ACHERON
Quando
provò a parlare, non emise alcun suono.
Arrestò
la
sua disperata scalata per un istante, tenendo gli occhi ben fissi sulla
cima
della montagna. Alla fine, era successo: le parole divennero sempre
più
disturbate, sempre meno chiare e articolate, fino a scomparire del
tutto.
Un magone
terribile gli serrò la gola, ma non una lacrima venne
versata. Non poteva più
farlo.
Il suo
corpo tremò come attraversato da elettricità,
brividi terribili gli scossero le
gambe e la schiena: l'acqua del fiume era gelida, gli arrivava fin
sotto il
ginocchio. La luna, coperta da nere nuvole, si mostrò per la
prima da quando
aveva iniziato quel viaggio infernale, illuminando a giorno i dintorni:
era una
buona occasione per guardare in basso nel flusso oscuro, e
vedere cosa fosse
diventato.
Fallo.
Non
osare.
Vai
avanti.
E
andò
avanti.
Non
importava più, ormai, chi fosse, o cosa fosse: la meta era
in cima e lì doveva
andare, senza guardarsi indietro, sopportando i ciottoli affilati sotto
le
piante dei piedi. Chissà se stava sanguinando, ma non voleva
vedere.
Oscura era
l'acqua, oscura era l'aria, oscuro era il suo cuore, e non solo. Ebbe
di nuovo
l'istinto di parlare, di girare la testa e sussurrare all'immobile
bambola di
porcellana che trasportava sulle spalle che sarebbe andato tutto bene,
che non
doveva avere paura. Non gli aveva mai risposto, nemmeno quando aveva
ancora la
voce e le parole cadevano vuote nel nulla.
Padre
degenere.
Dovevano sbatterti in prigione.
Uno come te è
pericoloso.
Si
portò
la mano destra agli occhi, massaggiandosi la fronte con insistenza,
come se
quel gesto fosse bastato a placare le voci che lo assillavano da
più di un
anno. Non se ne sarebbe sbarazzato così facilmente, lo
sapeva bene: nemmeno
quando si era fracassato la testa al muro di casa lo avevano fatto.
La
bianchissima bambola non era più grande di un bambino di
pochi anni, ma pesava
terribilmente sulle sue spalle incurvate, così inerme e
lasciata a sé stessa da
sembrare senza vita.
È
morta
ormai.
Fatti curare, sei pazzo.
Non
fermarti, riportarla in vita!
Sì,
il
tempio in cima alla montagna. Chi gliene aveva parlato? Non ricordava,
forse
qualcuno in ospedale. Non ricordava nemmeno come era arrivato
lì. Si guardò
intorno con gli occhi vuoti di chi non poteva più tornare
indietro; ai due lati
del fiume si estendeva una vasta foresta densa, gli alberi
così vicini tra di
loro da soffocarsi a vicenda.
Il dolore
del gelo che lambiva le gambe e l'odore rassicurante dei pini lo
spinsero fuori
dall'acqua, verso la sponda sinistra, dove i ciottoli erano
più lisci e non gli
ferivano i piedi. Una scelta dolorosa quella di camminare nel fiume, ma
in quel
modo non avrebbe lasciato tracce per coloro che lo stavano inseguendo.
Non fino a
quel momento: raggiunta la terra asciutta, impronte di sangue nero e
marcio
seguivano i suoi passi.
Ti
troveranno di sicuro.
Quanto sei stato stupido.
Non puoi strapparla ai morti, la
rivogliono indietro.
Col cuore
in gola, affrettò il passo per raggiungere la prima
vegetazione presente,
quando un forte abbaiare di cani lo fece sobbalzare sul posto. Gli
occhi si
muovevano frenetici in tutte le direzioni, ma non vedeva nulla intorno
se non
tenebra tagliata, di tanto in tanto, dalla luce della luna. Ma le voci
avevano
ragione: stavano venendo a prenderlo, e aspettare nascosto non serviva
più a
nulla.
Issò
meglio la bambola sulle spalle, puntò gli occhi sulla cima
della montagna,
pregando di essere abbastanza rapido da raggiungerla per primo, e
iniziò a
camminare rapido, con i tendini dei polpacci che tiravano e dolevano.
Il respiro
era corto, l'aria sembrava densa come fumo, e la figlioletta pesava
sempre di
più come la croce del Cristo che adorava.
È
il
peso dei tuoi peccati.
I morti
non possono essere riportati indietro.
L'ultima
voce, stranamente, non commentò subito. Erano sempre tre:
una profonda e
maschile, simile a quella di suo padre, e due femminili, una
sconosciuta e una
simile a quella della defunta nonna. Lo insultavano, lo minacciavano,
commentavano la sua vita come spettatori a teatro. La sconosciuta, per
la prima
volta, non lo biasimò.
È
colpa
di quella stronza. Voleva portartela via.
L'uomo
annuì, annuì con forza, volendo gridare dal
profondo del cuore che voleva solo
proteggere sua figlia da tutti loro. Loro lo avevano preso di mira fin
dal
ricovero in ospedale per la testa rotta, loro volevano dargli la caccia.
Loro erano
proprio dietro di lui.
Si
voltò
di scatto, e notò tra le fronde delle luci in movimento,
come fuochi fatui in
un cimitero, e con loro udì delle voci lamentose che si
interrogavano a
vicenda. Preso dal panico di essere stato raggiunto così
presto, iniziò a
correre lungo la sponda del fiume a perdifiato, scuotendo la bambola
dietro la
schiena con fin troppa veemenza. D'altronde, non aveva scelta.
Ti
cercano perché hai ucciso la strega.
Ti
cercano perché vuoi salvare tua figlia.
Ti
cercano perché li hai scoperti.
Non aveva
più fiato. Si nascose tra alcuni alberi per riposare,
tenendo sempre in vista
il letto del fiume, ma doveva ricominciare a correre in fretta. Fece
scendere
la bambola dalle sue spalle e la mise seduta con la schiena poggiata a
un
tronco, mentre lui rimase carponi, esausto.
Esaminò
con cura le condizioni di sua figlia e sembrò non riportare
alcuna ferita, ma
era rimasta come l'aveva recuperata all'inizio del viaggio: immobile,
con gli
occhi chiusi e la pelle candida, il vestitino rosso intonso.
La
guardò
intensamente, chiedendosi se, in cima alla montagna, ci fosse davvero
un luogo
sacro per strapparla alla morte.
E tu
pensi che Dio conceda la grazia a un mostro come te?
Chi
pensi l'abbia ridotta così?
Sei marcio.
Scosse la
testa furioso, iniziando a picchiarsi la testa col pugno chiuso, nella
vana
speranza di mettere a tacere quelle bugie; ma quando si vide la mano
sporca di
sangue nero e si toccò la parte colpita con la punta delle
dita, frammenti di
osso caddero dal cranio davanti ai suoi occhi attoniti.
Sei un
guscio vuoto.
Non sei
più tu.
Lei non
è al sicuro con te.
Stava
ancora tremando sui resti del suo corpo a pezzi, quando
sentì la presenza di
qualcuno dietro la nuca: si girò di scatto, pronto a
caricare chiunque fosse
stato, ma non c'era nessuno. Si portò le mani al viso
coprendosi gli occhi,
come se quell'inferno potesse sparire semplicemente nascondendolo;
quando le
tolse, era proprio lì in piedi davanti a lui.
Aveva una
forma umanoide dalla pelle di petrolio, lucida alla luce della luna,
dal
disgustoso busto deformato che collassava verso il basso, come se non
avesse
scheletro; braccia e gambe erano lunghe e molli, mentre il collo era
piegato di
lato e la testa non aveva volto.
«Consegna
la bambina e non ti faremo niente,» disse la creatura con
voce normalissima.
«Cosa le hai fatto?»
L'uomo
arretrò d'istinto in preda al terrore, quasi dimenticandosi
della bambola
dietro di lui. Gli tremavano le gambe e, più cercava di
rimettersi in piedi,
più scivolava a terra, inerme. La creatura senza volto
alzò le orribili braccia
in aria, mostrando delle viscide dita senza mani.
Quella
disse qualcosa, ma l'uomo non sentì nulla e non perse tempo:
prese la bambola
tra le braccia e corse via con quanta forza poteva, ignorando le urla
acute
della creatura, ignorando i latrati dei cani sulle sue tracce.
La cima
non era molto lontana, e con lei lo era la speranza di raggiungere il
suo
scopo, ma un rombo lontano e possente scosse l'aria. L'uomo
arrestò la sua
fuga, guardandosi freneticamente in tutte le direzioni.
Gli esseri
neri correvano rapidi con arti storti poco sotto di lui, ma quel boato
non
faceva che avvicinarsi e diventare più forte, mentre un
forte vento spazzava
via le fronde degli alberi: sembrava il monito di Dio che ruggiva nei
cieli.
L'uomo
allora guardò in alto, e una creatura enorme, dal ventre
gonfio, la testa
appuntita e una lunga coda, volava ferma senza muovere nulla del suo
corpo,
emettendo quel rumore assordante senza aprire fauci o sbattendo ali:
non sembrava
nemmeno viva.
Avrebbe
voluto urlare con tutto il fiato dei polmoni, ma dalla sua bocca non
uscì altro
che un rantolo strozzato. Come a voler rispondere al suo terrore, sul
ventre
della creatura si aprì un enorme occhio giallo, dalla cui
pupilla si irradiò
una luce fortissima che lo investì in pieno: lo avevano
trovato.
Consegnati.
Ne vale
la pena?
Sicuro che sia morta?
Si
gettò
nella foresta per seminare l'occhio e mettersi al sicuro dalle folate
violente
di vento, e corse e corse verso l'interno, fino a doversi fermare di
nuovo.
Appoggiò la schiena a un tronco e strinse la sua bambina a
sé con forza, unendo
le mani deformate in una preghiera muta che non verrà
ascoltata da nessuno.
"Oh
Dio, Dio onnipotente, ti prego, aiutami, aiutami, ho paura, ti prego,
aiutami,
aiutami..."
Il tuo Dio non
è magnanimo.
Non ha
pietà per quelli come te.
Dovrai
fare di meglio se vuoi che ti ascolti.
Quando si
alzò per ricominciare a correre, due bestie canine dai molti
occhi lo
braccarono dai due lati, impedendogli una fuga agile. Il fracasso
imponente
generato dalla creatura volante aveva coperto i latrati e i passi dei
segugi.
Strinse a
sé la bambola e incurvò la schiena per
proteggerla, ma quelli aprirono le fauci
che si estendevano ben oltre il loro cranio, mostrando denti acuminati
e una
gola che attendeva di inghiottirlo. Non aveva molta scelta:
scattò verso il
fiume cercando di schivare uno dei due, ma la portata era breve e il
morso a
tenaglia prese la sua gamba destra.
Cadde a
terra usando il suo corpo per attutire il colpo alla bambola, ma il
dolore era
atroce e la bestia non lo mollava: scuoteva la testa freneticamente con
l'intento di strappare tutto ciò che poteva, muscoli o
tendini non importava,
il necessario per non farlo più scappare.
Non poter
urlare lo stava facendo impazzire, persino spalancare la bocca era
difficile,
quasi impossibile, come se fosse sigillata, eppure poteva ancora
respirare. Un
verso familiare e terrificante fece girare di scatto le bestie, facendo
perdere
l'interesse per l'obiettivo quasi immediatamente.
Una
creatura quadrupede e asimmetrica, con le zampe anteriori sottili come
bastoni
troppo più lunghe di quelle posteriori, dal volto umano
immobile come una
maschera, arrivò di gran fretta dal cuore della foresta,
forse minacciata da
così tante presenze sconosciute e ostili, e
caricò senza pietà le bestie
canine, mettendole in fuga.
Guardò
l'uomo con occhi vuoti, per poi ignorarlo e andarsene: ferito e
dolorante a
terra, non rappresentava alcuna minaccia. Strisciò
sanguinante verso il fiume
per lavare via lo sporco dalla gamba ferita, ma facendo ciò
non riuscì ad
evitare di guardare il suo riflesso nell'acqua, rimanendone atterrito:
era
diventato come le creature nere.
Non aveva
bocca per urlare, non aveva occhi per piangere: erano riusciti a farlo
divenire
uno di loro.
Eri
sicuro che sarebbe successo.
È
iniziato in ospedale quando hanno ricucito la tua testa difettosa.
Prima
sparirono i volti; poi sparì il tuo di volto; poi mostrarono
la loro vera
forma, e tu la tua.
Era
diventato un pericolo per sua figlia, non era stato abbastanza rapido.
Eppure,
la sua determinazione era rimasta tale e, prima di soccombere,
l'avrebbe
riportata indietro.
Si
alzò a
malapena in piedi, zoppicando vistosamente e iniziando a muoversi
scomposto,
come se il suo corpo fosse lasciato a sé stesso, lasso e
mollo; non gli
importava più nemmeno del grande occhio che lo aveva puntato.
La cima
era sua, ma era ben diversa da ciò che immaginava: non vi
era altro che una
baita, a lui non sconosciuta. Non si fece troppe domande e si
precipitò dentro:
era una normalissima costruzione montana, non usata da molto tempo in
quanto
sporca e piena di polvere.
Posò
la
bambola su una sedia scricchiolante e iniziò a spostare
vecchi mobili di legno
davanti alla porta, imbrattando di sangue il pavimento e soffrendo
dolori
terribili.
Non sapeva
bene il da farsi, sapeva solo di dover essere lì, per
qualche motivo; si guardò
intorno confuso, ma da fuori sentiva chiaramente le creature
avvicinarsi: non
aveva molto tempo.
Ispezionò
credenze e cassetti buttando tutto all'aria, quando trovò un
crocifisso.
Capì
al
volo cosa fare.
Fece
sdraiare la bambola sul tavolo da cucina, si inginocchiò
davanti a lei con la
piccola croce in legno stretta tra le mani e iniziò a
pregare disperato.
"Oh
Dio, Dio onnipotente, riporta indietro mia figlia, anima innocente.
Permettimi
di violare il tuo volere, e in cambio ti lascerò violare il
mio essere".
Non
accadde nulla.
Come può Dio ascoltarti?
Dio
è il Verbo.
Supplica per Dio.
Sbatté
i
pugni deformati sul tavolo e, preso dall'ultimo, fatale furore, si
precipitò in
cucina, trovò un coltello e si rimise in posizione: gli
avevano tolto la bocca
per non pronunciare le parole sacre, così lui se la sarebbe
fatta solo.
Quando le
creature nere sfondarono la porta, lo trovarono agonizzante a terra con
il
volto deturpato, la bocca lacerata da orecchio a orecchio e la lingua
tagliata,
che li guardava con occhi spiritati e vuoti; uno andò dalla
bambina, mentre
l'altro si avvicinò ondeggiando sulle gambe molli.
«L'ha
drogata, ma è viva!»
La prese
in braccio e si diresse verso l'uscita, mentre l'altro annuì
e fissò l'uomo con
orbite vuote.
«C'è
un
orso nei paraggi, e abbiamo un solo elicottero: questo bastardo
schizofrenico
aspetterà qui».
Quando
provò a parlare, non emise alcun suono.
Si
alzò in
piedi guardando sé stesso giacere a terra, stringendo il
crocifisso del Dio che
non lo aveva ascoltato, poiché non c'era niente da esaudire.
Uscì
fuori
ciondolante, osservando le bestie che lo attendevano nel buio: Dio non
lo aveva
ascoltato, ma lo aveva punito, e per l'eternità avrebbe
errato nell'inferno
creato dalla sua mente.