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Autore: nes95    20/09/2009    9 recensioni
Ad un tratto la porta rossa si aprì, e così successe. Le ragazze gli corsero incontro urlando e lui le accolse con aria da super star. Io rimasi ferma lì. Mi sembrava che il tempo di fosse fermato; mi sembrava che niente, da quel momento in poi, avesse potuto cambiare il mio umore. Lui era di fronte a me. Tra tutte quelle ragazze che gli sparavano decine di flash sul viso e gli mettevano davanti foglietti bianchi e diari, e mi guardava. Sì, mi guardava. Ero ipnotizzata. Quella massa di fan urlanti continuava a fargli firmare autografi ed allungavano il braccio per farsi foto con lui. Io però, guardavo ancora lui. Il suo sguardo cadeva curioso su di me. Io, che rimanevo ferma immobile, incapace di compiere qulasiasi azione, ero in grado solo di sostenere quello sguardo. Prima long fic con protagonista il malizioso Nick Jonas, dedicata a tutte le persone che l'hanno resa possibile e a voi ragazzi che mi sostenete!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Amy e Nick <3'
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Ciao a tutte ragazze! E dopo la prima settimana di scuola per voi, ecco l’ultimo capitolo di questa Fic, wow, che emozione! mi sento un po’ strana, soprattutto perchè lavoro a questa storia da Gennaio di quest’anno, è un po’ come parte di me. Però mi rallegra il fatto che ci sarà un seguito, se voi lo volete, un po’ particolare, ma comunque… Ok, ora passiamo ai ringraziamenti.

Ada: eh, si si, Hai proprio ragione, io ho ricevuto compiti al primo giorno di scuola, e al secondo abbiamo cominciato con Biologia… lasciamo stare! Speroc he anche questo capitolo ti piaccia!

jeeee: Hai ragione, ma vorrei vedere te a sorprendere il tuo ragazzo mentre bacia la sua sexy ex ragazza!

Socia: ok, io ho pronto il primo capitolo del seguito di This Is A Promise, te lo mando appena posto il capitolo, ora ti lascio che mi stai chiamando, e voglio anche la recensione della scimmia!

Martina: ehi bellissima! Sono troppo felice che la storia ti pioaccia e mi dispiace che ti porti alla pazzia! Ma vedrai, si sistemerà tutto!!

Chiara: La mia geniaccia! Vedi, la tua attesa è terminata, e tu sei arrivata a 98 recensioni, quindi ora ti tocca “Bar”!! Ihih, evviva le nostre menti geniali!

Annalisa: Ciao! Sono felice che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, anche io sono della tua stessa opinione. Mamma mia, se ti ha lasciata una ragione ci dev’essere, no? Pensaci e invece di rovinare le coppie felici e innamorate, scrivi una canzone, o fai qualsiasi altra cosa! Ahah, ora vedrai nel capitolo! Un bacione!

Meggie: Ho risposto alla tua mail, ma ne sono due perchè al cellulare finiscono i caratteri e ne ho inviate due! Sono felice che il capitolo ti piaccia! Io aspetto la tua anteprima, eh! Mi raccomando! Un bacione, Pia

Ora breve spazio pubblicitario! Andate a leggere la Fic PBM- Perfavore sii mia, una storia mia e della mia carissima socia! E Già che ci siete lasciate una recensione!! Poi… siete invitate a leggere anche la storia della mia carissima amica Chiara, “Un incontro fortunato” credetemi, vi farete un mare di risate! E lasciate una recensione, mi raccomando, perchè il suo ego ne ha bisogno! E poi se raggiunge le 100 ha in serbo una bella sorpresina!! Ok, ho finito! Ascoltatemi, non ve ne pentirete!

 

 

"La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno."
(M. Gandhi)

 

Se c’era una cosa di cui ero certa era che quella sera sarebbe stata magica. Indossai il vestito blu, le scarpe (http://images.eonline.com/eol_images/Entire_Site/20080822/293.Gomez.Selena.082208.jpg)

ed aggiustai trucco e parrucco, poi mi dichiarai pronta. Presi il cellulare e composi il numero che oramai sapevo a memoria. Ovviamente sempre lo stesso risultato.

“Siamo spiacenti, ma l’utente chiamato non è al momento raggiungibile. La preghiamo di provare più tardi…” disse la vocina meccanica, come ogni volta che la chiamavo, Joe entrò in camera mia in quel momento.

“Niente ancora?” chiese, io scossi la testa.

“Come sta lui?” chiesi, lui chiuse gli occhi prima di rispondere.

“Un pazzo, la  chiama diecimila volte al giorno, non suona o canta più e non sa dove sia Amy… perchè non glielo dici?” chiese, io risi istericamente.

“Ci tengo alla pelle, io” risposi solo, senza che me l’aspettassi mi strinse a sè baciandomi.

“Non pensiamo a quei due per stanotte, stasera siamo solo tu, io e basta. Insieme” disse, mi sentii non poco emozionata, scendemmo in starda e salimmo sulla sua auto.

 

Il ballo era davvero… puccioso, tutto sul rosso, pieno di cuori e amore e… da far venire i brividi praticamente.

“Ehm… bello” disse lui stringendomi la mano, io risi piano e ricambiai la stretta, poi notammo una Porshe parcheggiata poco distante, ovviamente di Nick.

Indossava un jeans e la cravatta, stava seduto in auto con lo sportello aperto e la musica a palla.

“Ciao cognatino depresso” salutai con un sorriso, lui mi guardò con un mezzo sorriso triste, poi tornò a guardare il via vai degli studenti “lei non verrà stasera” dissi.

“Lo so” rispose solo.

“Allora cosa fai?” chiese Joe irritato.

“Che cazzo te ne frega, eh? Non lo sai come sto… tu non lo puoi sapere” urlò quasi, mi spaventai un po’ per quello che aveva detto, chiusi gli occhi, poi estrassi un pezzetto di carta dalla borsetta

“Ce l’hai una penna?” chiesi, lui annuì e mi porse l’oggetto in questione, scrissi velocemente l’indirizzo e lo diedi a Joe “io non ho fatto niente” disse, poi Joe diede il pezzetto di carta al fratello, lo salutammo e ci dirigemmo verso l’entrata.

“Ah, eh… è l’ultima opportunità che hai con lei. Falla soffrire ancora, poi te la vedrai con me.” disse girandomi d’un tratto, lui sorrise e fece un cenno con la mano, poi uscì in fretta da parcheggio.

 

“Non è tanto male” disse ridendo Joe, avevo una faccia schifata alla vista di tutti quei cuori…

“Già. Ho bisogno di andare via di qui.” dissi facendolo ridere di più. Fortunatamente nessuno aveva fatto caso a lui, era meglio così. In quel momento ci raggiunsero Sam e Max, con due bellissime ragazze, che classificai come due oche. Erano del secondo anno.

“Ciao bellezza!” esclamarono baciandomi la mano e facendomi ridere, poi salutarono il mio ragazzo.

“Lei è Susy” disse Sam indicando la sua accompagnatrice, che si mangiava con gli occhi Joe.

“Lei e Karen” disse Max, la ragazza imitava la sua amica, strinsi di più la mano di Joe e gli baciai una guancia, poi tirai i miei migliori amici verso un angolo della sala.

“E quelle dove le avrete trovate?” chiesi scandalizzata “Hilary?” chiesi pèoi rivolta a Sam “E Sereena?” dissi poi a Max, loro mi guardarono male.

“Guardale” disse Max “sono perfette. Non sanno nemmeno che esistiamo”

“Stupidi” replicai solo guadagnadomi una loro occhiataccia “se non ci provate non saprete mai come fate ad esserne sicuri?” chiesi retorica, poi tornai dal mio ragazzo e lo trascinai a ballare. Vidi solo che Max si avvicinava alla bionda e timidissima Sereena mentre Sam alla popolare Hilary, poi le due ochette che piangevano in un angolo.

Sorrisi e tornai ad appoggiare la testa sulla spalla di Joe, che mi baciò la testa.

“Sei stata bravissima con loro” disse riferendosi ai miei amici.

“Grazie” risposi, ripensai a quel pomeriggio, al grazie detto in un’altra occasione…

“Ok ragazzi… ora rallentiamo!” disse il Dj facendo partire Don’t Cry. Mi strinsi al suo petto e cominciammo a dondolare seguendo il ritmo.

“Joe?” dissi alzando la testa dal suo petto, lui mi guardò sorridendo.

“Che c’è?” chiese. Rimasi un attimo interdetta, prima di rispondere.

“Ti amo” dissi, lui mi baciò e sorrise.

“Grazie!” rispose, risi e tornammo a ballare.

 

 

Stavo male.

Era come se tutto mi scivolasse intorno senza che me ne accorgessi, stavo ore seduta dulla sedia a dondolo della mia nuova stanza, non mi interessava della cameriera che entrava per portarmi da mangiare, di mio padre che bazzicava sempre dalle mie parti, delle chiamate dei ragazzi. Non avevo contatti con nessuno. Lui mi aveva chiamato una decina di volte, l’unica volta che Alex era riuscita a mettersi in contatto con me mi aveva detto che era come un pazzo. A me non interessava, se lui soffriva ci stavo male, ma se lui soffriva per aver fatto soffrire me… non volevo vederlo mai più.

Faceva freddo, c’era la neve e dal picolo cottage dov’ero potevo vedere il parco illuminato, solitamente passavo le giornate con la chitarra in mano. Strimpellavo pezzi senza senso, parti di canzoni più o meno conosciute, il telefono continuava a vibrare. Messaggi, chiamate, mail… alla fine, in preda ad un attacco di rabbia lo avevo scaraventato per terra, frantumandolo. Mio padre era accorso in camera spaventato, non usciva mai da quando eravamo arrivati, le ero grata per questo, mi sentivo sola.

“Cucciola” aveva mormorato abbracciandomi, gli avevo inzuppato la camicia per tutta la notte, il giorno dopo ero tornata la Amy di sempre. Bè, sempre da quattro giorni a quella parte.

Alex era venuta a trovarmi, era l’unica che riusciva a capirmi, era rimasta in silenzio un intero giorno, poi le dissi le uniche parole della giornata. “Se mi vuoi bene lasciami sola” e lei aveva fatto le valigie, lasciandomi un cellulare di emergenza, lo tenevo spento dentro una valigia.

“Amy, scendi a cena?” disse mio padre, sapeva già la risposta, ma ogni sera ci provava.

“No papà, grazie” dissi, lui annuì e disse che la cameriera sarebbe passata a portarmi qualcosa, annuii e tornai a strimpellare. Ormai le mani mi facevano un gran male, avevano iniziato anche a sanguinare una volta. Avevo messo dei cerotti e rimpugnato la chitarra.

Guardavo fuori dal balcone, con la porta completamente in vetro. Aveva smesso di nevicare da un po’, ma le previsioni, da quanto avevo capito dalle parole di mio padre, davano neve per tutta la settimana.

Ero ancora vestita, rimediai subito, indossai un pigiama pesante, verse con delle scritte, poi sopra ci misi un felpone, il suo. Era un’ abitudine che aveva preso prima di partire, quando ancora stavano insieme. Non sapevo nemmeno fosse in valigia, Alex sapeva che ne avrei avuto bisogno.

“Scusi signorina, posso entrare?” una donna sulla trentina, bionda e con l’uniforme perfettamente stirata entrò in camera e posò il vassoio della cena sulla scrivania.

“Può farmi un favore?” chiesi, era la prima volta che parlavo con lei di mia spontanea volontà.

“Certo” disse lei meccanicamente.

“Non mi sento molto bene, mi porta un’aspirina? E porti via queta roba” dissi, lei annuì e mi lasciò solo il dolce, ne mangiai un pezzetto e presi la medicina, poi la donna uscì liberando la stanza, mi stesi sul letto e caddi nel dormiveglia.

 

Rimasi in quell posizione per un paio d’ore, rannicchiata in posizione fetale, la chitarra abbandonata da qualche parte sul pavimento, poi sentii una voce, sapevo che non era la sua.

She walks away
Colors fade to gray
Every precious moment's now a waste

Mi diedi mentalmente della stupida, stavo per scoppiare a piangere per una stupida illusione. Lui non sapeva dov’ero, non sapeva dov’era la mia stanza e soprattutto… a lui non importava niente di me, chiusi forte gli occhi, concentrandomi sul rumore dei miei respiri.

She hits the gas
Hoping it would pass
The red light starts to flash
It's time to wait

Non era possibile, la voce aveva ricominciato a cantare, la mia testa mi odiava. Cantava LA canzone, la nostra canzone. Ricordai quando me l’aveva dedicata, quel giorno, al mare.

“Sembra che stia parlando di te” aveva detto sorridendo. Una lacrima minacciò di scendere, mi passai una mano sul volto e cambiai posizione.

And the black keys
Never looks so beautiful
And a perfect rainbow never seems so dull

Non ce la facevo più. Aprii piano gli occhi.

And the lights out
Never had this brighter glow
And the black keys
Showing me a world I never would know

Scossi la testa, era impossibile che lui… non volevo nemmeno pensarci. Mi alzai piano dal letto e mi avvicinai alla porta, coperta dalle tendine, e lui era lì.

World I never knew

Finì il ritornello guardandomi fissa negli occhi. Avrei voluto… lanciarmi addosso a lui, baciarlo e dirgli che mi era mancato terribilmente. Invece rimasi lì ferma, con le lacrime che minacciavano seriamente di scendere.

Era lì, mi fissava. Indossava un jeans nero e la camicia bianca, portava la cravatta e la giacca elegante. Aveva appuntato un fiore all’occhiello.

“Nick…” mormorai solo, lui mi guardava solo, con un mezzo sorriso “va via” dissi.

“No… Amy no. Ti prego” sussurrò avvicinandosi e prendendomi la mano, la scostai bruscamente e lo guardai male. Lui mi prese il viso tra le mani.

“Sono un coglione. Io… avrei dovuto parlartene, dirti che lei ce l’aveva con me.”

“Ma non l’hai fatto” dissi.

“No, ma ti giuro che volevo. E ora guardami come mi sono ridotto, a chiederti perdono in ginocchio, aspettandomi da un momento all’altro che tu chiami qualcuno e mi mandi via. o che mi cacci personalmente” continuò.

“Se lo sai perchè sei venuto?” chiesi allora leggermente più animata.

“Perchè ti amo. E sapere che ti sto facendo soffrire… Ti giuro che vorrei uccidermi in questo momento. Dentro sono già morto da tanto, da quella sera.Sono uno stupido coglione. Uno stupido coglione a cui manchi incredibilmente e che ti sta chiedendo di perdonarlo, perchè ti ama alla follia” disse, lo guardai piangendo quasi.

“Mi hai mentito” dissi con una lacrima che mi bagnava la guancia.

“Sono un bugiardo. Ma sono cambiato… ti amo” disse ancora, mi guardò un attimo. Ormai le lacrime scendevano libere, dentro di me una lotta tra cuore e cervello.

Mi guardava speranzoso, ma io ero in tilt. Rimasi a pensare per non so quanto, l’unica cosa di cui mi accorsi fu la presa delle sue mani che lasciavano il mio viso, si voltò indietro.

Solo allora capii, era l’ultima occasione che avevo, ora o mai più. La mano si allungò autamaticamente verso di lui, stringendo la sua, più grande e calda.

“Aspetta” dissi, lui si voltò e mi guardò, poi gli buttai le braccia al collo.

“Mi sei mancato” dissi stretta dalle sue braccia, lui sorrise e mi baciò piano le labbra.

“Anche tu” rispose, ero felice.

 

Alla fine chiarimmo. Rimanemmo seduti fuori al balcone per tutta la serata, avevo chiuso a chiave la porta della mia stanza e mi ero rofugiata tra le sue braccia. Continuava a darsi dello stupido, io lo lasciavo fare, non aveva tutti i torte alla fine.

“Perchè ti sei vestito così particolare?” chiesi ad un tratto. Nick si alzò e fece un giro su se stesso.

“Non ti piaccio?” chiese, io ridendo mi alzai.

“Certo che mi piaci, ma è un abbigliamento strano per chiedere scusa” dissi solo, Nick annuì.

“Infatti” disse “c’è un motivo particolare” ammise, poi mi strinse nella classica posa da ballo.

“Ovvero?” chiesi stranita.

“Sai che giorno è oggi?” chiese, scossi la testa, poi ricordai.

“Il quattordici Febbraio” dissi, il giorno del ballo. Sorrisi.

“Non avrai intenzione di…” disse mentre mi stringeva la schiena, mosse un passo deciso, io mi limitai a seguirlo.

“Se tu non vai al ballo…” disse “il ballo viene qui da te” iniziò a nevicare, i capelli si sporcarono subito ma non ci pensammo. Ignorando il freddo continuammo a ballare.

“Dimmi che non mi lascerai mai” dissi.

“Te lo prometto” rispose, poi sugellammo il tutto con un bacio.

  
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