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Autore: LaMicheCoria    30/04/2024    1 recensioni
"Nulla. Ti guardavo."
"Perchè?"
Remus gli poggia la mano destra sulla guancia ruvida, mentre col pollice traccia il disegno di una vecchia carezza.
"Per vedere se fossi ancora tu." inclina appena il volto, socchiudendo le palpebre "Per accertarmi che fossi di nuovo qui."

[Remus/Sirius] [Il Prigioniero di Azkaban]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'Strada Facendo :.'
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono.

La storia è stata scritta senza fine di lucro.




The Oxygen I Breathe

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"Solo tu potevi rubare uno stendardo di Grifondoro mentre scappavi dal Ministero, Pads."
"Moony, detto così lo fai quasi sembrare un reato."
Lupin ride, ma è costretto a fermarsi nel momento in cui la voce s'incaglia alla gola e le spalle nude s'accartocciano sotto il tessuto rosso e oro in cui Sirius lo ha avvolto.
L'aria del primo mattino soffia contro il di loro il proprio, freddo respiro e di quando in quando Fierobecco spalanca le ali, come a volerli riparare -Come a volerli nascondere.
"Non avresti dovuto perdere tempo con me. Se ti trovassero---"
"Non lo faranno."
La mano ossuta di Sirius si chiude attorno alle dita magre di Remus. Una stretta forte, in un corpo nervoso e fragile, toccato dalla fame, dalla malattia, dalla vendetta, dal rancore. Dall'amore, quell'amore capace di mutarsi in fiamma rovente che incendia i pensieri, che permea il cuore come ferro, che sazia la fame e acquieta la sete.
L'amore che ha portato Black da lui, quando l'alba ha scalzato con una spallata le ultime stelle rimaste attaccate alla sua schiena.
Remus gridava. Ululava. Gemeva. Guaiva.
Forse piangeva e gli occhi colavano fuori dalle orbite, oltre la bocca storta in un parossismo famelico dove forse erano denti ed erano lingua e zanna già più non era; un raggio di sole gli aveva trafitto la spalla incurvata all'indietro, aveva divelto un ginocchio, quindi frantumato e riassestato quella che da lì a poco sarebbe stata l'articolare del gomito, aveva dato fuoco alla coda pendula, floscia, al manto lercio di fango per scoprire la pelle nuda e giallastra e graffiata e morsa.
Non più lupo, meno di un essere umano, Lupin si era accucciato con la fronte premuta sull'erba, leccando, raspando con la lingua le gocce di rugiada sopravvissute alla notte, le unghie affondate tra le foglie e gli steli, a cercare un appiglio, a pregare per qualcosa di concreto.
E aveva pianto, Remus, vomitando l'ultima, efferata resistenza della Bestia. Aveva pianto e ancora piangeva quando Sirius era sceso con un balzo da dorso dell'Ippogrifo, tra le mani uno stendardo strappato con fare maledestro, forse con una unghiata, forse con una beccata, ma che importava? Era caduto sulle ginocchia, lacerando quelle poche cuciture ancora salde nei suoi pantaloni, e lo aveva coperto, lo aveva abbracciato, lo aveva stretto -
Remus, ripeteva, Remus, sono qui, Remus, sono qui, sono qui, Remus.
Ora, Lupin solleva gli occhi a guardarlo, un sorriso di sbieco sulle labbra. L'altro arriccia il naso, facendo incavare gli occhi dentro le orbite come nella parodia di un teschio su cui la pelle troppo tesa ha rivelato il bianco dell'osso.
"Nulla. Ti guardavo."
"Perchè?"
Remus gli poggia la mano destra sulla guancia ruvida, mentre col pollice traccia il disegno di una vecchia carezza.
"Per vedere se fossi ancora tu." inclina appena il volto, socchiudendo le palpebre "Per accertarmi che fossi di nuovo qui."
Black gli mostra l'arco superiore dei denti, a preludio di una risata che non arriva, ma viene sostituita dal tocco della sua bocca sul palmo -Remus non capisce se lo sta annusando, se sta frugando nella memoria tattile il ricordo di una dolcezza ora dimenticata, o se semplicemente è un modo di fare di quando, nella sua forma canina, era solito poggiargli il muso tra le dita e rimanere così, per lunghi minuti, con le orecchie all'indietro e gli occhi liquidi chiudi, il naso palpitante di gioia.
"E qual è la risposta, Moony?"
"La risposta è che non te ne sai mai andato, Pads."
"Nemmeno tu." sussurra Sirius e per un istante, anche per colpa, o merito, di un colpo di luce, gli occhi di lui tornano vividi, vivaci,
vivi. "Sei sempre rimasto con me. Sempre. Nei ricordi cui mi aggrappavo ogni notte per non impazzire."
Lupin abbassa il braccio, lasciando che il bacio di Sirius sulle proprie dita rimanga sospeso tra di loro per qualche istante.
"Ma i Dissennatori..."
"Si nutrono dei ricordi e dei pensieri felici." confermò l'altro "Ed il mio non lo era."
Remus si ritrae, si fa guardingo ed il sorriso che compare sul volto di Black è il più triste,
umano che gli abbia mai visto.
"Il ricordo che avevo di te è della notte in cui te ne sei andato." spiega "Le tue scarpe sul vialetto d'ingresso. Come si è piegato l'angolo del tuo soprabito quando hai aperto la porta. Il suono dell'ultimo gradino, quello che scricchiolava sempre -Quante volte ti ho svegliato perché dimenticavo di saltarlo!" latra una risata, che di risata non ha nulla se non il sussulto della gola ed il suono prolungato "Il ricordo cui mi aggrappavo era quello della tua schiena, Moony, e ogni notte, ogni singola notte, pensavo a quanto fossi stato stupido a non fermarti. A dirti tutto ciò che avevo dentro. A convincerti a restare, a trascorrere il resto della vita al fianco di un cane rognoso dal carattere impossibile, ma che cucinava le uova sbattute con pancetta più buone di tutta l'Inghilterra."
"L'ultima parte te la sei inventata."
"Moony, posso scherzare su molte cose, ma non sulle mie
scrambled eggs."
"Pads, cagnaccio rognoso che non sei altro, io intendevo--"
Sirius gli prende il volto tra le mani, tracciando due lacrime a punta di dita, dagli angoli degli occhi fino alla base del mento. E non lascia i suoi occhi, non abbandona il suo sguardo e se piangesse, Remus ne è sicuro, se piangesse sarebbe più semplice accettare quella disperazione, quel vuoto desolante della sua espressione, il suono vacuo del suo cuore che affonda nel petto, l'eco dei rimpianti, dei rimorsi, rimbalzato e ripetuto per dodici anni tra le mura di Azkaban.
"Vorrei solo non fosse troppo tardi."
Sirius poggia la fronte sulla sua -Ed è allora che arriva il primo singhiozzo, quindi il secondo, il terzo, in sequenza, a scuotergli le vertebre tintinnanti lungo il profilo della spina dorsale e le spalle ossute e il bacino troppo stretto, troppo spigoloso, e le ginocchia aguzze ed i piedi riarsi.
"Ti prego." sussurra "Ti prego, Remus, ti prego, dimmi che non è troppo tardi."
E l'altro, alcuni giorni dopo, dall'interno dello studio ormai vuoto, a guardare nella direzione dove ha visto Fierobecco farsi via via sempre più piccolo fino a scomparire, si racconterà di non aver risposto semplicemente perché la voce di Black era troppo flebile e lo stormire delle foglie troppo forte per capire cosa avesse detto.




You'll be the saddest part of me
A part of me that will never be mine
It's obvious
Tonight is gonna be the loneliest
You're still the oxygen I breathe
I see your face when I close my eyes
It's torturous
Tonight is gonna be the loneliest.”

The Loneliest - Maneskin

   
 
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