─ Sei troppo buono per questo mondo. ─
La voce roca, pacata di Andrea risuonò nell'ampia stanza. Presto, il suo compagno di vita sarebbe morto.
Fabio lo avrebbe lasciato.
Si sedette accanto al suo letto e gli sfiorò la testa, nuda di capelli. Quante volte aveva immerso le sue dita in una chioma nera riccioluta, selvaggia…
Strinse le labbra, mentre le lacrime tremavano sulle sue ciglia ramate. Fabio Ricardo Hernandez era stato condannato a morte da una siringa non controllata.
L'AIDS aveva trasformato quel meraviglioso e atletico ragazzo in un'ombra dilaniata dalla pena.
Il corpo di Andrea si irrigidì, come una sbarra di metallo. Fabio era d'animo nobile.
La sua famiglia, in parte d'origine spagnola, era benestante e gli aveva donato amore e attenzione.
Eppure, l'AIDS, implacabile, lo aveva colpito, condannandolo ad una agonia crudele.
Un debole singhiozzo spezzò il petto di Andrea e le lacrime caddero dai suoi occhi grigi, come la pioggia da un cielo nuvoloso. Fabio aveva spento la sua esistenza nello studio della medicina.
Volevi diventare pediatra, mi amor., si disse Andrea. Per una malformazione cardiaca, Fabio aveva perduto sua sorella Alejandra all'età di nove anni.
Tale tragedia aveva coperto d'amarezza la sua pur amorevole famiglia.
Si chinò e posò un bacio sulla testa di Fabio. La risoluta gentilezza di Fabio era macchiata dalla sua omosessualità, mai nascosta.
Non si era mai curato delle occhiate degli idioti e aveva sempre opposto la sua fermezza alla loro stupidità.
Ma l'immunodeficienza, causata da un ago infetto, sembrava avere punito il suo sogno di normalità.
A fatica, Fabio sollevò le palpebre e fissò lo sguardo sull'imponente figura di Andrea.
Non è giusto…, si disse. La loro era una splendida relazione, ma l'AIDS, con la sua ineluttabilità, aveva sollevato muri d'amarezze e parole non dette.
Pur di non opprimerlo, aveva nascosto il proprio dolore dietro una maschera di stoicismo forzato.
Sono malato, non rimbambito., pensò Fabio. Ne era sicuro, le intenzioni di Andrea erano generose.
Ma una simile recita consumava le energie del suo fidanzato in uno sforzo inutile e insensato. E tale pena, pur dissimulata, non diminuiva la sua frustrazione. Per alcuni istanti, chiuse gli occhi. Forse, era giunto il momento di parlare anche con lui.
A tentoni, mosse la mano sul letto e la posò su quella di Andrea.
A quel tocco, l'altro giovane sussultò e si scosse dai suoi pensieri.
Poi, i suoi occhi grigi si specchiarono nelle iridi nocciola del compagno.
Andrea accennò ad un sorriso, poi sollevò la mano e la accostò alle labbra. Non doveva scorgere le sue lacrime…
─ Sono malato, non stupido. ─ dichiarò Fabio, pacato.
Il gelo, come una cappa, coprì il cuore di Andrea. A quelle parole, la sua maschera si era infranta.
Fabio aveva saputo vedere il suo dolore.
─ Ma cosa dici? ─ domandò. Forse, poteva ancora allontanare quei sospetti, ormai divenuti certezze.
Un sospiro sgorgò dalle labbra esangui di Fabio.
─ Non c'è peggior attore di te… Il tuo corpo, quando sei vicino a me, è rigido. Hai paura e soffri… Per me. ─ affermò. Andrea provò a sorridere, ma le sue labbra si distorsero in una smorfia amara. Con poche, ferme parole Fabio aveva saputo vedere la realtà.
Lui, Andrea Marino, non accettava un destino ineluttabile.
D'istinto, aprì le braccia e lo strinse a sé, mentre le lacrime cadevano sul petto del compagno.
Fabio, a fatica, sollevò le braccia e le appoggiò sugli avambracci dell'altro giovane.
─ Hai ragione… Sono un pessimo attore e non riesco a fingere… Non voglio perderti. Ti amo… Perdonami per il mio fallimento… ─ mormorò, il petto scosso da singhiozzi. Le parole, prima represse con tenacia, si confondevano sulle sue labbra.
Fabio appoggiò la testa contro la sua spalla. Quelle parole, così amare, lo avevano colpito, come un pugno allo stomaco.
─ Andrea… Io non ho niente di cui perdonarti… Anzi, sono fortunato… Ma ora basta... Non inganniamoci a vicenda… Ci facciamo solo del male… ─ supplicò.
Con un breve cenno del capo, l'altro giovane annuì. In quel momento, il peso di quel dolore represso, implacabile, precipitava sulla sua anima.
Eppure, uno strano senso di libertà si era impadronito di lui.
Diverso tempo dopo, Andrea si separò dal compagno e lo appoggiò sul letto.
─ Andrea… Voglio farti una richiesta… Anzi, due… ─ mormorò ad un tratto Fabio.
Con un cenno deciso del capo, questi annuì.
− Voglio essere seppellito ad Agrigento, nella tua città… Sarà possibile? In fondo, siamo nel ventesimo secolo… E mi piacerebbe avere sulla tua tomba una ciocca dei tuoi splendidi capelli… − affermò.
D'istinto, Andrea si passò la mano destra tra i lunghi capelli biondi.
− Ti darò tutti i miei capelli, stai tranquillo. − giurò, un malinconico sorriso sulle labbra.
Per un po', Fabio sorrise, poi il suo sguardo si adombrò. Era giunto il momento.
− Per la seconda promessa… Andrea, ti prego, non fermarti a piangere la mia morte… Vivi, ama… Cerca chi può apprezzare la bellezza… Non voglio lacrime, dopo di me… Me lo prometti? − domandò.
A quella richiesta, il corpo di Andrea si irrigidì, come fosse stato pietrificato. Un futuro senza di lui era dilaniante. Come avrebbe potuto innamorarsi di un'altra persona?
Tuttavia, l'amore di Fabio meritava una risposta netta.
− Sì. Te lo prometto, mi amor. −