Uno dopo l’altro i boccioli cresciuti sui vetri si aprono in fiori venati di una sfumatura verde, rilasciano sbuffi di polline bianco che crea volute irregolari nell’aria. Nasconde il profilo degli edifici e si addensa in un banco di nebbia che raggiunge i rami dell’albero, mi accarezza la punta degli stivali.
XI. Tae Maeda
[Da un commento in una nota imageboard]
Le lontre potrebbero anche prendere in ostaggio i cuccioli dalle madri
Sembra quasi farina. Non siamo al chiuso, non dovrebbe esplodere giusto?
Non mi va di tentare la sorte. Piego le gambe e mi spingo al di sopra della chioma, i rami sono così fitti e carichi di foglie che è impossibile adocchiare Rayet. La visibilità si è abbassata di parecchio per entrambi, che razza di piano potrà mai avere?
Lancio un’occhiata alle icone a lato dello schermo. I battiti cardiaci sono tornati a un più accettabile novanta al minuto, la batteria dell’armatura è stata minimamente intaccata e l’integrità è scesa all’ottanta per cento.
Ringhi incoerenti mi trapanano le orecchie. Rayet è stato parzialmente escluso dalla linea: noi possiamo sentirlo, ma lui non può sentirci. Poggio la mano sul fianco scoperto; se voleva, poteva portarmi via ben più di uno strato di metallo.
I battiti toccano i cento.
Inspiro. Devo distrarmi…
«Logan è al sicuro, vero?»
ROWELL ALLEN si accende. «Certo, a quest’ora avranno rimboccato le coperte e dato un sonnifero per i nervi a quel poveretto.»
Sotto di lui spunta CHIMERA 02. Una scia zigzaga sulle mura degli edifici come una scheggia impazzita, Glenn sfonda il banco di nebbia e atterra sulla cima del palazzo principale, con una mano sull’elsa della spada.
«Situazione?» chiede.
CHIMERA 05 lampeggia. «Non ve lo lascio fare, non l’avrete!»
«Okay, nonno…» L’insolenza nella voce è nuova anche per lui. «Dopo la boss fight in due fasi, ci mancava solo un darkside.»
Una figura spacca la nebbia; Rayet fa una parabola e atterra a quattro zampe davanti a Glenn, che alza il fodero per parare una sferzata di artigli contro il suo viso. L’armatura verde si è modellata sulle braccia del ragazzo fino a diventare una seconda pelle chiazzata da corteccia, le unghie sono acuminate come quelle di una bestia.
Rayet gli afferra il polso e lo strattona giù dal tetto, verso la nebbia. Il legno dell’albero viene attraversato da una vibrazione, si riempie di decine di aghi che schizzano contro Glenn. Senza appoggi non potrà mai schivare.
Mi butto in picchiata verso di lui, con un calcio ad ascia spezzo gli aghi e allungo la mano per afferrargli il gomito. Scivola fino al polso e mi trascina verso il basso; stringo i denti e faccio una mezza circonduzione del corpo, lo lancio verso l'alto e vengo spinta tra la nebbia.
Scintille gialle attraversano il tetto, una tagliola di energia si chiude su Rayet, salta prima che si chiuda sulle sue gambe.
Il polline bianco invade la visuale, rallento la caduta senza attivare i propulsori. Una sensazione di calore bruciante mi morde il fianco scoperto, risale la pelle. È come essere morsi da una massa informe di insetti brulicanti.
Il polline è urticante!?
Qualcosa si muove nell’angolo della mia visuale, una figura umanoide taglia l’aria con gli artigli spiegati. Li devio con una mano e gli tiro un pugno allo stomaco, la creatura spalanca la bocca irta di zanne. Si disfa in polvere.
«Che diamine era–»
Un’altra ombra mi arriva addosso e mi spinge indietro, finisco tra le braccia di un essere ricoperto di legno. Le zanne mi aleggiano vicino al collo.
No!
Spingo l’energia dell’armatura verso l’esterno, illumina il volto di Rayet deformato da tratti animaleschi. Il fuoco attecchisce sulla polvere e mi investe.
Il ruggito dell’esplosione mi ronza nelle orecchie.
Dischiudo gli occhi, il tettuccio deformato di un’automobile copre parte del tronco dell’albero colossale che Rayet ha fatto crescere nel parcheggio. Viticci sottili, simili a grumi di radici, si allungano sulla carrozzeria.
Devo essere stata proiettata dallo scoppio nel cimitero di automobili e aver sfondato il parabrezza di una. Pianto le mani doloranti sotto di me, trovo il cambio e un sedile a cui sostenermi, spingo. I muscoli mi mandano fitte di dolore tali da annebbiarmi gli occhi di lacrime.
«Glenn?»
Le CHIMERA si scambiano colpi al di sopra dell’albero, la nera si trasforma in una scheggia gialla e si avventa sulla verde. Colpisce, e colpisce, e colpisce. Le grida dei due ragazzi si mischiano in coro straziante.
Devo darmi una mossa.
Emergo dal parabrezza e mi tiro su, i fiori bianchi hanno iniziato a spargere altro polline, nascondono i segni di bruciature che chiazzano la corteccia.
Alcune volute di polvere si infilano attraverso le vetrate sfondate dell'edificio, non ne è rimasta una integra. Quel polline che effetto avrà sulle persone normali!?
«…Allen?» mi trema la voce.
«Non preoccuparti per noi, ora. Stiamo bene.»
«Ma voi lì dentro–»
«Contiamo su di voi. Ti prego, non perdere la concentrazione ora.»
Tra le macchine capottate emergono filamenti lignei, si compattano in figure umanoidi con il volto di Rayet: si trascinano tra i tettucci sfondati come zombie. Alcune si avvicinano all'entrata della Kaiser, altre mirano alla via che porta verso le abitazioni. In una giornata migliore vedere più di un Rayet sarebbe tragico, ora…
Non riesco nemmeno a riderci su.
Scatto verso la creatura più vicina al cancello di uscita, viro di fronte a lei e con un calcio la spedisco verso una delle sue compagne. Afferro la testa di un'altra e stringo, esplode in polvere.
Le radici dell’albero si avviluppano intorno all’edificio principale, si infilano attraverso le finestre sfondate. Nuovi boccioli si aprono e sbuffano polline. I Rayet di legno continuano a moltiplicarsi, sono una distesa di sagome nere nel mezzo della nebbia.
Non ha senso che l’armatura non si sia ancora spenta, non dovrebbe avere così tanta energia.
Un colpo secco mi prende tra le scapole, pianto il piede per non sfacciarmi: gli artigli di un altro clone mi scavano nel fianco scoperto. Caccio un singhiozzo dolorante, liquido caldo mi bagna la maglia.
Devo eliminarli tutti prima di poter andare ad aiutare Glenn, ma sembrano non finire mai.
Una scintilla gialla brilla in cielo, al di sopra del banco di nebbia, si scontra contro dell’energia pulsante verde.
Allen lampeggia. «Tae, Gareth ha la priorità.»
«Ci vado tra un attimo.»
«Tae!»
Paro un altro colpo indirizzato verso il fianco e tiro un pugno a martello contro un’altra sagoma. «Non mi puoi chiedere di lasciargli la possibilità di ferire un civile!»
«Stai mettendo la possibilità di una persona ferita, davanti alla sicurezza di ferire Glenn! Non era di partenza nella condizione di farcela da solo!»
Il polline che si appoggia sulla ferita brucia come fuoco liquido.
La scheggia gialla finisce sbalzata giù, cade nella nebbia come una meteora e la accende di rosso. La mia visuale va in fiamme, vengo schiacciata a terra dallo scoppio e i cloni di legno si sbriciolano.
Non ce la faccio.
Pianto le mani per terra, stacco la schiena dall’asfalto e mi rimetto in ginocchio. Dovrei rimanere giù, hanno creato le CHIMERA per affrontare il ritorno del drago di Marton ma non siamo nemmeno in grado di controllare uno dei nostri.
«Ce la faccio.» La voce di Glenn arriva debole dalla linea, sembra stia parlando più a sé stesso.
L’armatura nera emerge tra le macchine devastate dalle esplosioni, uno dei gambali è saltato, i lembi sbrindellati di metallo si poggiano sulla pelle graffiata. Ciocche rosso acceso spuntano dal casco rotto. «Devo proteggerli, certo che ce la faccio. È il mio dovere.»
Rayet prende fiato, grida ma ha la voce devastata. «Allontanatevi o questo posto è finito. Finito! So che mi sentite!»
I fiori riprendono a sputare nuvole bianche.
Mi tremano le gambe. Abbiamo sulle spalle la vita di tutte le persone dentro l’edificio. Se non salviamo loro che sono in prima linea per difendere il mondo, non ci sarà nessun altro a proteggere la pace.
La voce di Havel arriva dalla linea. «Devi spostare il combattimento verso il mare, Tae.»
«Posso anche farlo, il problema è il dopo!»
«Al resto penserò io, garantito.» Glenn mi mostra il pollice alzato.
«Non puoi correre con il gambale in quella situazione!»
«Posso. Fidati.»
Esito. Abbiamo alternative? «Fai attenzione.»
Si trasforma in una scia elettrica che corre in direzione del porto.
Se mi avvicino a quel mostro, questa volta farà ben peggio di strapparmi parte dell’armatura. Pianto la mano a terra, attivo i propulsori al massimo e scatto in cielo.
È tutto sotto controllo, non è ancora successo l’irrimediabile. Le vetrate rotte saranno sostituite, gli alberi molesti strappati. Non possiamo ricostruire le persone.
Risalgo il profilo devastato dell’edificio dritto verso la cima dove l’armatura verde mi attende. L’energia si stacca dal metallo sotto forma di piume di fuoco, lo Sval - l’uccello dei miei sogni - mi sfreccia davanti e punta a Rayet.
Sparisce come un miraggio.
Radici si sprigionano dalla schiena del cretino, convergono su di me come decine di lance. Mi si abbattono addosso: fanno saltare parte dei bracciali, spezzano lo schermo dell'elmo e scavano nella ferita sul fianco.
Non esitare! Non osare esitare!
Placco Rayet e gli blocco le braccia sotto la mia stretta.
L’elmo gli aderisce al viso, mostra uno sbozzo di zanne lì dove si trova la bocca. È come se la sua armatura avesse preso vita e gli si stesse rimodellando addosso, è disgustoso. Chiudo l'occhio coperto dalla ragnatela di crepe dello schermo e tocco la mia massima velocità, viro verso l’oceano.
Passiamo oltre il muro di edifici che delimita il porto e vado in picchiata, lo mollo a metà strada. Speroni di legno spaccano l’acqua, puntano verso l’alto per acchiapparlo a mezz’aria. La scia elettrica di Glenn lo intercetta a mezz’aria e lo avvolge, si abbatte sull’acqua come un fulmine accecante.
Scintille dorate si diffondono sugli spruzzi d’acqua e in cerchi concentrici verso la spiaggia.
L’armatura nera emerge in mezzo alle onde scure, Glenn tira un lamento di dolore e stringe tra le braccia il busto di Rayet. La testa bionda ondeggia senza dare cenno di essere sveglio. «Domani salto scuola,» annuncia. «Questa faccenda la sentirò tutta nelle gambe.»
Un frullo d’ali gentile mi accarezza le orecchie. Lo Sval mi passa accanto e sparisce di nuovo nel buio della notte, lasciandosi alle spalle una scia argentea. Il fresco lenisce il dolore al fianco.
Atterro davanti al cancello della Kaiser con Glenn fradicio appeso alla schiena e Rayet stretto al petto, il parcheggio esterno è immerso nel buio. Non è sopravvissuto neanche mezzo faretto allo scontro.
Per lo meno non sono già arrivati dei curiosi a fotografare la situazione, non sopporterei averci a che fare.
Glenn stacca i palmi dalle mie spalle. «Scendo.»
«‘Sta fermo, non sappiamo nemmeno se ti sei disfatto la gamba a correre così forte con il gambale rotto.»
«È solo intorpidit–»
«Fallo per tranquillizzarmi, okay? Le gambe per un calciatore sono importanti.»
Glenn torna a stringermi ma non aggiunge altro.
Faccio un passo dietro l’altro, i muscoli mi tirano accidenti ogni volta che mi trascino avanti, la ferita al fianco pulsa come se fosse in fiamme. Il parcheggio è una discarica di macchine capottate e mezze sciolte, non voglio neanche immaginare il notiziario di domani mattina.
Gli operativi della squadra di soppressione ci vengono incontro con delle torce poste sopra le armi alzate, hanno il viso coperto da maschere antigas. Stringo gli occhi, con le crepe sullo schermo e la luce contro a malapena riconosco i capelli biondo platino di Roland.
Fa cenno ai colleghi di fermarsi. «Disattiva quell’affare prima che succeda altro.»
Havel sospira, illumina l’icona di Allen di nuovo. «Consegnate loro i bracciali, dovremmo fare una discreta manutenzione in ogni caso.»
Non mi sentiranno lamentarmi.
Gli tendo Rayet, lo sguardo dell’uomo indugia sulle escrescenze di legno che gli sono rimaste attaccate alla pelle anche dopo che si è disattivata l’armatura. Se lo mette sulla spalla. Qualsiasi cosa gli sia successa, non possiamo definirla semplice psicosi.
Glenn caccia un mormorio dolorante non appena tocca terra.
«C06, disattivazione.»
Gli esagoni metallici si accavallano l’uno sopra l’altro, un paio mi si staccano dal viso e crollano a terra, inerti. Slaccio il cinturino metallico e tendo la coppia di bracciali, Glenn fa lo stesso. I graffi sul polso sono coperti da una crosticina screziata d’argento.
Deglutisco, lo risolveranno. È tutto sotto controllo.
Mi giro verso Roland. «Dove portate Rayet?»
«Gli ordini sono di metterlo nell’area di contenimento, non appena si sveglierà valuteranno cosa fare.»
«Lo aiuteranno?»
«Certo.» Abbassa gli occhi sul mio fianco fradicio di rosso. «Vi faccio accompagnare all’ala medica.»
«Grazie.»
Indugio lo sguardo sulle porte sfondate dell’edificio principale, forse è troppo aspettarsi di vedere Allen gettarsi trafelato oltre l’entrata. Preferirei di gran lunga andargli incontro. Glenn fa un passo, tira un gemito di dolore e mi poggia la mano alla spalla per sostenersi.
Tocca aspettare.
Poggio l’indice sull’auricolare. «Bussola, grazie per avermi ricordato cos’è importante.»
«Passerò i tuoi ringraziamenti.» La risposta di Havel è un po’ secca per i suoi standard, ma gli eventi della serata devono averlo stremato. «Adesso voi dovete riposare.»
Immagino che avranno un sacco di lavoro da fare.
Parlerò con Bussola dopo.