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Autore: Jordan Hemingway    16/06/2024    3 recensioni
“Avrete saputo di quello che è successo alla spiaggia di Clonmany” esordì il vecchio, facendoci irrigidire per un istante sui nostri sgabelli, “dove uno dei vostri è stato trovato decapitato e l’altro è scomparso.” Lo disse senza alcuna traccia di ironia o soddisfazione, simile a un chirurgo che spieghi ai suoi studenti dove tagliare e cucire un corpo malato. Forse fu per questo che lo lasciammo parlare: avremmo dovuto invece alzarci e andarcene subito.
Storia partecipante al contest "Continenti" indetto da mystery_koopa sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le sirene del Donegal

Eravamo io, Johnny Bones e Harry Sterling, tutti di stanza nel Donegal. La maledetta pioggia irlandese ci aveva costretto a interrompere la nostra marcia e a rifugiarci in uno degli sporchi pub della zona, interrompendo il flusso delle conversazioni incomprensibili degli abitanti del luogo.
Qualche giorno prima l’IRA aveva fatto trovare i corpi di alcuni membri del nostro battaglione sulla strada principale di uno dei villaggi più popolati: di fronte alla mancanza di testimoni, il nostro maggiore si era limitato a dare fuoco a tutti gli edifici che davano sulla strada, per sciogliere la lingua a quei bifolchi. Sicuramente qualche familiare era lì in quel pub: non c’era da meravigliarsi delle facce scure che ci circondavano.
La birra però era eccellente: la cameriera ce la portò senza commentare, nemmeno quando Bones – che aveva puntato gli occhi dritti nella scollatura della sua camicia – cercò di fare una battuta spinta. Si limitò a fissarlo con un lampo indefinibile negli occhi verde acqua e si allontanò verso il bancone.
Dopo nemmeno due giri, l’atmosfera sembrò rilassarsi: attorno a noi i più anziani avevano ripreso a borbottare nella loro lingua, annuendo convinti. Uno di loro si spinse addirittura fino al nostro tavolo per chiederci che cosa ci facevamo noi della Royal Irish Constabulary in quel posto dimenticato da Dio e informarci che se ci fosse piaciuto offrire qualcosa per bagnargli la gola, ci avrebbe raccontato qualche leggenda locale.
La pioggia non accennava a smettere e Sterling, che prima di arruolarsi aveva studiato in un collegio, fu più che disposto a fargli spazio al nostro tavolo.
“Avrete saputo di quello che è successo alla spiaggia di Clonmany” esordì il vecchio, facendoci irrigidire per un istante sui nostri sgabelli, “dove uno dei vostri è stato trovato decapitato e l’altro è scomparso.” Lo disse senza alcuna traccia di ironia o soddisfazione, simile a un chirurgo che spieghi ai suoi studenti dove tagliare e cucire un corpo malato. Forse fu per questo che lo lasciammo parlare: avremmo dovuto invece alzarci e andarcene subito.
“Date sempre la colpa ai nostri ragazzi, invece questa volta si tratta di qualcos’altro: nessuno di coloro che abitano qui avrebbe mai il coraggio di camminare laggiù di notte e non si tratta di superstizione. Non è un caso se i monaci che abitavano quel monastero di cui ora rimangono solo rovine si stabilirono così a nord: avevano udito voci di fenomeni inspiegabili, apparizioni che non potevano essere opera di Nostro Signore. La gente di qui”, si chinò verso di noi come se non si riconoscesse nel numero dei suoi compaesani, “è religiosa, ai limiti della superstizione, ma non ha mai smesso di credere a quello che c’era prima dell’arrivo dei monaci. Dunque non troverete nessuno abbastanza coraggioso da sfidare la marea di Clonmany in una notte senza luna.”
“Perché? Che cosa dovrebbe esserci di così spaventoso, a parte la puzza di salsedine?” Bones stava perdendo interesse: tra di noi era quello più pratico e avrebbe preferito costringere la cameriera a sedersi sulle sue ginocchia invece che dare retta a quel vecchio strambo.
“Prima che arrivassero i monaci, qui si usava venerare qualcosa di diverso: ci sono ancora delle iscrizioni su alcuni dei ceppi che potete vedere lungo la strada. Si pensava che il mondo del mare e quello della terra fossero collegati e che il popolo dei murúchann, che voi chiamate marrow o sirene, fosse il vero signore di queste coste. In certe notti, quando la luna spariva, ci si riuniva al chiarore delle torce per sacrificare sulla spiaggia: a volte si trattava di pecore, altre volte le fiamme illuminavano volti terrorizzati, madri e mogli in lacrime, il lampo del coltello che colpiva un corpo per smembrarlo e donarlo a coloro che vivono nelle acque profonde.”
“Sciocchezze.” Bones si era stancato. “Finisci la tua birra e sparisci: di favole come questa è piena anche la buona vecchia Inghilterra.”
Il vecchio afferrò il suo boccale e osservò attentamente Bones: “Favole dite: eppure uno dei vostri è stato trovato in riva al mare, decapitato, mentre dell’altro non ci sono tracce.”
“Non provare a mettere di mezzo le leggende, sporco irlandese: sappiamo tutti che siete stati voi e i vostri amici dell’IRA a farli diventare cibo per pesci.”
“Questa è la storia che vi raccontate voi inglesi: per chi vive qui, quelle che voi chiamate favole possono essere più reali di quel che immaginate.”
“Quando è così” saltò su Bones, “dato che è già notte fonda e che la pioggia sta cessando, credo che andrò a farmi un bel bagno sulla costa qui vicino, che ne dite Sterling, Jones?”

“Dunque siete andati sulla spiaggia.” Il professore fece cenno alla cameriera di portare un altro boccale: dal juke box provenivano le note di uno degli ultimi successi americani, Elvis o come si chiamava, erano tutti uguali, altro che le melodie di Chopin.
L’anziano soldato porse il boccale vuoto e si attaccò a quello pieno come un bambino al seno della madre: la cameriera scosse la testa e lanciò un’occhiata al professore, come a pregarlo di non esagerare.
“Esatto: le nuvole si erano diradate e la pioggia era cessata. Era una notte di luna nuova, dunque solo le stelle e la lampada a olio che avevamo requisito al pub ci illuminavano la via.” Con un tremito, il soldato posò il boccale. “Il terreno però era fangoso per via di tutta quell’acqua: in certi punti sembrava che cercasse di trattenerci, come se non volesse che proseguissimo. Fu in uno di quei tratti che persi l’equilibrio e mi slogai la caviglia.
Bones e Sterling erano seccati: avevano deciso di andare a perlustrare la spiaggia – Bones per pura tracotanza, Sterling perché si era convinto che dietro le chiacchere del vecchio si nascondesse un fondo di verità. Poteva essere che la leggenda servisse a tenere tutti alla larga dalla costa e che nelle insenature si nascondessero i ribelli dell’IRA. Solo che io non potevo più tenere il passo con la mia caviglia dolorante, dunque mi dissero di aspettarli lì, su quel promontorio poco più avanti. Da lì potevo intravedere i flutti dell’acqua che si scagliavano sulla sabbia e sulle rocce, illuminati dalle stelle, e avrei potuto vedere la lampada che Sterling teneva davanti a sé mentre si avvicinava al bagnasciuga.
Mi sedetti su una grande roccia piatta, tenendo le mani ben strette attorno al mio fucile: attorno a me il ruggito delle onde sulla risacca si mischiava al mormorio sinistro del vento notturno e la pesantezza dell’aria, carica di umidità e salsedine, rendeva difficile il respiro. In quel momento riuscivo a percepire la campagna alle mie spalle: non era la visione bucolica ritratta nelle cartoline acquarellate che spedivamo a casa ogni mese, era più simile a un’entità ostile i cui mille occhi puntavano verso di me in attesa di qualcosa che inevitabilmente sarebbe successo.
Intanto Bones e Sterling erano scesi sulla spiaggia e procedevano verso la linea della scogliera: sentivo gli echi degli insulti che Bones rivolgeva al mare, ai vecchi ubriachi e alle superstizioni pagane.
Per un po’ procedettero in linea retta – almeno a giudicare dal tragitto della lampada; a un tratto si fermarono e Sterling posò la lampada a terra. Nel cerchio di luce vidi lui e Bones discutere sempre più animatamente, indicando qualcosa al di fuori della portata della lampada.
Bones scuoteva la testa e agitava il fucile, sembrava deciso ad avanzare, mentre Sterling pareva insistere affinché rimanesse dov’era. All’improvviso con un salto Bones si inoltrò nell’oscurità, urlando insulti irripetibili dal suono dei quali capivo che si stava dirigendo ai piedi della scogliera, verso la risacca.
Infine la sua voce si spense nel vento.
Restai in ascolto, cercando di penetrare il rumore sempre più forte del vento, che somigliava sempre di più alle urla di un uomo che annegava: era la voce di Bones o solo l’effetto di quell’atmosfera malsana?
Sterling camminava nervoso nel cerchio di luce, come se non sapesse che cosa fare. A un tratto si irrigidì e imbracciò il fucile, puntandolo verso le tenebre.
Una folata di vento, più intensa delle precedenti, fece rovesciare la lampada ai suoi piedi e le fiamme si spensero nella sabbia, impedendomi di vedere oltre.
Sentii due spari, a poca distanza l’uno dall’altro, e un lungo gemito, mentre la pioggia riprendeva a cadere più forte di prima.
La mia mente era annebbiata e non riuscivo a muovermi: nella testa avevo solo le parole del vecchio e le immagini dei rituali immondi che senza dubbio si erano tenuti in quei tempi antichi e che – chi poteva saperlo – forse ancora perduravano.
Il lampo di un fulmine perforò le nubi e illuminò la spiaggia di un innaturale bagliore verde acqua: ebbi allora una visione che mi accompagna tuttora, quella di decine di creature striscianti che, emerse dai flutti, si gettavano sui corpi riversi dei miei poveri compagni per divorarli. Prima di scomparire nuovamente nell’oscurità una delle creature alzò la testa e mi fissò sotto alla massa nerastra e liquida dei suoi capelli simili ad alghe: nonostante la distanza, ebbi la certezza che la creatura mi avesse visto e che mi sorridesse con denti aguzzi macchiati di sangue.
Credo di avere urlato e di aver perso conoscenza allora.
Il giorno successivo venni ritrovato da alcuni contadini a varie miglia di distanza dalla costa: dallo stato delle mie mani e dei miei vestiti, sembrava che avessi percorso tutta quella strada strisciando, tanto che tutte le mie unghie erano rotte e sanguinanti, così come l’uniforme. Mi ricoverarono nell’ospedale militare e dopo poco tempo venni rispedito in Inghilterra. Di Bones e Sterling non si seppe più nulla e la loro scomparsa fu attribuita all’IRA.”
Il professore annuì: “I gruppi dei ribelli qui nel Donegal spesso usavano grotte e insenature come base, è stato documentato da molti reduci dell’una e dell’altra parte.”
“Non so dirle se ci fosse una base laggiù su quella scogliera, posso solo dirle quello che ho visto con questi occhi.” Il vecchio soldato bevve un altro sorso della sua birra.
“I nostri occhi possono essere ingannati facilmente: ha mai sentito parlare di disturbo paranoide? Si tratta di una condizione nella quale il paziente presenta vari sintomi e uno di questi è pensare di essere continuamente sorvegliato, spesso da entità non umane. Corrisponderebbe a quanto mi ha appena raccontato.”
Il vecchio si irrigidì: “Ero giovane all’epoca, avevo passato con successo la visita di leva e non avevo mai avuto nessun sintomo simile prima di quel momento. Dopo quell’esperienza decisi di lasciare la Royal Irish Constabulary e trovai lavoro nella polizia di Glasgow, ma il ricordo di quella notte non mi ha mai abbandonato: nemmeno dopo un anno feci un incubo nel quale rivedevo quella creatura sorridermi maligna. Tentai di resistere, di ignorarla, mi spinsi fino al punto di assumere l’oppio contrabbandato da coloro che avrei dovuto sorvegliare, tutto inutilmente. Dopo qualche anno dovetti lasciare la polizia: ho vissuto fino ad oggi con incarichi saltuari, scappando dalla visione ogni volta che essa ritornava a farmi visita. Non sono mai tornato qui in Irlanda fino ad ora: voglio farla finita una volta per tutte, ormai sono un vecchio relitto, non ho più nulla da perdere.”
Il professore lo guardò con compassione. “In pochi decenni la medicina ha fatto enormi progressi: se all’epoca lei avesse potuto consultare me, o un collega con le mie stesse qualifiche… Il suo caso non è nemmeno troppo complesso, lo sa? Si parla di paranoia indotta: un evento, una storia o un fatto accaduto anche casualmente possono fungere da grilletto e innescare un episodio paranoide. Quello che mi ha raccontato è in tutto e per tutto un caso simile: un vecchio – senza dubbio molto pittoresco – racconta la sua storia a un giovane soldato stanco e privo di difese mentali, allo scopo di evitare che gli inglesi arrivino a scoprire il luogo dove si nascondono i ribelli irlandesi; l’atmosfera della serata, la suggestione e il terrore nel udire i propri compagni massacrati da quelle che io credo essere state davvero le forze dell’IRA, prima accampate a Clonmany, hanno fatto il resto.”
Il professore indicò il paesaggio al di fuori della finestra della locanda: “Guardi lì, anche lei: ora sulla costa vengono turisti per il surf e per dipingere il paesaggio. Anche di notte ci sono i bivacchi dei ragazzi che girano con l’autostop.”
“Ma Bones, Sterling… Io li ho visti… Perché…”
“Lei ha visto quello che la sua mente credeva di vedere” rispose il professore. “E per il resto della sua vita ha vissuto con la consapevolezza, nel suo inconscio, di non essere riuscito a salvare i suoi compagni.” Fece un cenno alla cameriera: “Potrebbe portarci un caffè forte? Fra poco andremo a fare una passeggiata sulla spiaggia.”
“Un’ottima idea” la cameriera posò sul tavolo due tazze fumanti e sorrise a entrambi, “la stagione è al suo culmine, vi consiglio di provare i panini che vendono nel chiosco accanto al noleggio dei surf.” I suoi occhi verde acqua mandavano strani bagliori mentre si scostava dalla fronte i folti capelli neri, simili a una massa d’acqua scura, e riprendeva a servire gli altri clienti.

Note: Nel 1921 a Clonmany, nel Donegal, due soldati della Royal Irish Constabulary sparirono durante una ricognizione notturna. Il corpo di uno di loro venne ritrovato il giorno dopo sulla spiagga, dell'altro non rimasero tracce. Entrambe le morti vennero attribuite all'IRA, erano infatti gli anni della guerra di indipendenza irlandese. Ho preso spunto dall'episodio per creare questa storia. Tutte le inesattezze storiche e geografiche sono da imputare a me - e alla mia abitudine di scrivere solo a ridosso delle scadenze, a scapito della ricerca storica ^^'
  
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