“L’alta politica non è altro che applicare
il senso comune agli affari di Stato.”
(Napoleone Bonaparte)
CAPITOLO 1
L’UNIONE
Riverdale era la più
piccola, la più isolata, la più lontana delle Ventiquattro Province che
componevano l’Unione di Patria; da lì ci si impiegava meno ad arrivare a Faria che a Mickarn.
La catena del Galath discendendo da nord protendeva le sue impervie cime
fin nel cuore dello Stato puntellandolo di strette valli, prati scoscesi e grandi
laghi traboccanti di pesce: non certo l’ambiente ideale per installare quelle
famose piantagioni che nel sud e nell’ovest si estendevano a perdita d’occhio
fin oltre l’orizzonte, e per le quali l’Unione era famosa.
Questo ovviamente
non voleva dire che anche a Riverdale non vi fosse
possibilità di ottenere ricchezze e prestigio, o che non vi fosse una classe
aristocratica che anche lì come altrove amministrasse il potere.
Tra tutte le
ricche dimore signorili che sorgevano qua e là sia entro le mura della città
che nei terreni circostanti, la più bella e appariscente di tutte era sicuramente
quella della famiglia Medici.
Era passato tanto
tempo dall’ultima volta che Michael era tornato a casa, e rivedere il posto in
cui era cresciuto suscitava in lui un misto di nostalgia e malinconia.
«Ragazzo mio.»
disse un’anziana signora venendogli incontro appena sceso dalla carrozza. «Finalmente
sei tornato.»
«Buongiorno,
vecchia Betsy.» rispose lui con un sorriso
«Guarda quanto sei
cresciuto. Mi sembra solo ieri che eri un bimbo scalmanato che correva avanti e
indietro per tutta la proprietà.»
«Erano altri
tempi. Confesso che mi mancano.»
«Anche a me.»
«Vi ringrazio di
prendervi cura della proprietà in mia assenza. È merito vostro se questo posto
è rimasto bello e ben tenuto nonostante tutto.»
«Ma ti pare, per
così poco. Dopotutto è merito vostro se ho potuto sfamare i miei figli e
mettergli un tetto sulla testa quando la nostra attività è andata in rovina.»
«E i vostri figli
come stanno?»
«Bene. Ora hanno
tutti e due il loro terreno e si danno da fare per farlo prosperare. Non ti
ringrazierò mai abbastanza per aver fatto in modo che ci concedessero quel
prestito.»
«È sempre un
piacere. Riverdale non è Elordia,
o Felisia, o Mickarn. Ma è
piena di gente di buona volontà, e anche la sua terra può dare buoni frutti se
la si tratta con amore.»
L’anziana signora
sorrise: «Mi sembra di essere tornata ai tempi dei tuoi primi comizi, quando
parlavi ai tuoi amici in salotto.»
«E voi mi
sculacciavate perché stando in piedi sulla scrivania di papà la sporcavo
tutta.»
«Ne hai fatta di
strada da allora. Ma in qualche modo ho sempre saputo che eri destinato ad
andare lontano. Te lo leggevo negli occhi e lo percepivo nelle tue parole.»
«Vi ringrazio. Ora
penso che andrò a trovare i miei genitori.»
«Naturalmente.
Sono sicura che saranno felici di vederti.»
Il signore e la
signora Medici attendevano il loro unico e adoratissimo figlio al solito posto,
sotto la grande quercia in cima alla collinetta che dominava la tenuta,
circondata da alberi da frutto, recinti di animali e serre.
Per l’occasione
Michael aveva portato loro i doni che più amavano: rose blu di Jarvis per lei, una bottiglia di ottimo liquore di Mickarn per lui.
«Papà. Mamma.»
disse sedendosi sull’erba. «Sono tornato, finalmente. Mi dispiace di essere
stato via così a lungo. Come immaginerete, da alcuni anni a questa parte il mio
lavoro è aumentato notevolmente. Ma voglio dirvi che penso sempre a voi, e a
tutti gli insegnamenti che mi avete lasciato. Ho cercato di essere sempre
all’altezza delle vostre speranze. E il sogno che avevate per questa terra, ora
sto facendo del mio meglio per provare a renderlo reale. Purtroppo, non tutto
va sempre come si vorrebbe.»
Il giovane a quel
punto sembrò incupirsi, assumendo un’aria malinconica: «A volte è così
difficile riuscire a mettere tutti d’accordo. Ma non sono un ingenuo. So perché
hanno deciso di mettermi addosso questo peso. Mi ripeto sempre che non voglio
essere il loro pupazzo, ma in certi momenti mi domando chi sia davvero a tirare
le redini. Forse dovrei cercare di essere più come te, papà. Tu non hai mai
permesso che fossero gli altri a decidere per te. Hai seguito i tuoi ideali e
le tue convinzioni fino alla fine. La verità è che mi sento smarrito, e
comincio a chiedermi se sarò davvero in grado di migliorare le cose.»
Come un segno
divino, una strana e piacevole brezza di vento scese sul colle facendo
ondeggiare i capelli di Michael che per un attimo si sentì pervadere da una
sensazione di quiete, come se qualcuno lo stesse avvolgendo in un tenero
abbraccio.
«Se potessero
vederti, i tuoi genitori sarebbero così fieri di te.» disse la vecchia Betsy raggiungendolo sulla collina
«Voi dite? Loro
non avevano niente quando hanno incominciato. Hanno preso questa terra in cui
non cresceva niente, e guardate in che cosa l’hanno trasformata. Io ho avuto
tutto fin dal primo giorno, e nonostante ciò non riesco a fare andare d’accordo
ventiquattro persone che pensano solo a sé stesse.»
«Il Signore e la
Signora hanno difeso le loro idee e le loro convinzioni fino alla fine, e sono
sicura che voi vi state impegnando anima e corpo a fare lo stesso. È nella
vostra natura.»
«Forse. Ma ne sarò
in grado?»
«Non arrendetevi
mai. E qualsiasi cosa accada, ricordate sempre che i vostri genitori sono con
voi in ogni momento.»
Il passaggio lungo
la strada che costeggiava la tenuta di un nutrito gruppo di cavalieri distolse
il giovane dai suoi pensieri.
«Che succede?»
«È già da qualche
giorno che sono aumentati i controlli. Sembra abbiano catturato una spia.»
«Una spia? Da
dove?»
«Dallo Stato
Libero.»
«Presumo che ora
sia chiusa in prigione.»
«Sì. Un amico di
mio figlio mi ha detto che stanno provando a interrogarla, perché temono che
possano essercene delle altre.»
Michael era
scappato dalla capitale per riposarsi, e teoricamente la cosa non avrebbe
dovuto interessargli.
Ma lui era fatto
così, incapace di non pensare al lavoro e di fare a meno di preoccuparsi per
tutto e tutti. Anche perché sapendo come la pensavano ancora molti suoi
compatrioti riguardo ai mostri temeva che qualche guardia si facesse prendere
la mano.
Così prima ancora
di svuotare i bagagli montò a cavallo e fece ritorno in città raggiungendo la
prigione.
Le guardie
naturalmente non avevano alcuna intenzione di farlo entrare, almeno fino a
quando non si abbassò il cappuccio del mantello facendoli subito scattare
sull’attenti.
«Signor
Presidente, vi prego di scusarci! Non avevamo idea che foste voi!»
«Riposo, soldato.
Allora? Dov’è questa spia?»
La prigioniera era un satiro, molto giovane, e come
Michael temeva gli uomini del magistrato non si erano trattenuti nel tentativo
di estorcerle informazioni.
Ma lei aveva
resistito forte di una soglia del dolore e della sopportazione che sembrava
senza fine, conservando oltretutto un’espressione serafica e quasi impassibile
che serviva solo a far montare ancora di più la frustrazione dei suoi
carcerieri.
«Michael.» disse
il magistrato quando entrò nella cella
«Charles, amico
mio.»
«Quando sei
tornato?»
«Questa mattina.
Non starete un po’ esagerando? Era davvero necessario usare la cera?»
«Scusa, lo sai che
neanche io condivido questo genere di procedure. Ma il sindaco e il governatore
mi stanno con il fiato sul collo. Da quando è arrivata la notizia che lo Stato
Libero ha invaso Eirinn sono diventati tutti nervosi.»
«Sì, ti capisco.
Anche a Mickarn è la stessa cosa.»
«Con tutto quello
che sta succedendo è strano trovarti qui. Immagino sarete pieni di cose da
fare.»
«Il Congresso ha
chiuso i battenti per la festa di fine estate. Ho cercato di convincerli a
prolungare i lavori per poter gestire meglio questa crisi, ma senza successo.»
«Roba da matti.
Mezza Erthea sembra sul punto di scoppiare, però quegli alti papaveri non
rinunciano di certo alle loro vacanze.»
L’attenzione di Micheal si spostò quindi su di un documento appoggiato sul
tavolo della cella.
«E questo?»
«Glielo abbiamo
trovato addosso quando l’abbiamo catturata.»
«Che lingua è? Non
l’ho mai vista.»
«Nemmeno io.
Crediamo sia un codice, ma anche ammesso che lei sappia come tradurlo non c’è
stato verso di farle dire una parola. È come cercare di far parlare una
roccia.»
Il giovane
presidente si rivolse allora alla prigioniera.
«Che cos’è questo
documento? Che cosa c’è scritto?»
Lei si limitò a
sollevare un momento lo sguardo, fissandolo con quella sua aria disinteressata
e gli occhi semichiusi a causa delle botte.
«Faresti meglio a
parlare con noi, ragazzina. Altrimenti la cosa passerà nelle mani della polizia
militare, e ti assicuro che loro sono assai meno comprensivi di noi.»
«Charles, per
favore. Potresti lasciarmi qualche minuto solo con lei?»
Il suo vecchio
amico e compagno di scuola fece qualche storia ma alla fine obbedì, anche
perché era impossibile non farlo quando a chiederti una cosa è il Presidente
dell’Unione.
Quando lui e le
tre guardie se ne furono andate, Michael allentò la catena quel tanto che
bastava per permettere alla prigioniera di poggiare gli zoccoli a terra.
«Io mi chiamo
Michael. Michael Medici.» quindi le offrì una ciotola d’acqua. «Hai sete?»
Lei girò lo
sguardo, anche se le sue labbra secche tradivano ciò che si rifiutava di dire.
«Puoi dirmi come
ti chiami?»
«… Tecla…»
«Tecla, eh? È un
nome del sud. Sei originaria dell’Unione?»
«Quando appartieni
alla nostra specie ha poca importanza in quale nazione umana tu nasca, sei
comunque uno schiavo. Mi hanno comprata quando avevo cinque anni e portata in
una piantagione, quando ne avevo tredici sono stata rivenduta e sono tornata al
nord.»
«Ed è per questo
che vi siete ribellati? Per essere liberi?»
«Tu non lo
faresti?»
Stavolta fu
Michael a distogliere lo sguardo.
«Ho sentito
parlare molto del vostro leader. Daemon. Si direbbe una persona molto capace.»
«Ci ha detto che
potevamo essere liberi e lo abbiamo seguito. E ha mantenuto la parola. Ora non
c’è più nessuno a dirci cosa dobbiamo fare. Siamo padroni delle nostre vite.»
«Eppure, ora vi ha
trascinati in una guerra.»
«Non è stata una sua
decisione. Ci hanno attaccati, e noi ci stiamo difendendo. È un messaggio. Un
messaggio rivolto anche a voi. Così tutti saprete cosa succede a chi pensa di
rubarci la libertà che abbiamo conquistato.»
Tra i due vi fu
quindi un acceso duello di sguardi, in cui sembrava che ognuno cercasse di
leggere nella mente dell’altro.
«Esigere la
libertà è assolutamente legittimo, per quanto mi riguarda. I miei antenati
hanno combattuto una lunga guerra in nome di essa, perché ritenevano che Parn ce l’avesse negata troppo a lungo. Credevamo di poter
essere migliori di loro, e abbiamo creato un sistema in cui nessuno avrebbe mai
più potuto fregiarsi del titolo di re convinti che questo sarebbe bastato. Ma
ogni tanto mi chiedo se un uomo possa davvero aspirare alla completa libertà. Che
lo chiami padrone, re, o anche solo Presidente, non è forse la stessa cosa? Ci
sarà sempre qualcuno sopra di te che pretende di dirti come devi vivere la tua
vita. Del resto però, se permettessimo ad ogni uomo di comportarsi come meglio crede,
non finiremmo forse per rassomigliare alle bestie della foresta? Per non
parlare del fatto che anche tra gli animali esiste una gerarchia, in cui il più
forte comanda sul più debole.»
Tecla per un
momento sembrò confusa, ma la sua natura subito riprese il sopravvento.
«Tu fai discorsi
troppo difficili. Il punto è che ora posso mangiare, dormire e andare dove
voglio. E se per poterlo fare devo fare quello che mi chiede Daemon, non mi
interessa. È pur sempre una decisione che ho preso io.»
Capendo che non
c’era possibilità di stabilire un dialogo Michael dovette arrendersi.
Tuttavia, non
riuscì a trattenersi dal fare un’ultima considerazione.
«Questo Daemon è
sicuramente un tipo capace di toccare le coscienze di chiunque incontri.
Ammetto che mi piacerebbe avere un po’ del suo carisma.»
«E quindi? Cosa succederà ora a quella povera
ragazza?»
Per celebrare il
ritorno a casa del suo pupillo la vecchia Betsy aveva
rispolverato tutte le sue abilità di cuoca preparandogli i suoi piatti
preferiti, ma se Michael si sforzava di mangiare era solo per non darle un
dispiacere.
«Purtroppo Charles
e gli altri non sono riusciti a cavarne fuori niente, quindi non hanno avuto
altra scelta. Tra qualche giorno sarà portata a Mickarn
e affidata alla polizia militare.»
«È così giovane.
Cosa pensi che le faranno?»
«Lei è solo un
corriere, ma il documento codificato che le è stato trovato addosso dimostra
che probabilmente vi è una efficace rete di spie dello Stato Libero attiva a
vari livelli nel nostro Paese. È un caso di sicurezza nazionale, e io non posso
farci niente.»
«Ma tu sei il
Presidente. Davvero non c’è niente che puoi fare?»
«In realtà i miei
poteri sono molto più limitati di quanto si potrebbe pensare. Si potrebbe quasi
dire che io non possa fare nulla senza l’autorizzazione del Congresso o della
Camera dei Lord. E sfortunatamente quando c’è di mezzo la sicurezza nazionale
l’unico ad avere voce in capitolo è il capo dello spionaggio, ovvero il
Marchese Bruyne.»
Ma era abbastanza
chiaro che non era solo questo a turbare i pensieri del giovane capo di stato.
«Purtroppo vecchia
Betsy, la situazione è molto seria. All’inizio c’era
solo un po’ di preoccupazione, ma da quando lo Stato Libero ha attaccato Eirinn
questa si è trasformata in paura. Sia il Congresso che la Camera sono divisi,
ma il numero di coloro che premono per agire aumenta ogni giorno di più. E io
temo che presto non sarò più in grado di oppormi a una loro decisione.»
«Ma se l’Impero
dovesse reagire?»
«È quello che
cerco di fargli capire, ma la cosa mi si sta ritorcendo contro. I più fanatici
pensano che proprio per questo sarebbe il caso di agire subito, prima che
l’Imperatore decida di prendere in mano la situazione.»
«Credete che lo
farà?»
«Dipenderà tutto
dall’esito di questa guerra. Ma a prescindere da chi vincerà, è abbastanza
ovvio che la situazione non resterà tranquilla a lungo. Come se questo Daemon
fosse un avversario come gli altri. Non l’ho mai incontrato di persona, ma mi è
bastato leggere i rapporti per farmi venire i brividi al solo pensiero di
trovarmi di fronte a lui sul campo di battaglia.»
Solo in un secondo
momento Michael si ricordò che teoricamente era tornato a casa per concedersi
un po’ di riposo, e non per scervellarsi ulteriormente sui molti problemi che
il suo ruolo comportava.
E se lo stufato di
manzo con la salsa di pesche o le verdure al miele non bastavano a
rasserenargli l’animo e spingerlo a pensare ad altro, il semifreddo alla
vaniglia che una giovane domestica volpe gli portò a chiusura della cena lo
fece quasi tornare bambino.
«È buonissimo,
Maya. Grazie.»
«È sempre un
piacere, Mich… volevo dire, Signor Padrone.»
La ragazza quasi
svenne per l’imbarazzo quando ritirando la coppetta sfiorò senza volerlo le
dita del giovane, scappando via tutta rossa in volto sotto lo sguardo divertito
della vecchia Betsy.
«È rimasta una
bambina. Si imbarazza anche per le cose più semplici.»
«O forse sei tu
che anche dopo tutti questi anni ancora non hai imparato a leggere tra le
righe.»
Ogni volta che
vedeva la sua amica d’infanzia costretta a lavorare come cameriera invece di
poter inseguire i suoi sogni Michael ricordava perché aveva deciso di fare ciò
che aveva fatto della sua vita.
E purtroppo questo
bastò per riportare alla sua mente pensieri che almeno per quella sera avrebbe voluto
lasciare fuori dalla porta.
«Quasi invidio
questo Daemon. Lui non ha dovuto fare i conti con una massa di proprietari
terrieri arraffoni ed egoisti. Forse dopotutto è vero che a volte la spada è
l’unica soluzione a problemi complessi.»
«Ancora non si
vede la fine?»
«Riverdale è un’eccezione, ma altrove sono in pochi a
saltare di gioia all’idea di rinunciare al lavoro degli schiavi. Attualmente il
Congresso è in una situazione di assoluto equilibrio, mentre alla Camera dei
Lord gli schiavisti sono ancora in vantaggio.»
«Il solito
problema di sempre. Gli stati meridionali sono più ricchi e più popolosi,
quindi hanno maggior peso politico.»
«E paradossalmente
la Rivoluzione ha solo reso le cose più difficili. Con quello che succede nello
Stato Libero, l’ultima cosa di cui molti proprietari terrieri vogliono sentir
parlare è l’abolizione dello schiavismo. Ma quello che è davvero ironico è che
coloro che fanno di tutto per rallentare i lavori sono gli stessi che mesi fa
sono corsi a stipulare contratti con i ribelli per vendergli grano e cereali.
Viviamo davvero in un mondo alla rovescia.»
Per cercare di
mettere un po’ di ordine nei suoi pensieri, una volta terminata la cena Michael
decise di ritirarsi in biblioteca, perdendosi per un po’ nella tranquillità di
uno di quei racconti di avventura che da bambino aveva letto fino a consumare
le pagine.
Un tempo per lui
era così facile lasciarsi trasportare da tutte quelle storie di valorosi
condottieri e principi illuminati che con perseveranza riuscivano sempre a
raggiungere i propri scopi, e per anni aveva sognato il momento in cui avrebbe
potuto seguirne le orme.
Ma la realtà era
molto diversa da un libro di favole, e questo crescendo l’aveva capito prima
ancora di mettere piede a Mickarn.
L’Unione poteva
essere tante cose, ma di sicuro non un posto dove fosse facile portare dei
cambiamenti: troppe voci in disaccordo che si parlavano l’una sull’altra,
troppi interessi diversi ed opposti a scontrarsi.
Come un branco di
bestie feroci costrette a condividere la stessa tana per non morire di fame e
proteggersi da chi era più grosso e affamato di loro.
Quando i
politicanti di Mickarn avevano voluto mettergli quel
peso sulle spalle aveva sperato per un attimo di poter davvero mettere in
pratica quei propositi che aveva sempre sognato, ma più passava il tempo più si
domandava se questo sarebbe mai stato possibile.
La verità è che si
sentiva inadeguato; e in questo un po’ invidiava questo Daemon, che per quanto
più giovane di lui aveva letteralmente messo sottosopra e fondato da zero
un’intera nazione, riuscendo in pochi mesi a renderla prospera e potente,
abbastanza da poter affrontare un’invasione.
La vecchia Betsy venne a portargli una tazza di tè, e lui come quando
era piccolo le promise di non fare troppo tardi.
Invece come al
solito finì per addormentarsi sulla poltrona, continuando a scorrere le pagine
fino a quando le fatiche del viaggio non presero il sopravvento.
Tuttavia stavolta
a svegliarlo di soprassalto non fu uno scappellotto della sua anziana
governante, ma il rintocco assordante delle campane di Riverdale
che nel cuore della notte scaraventarono giù dal letto tutti gli abitanti della
città e della campagna circostante.
«L’allarme
generale!? Che sarà successo?»
A differenza di altre grandi capitali dell’Unione, Riverdale non era famosa per la sua vita notturna o i
locali alla moda dove si giocava, si mangiava e si cantava fino all’alba.
Quindi dopo una
certa ora era abbastanza normale non trovare nessuno in giro, persino nella
piazza centrale dove si affacciavano i più importanti edifici della città.
Il soldato che
montava la guardia all’ingresso secondario delle prigioni aveva ecceduto con il
vino e faticava a restare sveglio; forse anche per questo non si accorse di
nulla fino a quando un pugno più simile ad un maglio da guerra gli piombò sulla
testa, minacciando di spaccargliela come un’anguria.
«Per la miseria Musk, stupido orco! Ti avevo detto di stenderlo, non di
ammazzarlo!»
«Tranquilla Dahlia, tra poco si sveglierà. Forse…»
Mentre Musk nascondeva quel poveretto Dahlia
aprì la porta, e una volta dentro i due si diressero verso il secondo piano
interrato con la consapevolezza di chi sapeva dove andare.
«Ma tu sei sicura
di quello che fai? Questo posto è immenso, come facciamo a trovarla?»
«Pensi che sia
venuta con te solo perché mi piace la tua compagnia? Con la mia magia posso
rintracciare chiunque io voglia, fintanto che ne ho ben chiaro l’aspetto.
Fidati, è proprio qui sotto.»
Giusto il tempo di
schivare alcune guardie e tramortirne un altro paio, e i due avventurieri
giunsero infine dinnanzi alla cella più sorvegliata della prigione.
«Accidenti, sono
ben cinque. Devono proprio tenerci tanto. E con il poco potere che mi rimane
non posso neanche provare a farli addormentare.»
«In questo caso,
ricorreremo ai vecchi sistemi! Carica!»
«Aspetta Musk, ricorda che non possiamo uccidere! Musk! Maledizione!»
Per fortuna per
quanto infervorato Musk si ricordò di non venir meno
al contratto e si trattenne, limitandosi a mettere a nanna le guardie una dopo
l’altra con la parte smussata della sua ascia.
Quindi, tornata la
calma, i due aprirono la cella.
«Siete qui per
portarmi la cena?» disse Tecla
«Molto divertente.»
rispose Dahlia liberandola dalle catene. «Avanti,
vieni con noi. Ci hanno assunti per liberarti. Ce la fai a camminare?»
«Ovviamente.»
«E allora
muoviamoci. Con tutto il baccano che quest’idiota ha fatto mi sorprende che
l’intera città non ci stia già saltando addosso.»
«Come sei
pessimista. Vedrai che non ci hanno sentiti.»
Detto fatto,
letteralmente un secondo dopo tutte le campane di Riverdale
si misero a risuonare, producendo un fracasso tale da poter essere udite
persino in quel buco ad almeno una decina di metri sottoterra.
«Stavi dicendo,
testa vuota? Forza, andiamocene!»
Musk e Dahlia non potevano saperlo, ma non era per causa loro che
tutta Riverdale stava venendo svegliata.
Nello stesso
momento in cui loro due entravano nella prigione infatti, un’altra coppia di
ladri si intrufolava silenziosamente negli archivi del palazzo della procura.
Il loro scopo era
trafugare su alcuni documenti nascosti nella cassaforte del palazzo, protetta
da una serratura così complessa che nemmeno il più grande dei ladri sarebbe
stato capace di riuscire a sbloccarla.
O almeno così si
credeva.
«Serratura
insuperabile, non farmi ridere. Un altro paio di colpetti e questa porta si
aprirà come una verginella in luna di miele.»
«Gaston, se hai
finito di cantare le tue lodi che ne dici di sbrigarti? Manca poco al cambio
della guardia.»
«Avanti capo,
cerca di essere un po’ più ottimista. Sta andando tutto alla grande. Ecco, ora
un altro giro a sinistra… Ora a destra… qui alzo un pochino… e fatto! Come
avevo detto, tutto liscio come l’olio!»
Peccato che il
procuratore non fosse uno stupido che confidava nell’apparente invulnerabilità
della sua cassaforte. Nel momento in cui Gaston aprì la porta, i due talismani
nascosti rispettivamente nell’uscio e nel battente attivarono un ulteriore
sistema di sicurezza.
Per fortuna Gaston
se ne accorse in tempo per dire a Sadee di coprirsi gli occhi, ma la luce che
si sprigionò con l’incantesimo fu così forte da infilarsi tra le fessure del
pavimento allertando le guardie al piano di sotto.
«Che succede? –
Andiamo a controllare! – Date l’allarme!»
«Dannazione, lo
sapevo che andava a finire male!»
«Come potevo
immaginare che avessero piazzato una cosa del genere? Andiamocene!»
«Niente affatto,
cerchiamo quel documento!»
«Sei pazza? Tra quindici
secondi ogni dannata guardia di questo posto ci salterà addosso!»
«Se torniamo a
mani vuote non ci pagano, te ne sei dimenticato? Quindi smettila di blaterare e
dammi una mano!»
Per fortuna quello
che cercavano era abbastanza particolare da saltare immediatamente all’occhio,
e dopo essere riusciti a metterci le mani sopra se la diedero a gambe saltando
giù dalla finestra proprio nel momento in cui le guardie entravano nella
stanza.
«Dannazione,
vorrei sapere come abbiamo fatto a cacciarci in questo guaio!» strillò Sadee
mentre tutta la città veniva svegliata dalle campane
«Risparmia il
fiato e corri!»
Purtroppo non era
molto tempo che Sadee e la sua banda bazzicavano Riverdale,
e finirono ben presto per perdersi nel dedalo di vicoli e stradine della città
vecchia.
«Eccoli! – Non
lasciateli scappare! – Prendeteli!»
«Capo, ci hanno
circondati!»
«Vorrà dire che ci
apriremo la strada con le maniere forti!»
Sfoderate le armi
i due avventurieri si buttarono nella mischia, ma tra l’essere in netta
inferiorità numerica e l’ordine categorico da parte del committente di non
uccidere si ritrovarono ben presto in difficoltà.
E sarebbe andata a
finire sicuramente male se da un momento all’altro, apparendo come uno spettro
dal buio della notte, un inatteso alleato non fosse venuto in loro soccorso,
intercettando e spezzando una freccia prima che potesse ferire Gaston.
«Tu!?» urlò il
ladro all’indirizzo del toriano dal volto mascherato
che gli aveva appena salvato la pelle
«Ho liberato la
strada. Continuate dritti oltre quell’arco e raggiungerete gli altri fuori
città. Qui ci penso io.»
I due non se lo
fecero ripetere due volte, non mancando però di rivolgere appellativi poco
lusinghieri al loro salvatore che una volta lasciato solo si sbarazzò di tutti
i soldati con sconvolgente facilità.
«Puoi anche venire
fuori, tanto lo so che sei qui.»
Colto in
flagrante, Michael fece qualche passo avanti portandosi alla luce del lampione
magico che illuminava la piazzetta nella quale si era consumato lo scontro, ora
tappezzata di soldati svenuti.
«Avete preso
qualcosa che non vi apparteneva e creato scompiglio in città. Arrendetevi, e vi
prometto un giusto processo.»
«Ormai è troppo
tardi. I miei compagni sono già scappati.»
«Ma tu invece sei
ancora qui. E sono sicuro che interrogandoti scopriremo comunque qualcosa su
questa rete di spie dello Stato Libero.»
«Provaci pure, se
ne sei convinto. O preferisci aspettare qualcun altro dei tuoi subalterni che
venga a darti una mano?»
Michael rispose
alla provocazione estraendo la spada e mettendosi in posizione di guardia.
«Così mi piaci.
Anche se a volte nascondersi dietro i propri uomini non è necessariamente un
segno di codardia.»
«Come potrei
chiedere a quelle persone di rischiare la vita se non do il buon esempio? Un
comandante il rispetto non lo esige, lo guadagna.»
«Ben detto. In tal
caso, permettimi di mettere alla prova il tuo leggendario saper di spada,
Presidente Medici.»
Michael aveva
ricevuto la dovuta educazione fin dall’età di cinque anni, ed era ritenuto non
a torto un giovane prodigio della scherma.
Ciò nonostante il
suo avversario riuscì fin dal primo momento a metterlo in seria difficoltà, sfoggiando
tra l’altro un’arma mai vista prima; sembrava una via di mezzo tra una spada
dritta patriana e una lama curva di Torian, poco pratica per gli affondi ma letale nei
fendenti, ma comunque abbastanza leggera da poter essere usata con una mano
sola.
Tuttavia Michael era
lesto di mente tanto quanto lo era di braccio, e una volta prese le misure al
nemico iniziò a rispondere colpo su colpo a tutti gli attacchi, tenendo la sua
difesa sempre alta e portando nel mentre precisi affondi che il toriano schivava a fatica.
Il duello andò
avanti per parecchi minuti vedendo Michael prendere sempre più il comando ai
danni del suo avversario, che nonostante fosse in difficoltà sembrava quasi
compiaciuto. Questo almeno fino a quando il toriano
non venne quasi disarmato da un affondo preciso che ruppe la sua guardia,
lasciandolo pericolosamente esposto.
Tuttavia, prima
che Michael potesse tentare di infliggere un affondo abbastanza forte da ferire
il nemico senza ucciderlo, questi trasse fuori dal suo mantello una specie di
piccola balestra in legno e acciaio senza arco, ma con due fori uno sopra
l’altro all’estremità.
Nel momento in cui
il toriano premette il grilletto dall’arma non partì
una freccia, ma una piccola palla di ferro –oltretutto preceduta da un fracasso
immane e un’esplosione di fumo– che colpì la spada di Michael facendogliela
letteralmente volare via di mano.
«Questo è un gioco
sporco.» disse il giovane con un misto di sarcasmo e risentimento
«Così però mi
deludi, Presidente Medici.» disse il toriano
tenendolo sotto la minaccia della sua strana arma «Davvero pensavi di poterti
fidare dell’onore di un avventuriero?»
«Speravo che tu
fossi un’eccezione alla regola.»
Tra il duello e il
baccano prodotto dall’arma, di lì a qualche istante un concitato rumore di
passi preannunciò l’arrivo imminente di un nuovo manipolo di guardie.
«Desolato che il
nostro incontro si concluda troppo presto, ma non posso permettermi di essere
catturato. Tuttavia, prima di separarci, voglio dirti una cosa. Tu credi che lo
Stato Libero sia una minaccia. Ebbene sappi che questo mondo sta per essere
colpito da qualcosa di gran lunga peggiore.»
«Di che stai
parlando?»
«Ciò che è
destinato a succedere avrà una portata tale da spazzare via tutto ciò che
conosciamo. Sarà necessario uno sforzo comune per riuscire a sopravvivere a
questa tempesta. E quando sarà il momento, mi aspetto che tu faccia la tua
parte. A presto!»
Detto questo lo
straniero gettò a terra una piccola palla di pelle, che scoppiando produsse una
fortissima luce; Michael dovette chiudere gli occhi, e quando li riaprì nella
piazza c’era solo lui.
Sadee e il suo gruppo si ritrovarono al luogo
prestabilito, una fattoria abbandonata non lontano dalle mura della città.
«Ma si può sapere che
accidenti è successo?» protestò Dahlia «Ho visto
talmente tanti soldati da bastarmi per una vita intera! Non si era detto di
fare una cosa rapida e silenziosa? Scommetto che c’entri tu, pseudoladro da strapazzo.»
«Non prendertela
con me. Non si era parlato di dispositivi di sicurezza magici!»
«Perché fate tanto
i difficili? È andata bene.»
«Parole grosse
dette da te.» rispose Sadee. «Se non ti fossi fatta beccare non avremmo dovuto
rischiare tanto per tirarti fuori. Si può sapere cos’avete di così importante
tu e quei documenti?»
«La vera domanda è
un’altra.» rispose piccato Gaston nel momento in cui Daemon, dopo essere
comparso dal nulla in mezzo a loro, si toglieva la maschera. «Qualcuno mi
spiega perché abbiamo lavorato un’altra volta per questo infame?»
«Mi sembra che
questo infame, come lo chiami tu, ti abbia appena salvato. Potresti almeno
dirmi grazie.»
«Grazie!? Lui
vuole che gli dica grazie! Come se non fosse per colpa sua che ci ritroviamo in
questa situazione!»
«E per rispondere
alla tua domanda, lo avete fatto perché da quando ci siamo visti non avete più
ottenuto un contratto decente. Ormai vi eravate ridotti ad accamparvi nei
boschi, visto che non avevate più nemmeno i soldi per pagarvi una taverna.»
«Se vuoi mettere
il dito nella piaga e darmi un motivo in più per ammazzarti, non chiedo di
meglio.» rispose Sadee serrando i pugni.
«Che poi, capisco
l’esploratore, ma era davvero necessario salvare anche questo mucchio di
cartacce? Rapport sur le Président de l’Union… ma che razza di lingua è?»
«Pensi davvero che
farei girare documenti riservati senza codificarli? Ora come ora siamo pieni di
nemici, e conoscerli tutti è la chiave per la nostra sopravvivenza.»
Sadee però
iniziava a spazientirsi: «Potrete continuare questa discussione più tardi. Ora
vedi di pagarci il dovuto.»
Daemon sogghignò,
quindi lanciò all’elfa la sua strana arma, oltre ad
un sacchetto pieno di cartucce.
«E questo cosa
sarebbe? Ci avevi promesso grandi ricchezze.»
«Errore. Vi avevo
promesso un oggetto molto prezioso. E quello che ora hai in mano è
probabilmente molto più di quanto meritereste, visto il casino che avete
combinato e dal quale io ho dovuto tirarvi fuori.»
«Ogni volta che
apri bocca la mia voglia di ucciderti aumenta un po’ di più.» grugnì Musk
«Potete farci
quello che volete per quel che mi riguarda. Usarla, venderla, non mi importa.
Ma vi garantisco che chiunque pagherebbe oro per averla.»
Anche Sadee e i
suoi compagni avevano sentito le voci su quello che era successo al Passo di Gael, per questo non faticarono a credere che dopotutto si
trattava di una ricompensa tutt’altro che banale.
«D’accordo,
accettiamo il compenso.»
«Mi fa piacere. Ci
sono più munizioni di quante potreste usarne in dieci vite, ma per sicurezza vi
ho lasciato anche le istruzioni su come crearne altre e quelle per prendervi
cura dell’arma. Confido che ne farete buon uso.»
«E con questo,
spero proprio che le nostre strade si separino qui.»
«Chi lo sa. Nel
caso, mi farò risentire. Qualcosa mi dice che avremo ancora occasione di
lavorare insieme.»
«Onestamente, non
me lo auguro.» rispose Dahlia. «E se davvero sarà
così, spero sia il più tardi possibile.»
Daemon e Tecla
restarono quindi a guardare i quattro avventurieri che ottenuto il loro
compenso se ne andarono, incamminandosi lungo la strada che portava verso est.
«Tecla…»
«Sì, lo so. Io non
ho visto niente.»
«Così mi piaci.»
«Comunque, grazie.
Non credevo che ti saresti esposto così tanto solo per salvarmi.»
«Informazioni così
preziose e la mia esploratrice migliore valgono questo ed altro.» ammiccò il
ragazzo. «Ma se vuoi sdebitarti, ho già un nuovo incarico per te.»
«Tutto quello che
vuoi.»
Daemon prese fuori
un plico chiuso dal suo sigillo personale: «Non importa in che modo o con quali
mezzi, ma è necessario che questa lettera arrivi a destinazione entro la fine
di questo mese. E dovrai assicurarti che il destinatario sia l’unico a
leggerla.»
«Ho capito. Lascia
fare a me. A chi la devo portare?»
Nota dell’Autore
Salve a tutti.
Come
preannunciato, a soli sette giorni dalla pubblicazione dell’epilogo del Volume
4, eccomi qua con il primo capitolo del Volume 5 che chiuderà la “Saga di Eirinn”.
Si tratterà
probabilmente del volume più “frenetico” mai rilasciato fino a questo momento,
visto che passeremo per un susseguirsi di scontri e situazioni adrenaliniche
fino al gran finale che aprirà la strada al Volume 6, la “Saga dell’Impero – Parte 1”.
Rinnovo ancora una
volta la questione relativa alle riflessioni da fare in merito al futuro della
light novel, ma per ora concentriamoci sul presente.
Godetevelo!
A presto!^_^
Cj Spencer