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Autore: Ghost Writer TNCS    06/07/2024    1 recensioni
Il racconto conclusivo del primo arco narrativo. Questa storia prosegue gli eventi di Eresia, La frontiera perduta e La progenie infernale.
È giunto il momento della resa dei conti. Ma quello che si prospetta all’orizzonte è un conflitto ben più grande di Tenko, di D’Jagger, e degli dei stessi.
Lasciato Raémia, le due fazioni si riuniranno con i rispettivi alleati, ma per tutti loro molte cose sono cambiate, e i loro obiettivi potrebbero non coincidere più.
Per qualcuno sarà la fine, per altri un nuovo inizio, una cosa è certa: nessuna fazione può dirsi davvero unita. Tra interessi personali e ideali opposti, le divergenze interne potrebbero determinare l’esito degli scontri più ancora della forza dei nemici.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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23. Guerra diplomatica

Prima di cadere sotto il controllo di Havard, Shakdàn era stata uno dei più importanti centri religiosi delle terre degli orchi. La sua posizione, al centro del continente settentrionale, la rendeva un luogo ideale in cui aggregarsi, e proprio per questo ogni dio aveva fatto erigere un proprio tempio nella città alta. Il figlio di Hel aveva ordinato la rimozione di tutti i simboli religiosi, ma ora le cose erano cambiate nuovamente: le decorazioni per il Summit dei Sette erano state rimosse, sostituite da altri ornamenti realizzati per celebrare il ritorno degli dei. O meglio: di alcuni dei. Quelli che non erano scesi a patti con i mortali, che non si erano contaminati di una simile bassezza, e che per questo erano gli unici meritevoli di continuare a regnare sul mondo intero. Erano questi i nuovi sermoni che i rappresentanti del Clero professavano in tutte le piazze, e il popolo stava già cominciando ad abituarsi a quella nuova normalità. Non che avesse scelta: qualsiasi ulteriore atto di ribellione sarebbe stato punito con la morte, come già ampiamente dimostrato durante l’attacco dei giganti.

Era proprio in quel clima di surreale quotidianità che un messaggero correva verso la città alta, verso i palazzi più raffinati dove si erano reinsediati gli alti sacerdoti.

Giunto a destinazione, il giovane orco non poté non notare le pile di oro e oggetti preziosi che erano stati ammassati in quelle lussuose dimore: si trattava di beni requisiti ai ribelli, nonché un premio concesso dagli dei a quelli che erano rimasti loro fedeli.

«Porto notizie urgenti, padre» annunciò il messaggero in tono rispettoso.

«Dimmi, figliolo» lo esortò l’alto sacerdote, un orco di mezza età che per nulla al mondo avrebbe rinnegato gli dei.

Il giovane riferì il suo messaggio, che venne accolto dall’ecclesiastico con profondo sconcerto. «Sparisci!» tuonò. «Devo informare immediatamente gli dei!»

Il messaggero sgusciò via intimorito, a quel punto l’alto sacerdote si raccolse in preghiera per informare gli dei di quanto aveva appena scoperto. Le divinità lo ascoltarono con superiorità, e poi lo liquidarono con disgusto appena scoprirono cosa avevano fatto i ribelli.

«Come osano?! Come osano?!» ripeté Horus, il dio falco del sole. «Come osano diffondere un mandato d’arresto nei nostri confronti?!»

«Sono degli illusi se pensano che anche uno solo dei nostri fedeli li informerà della nostra posizione!» esclamò Nergal, dio della morte. «Ora che abbiamo ripreso Shakdàn, dovremmo mettere delle taglie sulle loro teste! Così capiranno chi è che comanda davvero!»

«No, non possiamo ancora rischiare una mossa simile» ribatté il dio delle tempeste, Susanoo. «Devono essere i nostri inquisitori a portarci le loro teste. Mettere una taglia su di loro potrebbe farci apparire a corto di uomini, e se nessuno riuscisse a riscuoterla sarebbe un’onta ancora maggiore.»

«Per ora siamo al sicuro qui» affermò Enki, dio del mare. «Non dobbiamo dare peso a queste voci. Lasciamo che i nostri giganti riprendano le altre città.»

«No! Non possiamo rimanere nascosti! Non più!» intervenne Huitzilopochtli, il dio del sole e della guerra. «Se lo facessimo, potrebbero spargere la voce che abbiamo paura di loro! Dobbiamo mostrarci apertamente, così che tutti capiscano che i ribelli non hanno alcun potere!»

«Sono d’accordo, ma dobbiamo fare molta attenzione» sottolineò Tezcatlipoca, dio della notte. «I vampiri se ne sono andati con la loro astronave, quindi non abbiamo modo di lasciare il pianeta questa volta.»

«Hai forse paura dei ribelli?!» lo schernì Maahes, il dio della guerra dalla testa di leone.

«Se l’ultima volta non avessimo avuto un’astronave a disposizione, forse ora non saremmo qui» gli fece notare Tezcatlipoca.

«L’ultima volta non avevamo i giganti» ribatté Horus. «A Shakdàn sono riusciti a sconfiggerne solo uno, che è quanto avevamo preventivato, e in ogni caso il processo di rigenerazione è già a buon punto. Entro dopodomani potremo già assegnarlo a qualcun altro.»

«Quindi cosa proponete?» domandò Nergal. «Se vogliamo mostrarci, dovremo farlo con un grande evento. Qualcosa che faccia impallidire qualsiasi cosa abbiano organizzato i ribelli negli ultimi mesi.»

«Serve qualcosa che metta in chiaro a tutti che non solo non abbiamo paura dei ribelli, ma che i ribelli stessi sono ormai spacciati» convenne Maahes.

«Ascoltatemi» li esortò Tezcatlipoca, «so esattamente che tipo di evento dobbiamo organizzare.»

***

Due giorni dopo la diffusione del mandato di arresto contro gli dei, fu il turno di Havard di venire raggiunto da un messaggero in tutta fretta. Appurata la notizia, il pallido convocò immediatamente gli altri rappresentanti per informarli di quanto gli era stato riferito.

«Gli dei hanno abboccato» spiegò una volta che furono tutti riuniti, «tuttavia la loro contromossa si è rivelata più subdola di quanto avevamo previsto.»

«Cos’hanno escogitato quei codardi?» volle sapere l’umano.

«Hanno organizzato una grande cerimonia a cui presenzieranno gli dei stessi, e l’evento centrale sarà il sacrificio dei ribelli che hanno catturato a Shakdàn e in altre città.»

«Di quanti ribelli stiamo parlando?» domandò il sauriano.

«Al momento non lo sappiamo» ammise Havard. «Il messaggero è partito appena ha saputo dell’annuncio. Immagino saranno decine di persone, forse qualche centinaio.»

«In ogni caso non possiamo lasciare che vengano uccisi» affermò Pentesilea. «Dovremo fermarli a ogni costo.»

Tutti quanti annuirono gravemente: ne andava della vita dei prigionieri, ma anche della credibilità dei Sei.

«Sappiamo dove e quando si terrà la cerimonia?» domandò l’insettoide.

«Tra cinque giorni a Shakdàn» rispose Havard. «Immagino vogliano radunare quante più persone possibile così da rendere l’evento ancora più spettacolare.»

«Con i draghidi possiamo arrivare a Shakdàn in tempo, ma è impossibile mobilitare un esercito così in fretta» sottolineò il sauriano.

«In ogni caso non sarebbe una buona idea schierare un esercito» affermò l’umano. «Gli dei hanno i giganti, e di sicuro avranno riunito diversi inquisitori ancora fedeli a loro. Dovremo schierare solo i nostri uomini migliori per sferrare un attacco diretto agli dei e ucciderli una volta per tutte.»

«Dobbiamo anche garantire la sicurezza dei prigionieri» sottolineò Pentesilea. «Non possiamo lasciare che li usino come ostaggi.»

«Sono d’accordo con il piano di Zharkov» intervenne Havard. «Per quanto riguarda i prigionieri, sarà importante salvarne quanti più possibile, ma dobbiamo tenere presente che non abbiamo abbastanza uomini per proteggerli tutti.»

«Oltretutto per avere più probabilità di salvare i prigionieri dovremmo arrivare a Shakdàn un giorno prima, ma in quel caso gli dei non si presenterebbero, e dovremmo di nuovo trovare il modo di stanarli» fece notare l’insettoide.

«Se attacchiamo il giorno stesso della cerimonia e rendiamo evidente che non ci faremo ricattare nonostante gli ostaggi, quelli rimasti fedeli agli dei non avranno molte alternative» rifletté il sauriano. «Potrebbero lasciarli in pace per concentrarsi sulle nostre truppe, e a quel punto avremmo risolto il problema, oppure potrebbero decidere di ucciderli comunque, ma in quel caso potremmo dire che abbiamo fatto il possibile per salvarli, e che se sono morti è solo per la crudeltà degli dei. Ma se tutto procede come previsto, gli dei a quel punto saranno morti, e quindi nessuno avrà più motivo di piegarsi a loro per paura di ulteriori ritorsioni.»

«Capisco che strategicamente questa è la scelta più logica, ma è comunque sbagliata» ribadì Pentesilea. «Ciò che ci distingue dagli dei dovrebbe essere l’importanza che diamo alle vite di tutti, anche quando questo implica seguire la strada più difficile.»

«Anche cercare di salvare tutti i prigionieri avrebbe un costo di vite non indifferente» fece notare il treant con voce triste. «Sia tra i prigionieri, che tra quelli che avranno il compito di salvarli.»

Ancora una volta i Sei discussero a lungo, analizzarono con attenzione tutte le possibilità e si confrontarono su quale, secondo ognuno, fosse il modo più saggio di procedere. Nessuna proposta sembrava in grado di soddisfare completamente tutti i rappresentanti, tuttavia sapevano di non avere il lusso di stare a discutere per giorni, così alla fine dovette trovare un compromesso che – come tutti i compromessi – scontentava un po’ tutti.

Il piano avrebbe coinvolto tutti i guerrieri più forti a loro disposizione, ma anche Tenko, Sigurd e Spartakan. La demone avrebbe avuto un ruolo centrale nel piano grazie alla sua abilità di spettro, l’elfo era fondamentale per via della sua conoscenza dei giganti, il figlio dell’inferno invece avrebbe dovuto dare prova della sua nomea di ex Campione degli dei.

Fu lo stesso Zabar a informarli del piano e a chiedere loro di essere pronti a partire quanto prima.

«I Sei vogliono che le squadre partano in momenti diversi. Seguiranno anche dei percorsi leggermente diversi per cercare di non far sapere al nemico quanti guerrieri arriveranno.»

«Sai quanti saremo?» gli chiese Sigurd.

«No, non me l’hanno detto» ammise il demone. Rimase un attimo pensieroso. «In effetti non so nemmeno in quanti resteranno a proteggere i Sei.»

«Devono giocarsi il tutto per tutto, anche a costo di restare scoperti a un eventuale contrattacco» rifletté l’elfo.

«Fanno bene a farlo» dichiarò Tenko. «Questa volta dobbiamo uccidere gli dei per davvero.»

«A questo proposito, i Sei sanno che per uccidere degli dei ci serviranno armi adeguate, vero?» intervenne Sigurd. «Non abbiamo l’Ascia qui con noi, e per quanto siano forti i vostri guerrieri, i loro attacchi potrebbero essere insufficienti.»

«Sì, lo sanno» confermò Zabar. «Havard ha sempre saputo che gli dei sarebbero potuti tornare, infatti dopo che siete partiti ha chiesto ai fabbri-alchimisti di creare armi magiche abbastanza potenti da ucciderli. Non ho seguito il progetto quindi non se funzioneranno, ma è già qualcosa.»

«Se non funzioneranno, troveremo un altro modo» gli assicurò Tenko, e in lei il demone riconobbe l’aura venefica della soffiamorte.

Gli dei le erano sfuggiti tante, troppe volte, ma era sicura che questa sarebbe stata la battaglia decisiva. Perché adesso non si trattava più di lei e della sua vendetta: i Sei avrebbero messo in campo tutte le loro risorse per sbarazzarsi degli dei e creare un nuovo futuro per tutta Raémia.


Note dell’autore

Ben ritrovati :)

In questo capitolo assistiamo alle mosse e contromosse dei due schieramenti in gioco. Questa è stata una battaglia di intelletti, politica, la prossima invece sarà uno scontro di armi e guerrieri. La battaglia finale che potrebbe decidere l’esito di questa lunga guerra.

E questo è tutto per ora, non perdete il prossimo capitolo!

Grazie mille per aver letto e a presto ^.^

   
 
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