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Autore: Rahel Frieden    02/05/2024    0 recensioni
Nel momento in cui suo padre la fa convocare per un incontro urgente, Aida Musaeva sa che il suo destino sta per compiersi, e la sua vita a Zvedza sta per finire. Non è bella come le se sorelle e sa di essere l'ultima scelta per le alleanze del principe, ma è pronta ad accettare il proprio fato...
- Prequel del romanzo Il custode di Kallestandt -
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Zvedza,
14° giorno del settimo mese, 3373

“Potresti raccogliere i capelli, così, cara.”
Farida le fece scivolare due ciocche di capelli dietro alle orecchie e le tenne congiunte dietro alla nuca con la mano. Guardò Aida attraverso lo specchio.
“Va bene, madre.”
L’entusiasmo negli occhi di Farida era palpabile. Raramente la vedeva così felice.
“Oh, Aida, non fare così. Sposarti con un uomo di quel calibro! Non è una cosa per tutti. Certo, il Bezirsten è lontano, ma…”
“Certo. Capisco.” Si sforzò di sorriderle, e per un momento sembrò quasi sincera.
“So che sei spaventata. Lo ero anche io, quando mi hanno detto che avrei dovuto sposare tuo padre!”
Aida annuì con educazione.
Aveva già sentito quella storia tante volte, non le interessava che la madre gliela raccontasse ancora.
“Era un bell’uomo una volta, sai? E anche io lo ero!” Scoppiò a ridere e si batté una mano sul ventre. “Ma cosa vuoi farci? Alla fine, il corpo cede, quando si hanno così tanti figli…”
Aida lo sapeva bene. Aveva solo vaghi ricordi della sua infanzia, quando, tra una gravidanza e l’altra, sua madre aveva il fisico snello delle sue sorelle. Poi, un figlio alla volta, il suo corpo si era ammorbidito e allargato fino ad arrivare a com’era adesso, grasso e molle e poco attraente.
Dopo trent’anni di matrimonio, otto figli nati vivi e quattro nati morti, era già tanto che fosse ancora in salute.
Aida represse un brivido. 
Sua madre era conosciuta tra i nobili di Zvedza per la sua fertilità, e sia Olga che Nadia avevano dimostrato di aver ereditato quella dote dalla madre. Sperava di non dover scoprire se fosse lo stesso per lei. Di certo non aveva alcuna intenzione di mettere al mondo una mezza dozzina di figli.
“Sei silenziosa, bambina.” Farida prese la spazzola dal tavolo da toeletta. Iniziò a pettinarle i capelli all’indietro, glieli fermò sulla nuca con un fermaglio d’argento e poi continuò a passare la spazzola lungo tutta la lunghezza, fino alla punte.
Di solito era Yarmilla a occuparsi della scelta dei suoi abiti, di pettinarla e prepararla per la giornata.  Nessuno sembrava credere che fosse in grado di vestirsi e lavarsi da sola, e anche se si era abituata alle mani di Yarmilla, non riusciva a farsi piacere quelle di Farida.
“Sto solo pensando, madre.”
“Ma è un bell’uomo, no? Il ritratto non è di tuo gusto?”
“È bello, sì” concesse lei, anche se non era quella la prima parola che le era venuta in mente quando aveva visto il volto di Shanna Konigsmann.
“Sei preoccupata per i tuoi doveri? Non è così male, sai.”
Avrebbe dovuto immaginare che il motivo per cui sua madre aveva insistito per restare da sola con lei fosse proprio per quel tipo di discorso, e sapeva che non doveva dirle che non aveva nulla da imparare, in merito. Lauthar entrava nella sua camera ormai da diverso tempo, e prima di lui c’era stato quel breve periodo con Rehman. 
“Sì, un po’” mentì.
“Le prime volte sarà difficile, ma poi ti ci abituerai” disse Farida. 
Aprì il portagioie in marmo poggiato sul tavolo, ne estrasse un grumo di collane e iniziò a selezionarle. 
“Speriamo che tu metta al mondo un erede al più presto. È vero che è l’ultimogenito, ma è bene sigillare l’accordo il prima possibile.”
Aveva il tono pratico di un mercante che sceglieva la vacca migliore al mercato.
Aida non ebbe cuore di dirle che, in relazione a quel dovere in particolare, non aveva particolarmente fretta.
“Ci vorrà molto per il ritratto?” domandò, sperando di sviare la madre da quell’argomento.
“Ci vorrà il tempo che ci vuole” rispose Farida. Aveva scelto una collana ampia, con un pendente d’oro grande quanto una noce. Gliela provò, lasciandola scivolare sulla sua scollatura in modo che risaltasse tra le sue forme.
Aveva scelto per lei un abito con un corpetto attillato, e uno scollo così profondo che Aida temeva che se si fosse mossa troppo bruscamente avrebbe lasciato vedere parti del suo corpo che avrebbe preferito tenere coperte. Sembrava che Farida non vedesse l’ora di mostrare al suo futuro genero l’abbondanza del seno di Aida, che a quanto pareva, era il suo solo lato positivo. 
“A che tipo di accordo porta il mio matrimonio?”
“A una donna non devono interessare gli affari politici” rispose Farida con tono secco. 
Anche suo padre diceva sempre così.
Aida sospirò. Sapeva che non era cosa che la riguardasse, ma non capiva che tipo di vantaggio potesse produrre mandarla così lontano.
Farida la guardò, addolcì lo sguardo.
“La flotta di tuo padre è di grande interesse per i conti” spiegò a bassa voce, come se le stesse rivelando un gran segreto, “e anche se non sembrano avere interesse per le pietre preziose, ce ne sono molte altre che hanno degli usi più pratici.”
Aida annuì.
“Sembra un accordo molto importante.”
“Lo è! Che cosa dici, è meglio aggiungere un filo di perle tra i capelli? Dicono che il pittore sia il migliore di Zvedza, ma non vorrei che non riuscisse a cogliere la lucentezza nel modo giusto…”
“Come desideri. Forse sarebbe meglio tenere il ritratto più semplice? In modo che il conte possa vedere… Come sono”
Farida le rivolse uno sguardo compassionevole e non ci fu bisogno che rispondesse perché Aida intuisse quello che avrebbe voluto dirle. Evitare di mostrargli come fosse davvero era proprio lo scopo del ritratto.
Sentì la rabbia ribollirle nello stomaco e la delusione serrarle la gola, ma assopì entrambe e sorrise.
“Meglio aggiungere le perle, sì” concesse.
Lasciò che la madre le intrecciasse tra i suoi capelli, mentre canticchiava una canzone di cui Aida non ricordava le parole.
I conti volevano le pietre e le navi; suo padre voleva la nobiltà. I principi dell’Akodeku non avevano importanza, ma un principe imparentato con un Conte? Quello cambiava tutto.
Musaev si sarebbe potuto vantare dei propri legami con tutto il concilio dei principi, con la corte del sommo sovrano e persino con i mercanti degli Stati vicini. Avrebbe ottenuto una reputazione che nessun altro a Zvedza poteva sognarsi.
Alla fin fine, i conti stranieri non erano poi così tanti, ed erano il massimo grado di nobiltà a cui una principessa akodesa potesse aspirare.
Farida lavorò in silenzio per il resto del tempo. Nemmeno Aida aveva granché voglia di parlare, e tenne lo sguardo fisso fuori dalla finestra, sul giardino del castello e sul verde dell’erba.
Quando sua madre si ritenne soddisfatta del lavoro che aveva fatto, la fece alzare e voltare verso di lei.
Unì le mani al petto, un’espressione di orgoglio e commozione in volto.
“Sei splendida.”
“Grazie, madre.”
Farida le si avvicinò, le poggiò i palmi caldi e morbidi delle mani sulle guance.
“So che è un momento difficile per te, e che non capisci tante cose. Ma vedi, Aida, il tuo matrimonio è il più importante tra tutti quelli che abbiamo celebrato finora. Cambierà per sempre il destino della nostra famiglia, e non potevamo scegliere una figlia migliore per questo. Il conte sarà buono con te, e il Bezirsten ti piacerà.”
“Credevo che il Bezirsten non vi piacesse.” Ricordava qualche vecchia discussione, l’espressione di disapprovazione di sua madre ogni volta che si nominava quel Paese.
“Hanno delle usanze che non condivido” ammise lei “e che sono lontane dal nostro modo di vivere. Ma tutto sommato, credo che tu e la tua testolina rivoluzionaria vi troverete bene, lì. La Contessa è una donna, no?”  Cercò di mascherare il suo tono di disgusto, ma Aida lo percepì comunque.
“È anche madre di quattro figli” le ricordò. 
Perché mai si ostinava a voler difendere la famiglia dei conti? Non aveva importanza se a sua madre o a Lauthar piacessero o meno. Era lei quella che sarebbe stata costretta a viverci in mezzo.
“Sì, sì, giusto. Oh, dicono che sia una donna straordinaria.” Sputò l’ultima parola come se fosse stata la peggiore delle offese.
Aida ritenne più saggio non replicare. 
Se non altro, in Bezirsten il sentimento comune sembrava essere una profonda indifferenza al fatto che una donna prendesse decisioni politiche. Non doveva essere tanto male, considerato che era seduta al suo posto da ben quarant’anni e che nessuno era ancora riuscito ad assassinarla, come succedeva molto più di frequente con i suoi pari uomini.
“In ogni caso, terrò a mente gli insegnamenti che mi avete dato, madre” disse, più per far contenta la donna che per reale convinzione. 
Qualcosa, nelle parole di Farida, aveva acceso una scintilla di interesse in lei.
Avrebbe sposato Shanna Konigsmann e sarebbe stata a contatto con Amalia Lewerentz-Konigsmann, una delle figure politiche di più grande importanza del panorama internazionale. 
Era un’occasione molto più grande di quella che aveva considerato fino a quel momento.
In Akodeku l’unica speranza che avrebbe potuto nutrire per il futuro sarebbe stata quella di un buon matrimonio e molti figli, ma in Bezirsten, le cose potevano essere diverse.
Se a Zvedza il matrimonio era solo un punto d’arrivo, era pur possibile che a Kallestandt fosse un punto di partenza.
   
 
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