rilassai completamente, eliminando tutto lo stress della giornata e, quando finii, mi resi conto che mi ero dimenticata di chiedergli dei vestiti da prestarmi. Uscii quindi in fretta e furia, presi un asciugamano dal mobile del bagno, me lo sistemai attorno al corpo e andai a cercarlo in salotto.

Lo trovai bello tranquillo, disteso sul divano mentre guardava un episodio de ‘La casa di carta’ su Netflix; tossicchiai leggermente per attirare la sua attenzione e, quando il suo sguardo incontrò il mio, mi sentii stranamente in soggezione.

Alex mi squadrò dalla testa ai piedi e, anche se non c’era niente da guardare, non potei fare a meno di arrossire. Per smorzare l’atmosfera gli chiesi: «Scusa se ti disturbo, ma avresti qualcosa da prestarmi? I miei vestiti sono tutti fradici e non ho dietro un cambio.»

Lui, senza dire una parola, si alzò e si diresse in quella che credo fosse camera sua, aprì qualche cassetto e ne tirò fuori una maglietta extra-large, un paio di boxer e un paio di pantaloni della tuta.

«Tieni, questi dovrebbero entrarti. Se vuoi, puoi cambiarti direttamente in camera mia o in bagno, come preferisci tu» disse porgendomi i capi d’abbigliamento che mi sarei dovuta mettere addosso.

«Grazie. Torno in bagno, mi cambio e arrivo» gli sorrisi leggermente e me ne andai, stando ben attenta a non far cadere quell’unico pezzo di stoffa che mi copriva.

Mi vestii e, una volta pronta, mi presi un attimo per guardarmi allo specchio: i suoi vestiti mi stavano anche meglio di quanto credessi e, altro punto a favore, avevano il suo profumo, proprio quello che mi aveva mandato il cervello in pappa la seconda volta che ci eravamo baciati.

Scossi la testa e raggiunsi il ragazzo in questione in salotto: «Ehy, eccomi. Grazie ancora!»

«Figurati.» Si fermò a fissarmi e, dopo qualche secondo, aggiunse: «Mi piaci con i miei vestiti addosso, ti donano.»

A quell’affermazione arrossii profondamente e, prima ancora che potessi replicare in qualche modo, mi si avvicinò abbracciandomi da dietro. Ogni fottuta volta che si comportava in quel modo, il mio mondo si fermava e non riuscivo più a capire nulla.

Sospirai lievemente e mi accoccolai ancora di più a lui, godendomi quel contatto così strano e piacevole per me.

Qualche secondo dopo, il campanello dell’appartamento suonò e fummo costretti a staccarci. Alex mi lanciò un’occhiata e disse: «Questa dev’essere la pizza che avevo ordinato, vado ad aprire. Tu resta qui, sinceramente non mi va molto a genio che un altro ragazzo ti veda con i miei vestiti addosso.»

All’udire quella frase, ebbi un piccolo mancamento e sentii qualcosa di particolare muoversi nel mio stomaco, speravo vivamente non si trattasse delle famose farfalle di cui parlavano sempre tutti e che io non provavo da tanti tanti anni.

  
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