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Autore: RuinNoYuki    20/09/2009    2 recensioni
Solo offrendo alle ombre tutte le rose rimaste sulla terra gli dei si quieteranno e le ombre scompariranno per sempre.
La Rosa Blu è la stirpe di queste rose, i peccati di Dielytra.

-Questa rosa mi ha morso!-
-Semmai ti ha punto, sce-
[ Personaggi: Ruin Yuki, Plain Yuki, Sirma Yuki ]
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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1Prologo-La fata del lago di pietra

The legend behind the Blue Rose


Prologo

La fata del lago di pietra


Plain era preoccupato.

Era la prima volta che lui e Sirma si addentravano così a fondo nella foresta vicino la loro casa.

Non era da molti anni che lui e Sirma, il suo fratellino, vivevano da soli. In verità erano realmente pochi.
Solo quattro, dall’attacco delle ombre.

Quattro anni fa la vita era ancora tranquilla, i bambini non avevano paura a girare fuori casa. Sua madre, una donna dolce e premurosa, si occupava di lui e di Sirma e, per quanto potesse ricordare dalla sua nascita, loro non avevano mai avuto una presenza paterna. Sua madre gli raccontava spesso, prima di andare a letto, del coraggio e della forza di loro padre, e dei sacrifici che aveva compiuto per il loro bene e per quello della comunità.

Per il bene del mondo.’

Suo padre, come molti altri uomini prima di lui era stato chiamato in guerra, una guerra che durava da secoli e secoli e che non sembrava avere mai fine, la guerra delle ombre.

Le ombre ti divorano l’anima.’ diceva sua madre ‘ Ma non dovete temerle, perché vostro padre vi difende e con lui molti altri uomini, in attesa della Rosa Blu.

Plain non era riuscito a capire come, un semplice fiore, avrebbe potuto aiutarli, salvandoli dalle ombre.

Lo scoprì all’età di dieci anni.

La Rosa Blu non è un semplice fiore.

Una leggenda antica narra di una dolce fanciulla di nome Dielytra. Questa, più bella di qualsiasi dea, aveva la pelle rosea più morbida dei petali di un fiore, i lunghi capelli azzurri sembravano una cascata di acqua cristallina, i suoi occhi erano più brillanti e preziosi dell’oro e il suo dolce e luminoso sorriso faceva invidia persino sole. Gli dei la amavano e la desideravano per la sua bellezza.

Ma un giorno Dielytra si innamorò di un giovane guerriero, Luna, e con lui consumò il suo amore.

Gli dei, invidiosi del giovane e oltraggiati dal comportamento della fanciulla, uccisero Luna e imprigionarono Dielytra in un giardino di pietra.

La fanciulla, straziata dal dolore, pianse per lunghe notti inondando con le sue lacrime il roccioso giardino, che si tramutò in uno splendido lago.
Le dee ,raggirate dagli dei e commosse dall’amore di Dileytra, plasmarono il corpo del giovane guerriero trasformandolo un una bellissima rosa blu, che collocarono al centro del lago.

Per ogni lacrima della candida fanciulla la rosa perdeva un petalo, e da questo nasceva un nuovo germoglio che risplendeva di vita.

Luna era come rinato tramite quelle splendide rose blu, e Dielytra si prendeva cura di loro come fossero state dei figli e scordando il dolore riprese a vivere serena, circondata dai suoi amati fiori.

Gli dei si indispettirono.

Con furia cieca estirparono tutte le rose del giardino, facendolo diventare una distesa salata.

Ma le dee, parteggiando per la giovane, salvarono le poche rose rimaste in vita e le fecero cadere sulla terra e su di esse applicarono un incanto.

Chiunque avesse toccato queste rose con l’intenzione di distruggerle sarebbe stato trasformato in una farfalla cremisi, destinata a scorgere un solo tramonto.

Coloro che invece le avessero toccate con amore, avrebbero dato vita alle stesse, tramutandole nei figli dei due sciagurati amanti.

Gli dei incolleriti plasmarono degli soffi ostili e li liberarono sulla terra per far si che cancellassero l’esistenza dei fiori.

Quegli spiriti perversi vennero chiamati ombre.

Solo offrendo alle ombre tutte le rose rimaste sulla terra gli dei si quieteranno e le ombre scompariranno per sempre.

La Rosa Blu è la stirpe di queste rose, i peccati di Dielytra.



Due giorni dopo aver udito questo racconto dalla madre, in un sereno e caldo pomeriggio di estate, le ombre invasero il villaggio.

Loro madre morì e con lei buona parte del villaggio.

Quello fu un episodio isolato, nessun villaggio era mai stato attaccato di giorno. Solitamente le ombre risiedevano nei luoghi bui, e attaccavano specialmente di notte; al sorgere della Luna si infervoravano.

Per questo a quel satellite è stato dato il nome del giovane guerriero.

Dopo questo episodio la vita era tornata ordinaria.

Non vi erano state notizie di altri attacchi diurni, e la gente si chetò.

Ma Plain no.

Da quel giorno erano passati quattro anni, lui ne aveva quattordici e Sirma undici.

Non uscivano quasi mai dal loro rifugio e vivevano specialmente dei prodotti che il piccolo orticello dietro casa riusciva a dargli.

La loro casa era la più isolata del villaggio, distava mezzo chilometro dalle ultime abitazioni di periferia, ed era circondata su tre lati dalla foresta, mentre dinanzi ad essa si prolungava un ampio viale ghiaioso, attorniato da alti tigli.

Solitamente, almeno una volta al mese, si addentravano superficialmente nella foresta per cacciare della selvaggina e tenerne una piccola scorta fino al mese successivo, in mancanza di questa si accontentavano di raccogliere dei mirtilli e delle fragole e, con fortuna, qualche fungo.

Ma quella volta era diverso.

L’estate quell’anno era arida. Il pozzo dal quale solitamente raccoglievano l’acqua era secco e il loro orto era bruciato. Il suolo, esposto alla luce del sole, si era aperto in grandi croste sabbiose, trasformando il solito verde giardino in un arido deserto.

Avevano sete, e fame, e non avevano abbastanza soldi per comprare delle frivolezze come il cibo.

I pochi che avevano conservato, dalla morte della madre, li tenevano per comprare medicinali. Medicinali che servivano specialmente a Sirma per colpa della sua asma. Le prime crisi che aveva avuto, in assenza di medicinali, erano state terribili non solo per Sirma, ma anche per Plain, che non sapeva cosa fare per far star meglio il suo fratellino. Per fortuna quelle crisi si erano placate da sole, permettendo al fratellino di respirare ancora una volta.

Ed ora erano li, nel folto della foresta dove non vi era nemmeno un raggio di luce, che veniva filtrata da quelle fronde enormi degli alberi secolari.

Erano li a camminare il più piccolo dietro al più grande, con le mani intrecciate per evitare di perdersi.

Ogni più piccolo rumore risultava, alle orecchie di Plain, come una minaccia e subito si nascondeva tra le cortecce degli alberi, attirando a se il fratellino e stringendolo forte, come a volerlo inglobare nel suo corpo per proteggerlo; poi riprendevano a camminare.

Plain, volgendo lo sguardo indietro, vide Sirma saltellare felice tra le radici degli alberi, sempre con la mano nella sua.

Lui non sapeva niente della Rosa, e sapeva poco sulle ombre. L’unica cosa che Plain gli aveva detto, una volta compiuti gli otto anni , era stato che le ombre sono malvagie, e fanno male alle persone.

Questa era l’unica cosa che Sirma conosceva, per questo ora era così felice, e si guardava attorno divertito, come se quella fosse stata una piacevole escursione e non una lotta per la sopravvivenza. Invidiava quella sua ignoranza, ma allo stesso modo la temeva.

Non aveva avuto il coraggio di raccontare a Sirma quell’orrenda storia, che a suo tempo aveva udito dalla madre.

Orrenda ma necessaria, necessaria per la nostra sopravvivenza e felicità. Sacrificare la vita della Rosa per la nostra.

Vedere suo fratello che saltellando spensierato e innocente produceva dei piccoli scricchiolii, quasi avesse cinque anni anziché undici, lo innervosiva; avrebbe potuto attirare le ombre.

I suoi passi erano invece leggeri e veloci, sembrava quasi stesse scivolando sui tronchi piuttosto che camminando su essi, come un fantasma.

Solo i fantasmi e i morti non destano le ombre.

Per questo motivo, mente stava raccogliendo velocemente dei funghi, trovati a ridosso di una quercia su un terreno sorprendentemente umido, si stupì di essere ancora vivo, dato il grido di gioia uscito dalla bocca di suo fratello.

Grido molto fragoroso nel grave silenzio che riecheggiava nella foresta da almeno due ore.

-Plain, Plain!!!! Guarda fratellone che bellooo!!-

Plain diede un pugnetto in testa a Sirma.

-Quante volte te lo devo dire?? Non devi urlare, o attiri le ombre!- aveva detto tutto ciò bisbigliando, ma in quel silenzio innaturale fu come se lo avesse urlato.

Ma Sirma, spensierato e felice, continuò a saltellare intorno producendo rumore.

-Io vado vicino all’acqua!!!!- gridò Sirma saltellando sulle rocce lì attorno.

Plain, ancora dedito a raccogliere funghi, e attento ad ogni piccolo rumore,non aveva prestato ascolto al fratellino e non si era reso conto del grande lago che gli stava alle spalle.

Poi si udì un forte rumore, simile a qualcosa che cade in acqua.

Subito dopo, il grido di dolore di suo fratello.

-Ahiaa!Questa rosa mi ha morso!!!!-

Plain, abbastanza stordito, si girò dicendo:

-Semmai ti ha punto, sce-

Ma non finì mai la frase, rimanendo lì, con la bocca aperta. Paralizzato.

Alla sua vista, nascosto da quell’immensa distesa di alberi, si estendeva un grande lago, che risplendeva di un forte color smeraldo, per via del muschi che ricoprivano il basso fondale roccioso. Un sentiero di rocce si allungava fino al centro del bacino verde.

Proprio vicino a uno dei massi, al centro, completamente immerso nell’acqua , con le lacrime agli occhi e lo sguardo truce, stava suo fratello.

Ai suoi piedi una bambina sui sei anni, svestita.

I lunghi capelli azzurri che ricadevano fluentemente nell’acqua le coprivano gli occhi.

Sulla pelle, incredibilmente candida, come non avesse mai visto la luce del sole, esattamente all’altezza del cuore, risaltava un tatuaggio.

La Rosa Blu.

-Lasciami!Mi fai male!- gridò Sirma in preda al panico, vedendo del sangue, il suo sangue, colare dalla mano, macchiando i denti e il mento della bambina, che gridò pacata:

-No!Così impari a tirarmi!- per accorgersi, successivamente, di aver mollato la presa al povero arto del bambino di fronte a lei.

Plain si avvicinò, camminando sulle rocce deciso, raggiungendo il fratello e tirandolo con un braccio fuori dall’acqua.

La bambina li osservò arrabbiata con i suoi occhi d’ ambra, inclinando appena la testa.

Il bambino più basso aveva i capelli corti, mossi, di un intenso colore blu notte, reso ancora più scuro dall’acqua che li bagnava, l’altro, non troppo più alto, aveva i capelli lunghi e lisci, color dell’oro. Entrambi avevano la pelle molto abbronzata e due paia di occhi color nocciola che ora la osservavano; un paio con curiosità mista dolore, l’altro paio con decisione e freddezza.

-Una bambina piccola come te che ci fa da sola in un bosco? Perché non vieni fuori dall’acqua? Sei tutta bagnata, così ti ammali …-

Nonostante quelle parole premurose, la voce di Plain ne uscì aspra.

La bambina mise su un piccolo broncio e, dopo aver preso aria, incominciò a parlare.

-Io non sono una bambina!!!Sono un maschio, e non mi importa se mi ammalo!Io lì con voi non ci vengo!- e detto ciò si alzò traballante e fece per girarsi ed andarsene, ma qualcosa lo trattenne.

-Tu ora vieni con noi- disse Plain, stringendo la sua presa sul polso del bambino e attirandolo verso di se.

-Che bello!!!-gridò felice Sirma-Viene a casa con noi?!-

Plain si girò verso il fratellino.

Un luminoso sorriso gli illuminava il volto e i suoi occhi erano spalancati dalla felicità, ormai dimentico del dolore alla mano.

-Certo Sirma- rispose Plain sorridendo accondiscendente – lui ora viene con noi … -

-Non voglio!!!- urlò il bambino dai lunghi capelli azzurri, mentre dai suoi occhi uscivano lacrime –Mi stai facendo male!!-

Ma Plain non se ne curò più di tanto e trascinò la Rosa fuori dall’acqua spingendola verso la riva del lago, mentre quella si dimenava per liberarsi dalla presa ferrea sui suoi polsi.

-Come ti chiami?- chiese con il sorriso il minore dei due fratelli – Io sono Sirma!!!!-

Plain , una volta sulla riva, lasciò la Rosa che rispose con le lacrime agli occhi per via delle contusioni ben visibili sui suoi polsi.

-… Ruin, snif, mi chiamo Ruin- e si asciugò il nasino.

Sirma tutto felice abbracciò Ruin e gli diede un bacio sulla guancia.

-Da ora in poi tu sarai il mio fratellino!!!!!-gridò Sirma mentre anche Ruin, contagiato dalla felicità dell’altro, sorrideva e lo abbracciava allegro.

Plain li stava osservando mentre si abbracciavano spensierati.

‘ 
Solo sacrificando la vita della Rosa Blu potremo salvare la nostra, lo so che è crudele, ma riesci a capire che è necessario figlio mio?

-Si madre, lo capisco-



Ecco, ho finito per ora. Spero che la storia vi abbia interessato e che vi sia piaciuto questo primo capitolo! Un grazie di cuore a tutti quelli che stanno leggendo. Comunque faccio alcune precisazioni, per rendere tutto più chiaro, anche se credo si sia capito! Allora, la Rosa Blu non è una sola rosa, o persona, ma sono tutte le rose finite sulla terra. E’ una stirpe di persone, di fratelli secondo la leggenda, ma è difficile parlare di stirpe, visto che quando se ne trova una questa viene consegnata alle ombre … Le parole scritte in corsivo sono quelle dette dalla madre a Plain prima della sua morte.

Ok, ho detto tutto. Se qualcosa si mostrasse poco chiara chiedete pure!

Pubblicherò il prossimo capitolo il prima possibile ( quindi tra un 5 anni come minimo), tanti baci!
 RuinNoYuki
   
 
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