IL DOTTOR OZU
" Un' adorabile folle "
12:00 p.m
Sopracciglia
aggrottate e mani giunte.
La pasta fuma
placida, il profumo sottile del sugo di pomodoro ormai ha raggiunto la finestra
che si affaccia sui giardinetti pubblici. Marc Antoine, il cuoco, ventisei
anni, è sicuro, dannatamente sicuro, che quella pasta sia invitante. Diamine,
se quella non fosse stata una pasta ma un piatto di alta cucina, con tutto
l'impegno che ci aveva messo di sicuro si sarebbe meritato cinque stelline
Michelin.
E solo per un piatto!
- Non farci caso Emme
- gli dice Sabina, mentre con aria annoiata scarta il suo panino con cetrioli e
mostarda.
- Ma Esse, ci ho
messo tutto il mio impegno in quel piatto - si lagna lui guardando esasperato
il Maestro.
- E' solo scocciato,
Emme. A quanto pare Cassandrà è riuscita a strappargli un'ora di seduta-
Uno sguardo di puro
compatimento su disegna sul volto abbronzato di Marc.
- Povero Maestro -
commenta passandosi una mano tra i corti capelli rossi. Sabina schiocca la
lingua e, finalmente, l'ultimo pezzo di stagnola abbandona il panino iniziando
a volteggiare pigramente verso il cestino.
15:01
- Dov'è andato a
finire il canarino? -
Il dottor Ozu sospira
sconsolato: perché mai ha acconsentito a tale " follia "?
- Quale canarino, Kà?
Lo sai che poco sopporto i pennuti -
Kà dondola la testa,
i morbidi boccoli biondi che ondeggiano mentre gli occhi spalancati sono fissi
su un punto tra la finestra ed un tavolino pieno di cartacce.
- Me lo ricordo
invece: era un pappagallino carino carino, con il becco viola e le penne gialle
-
- Penso tu ti stia
confondendo con un extra-terrestre, Kà -
Un sorriso si disegna
sulle labbra pallide.
- Era un pappagallino
tanto dolce: ogni volta che veniva da te si strofinava con la sua testina ed il beccuccio si attorcigliava sempre
attorno ad una delle mie gambe - dice mimando il movimento sinuoso di un'onda con
le mani.
Ozu la guarda un po’
perplesso.
- Quello era Rufus,
il gatto di quella vecchia megera di Maria di Sforza. Ogni volta che veniva se
lo portava dietro e poi me lo mollava qui. Avevo tutti i divani pieni di peli-
Cassandrà si alza in
piedi e comincia a guardarsi nervosamente in giro. La testa dondola ancora,
dolcemente, avanti ed indietro, le braccia si lasciano cullare. Solo le mani,
strette a pugno, attorno alle maniche del maglioncino rosa pallido, tradiscono
lo stato d’ansia della ragazza.
Ozu la guarda in
silenzio.
Gli occhialetti rotondi
scivolano un poco sul naso e lui, con gesto meccanico, li toglie posandoli sul
tavolo.
- Dottore, hai
mangiato tacchino a pranzo? – chiede Cassandrà, leccandosi inconsciamente le
labbra.
- No, pasta al
pomodoro –
I corti riccioli
biondi si agitano leggermente.
Poi Cassandrà si
irrigidisce.
E Ozu sospira
sconfortato.
- Dottoreeee!!! -
- Dimmi Drà –
La ragazza si gira,
gli occhi sono ridotti a fessure, il naso è arricciato, le labbra tirate.
- Perché ho indosso
questo schifoso maglioncino acrilico rosa? - chiede lei indicando il povero
indumento con aria schifata.
- Magari a Kà piace –
- Kà è una capra
quando si tratta di vestiti. Anzi, a dire il vero, è una capra in tutto –
sibila Drà con malignità.
Quindi, di scatto, si
leva il maglione e lo scaraventa fuori dalla finestra.
- Spero con questa
mia azione non le abbia arrecato alcun fastidio, dottore – mormora con falsa
dolcezza, mentre con movimenti lenti e volutamente sensuali si risiede. Gli
occhi sono ancora ridotti a fessure, le gambe sono accavallate e le mani, ora
rilassate, stringono languidamente i braccioli della poltroncina.
- Allora dottore, di
cosa parliamo?-
Ozu raddrizza la
schiena ed inforca gli occhiali: - Di quello che vuoi, Drà –
La ragazza sorride:
- Sesso, droga e rock’n roll ?-
- Qualcosa di più
facile da trattare? So che sei un adolescente e che tutti i tuoi problemi si
ricollegano al – e qui si schiarisce la voce – …sesso, ma ci sono molti altri
argomenti di cui potremmo trattare -
Drà si stiracchia, la
leggera camicetta bianca che lascia intravedere più di quello che dovrebbe.
L’occhio cade.
La preda è in
trappola e la cacciatrice si lecca le labbra compiaciuta.
- Davvero dottore ,
vuoi proprio parlare del tempo?-
16: 25
- Esse? -
La testa di Marc fa
capolino dalla porta.
Sabina alza lo
sguardo dal suo nuovo libro, “ Il novecento Kazako attraverso gli occhi di un
micetto “ : - Stai andando a casa?-
Il giovane cuoco
annuisce ed entra nella stanza.
- Volevo dare questa
torta al dottore prima di andarmene, per ringraziarlo della visita di settimana
scorsa – dice, mostrando una scatola in cartone verde.
- Non penso che sia
in grado di ricevere qualcuno –
- E perché?-
La ragazza ridacchia:
- Penso che Cassandrà l’abbia sfiancato più del solito, ha annullato tutte le
visite per oggi ed è da più di dieci minuti che ha la testa poggiata sulla
scrivania –
- Devono essere
particolarmente impegnative le sessioni di quella ragazza - mormora il ragazzo,
poggiando la scatola sulla scrivania dell’amica.
- Oho, davvero, Emme,
tu non hai idea di quanto possano essere sfiancanti le sue sessioni, in fondo
Cassandrà è un’ adorabile folle –
mormora lei, riprendendo la lettura del suo libro.
Marc la guarda
perplesso ma capisce che sarebbe un suicidio chiedere il motivo di tale
allusioni nei confronti del dottore. Quindi sta zitto e con un leggero cenno
del capo saluta Sabina.
Talvolta, determinate
cose è meglio non saperle.
O perlomeno, è meglio
non chiedere.