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Autore: fleacartasi    28/05/2005    6 recensioni
"Nemmeno tu riesci a liberartene, vero?" Blaise si avvicinò di un passo, mettendo le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni. Lei sgranò gli occhi, incontrando lo sguardo del ragazzo. "Da…da che cosa?" Disse, con un filo di voce. "Da quei pensieri che ti fanno venire voglia di scappare, che ti fanno credere di essere la persona più spregevole ed inutile presente su questo mondo. Dalle quelle lacrime che ti colgono a tradimento, quando meno te lo aspetti…"
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Excepi noctis rorem - Raccolsi la rugiada della notte*

*Note*

Salve a tutti! Questa è una one-shot piuttosto delirante, che ho scritto oggi per rilassarmi un po' dopo una settimana scolastica davvero stressante...quindi vi dico subito che non garantisco nulla sulla sua qualità! ^_^"

I protagonisti sono Ginny e Blaise...ultimamente mi sto facendo particolarmente affascinare da questo personaggio, non so perchè...di sicuro ho iniziato ad apprezzarlo grazie alla mia fic culto su Hp, "The ground beneath her feet"! In questa shot in ogni caso c'è un Blaise parecchio differente da quello (fantastico!) tratteggiato dall'autrice di quel lavoro, Savannah...infatti è molto enigmatico, isolato da tutti gli Slytherin e *diverso*, nonostante faccia parte di una ricca famiglia di purosangue. Anche Ginevra è *insolita*, scontenta della sua vita e della sua famiglia, anche se si sente in colpa quando si vergogna per questo motivo. 

La fic è volutamente *incerta*, senza una trama precisa e con pochissimo spazio per il dialogo...beh, ve l'avevo detto che è delirante e senza senso! :P Per quanto riguarda il titolo...beh, è in latino perchè l'idea per questa one-shot mi è venuta mentre lo stavo studiando. Per la precisione stavo preparando dei brani di Ovidio per l'interrogazione, e ho trovato questa parola, ros-roris, che vuol dire appunto rugiada e che mi è piaciuta molto...così per curiosità sono andata a cercarla sul dizionario e ho trovato questa specie di frase fatta, che diceva appunto "raccogliere la rugiada notturna"...allora l'ho adattata un po', ed ecco qua!

Bene, ora la smetto di parlare perchè come al solito scrivo delle prefazioni più lunghe della storia stessa! Spero che vi piaccia e se vi va lasciate un commentino, di qualunque genere...mi fanno tanto piacere, come ripeto in continuazione! ^_^

Buona lettura!

-Flea-

***

 

 

*Excepi noctis rorem - Raccolsi la rugiada della notte*

 

Aveva sempre odiato la domenica. Quei sorrisi gioiosi, quel dolce far niente velato di una sottile colpa che impediva di gustare il meritato riposo, quei libri che sembravano guardare il loro proprietario con occhi minacciosi, ricordandogli che avrebbe dovuto riafferrarli molto presto…

Aveva sempre odiato l'inverno. Quegli spifferi gelidi che spazzavano i pavimenti, quel freddo pungente che si insinuava sotto i mantelli e le sciarpe di lana pesante, quella coltre di brina che appannava i vetri, nascondendo il mondo che pareva addormentato, morto per poi rinascere nel mese delle rose…

Aveva sempre odiato ottobre. Quelle giornate che sembravano non finire mai, quella nebbia lattiginosa che rendeva ogni momento simile a tanti altri, quella pioggia che lavava l'ampio cortile della scuola e i muri di pietra grigia, cancellando i segni chiari lasciati da un sole lontano…

Aveva sempre odiato ottobre, e dopotutto non si era mai stupita di essere nata in quel mese.

*

Aveva sempre amato la domenica. Le ore mattutine, silenziose e calme, le coltri scuri e calde, che avvolgevano gli studenti addormentati, i respiri regolari, le mani abbandonate lungo la sponda del letto a baldacchino, il profumo di gelsomino e limone del the ancora caldo, e l'aroma intenso del caffè nero…

Aveva sempre amato l'inverno. Il cielo di piombo, le nuvole minacciose come incubi all'orizzonte, il ticchettio serafico delle gocce d'acqua che battevano sul tetto, il profumo della lana, e la sua consistenza appena pungente sotto le dita arrossate dal freddo…

Aveva sempre amato ottobre. Il fuoco che scoppiettava nel camino e proiettava le sue ombre sottili sulle pareti rivestite di pannelli di legno, il tappeto color smeraldo su cui ci si poteva sdraiare, il rumore delle penne d'oca o di pavone che graffiavano la pergamena, velocemente e senza pietà alcuna, le grida degli studenti che assistevano alla prima partita di Quidditch della stagione, accalcati sulle tribune dello stadio assalite dal vento…

Aveva sempre amato ottobre, e si era sempre stupito di essere nato in quel mese.

*

Si era spesso chiesta cosa le permettesse di andare avanti, giorno dopo giorno. La sua vita le sembrava sempre di più un'accozzaglia senza senso alcuno. Un'accozzaglia di rabbia, frustrazione, sporadica allegria che subito scompariva, effimera come un arcobaleno dopo un temporale.

Quando si guardava allo specchio, il desiderio di infrangerlo con un pugno si impadroniva di lei con una forza che quasi non riusciva a contrastare. Osservava i suoi capelli sanguigni, osservava i suoi occhi color caffè, osservava la sua pelle bianca e costellata di efelidi, osservava le sue labbra sottili…e le ormai note lacrime salate, amare compagne che non la abbandonano mai, iniziavano a solcarle le guance.

Quando pensava a se stessa, e alla sua famiglia, un subdolo senso di vergogna strisciava in lei, lentamente. Era costretta ad indossare vestiti di seconda mano, ad utilizzare calderoni e libri di seconda mano, era costretta a tante, piccole rinunce di ogni tipo. Era sempre stata costretta a farlo. Sapeva bene che i suoi genitori avevano sempre cercato di non farle pesare, nei limiti del possibile, quella situazione, e sapeva altrettanto bene che era alquanto ingiusto permettere che quei pensieri le avvelenassero la mente, ma ormai non aveva più la forza per fermare la loro corsa. Riusciva a sentire gli sguardi di pietà dei suoi compagni, e i commenti di scherno che non provenivano solo dagli Slytherin come ci si potrebbe aspettare…

Si sentiva sporca, anche se non aveva fatto nulla. Anche se non ne aveva motivo. Sentiva la rabbia covare dentro di lei, come una malattia pronta a manifestarsi.

Perché esistevano persone ricche, belle, felici, ed altre come lei? Lei, che non era bella, che non era ricca, che era così inutile ed incapace…

Lei, che era così sola, ed infelice…

*

Si era spesso chiesto cosa gli permettesse di andare avanti, giorno dopo giorno. La sua vita gli sembrava sempre di più un'accozzaglia senza senso alcuno. Un'accozzaglia di ipocrisia, stupidi rituali che non aveva mai sentito come propri, sporadico senso di pace che subito volava via, come una piuma bianca sollevata dal vento di marzo.

Nonostante la ricchezza, nonostante il suo bell'aspetto, nonostante tutti i privilegi che la sua provenienza e la sua famiglia gli avrebbero potuto garantire, l'angoscia si stringeva attorno a lui, inesorabile.

Apparteneva ad una Casa con cui non aveva nulla da spartire, una Casa in cui non aveva trovato nemmeno un amico vero, ma solo ragazzi e ragazze che per lui erano poco più di conoscenti, o fugaci storie notturne, consumate sotto le lenzuola di raso. Apparteneva ad una Casa che gli aveva procurato la fama di bastardo, di futuro deatheater pronto a fare strage di halfblood o mudblood innocenti. Una fama da cui nessuno di Slytherin poteva sfuggire. Nemmeno lui, che si era rifiutato di abbracciare la causa di Lord Voldemort, come avrebbe desiderato la sua famiglia. Non era di certo un filobabbano, questo era certo. Ma in fondo pensava che quella guerra era insensata, solo un'occasione per spargere del sangue che poteva essere risparmiato. La purezza di sangue era sempre più rara, e ostinarsi a difenderla era una partita persa già in partenza.

Eppure, quando la sera si guardava allo specchio, aveva paura della luce che brillava nei suoi occhi. Il sangue puro che gli scorreva nelle vene pareva ribollire, esigere che anche lui impugnasse la bacchetta per difendere quella ristretta cerchia di famiglie ricche e potenti cui, volente o nolente, apparteneva. Non sapeva se sarebbe stato in grado di resistere…non sapeva se ne sarebbe stato capace.

Aveva iniziato a temere se stesso, in una notte di pioggia…

*

Il parco che circondava il castello di Hogwarts era deserto, quella mattina. La prima mattina di ottobre, con il suo cielo ancora scuro e segnato dalla notte appena trascorsa, e con quel lieve vento che tagliava la pelle, affilato come una scheggia di metallo.

La ragazza camminava piano, senza una meta precisa. Il mantello lungo e pesante l'avvolgeva del tutto, e la sciarpa rossa e oro le solleticava il collo. Era molto presto, e un debole sole si era appena affacciato sulla linea dell'orizzonte.

Quella domenica, ci sarebbe stata la prima gita dell'anno a Hogsmeade. Lei voleva rimanere un po' sola, prima di gettarsi nella mischia di persone che camminavano svelte nella via principale, prima di immergersi nelle chiacchiere allegre delle sue compagne, prima di osservare nelle vetrine oggetti e vestiti che non avrebbe mai potuto acquistare.

Ginevra Weasley stava continuando a camminare sul sentiero pieno di ciottoli, in direzione del lago, quando scorse una figura che si stava dirigendo verso di lei.

*

La quiete che si respirava quella mattina era irreale, quasi di sogno. La prima mattina di ottobre, con i raggi del debole sole d'autunno che tingevano le foglie degli alberi ormai secche di riflessi rossastri, e accarezzavano la superficie del lago.

Il ragazzo camminava piano, senza una meta precisa. Indossava solo un maglione color fumo e i pantaloni della divisa, ma non sentiva freddo. Era molto presto, ma era sveglio già da un'ora, o forse più.

Quella domenica, ci sarebbe stata la prima gita dell'anno a Hogsmeade. Non si sarebbe andato, come sempre. Hogwarts acquistava un fascino particolare, quando era deserta, o quasi. Le sue scale che cambiavano placidamente direzione, qualche angolo o passaggio segreto ancora da scoprire, il lieve profumo di dolci che si percepiva nei pressi delle cucine, le alte finestre bifore…

Blaise Zabini stava continuando a camminare sul sentiero pieno di ciottoli, in direzione del castello, quando scorse una figura che si stava dirigendo verso di lui.

*

Non sapeva molto su di lui. Di certo, era uno Slytherin atipico, almeno all'apparenza. Taciturno, solitario, di solito camminava da solo lungo i corridoi, e pareva quasi sentirsi fuori posto. Come se non facesse anch'egli parte degli studenti, come se fosse capitato in quel luogo per sbaglio. Ginny non l'aveva mai visto prendersi gioco di un Hufflepluff o di un Gryffindor, come di solito facevano i suoi compagni di Casa, né tanto meno divertirsi a provocare Harry, o chiunque altro, durante le lezioni di Snape, che puntualmente fingeva di non accorgersi di nulla.

Tuttavia, la ragazza si era sempre sentita intimorita da Blaise Zabini. Era molto ricco, era un pureblood che apparteneva ad una famiglia piuttosto importante ed antica. Era bello, con i capelli scuri scompigliati, appena più lunghi della norma, e gli occhi verdi ed enigmatici.

Era tutto ciò che lei avrebbe voluto essere…

*

Non sapeva poi molto su di lei, nonostante suo fratello Ron fosse il migliore amico di Harry Potter, e nonostante il suo rapimento quando aveva appena undici anni, che aveva gettato un totale scompiglio a Hogwarts.

Sapeva che i Weasley erano numerosi, e anche poveri, a giudicare dalle numerose frecciate caustiche che Draco Malfoy si divertiva a lanciarle quando la incontrava.

Ma sapeva anche che i suoi fratelli erano molto affezionati a lei. Ron, e fino a due anni prima anche Fred e George, l'avevano osservata da lontano, e avevano vegliato su di lei, come ombre. E sapeva che i suoi genitori dovevano volerle molto bene, a giudicare dalle numerose lettere che riceveva da casa, e che leggeva seduta al tavolo di Gryffindor, appoggiandole alla caraffa del succo di zucca…

Sapeva che Ginevra avrebbe sempre potuto contare sulla sua famiglia, e questo gli bastava per invidiarla con tutte le sue forze.

*

Non parlarono, finché non furono vicini. Si guardarono negli occhi, per qualche istante, senza muoversi.

Poi Blaise sorrise. "Non hai caldo?" Le domandò, con gentilezza. Come se si conoscessero da sempre. Come se non appartenessero a due Case rivali, e fossero quasi obbligati ad odiarsi.

Ginny si sentì arrossire, e si limitò a scrollare le spalle. Era vero, faceva ancora caldo per indossare il suo mantello più pesante.

"Cosa ci fai qui a quest'ora?" Le chiese ancora, le labbra ancora increspate in un sorriso.

"Non riuscivo a dormire…" Rispose lei, abbassando gli occhi.

"Nemmeno tu riesci a liberartene, vero?" Blaise si avvicinò di un passo, mettendo le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni.

Lei sgranò gli occhi, incontrando lo sguardo del ragazzo. "Da…da che cosa?" Disse, con un filo di voce.

"Da quei pensieri che ti fanno venire voglia di scappare, che ti fanno credere di essere la persona più spregevole ed inutile presente su questo mondo. Dalle quelle lacrime che ti colgono a tradimento, quando meno te lo aspetti…"

Ginevra indietreggiò appena. Come faceva lui…a sapere? "Tu…" Sussurrò. Si sentiva senza fiato, debole.

"L'ho letto nei tuoi occhi, l'ho capito da come ti comporti, da come parli…noi siamo più simili di quanto credi, Ginevra Weasley" Disse Blaise, sfiorandole il braccio con un tocco leggero, quasi impercettibile.

Ginny sentì un brivido percorrerle il corpo. "Anche tu…Blaise?"

Lui annuì, prima di chinarsi. "Abbassati anche tu" La invitò, con un gesto della mano.

Lei obbedì, quasi trascinata da una forza invisibile. L'erba era bagnata, fresca.

Blaise aprì il palmo, mostrandoglielo. "Ho raccolto la rugiada della notte" Le spiegò, mentre il suo sorriso si allargava. "Come vedi, Ginevra, non siamo gli unici a piangere quando nessuno ci vede"

Il ragazzo si rialzò, asciugandosi la mano sulla lana grigia e morbida, e continuando a guardarla con un'espressione calma. Un'espressione che lo faceva sembrare ancora più bello.

Ginny rimase ferma, e lo guardò.

"Arrivederci, Ginevra" Le disse ancora, con voce serena, prima di voltarsi e riprendere a camminare verso il castello.

Ginny accarezzò con la mano l'erba, gelida sotto le sue dita.

*Ho raccolto la rugiada della notte*

Pensò, sorridendo.

 

 

 

  
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