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Autore: EmmaJTurner    29/05/2024    4 recensioni
Una profezia che non funziona, una montagna spaccata, vecchie conoscenze, creature acquattate nell'ombra, paludi, cascate — e i nostri due immancabili eroi, ancora insieme nonostante tutto. Qui si chiude la saga di Cercasi Ammazzamostri. Pregate che tutto vada per il meglio.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'CA'
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La Procedura Ufficiale

“Avanti, ripeti”.

Theo, con la fronte aggrottata e la lingua tra i denti, era il ritratto della concentrazione. “Ci sono cinque razze di draghi: i draghi di montagna, i draghi di bosco, i draghi di palude, i draghi dei fiumi e i draghi dei vulcanni”.

Vulcani, sì” lo corresse Lynette. “E cos’è un vulcano?”.

“Una montagna di fuoco che a volte esplode”.

“Ehm, più o meno. E quali sono i draghi in grado di trasformarsi in esseri umani?”.

“I draghi di montagna. E quelli dei vulcani”.

“Quali sanno parlare?”.

“Tutti, se si chiede gentilmente”.

“E se non si chiede gentilmente?”.

“Bisogna avere un buono scudo frangifiamma e una via d’uscita”.

“Bravo pargoletto umano. Impari in fretta. Non è che cerchi un lavoretto estivo…?”.

“Lynette, non puoi assumere esseri umani minorenni al tuo emporio" la rimbeccò Meli. Fu ignorata.

“Vorrei taaanto vedere un drago. Pensi che potremmo vederne uno in questi giorni, Lyn?” continuò il bambino.

“Mmh. I draghi di montagna raramente hanno contatti con le altre creature. Vivono nelle loro caverne piene di tesori e sono contenti così. Quelli dei boschi sono meno rari, ma sono molto schivi e difficili da notare. Si confondono molto bene con gli alberi”.

“Come le driadi?”.

“Esatto”.

“Oh, mi piacerebbe tanto vederne uno. Lyn, raccontami ancora di quella volte che…”.

Meli smise di seguire la conversazione, soddisfatta dalle lezioni di Lynette. La fata e il bambino se la intendevano bene: lei aveva mille storie meravigliose da raccontare, lui le pendeva dalle labbra assolutamente affascinato. Il fatto che avesse le ali e emanasse un bagliore dorato di sicuro aiutava.

Tornò a concentrarsi sul cammino. Stavano risalendo il versante della catena montuosa sopra Aroi — chissà come stava Jonah all’Abbazia del Roseto —  su un sentiero mediamente battuto, e ancora non avevano incontrato anima viva. La neve sotto i loro passi si era trasformata in una poltiglia di acqua e fango sotto il tiepido sole di mezzogiorno. La temperatura era ancora molto bassa, ma Gale aveva garantito — dopo accurate analisi di vento, nuvole e astri — che la traversata fino alla Montagna Spaccata si poteva fare; scavallare le montagne verso est e scendere verso la costa li avrebbe comunque portati lontano da Andaréz, e in quella direzione avrebbero trovato posti sicuri in cui fare campo e ripararsi in caso di maltempo. Considerata l’urgenza, avevano lanciato il cuore oltre l’ostacolo e avevano deciso di seguirlo. Theo con entusiasmo; Astrid con fiducia cieca; Meli abbastanza convinta; Logan rassegnato nella sua contrarietà. Lynette, all’apparenza indifferente a tutto, li aveva seguiti con un “meh” e uno scrollare di spalle.

Una corta ciocca di capelli le cadde davanti agli occhi. Infastidita, la rimise al suo posto dietro l’orecchio. Salvare il mondo non era qualcosa che Meli aveva mai considerato di inserire nella sua lista di esperienze da fare almeno una volta nella vita; e di certo non aveva previsto che tale incombenza avrebbe portato a quel notevole cambio di aspetto: un corto caschetto di capelli castani, così corto da farla rabbrividire ogni volta che la brezza fredda le arrivava alla nuca, era ora la sua nuova acconciatura.

Era rimasta a lungo indecisa se portare Theo con sé. I volantini con le loro facce erano, dopotutto, ancora in circolazione. Ma l’idea di lasciarlo solo con Cassandra, per quanto nascosto e al sicuro, non le faceva stare affatto tranquilla. E se la Guardia, nonostante tutto, l’avesse trovato e portato via? Avrebbe vissuto con l’anima straziata dall’angoscia per tutto il tempo. No, non poteva lasciarlo.

L’idea di mascherarlo da bambina era stata di sua madre, che aveva proceduto anche a tagliare le trecce di Meli e a cucirle all’interno di uno dei suoi brutti cappelli di lana. Con le trecce, il cappello bitorzoluto, uno scialle arancione e una spolverata di rosa sulle guance, Theo appariva adesso una bambina assolutamente innocente e niente affatto ricercata per terrorismo interno. Con quel semplice stratagemma entrambi avevano guadagnato un nuovo aspetto e, all’occhio disattento dei più, sarebbero passati inosservati. 

Meli prese un respiro. No, non aveva valutato di dover salvare il mondo; ma si sa, la vita va spesso per i fatti suoi. Almeno era riuscita a impedire a Astrid di farle un piercing al naso.

Gale guidava la spedizione in testa alla colonna; seguivano, persi in mille chiacchiere, Theo e Lynette; Astrid invece camminava al suo fianco, snella e sicura di sé nel suo incedere vampiresco.

Dopo averla studiata di sottecchi, Meli si schiarì la voce. “Non credo di averti mai ringraziato come si deve”.

La vampira si accigliò e la osservò con circospezione. “Per cosa?” domandò.

Con un cenno del mento, Meli indicò Theo poco più avanti. “Per lui. Siamo entrati a Andaréz solo grazie al tuo aiuto. Non ce l’avrebbe fatta senza di te. Sarebbe… accaduto il peggio, temo”.

“Ah”.

Un mutismo scomodo aleggiò tra loro mentre proseguivano sul sentiero boschivo con rumorosi ciaff ciaff.

“Per questo, ehm, ti ringrazio” continuò Meli.

Astrid, a disagio almeno quanto lei, mugugnò una risposta inintelligibile.

“È un bravo bambino” elaborò infine la vampira.

“Lo è”.

“Parla un po’ troppo”.

“Parla decisamente troppo”.

“Gli stanno bene i tuoi capelli”.

Meli sospirò. “Speriamo che siano una distrazione sufficiente. E speriamo davvero che tutta questa faccenda non si riveli una pessima, pessima idea”.

Astrid rimase in silenzio per un po’. “Gale sa quello che fa. Se dice che si può fare, si può fare”.

La botanica spostò lo sguardo dal bambino al ranger più avanti. “Hai molta fiducia in lui”.

La vampira si irrigidì. “La fiducia si guadagna. Lo conosco bene” replicò, piccata.

“Non intendevo mettere in dubbio le sue capacità, né il tuo giudizio” disse Meli con sincerità. “Era solo una constatazione”.

Lanciò un’occhiata dietro di sé. A una decina di metri di distanza, Logan, accigliato e ombroso anche senza il trucco nero, chiudeva la piccola processione.

“L’ammazzamostri non si è ancora dato alla macchia?” chiese Astrid. C’era una vena polemica nella sua voce.

“Non ancora” rispose Meli con un leggero sorriso. 

Prima della partenza, Logan era stato molto esplicito nelle sue motivazioni. Non era lì con loro perché pensava che fosse una buona idea — aveva ribadito diverse volte quanto fosse anzi “un’idea del cazzo” — ma perché si sentiva obbligato da qualcosa a cui né lui né Meli volevano dare un nome. Questo, però, l’aveva detto solo a lei; agli altri aveva rifilato una patetica scusa che suonava come un insulto seguito da: “Senza di me non durereste un giorno”.

“È davvero abile come fa credere o ha solo una gran faccia di merda?” riprese Astrid. Il mezzelfo che le seguiva era troppo distante per udirle parlare.

Meli ridacchiò. “È davvero abile, purtroppo”.

“Mmh” fu il commento poco convinto di Astrid.

Proprio allora Logan scattò in avanti, le bloccò afferrandole per le braccia e ordinò stizzito di fare silenzio.

“Non siamo soli” disse, criptico, indicando il pendio roccioso che stavano aggirando.

Meli aggrottò la fronte. Non vedeva nulla.

“Un troll” soffiò Lynette poco più avanti. Theo emise uno squittio spaventato.

Oh sì, ora lo vedeva: la grossa spalla pietrosa velata appena di neve, la linea bitorzoluta del gomito, il didietro spigoloso coperto dal muschio. Un troll dormiva beato accoccolato nel bel mezzo del tornante, perfettamente mimetizzato tra le rocce muschiate e i cumuli di neve. Se si stava estremamente attenti, lo si udiva respirare.

“Cosa facciamo?” sussurrò Meli.

“Non lo svegliamo” rispose Logan con fastidiosa ovvietà. “Aggiriamolo”.

Avanzarono lungo il sentiero con estrema cautela, attentissimi a non fare rumore.

Non fu sufficiente. Forse furono i respiri accelerati di Theo, forse l’inevitabile sciabordio degli scarponi sul fango: il troll, nonostante la  fastidiosa luce del giorno, spalancò l’unico occhio. Meli, che aveva superato la curva e ora era la più vicina alla faccia del mostro, si paralizzò. Quell’iride verde e viola che ora la fissava era larga quanto un piattino.

“Logan…?”.

“Niente movimenti bruschi. Dondola a destra e a sinistra”.

“Cos…?”.

“A destra e sinistra. Ora”.

Meli, col cuore in gola, seguì le istruzioni. Spostò il peso da un piede all’altro e cominciò a oscillare piano, come un pendolo.

Sembrò funzionare. L’enorme pupilla seguiva i suoi movimenti con pigra attenzione; lentamente la palpebra tornò ad abbassarsi.

Quando l’occhio si richiuse, Logan le fece un cenno affermativo: si poteva procedere. Risalirono con cautela i due tornanti fino a raggiungere un altopiano boscoso.

Poi la terra tremò e un boato di legno spezzato li congelò sul posto. 

Meli si voltò giusto in tempo per vedere il troll, ora in piedi, che aveva strappato un abete dal suolo. Stava prendendo la mira per-

“Giù!”.

Qualcuno la afferrò per la manica e la tirò a terra. Meli sbatté dolorosamente i gomiti e chiuse gli occhi mentre con un fracasso spaventoso un abete volante sfracellava i rami sopra le loro teste e piombava dietro di loro.

Meli sollevò il capo per controllare che tutti fossero illesi. Astrid e Gale erano alla sua destra, Logan alla sua sinistra. Theo, bianco come un cencio, era pancia a terra a fianco a lei. Era stato lui a tirarla giù. Si rialzarono in fretta.

“Che facciamo? Scappiamo?” ansimò il bambino.

“Non si scappa dai troll di montagna” risposero all’unisono Meli e Logan. Si scambiarono un’occhiata. 

Per quanto sembrassero goffi e pesanti, quei bestioni avevano gambe troppo lunghe per essere vinti in una gara di corsa. Non si poteva batterli in velocità né in forza bruta; bisognava vincerli usando quello che non avevano: il cervello.

In tre falcate il troll emerse dal bosco sottostante, ruggendo e roteando una mazza grossa quanto un tronco di quercia. Non sembrava contento di essere stato svegliato.

Con un’occhiata Meli studiò il campo di combattimento: alberi tranciati, rocce, fango e neve. Nulla da poter utilizzare come trappola o esca, almeno secondo le sue scarse competenze in materia di lotta a mani nude contro i troll.

“Idee?” chiese nervosamente ai suoi compagni di viaggio.

“Hai una corda?” replicò veloce Logan, indietreggiando.

Meli lo seguì senza staccare gli occhi dal mostro. “Una corda? Io no. Forse Gale…?”.

Il troll avanzava, imponente, con la mazza alzata pronta a colpire. Meli gridò a Gale della corda, ma la massiccia clava di legno piombò su di loro; balzarono via senza udire risposta.

Meli, che si era portata dietro Theo, adesso aveva perso di vista Logan. Corse verso il ranger.

“Corda?”.

Quello negò con un cenno della testa. “No. Dobbiamo-”.

Astrid li spinse fuori dalla linea di attacco del troll, che li stava caricando con un enorme piede di roccia.

“Dobbiamo levarci da qui” riassunse lei. “Dov’è l’ammazzamostri quando serve?”.

“È di là” ansimò Meli. “Lynette?”.

“Non l’ho vista”.

“Cerchiamo di — attenti!”.

Il troll calò la clava con una forza che fece tremare la terra; poi la sollevò, la esaminò con l’unico occhio ottuso e emise un ruggito insoddisfatto. Probabilmente trovava frustrante tentare senza successo di spiaccicarli come mosche. 

Corsero verso l’interno dell’altopiano. Qualcuno urlò, ma nel fragore di legno spezzato, Meli non riuscì a distinguere le parole.

Meli si voltò con un certo livello di angoscia. Dov’era Logan? Di certo un banale troll di montagna non sarebbe stato sufficiente per metterlo fuori combattimento, però…

Improvvisamente, forse per un cambio di direzione del vento, la voce li raggiunse. Una voce da fumatrice incallita: Lynette. 

“Che cazzo fate? Non di là!” stava gridando. “Fatelo tornare indietro! Verso la discesa!”.

Meli non riuscì a vederla, ma si fidò delle sue indicazioni. Ordinò a Astrid di occuparsi di Theo e corse verso le gambe del troll. Con la coda dell’occhio individuò anche Logan che correva verso di lei, illeso. Con l’animo più leggero, aggirò un albero caduto.

Il troll alzò la clava, ma fu troppo lento: Meli gli sgusciò tra le gambe, zigzagò tra i tronchi decapitati e arrivò al primo tornante. Lì, insicura su come procedere, si fermò e si girò.

“Lynette?” urlò.

Nessuna risposta. Il troll, nel frattempo, si era voltato con passi pesanti e aveva fissato l’unico furioso occhio su di lei. Meli si leccò le labbra secche e urlò ancora il nome della fata.

Logan la raggiunse e la agguantò per un braccio. “Che fai? Devi levarti da qui!”

“Ma…!”.

Logan la trascinò di nuovo verso il troll, che per pochissimo non li investì con una ginocchiata; lo aggirarono correndo e presto furono alle sue spalle. Il troll avanzò fino al limitare dell’altopiano; quando si accorse che le sue mosche erano volate via, però, tornò a fronteggiarle.

“Ora!” disse una voce.

Logan caricò l’avversario e, con un salto formidabile, si gettò di peso contro i genitali del troll, che ricusò il colpo con un gemito stridulo e perse l’equilibrio.

In quel momento la terra sotto i suoi piedi cominciò a scomporsi e creparsi: ne uscirono delle grosse radici che si tesero proprio dietro le caviglie instabili del ciclope. La creatura inciampò, cadde indietro con un fracasso che scosse la montagna e rotolò giù. I boati dei suoi enormi ruzzoloni riecheggiarono a lungo per tutta la valle. 

Il gruppo ascoltò in un silenzio scosso, scambiandosi occhiate incredule.

Le radici benefiche, così come erano apparse, tornarono a celarsi nel sottosuolo. Lynette, piccola e luminosa, staccò le manine dal terreno e si alzò sfarfallando. 

Logan, ansimante, la accusò piccato: “Non potevi farlo prima?”.

Lei sollevò il mento con alterigia mentre si ripuliva i palmi dal fango. “Le radici devono essere nella giusta posizione. Sei stato lento”.

“Non è colpa mia”.

“No? Sei tu l’ammazzamostri. Prendi il comando della tua squadra” lo rimproverò lei.

Offeso da quella considerazione, Logan non rispose. 

Nel frattempo Theo si era lanciato al collo della botanica e la stava stringendo fortissimo. “Meli! Stai bene? Cosa è successo? Hai visto? Quello era un mostro enorme!”. Il cuore gli batteva nel petto rapido come quello di un uccellino.

Meli lo tranquillizzò e si assicurò che anche gli altri fossero illesi. Ricompattato il gruppo, su ordine di Logan lasciarono in giro alcuni dei loro effetti personali con lo scopo di depistare l’olfatto del troll — casomai avesse avuto voglia di risalire la montagna per vendicarsi dell’offesa subita — e si affrettarono a proseguire il viaggio.

Appena furono al sicuro, Theo partì a ciarlare su quanto il troll fosse alto e forte e assolutamente bruttissimo, con quel suo unico occhio enorme incastonato in mezzo alla faccia. Lynette, in apparenza per nulla turbata dallo scontro appena concluso, fu l’unica ad avere la pazienza di assecondarlo.

Quella sera giunsero al primo rifugio segnalato da Gale, una cabina di vedetta del tutto simile a quella che Meli e Theo avevano già sfruttato durante la loro fuga in solitaria all’inizio dell’inverno.

“Meli, guarda! Proprio come quella della volta scorsa!”.

Lei sorrise debolmente. Preferiva non rievocare quei precisi ricordi. Era stato un periodo tragico.

Si sistemarono alla meglio, un po’ stretti, dentro le quattro mura. Almeno sarebbero stati al caldo. Mentre il sole calava dietro le montagne, si rifocillarono e discussero quanto accaduto. Logan li rimproverò per la pessima coordinazione dimostrata durante lo scontro con il troll; Astrid ribatté che lui non era il capo, lui replicò che invece era l’unica persona sufficientemente preparata per poter avere un’opinione al riguardo, e il battibecco durò tutta la cena tra gli sguardi complici e a tratti divertiti degli altri partecipanti.

“Così non va affatto bene” disse Logan. “Dobbiamo coordinarci meglio in futuro, se vogliamo avere uno straccio di possibilità”.

A questo, Astrid non osò ribattere. Incrociò le braccia al petto e guardò ostinatamente contro la parete.

“Bene. Discussione chiusa” concluse l’ammazzamostri. Il quale, del tutto casualmente, era finito di nuovo per giacere accanto a Meli.

Ci fu un rumore di mantelli e zaini spostati per la notte; dopo qualche minuto, una quiete assonnata calò su di loro.

“Logan” chiamò la botanica con un sussurro.

L’ammazzamostri aprì gli occhi. “Dimmi”.

“Ti sei lanciato contro i genitali del troll”.

“È la procedura” ribatté Logan stizzito. “Dormi”.

“Mi stai dicendo che la procedura ufficiale per abbattere un troll di montagna è-”.

Dormi, Mel”.

Meli sorrise. “Non si smette mai di imparare” lo prese in giro in un sussurro divertito.

“Ringrazia che fosse giorno” bofonchiò Logan, già con gli occhi chiusi. “I troll sono sempre più instupiditi, di giorno. Non ti piacerebbe incontrarli di notte, te l’assicuro”.

Meli si rilassò contro il duro pavimento del bivacco. Pochi mesi prima il solo rumore delle foglie fuori da una cabina come quella le aveva fatto balzare il cuore in gola. Aveva dovuto prendersi cura di un bambino da sola, esausta, infreddolita, disperata.

Adesso le prospettive non erano migliori: alla ricerca di un misterioso sangue di drago per evitare l’apertura di nuovi cancelli e, potenzialmente, la fine del mondo.

Eppure, eppure. Forse era il dolce crepitare del fuoco nel camino; forse il respiro rilassato di Logan e Theo; forse le diatribe sui draghi e sui troll; forse la tenerezza dei suoi compagni di viaggio ammassati l’un l’altro come pulcini nel pollaio. Meli non riuscì a piazzare con precisione il motivo del calore che provava nel cuore. Però era così che si sentiva: al caldo, al sicuro. Protetta. Amata.

Non era più sola.








Spazio dell’autrice

Non pensavate di rivedermi così presto, vero? E invece eccoci qua, con l’ultima parte di Cercasi Ammazzamostri. Già fino a qui è stata un’avventura stupenda, di cui vi ringrazio di cuore! Non vedo l’ora di condividere con voi le follie che accadranno al nostro scompagnato gruppo di eroi da qui alla parola “fine”.

E se volete restare aggiornati sulla pubblicazione dei capitoli in tempo reale, potete lasciare qui la vostra mail o scrivermi su Telegram (@EmmaJTurner).

A prestissimo!

 
   
 
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