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Autore: martaelena    20/09/2009    1 recensioni
Tra il caffè ed il toast alla marmellata, Maria scende le scale.
Di solito, indossa una vestaglia azzurrina, con farfalle bianche ricamate, i lunghi capelli castani sono raccolti in una coda di cavallo imprecisa, gli occhi sono segnati da profonde occhiaie.
Non dorme molto Maria.
- Buongiorno - sussurra lei mestamente avvicinandosi al frigo con aria concentrata.
- Buongiorno - risponde Ozu - dormito bene stanotte? -
- Due ore o più poco. Il vento fuori distraeva a continuare- [...]
( Capitolo III )
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ozu2

 

IL DOTTOR OZU

 

" Un' adorabile folle "

 

 

 

12:00 p.m

 

Sopracciglia aggrottate e mani giunte.

La pasta fuma placida, il profumo sottile del sugo di pomodoro ormai ha raggiunto la finestra che si affaccia sui giardinetti pubblici. Marc Antoine, il cuoco, ventisei anni, è sicuro, dannatamente sicuro, che quella pasta sia invitante. Diamine, se quella non fosse stata una pasta ma un piatto di alta cucina, con tutto l'impegno che ci aveva messo di sicuro si sarebbe meritato cinque stelline Michelin.

E solo per un piatto!

- Non farci caso Emme - gli dice Sabina, mentre con aria annoiata scarta il suo panino con cetrioli e mostarda.

- Ma Esse, ci ho messo tutto il mio impegno in quel piatto - si lagna lui guardando esasperato il Maestro.

- E' solo scocciato, Emme. A quanto pare Cassandrà è riuscita a strappargli un'ora di seduta-

Uno sguardo di puro compatimento su disegna sul volto abbronzato di Marc.

- Povero Maestro - commenta passandosi una mano tra i corti capelli rossi. Sabina schiocca la lingua e, finalmente, l'ultimo pezzo di stagnola abbandona il panino iniziando a volteggiare pigramente verso il cestino.

 

 

15:01

 

- Dov'è andato a finire il canarino? -

Il dottor Ozu sospira sconsolato: perché mai ha acconsentito a tale " follia "?

- Quale canarino, Kà? Lo sai che poco sopporto i pennuti -

Kà dondola la testa, i morbidi boccoli biondi che ondeggiano mentre gli occhi spalancati sono fissi su un punto tra la finestra ed un tavolino pieno di cartacce.

- Me lo ricordo invece: era un pappagallino carino carino, con il becco viola e le penne gialle -

- Penso tu ti stia confondendo con un extra-terrestre, Kà -

Un sorriso si disegna sulle labbra pallide.

- Era un pappagallino tanto dolce: ogni volta che veniva da te si strofinava con la sua testina  ed il beccuccio si attorcigliava sempre attorno ad una delle mie gambe - dice mimando il movimento sinuoso di un'onda con le mani.

Ozu la guarda un po’ perplesso.

- Quello era Rufus, il gatto di quella vecchia megera di Maria di Sforza. Ogni volta che veniva se lo portava dietro e poi me lo mollava qui. Avevo tutti i divani pieni di peli-

Cassandrà si alza in piedi e comincia a guardarsi nervosamente in giro. La testa dondola ancora, dolcemente, avanti ed indietro, le braccia si lasciano cullare. Solo le mani, strette a pugno, attorno alle maniche del maglioncino rosa pallido, tradiscono lo stato d’ansia della ragazza.

Ozu la guarda in silenzio.

Gli occhialetti rotondi scivolano un poco sul naso e lui, con gesto meccanico, li toglie posandoli sul tavolo.

- Dottore, hai mangiato tacchino a pranzo? – chiede Cassandrà, leccandosi inconsciamente le labbra.

- No, pasta al pomodoro –

I corti riccioli biondi si agitano leggermente.

Poi Cassandrà si irrigidisce.

E Ozu sospira sconfortato.

- Dottoreeee!!! -

- Dimmi Drà –

La ragazza si gira, gli occhi sono ridotti a fessure, il naso è arricciato, le labbra tirate.

- Perché ho indosso questo schifoso maglioncino acrilico rosa? - chiede lei indicando il povero indumento con aria schifata.

- Magari a Kà piace –

- Kà è una capra quando si tratta di vestiti. Anzi, a dire il vero, è una capra in tutto – sibila Drà con malignità.

Quindi, di scatto, si leva il maglione e lo scaraventa fuori dalla finestra.

- Spero con questa mia azione non le abbia arrecato alcun fastidio, dottore – mormora con falsa dolcezza, mentre con movimenti lenti e volutamente sensuali si risiede. Gli occhi sono ancora ridotti a fessure, le gambe sono accavallate e le mani, ora rilassate, stringono languidamente i braccioli della poltroncina.

- Allora dottore, di cosa parliamo?-

Ozu raddrizza la schiena ed inforca gli occhiali: - Di quello che vuoi, Drà –

La ragazza sorride: -  Sesso, droga e rock’n roll ?-

- Qualcosa di più facile da trattare? So che sei un adolescente e che tutti i tuoi problemi si ricollegano al – e qui si schiarisce la voce – …sesso, ma ci sono molti altri argomenti di cui potremmo trattare -

Drà si stiracchia, la leggera camicetta bianca che lascia intravedere più di quello che dovrebbe.

L’occhio cade.

La preda è in trappola e la cacciatrice si lecca le labbra compiaciuta.

- Davvero dottore , vuoi proprio parlare del tempo?-

 

 

16: 25

 

- Esse? -

La testa di Marc fa capolino dalla porta.

Sabina alza lo sguardo dal suo nuovo libro, “ Il novecento Kazako attraverso gli occhi di un micetto “ : - Stai andando a casa?-

Il giovane cuoco annuisce ed entra nella stanza.

- Volevo dare questa torta al dottore prima di andarmene, per ringraziarlo della visita di settimana scorsa – dice, mostrando una scatola in cartone verde.

- Non penso che sia in grado di ricevere qualcuno –

- E perché?-

La ragazza ridacchia: - Penso che Cassandrà l’abbia sfiancato più del solito, ha annullato tutte le visite per oggi ed è da più di dieci minuti che ha la testa poggiata sulla scrivania –

- Devono essere particolarmente impegnative le sessioni di quella ragazza - mormora il ragazzo, poggiando la scatola sulla scrivania dell’amica.

- Oho, davvero, Emme, tu non hai idea di quanto possano essere sfiancanti le sue sessioni, in fondo Cassandrà è un’ adorabile folle – mormora lei, riprendendo la lettura del suo libro.

Marc la guarda perplesso ma capisce che sarebbe un suicidio chiedere il motivo di tale allusioni nei confronti del dottore. Quindi sta zitto e con un leggero cenno del capo saluta Sabina.

Talvolta, determinate cose è meglio non saperle.

O perlomeno, è meglio non chiedere.

 

 

 

 

 

 

 

  
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