Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |       
Autore: Sally0204    25/06/2024    13 recensioni
In Brasile Tsubasa e Sanae vivono l’inizio del loro sogno. Hanno diciassette anni e sono convinti che niente potrà recedere il filo rosso che lega i loro cuori, spezzare un amore che sembra destinato a durare in eterno.
Ma non sempre la vita asseconda i nostri piani, non sempre le cose vanno come vorremmo.
Dopo quella settimana di magia, Tsubasa e Sanae non si rivedono per vent’anni: quando succede è impossibile non chiedersi “cosa sarebbe successo se…” e realizzare che, per chiudere certi discorsi, a volte è necessario riaprire alcune porte, perché «se incontrarsi resta una magia, è mantenere l’equilibrio la vera favola» (M.G.)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Koshi Kanda, Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
                                                                                                                                        Brasile, anni ‘90
 
Sanae sollevò la tendina del finestrino per ammirare il pianeta in tutto il suo splendore. Vide sotto di sé la costa orientale del Brasile avvicinarsi. Non che l'avesse riconosciuta, ma in quel momento il comandante aveva annunciato l’imminente atterraggio raccomandando ai passeggeri di mantenere allacciate le cinture di sicurezza.
 
In quelle interminabili ventidue ore di volo aveva visto dall’alto città, lingue di terra che si estendevano nel luccichio dei porti, chiome di alberi che sembravano piccoli funghetti, il mosaico perfetto e geometrico dei campi coltivati composti da tasselli giallo oro, marroni e verdi delimitati dalle linee serpeggianti dei corsi d’acqua.Erano stati inghiottiti da imponenti e voluminosi cumuli di soffici nuvole a più strati e, quando erano sbucati fuori, il cielo aveva cambiato colore.
 
Ogni tanto avevano attraversato qualche turbolenza e a lei era mancato il respiro. Ma ormai la meta era vicina.
 
Guardò un’ultima volta fuori dall’oblò: le case si erano fatte sempre più grandi, le macchine che sfrecciavano su un'autostrada a otto corsie non sembravano più solo piccole formichine laboriose diligentemente incolonnate. San Paolo si stendeva sotto i suoi piedi pronta ad accoglierla.
 
Il primo volo della sua vita. 
 
Il primo vero viaggio da sola.
 
La prima volta fuori dai confini del Giappone. 
 
I genitori erano convinti che stesse andando a Londra, spesata da una borsa di studio e da quanto era riuscita a racimolare lavoricchiando nella caffetteria dei genitori di Kumiko. 
 
I soldi per quel biglietto aereo costosissimo, invece, glieli aveva offerti Genzo, al quale aveva giurato di restituire tutto fino all’ultimo yen. Le aveva prenotato un volo con la compagnia di bandiera svizzera con un solo stop over a Zurigo. Con pazienza infinita, le aveva spiegato come era fatto un aeroporto, come comportarsi ai controlli delle dogane, come recuperare il proprio bagaglio a un nastro trasportatore mobile, sopra il quale avrebbe lampeggiato il numero del suo volo e della città in cui aveva fatto scalo. Nessuno le avrebbe consegnato la valigia scese le scalette dall'aeroporto, come lei si sarebbe aspettata! Nessuno si sarebbe preoccupato di una spaesata ed ingenua ragazzina di Nankatsu che aveva a malapena visto Tokyo durante una gita scolastica.
 
Senza Genzo non ce l’avrebbe mai fatta.
 
«Segui le indicazioni per l’uscita e per il punto taxi. Consegna il biglietto con l’indirizzo. Ti troverai a casa di Roberto nel giro di un’ora e Tsubasa sarà lì. Sarà più facile di quello che pensi.»
 
Non era stato tutto facile: l’ansia di sbagliare qualcosa, di finire nel posto sbagliato, di perdersi da qualche parte l’aveva consumata durante quelle ventiquattr'ore. Ma la voglia di rivedere Tsubasa aveva reso ogni ostacolo, all'apparenza insormontabile, solo un piccolo scalino più in alto per raggiungere la vetta.
 
 
Il taxi accostò davanti a una casetta bianca con gli infissi verde acqua. Sostò un paio di secondi davanti a una staccionata in legno cercando di controllare il tremolio delle gambe. Il cuore galoppava fortissimo minacciando di uscirle dal petto, quando avvertì una mano posarsi sulla sua spalla e una voce, conosciuta, chiamare il suo nome.
 
Si girò lentamente. Tsubasa era lì davanti a lei con gli stessi occhi profondi e innamorati, con lo stesso sorriso dolce e rassicurante, con lo stesso inebriante profumo che lei non aveva mai dimenticato.
Chiuse gli occhi e li riaprì più volte per essere certa di non essere piombata di nuovo in un sogno, uno dei mille sogni che avevano popolato le sue notti negli ultimi due anni e dal quale aveva, adesso, il terrore di risvegliarsi.
 
La borsa le scivolò dalle mani schiantandosi con un tonfo a terra e lei si ritrovò stretta tra le sue braccia.
 
 “Sei qui, sei qui, è tutto vero, Sanae. Non è un sogno.”
 
**
 
La casa in cui Tsubasa viveva con Roberto era piccola, ma accogliente, pulita, e molto colorata, con una palette cromatica ispirata al mare che andava dal turchese, all'azzurro al blu navy. La parte che Sanae preferiva era la piccola veranda al sole che si affacciava sull'oceano, attrezzata con un tavolo in legno e un'amaca in corda a due posti.
 
Cenavano lì la sera con Roberto, dopo le interminabili giornate trascorse al campo a guardare gli allenamenti, chiacchierando del Brasile e del Giappone, della nuova vita di Tsubasa e degli amici che lo aspettavano a casa. 
 
Roberto finiva per uscire con la scusa di una birra in spiaggia per lasciarli soli. E loro restavano ore e ore abbracciati a ondeggiare in quell’amaca guardando il tramonto e il sole tuffarsi nelle acque sempre più scure dell’oceano. Si mangiavano di baci consumandosi di carezze, contando i giorni, le ore, i minuti che mancavano alla ripartenza.
 
**
 
Tsubasa rientrò dagli allenamenti più tardi del solito quella sera. Stravolto, ma desideroso di passare ogni attimo di quelle ultime giornate con lei, chiese a Roberto di occuparsi della cena, la prese per mano e insieme scesero in spiaggia. 
 
Il percorso che portava al mare era in pendenza, digradava tra rocce e bassi cespugli, superati i quali una distesa di sabbia fine e bianchissima li aspettava. Tsubasa si liberò velocemente della maglietta e aspettò che anche lei si sfilasse i pantaloncini di jeans e la canottiera.
 
E se il costume blu notte con le stelline bianche gli aveva fatto perdere il sonno in quelle notti, la vista di quel costumino a triangolo rosso, che lasciava esposta al sole, e alla brezza del mare, molta più pelle di quella che fino a quel momento a lui era stato concesso guardare e toccare, lo mandò in affanno azzerando le sue funzioni cerebrali: le orecchie presero fuoco, il respiro azzerato, il battito cardiaco assente.
 
Sanae lo spiò di nascosto, Tsubasa aveva uno sguardo insolito quella sera. Come se il velo, che per anni le aveva impedito di leggere nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, fosse stato stracciato improvvisamente in mille pezzi: riuscì a decifrare nei suoi occhi un desiderio bruciante che riconobbe facilmente, perché assomigliava tanto al suo. 
 
Si tuffarono in mare, spingendosi al largo alla ricerca di un po’ di intimità, lontano dalla gente che ancora affollava la spiaggia. Poi, mentre il sole iniziava a cambiare colore e il cielo a tingersi di un colore violaceo molto più intenso, uscirono e si rifugiarono in un angolo appartato tra gli scogli.
In lontananza, da un Chiringuito nascosto tra le palme, proveniva musica reggae e il chiacchiericcio sommesso degli amanti dell'aperitivo in spiaggia. 
 
Le note di One love di Bob Marley si mescolarono ai loro sospiri. E tra i tanti piccoli, schioccanti baci a stampo che si scambiarono sulle labbra salate, Sanae trovò il coraggio di dirgli ciò che le girava per la testa da quanto era arrivata in Brasile: “Voglio fare l’amore con te. Prima di partire, vorrei fare l’amore con te.”
 
Tsubasa si bloccò: Sanae notò un muscolo che si contraeva a intervalli brevissimi sulla sua mascella e i suoi occhi spalancarsi e riempirsi di un luccichio vibrante.
 
“Io… “
 
 “Solo se lo vuoi anche tu…”
 
“Se lo voglio?” le soffiò sulle labbra iniziando a baciarla ovunque, lasciandole piccoli segni rossastri sulla pelle bianca. “Io non penso ad altro. Non penso ad altro tutto il giorno. La notte quando ti sento muovere nell’altra stanza, mi sembra di impazzire.”
 
“Domani sera, Roberto non sarà a casa, vero? Dopo la festa in spiaggia, potremmo passare la notte insieme.”
 
**
 
Il suono dei tamburi e delle chitarre riempiva l’aria, mentre la musica brasiliana con i suoi ritmi travolgenti faceva muovere i corpi sulla sabbia lambita dalle onde calme dell’oceano e illuminata dalla luce argentea della luna piena. Nel mezzo della spiaggia ardeva un grande falò le cui fiamme crepitando si alzavano alte verso il cielo.
Tsubasa e Sanae ballarono con i compagni e gli amici brasiliani, bevvero sangria e si lasciarono convincere a fare un tuffo nelle acque rinfrescanti sotto quello splendido cielo stellato.  
 
Finita la festa, ripercorsero il sentiero che dalla spiaggia portava a casa senza parlare, le dita intrecciate, i passi leggeri e incerti. Il rumore della festa in lontananza si affievoliva, lasciando spazio solo ai loro respiri e al battito dei loro cuori. Si scambiarono uno sguardo timido, sorridendosi, consapevoli che quella sarebbe stata una notte speciale.
 
Entrarono scalzi nella camera da letto e rimasero a fissarsi, al buio, uno di fronte all’altro, illuminati solo dai pallidi raggi che filtravano dalla finestra spalancata sul mare. 
 
“Accendo la luce?” le chiese con la voce incrinata dall’emozione.
 
“No, no…” si affrettò a rispondere Sanae sussultando leggermente. Sentì le guance prendere fuoco per il pudore e per la paura. Il coraggio, che aveva creduto di possedere fino a qualche istante prima, era evaporato come neve al sole.
 
Provò a scostare le spalline del suo vestito, ma l’agitazione ebbe il sopravvento, impedendo il movimento fluido delle dita. 
 
“Stai tremando…” constatò Tsubasa avvicinandosi. Con un gesto delicato, prese le mani di lei nelle sue portandosele alle labbra, sperando di placare quel tremolio condiviso. 
 
“Anche tu tremi.”
 
“Sì, io ho paura, Sanae” ammise candidamente, sfiorandole una guancia con la punta del naso. “Ho paura. Paura di non essere all’altezza, paura di sbagliare tutto. Vorrei che fosse tutto perfetto, perché tu sei perfetta. E io vorrei regalarti una notte indimenticabile. Invece ora sono così agitato che non so nemmeno da dove partire…”
 
Sanae cercò di incrociare i suoi occhi che, offuscati di cieco desiderio, sembravano due pozze liquide senza fine. Sciolse l’intreccio delle dita e con l’indice della mano destra seguì la linea delle labbra.
 
“Partiamo dalle cose semplici, Capitano. Io mi fido di te.”
 
L’abitino di Sanae cadde a terra. Tsubasa diede una scorsa veloce al suo corpo svestito: l’unica cosa che indossava in quel momento era un paio di slip di cotone rosa pallido che lasciavano intravedere il segno appena accennato dell’abbronzatura. Sentì la testa girare e il sangue confluire a una velocità innaturale verso il basso: si sfilò la t-shirt, lanciandola a terra.
 
L’abbracciò forte, se la strinse addosso, beandosi del contatto della pelle nuda del suo seno contro quella del suo torace. Nascose il viso tra i capelli umidi, che odoravano di mare e di sabbia, bisbigliando sottovoce il suo nome: “Sanae… Sanae…” 
 
Si lasciarono cadere sul grande letto. Iniziò a lasciarle piccoli morsi leggeri ovunque: le labbra, le guance, il collo, le spalle. Le mani scivolarono lentissime ad accarezzare il seno, e poi scesero in basso, lungo il ventre, i fianchi, le natiche. Si fece strada tra le sue cosce morbide con delicatezza, facendosi guidare dall’istinto e dal corpo di Sanae che sembrava fatto apposta per suggerirgli ogni mossa. Le sussurrò parole dolcissime all’orecchio, parole di cui Sanae non riuscì a comprendere il significato, ma che le cucirono addosso la certezza di essere amata.
 
Ogni centimetro di pelle, sconosciuto fino a quel giorno, venne lentamente esplorato, accarezzato, assaggiato. Tutto di lei aveva un sapore buonissimo e Tsubasa era certo che quel sapore non lo avrebbe mai più dimenticato.
 
“Farà male?” si ritrovò a chiedergli improvvisamente, torturandosi il labbro inferiore con i denti.
 
“L’ultima cosa che voglio è farti del male, Sanae.” 
 
Lei annuì, sbattendo le lunghe ciglia nere. Schiuse appena le labbra gonfie di baci, emettendo un flebile sospiro. E poi chiuse gli occhi.
 
“Guardami! Ehi, Sanae, guardami” le prese il viso tra le mani, riempiendolo di baci, costringendola ad aprire gli occhi. “Fermami, in qualunque momento, se senti che… tu fermami. E guardami, sempre, così saprò che stai bene…”
 
Sanae si aggrappò alle sue spalle larghe, come se stesse per cadere nel vuoto e necessitasse di un appiglio sicuro, aspettando che il momento critico passasse. Strinse le palpebre quando il dolore si fece più acuto, mentre Tsubasa entrava a fatica dentro di lei facendo attenzione a cogliere ogni cenno di incertezza o dolore sul suo viso.
 
“Va tutto bene?” le chiese in tono premuroso. “Dimmi cosa posso fare…”
 
“Continua” lo supplicò, mentre piano piano il dolore si quietava lasciando spazio a uno sconosciuto piacere. “Amami, Tsubasa.”
 
 “Ti amerò per sempre, Sanae.”
 
**
 
Il giorno della ripartenza era giunto in un lampo. Dopo quella notte insieme, lasciarsi sembrava impossibile.
 
“Non guarderò mai più un tramonto senza pensare a te,” le bisbigliò all'orecchio. La voce gli uscì quasi stridula traboccante di commozione. Tsubasa voleva essere forte e rassicurarla, ma era terrorizzato almeno quanto lei, se non di più.
 
“Come faremo a stare lontani per tanto tempo, senza mai toccarci?”
 
“Anche se non possiamo tenerci per mano, io ti porterò sempre nel cuore, Sanae” prese la sua piccola mano appoggiandola in mezzo al petto. “Tu sei qui, e lo sei anche se stai dall’altra parte del mondo.”
 
 
In quell’aeroporto, sospesi in un tempo che confondeva passato, presente e futuro, Tsubasa e Sanae restarono a lungo abbracciati, scambiandosi promesse silenziose, giurandosi, senza parole, amore eterno. 
 
A diciassette anni pensi che niente potrà rompere certi vincoli, sei convinto che nulla potrà scalfire i tuoi sentimenti.
 
A diciassette anni non pensi che la vita possa mettersi di traverso sparpagliando sul tuo cammino spine che pungono, chiodi che feriscono.
 
A diciassette anni non credi che l’amore vero possa conoscere dubbi e spezzare il cuore in mille pezzi.
 
Non c’è nulla di più arduo che amarsi. E amarsi a distanza è un lavoro faticoso al quale spesso non si è preparati. 
 
Tsubasa e Sanae si trovarono presto a fare i conti con il peso di una lontananza e il vuoto di una mancanza che le brevi lettere e le rapide telefonate non potevano colmare.
 
Non è vero che ventimila chilometri di distanza non contano.
 
Non è vero che dodici ore di fuso orario non cambiano le cose.
 
Stare in due continenti lontani, vivere vite completamente diverse pesa e spezza anche quei fili che sembravano indistruttibili.
 
Tsubasa e Sanae furono costretti a fronteggiare una realtà, che in quell’afoso pomeriggio brasiliano, non avevano nemmeno considerato: anche l’amore più grande può screpolarsi come la pelle al sole.
 
   
 
Leggi le 13 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sally0204