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Autore: LadyofDarkness    29/05/2005    14 recensioni
Un bambino biondo dal colore degli occhi indefinito ed una bambina dai capelli irriverentemente rosso fuoco... ricordi d'infanzia e presente che si mischiano, sempre in quel vicolo oscuro... [Dedicata a Ryta Holmes e Luna Malfoy]
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si rialzò, gli occhioni pieni di lacrime di dolore che però coraggiosamente trattenne

Nell’oscurità di quel vicolo

 

 

Correva tra i vicoli di Nocturn Alley, guardandosi spesso intorno, senza tuttavia diminuire la sua andatura, e con espressione sempre più preoccupata, inquieta, spaventata.

Quegli esseri la stavano ancora seguendo?

Era ancora pedinata da quegli uomini, provvisti di nero mantello e maschera d’argento?

Non doveva farsi prendere… assolutamente!

Era stata una emerita cretina ad inoltrarsi in quella parte così ostile e malfamata della Londra magica… e la ciliegina sulla torta era stato il fatto che aveva compiuto quella sciocchezza in piena notte.

«Prendetela! Non fatevela scappare!!» risuonò un’autoritaria voce maschile in quei vicoli bui e spaventevoli.

Vide un Mangiamorte spuntare da una delle stradine laterali, parandolesi davanti.

Non si fece sorprendere, ma lo schiantò prima ancora che lui potesse fare qualunque cosa.

Aveva i nervi a fior di pelle e quindi i riflessi più che all’ertati. Non si sarebbe fatta assolutamente sorprendere… volente o nolente, ne andava della sua stessa vita.

Svoltò in un angolo di quel quartiere per lei sconosciuto e… merda!

Un vicolo cieco!!

Si voltò, per allontanarsi da quella trappola per topi, ma trovò la sua strada tagliata da tre servi dell’oscuro.

«Stup-»

«Expelliarmus!»

Fu d’un tratto anche priva della sua unica arma, della sua unica speranza di sopravvivenza, mentre la potenza dell’incantesimo la faceva indietreggiare di diversi passi.

«Ehi… piccola rossa… cos'è, rimasta intrappolata dal lupo cattivo?» la prese in giro uno dei tre uomini.

Ginny punto i suoi occhi, azzurri come il mare in tempesta, contro quell’essere, guardandolo con uno sguardo che appariva immensamente gelido.

«Oh… la nostra micina fulva vorrebbe tirare fuori gli artigli… peccato che la piccola gattina non li abbia più con sé …» continuò a sfotterla un altro dei tre incappucciati, giocherellando con la bacchetta che le avevano sottratto.

«Arrivami vicino e te lo faccio vedere io se non ho gli artigli…» rispose dura lei, cercando di non farsi intimorire.

Paura.

Se avesse dimostrato di aver paura, quei tre avrebbero goduto ancora di più nel torturarla ed ucciderla… almeno questa soddisfazione non gliel’avrebbe concessa!

«Guardatela la nostra piccolina… che dite, la accontentiamo?» domandò il terzo Death Eater, avvicinandosi con un’aria che non prometteva nulla di buono.

Dannazione!

Cercò di colpirne uno, riuscendo a dargli un poderoso calcio, ma gli altri due la bloccarono, impedendole si muoversi.

Cercò di sottrarsi alle loro mani, con scarso successo.

La spinsero a terra, strappandole sul davanti la camicetta.

Merda! Merda! Merda!!

Dannazione!

Che morte indecorosa… stuprata fino a lasciarla senza un singolo soffio di vita!!

«Lasciatemi! Toglietemi quelle manacce di dosso!» urlò, ben sapendo che le sue richieste era come se venissero fatte al vento.

Aveva nelle orecchie le voci stridenti di quei maniaci… le loro risatine lascive… le labbra che si posavano sul suo collo, sul suo seno, che andavano a cercare le labbra, senza riuscire però a catturarle.

Quelle mani luride e indecenti che la toccavano in ogni dove…

Che schifo… non poteva… non voleva sopportare tutto quello!

Qualcuno… qualunque cosa…

Aiutatemi… aiutatemi…

Non voleva che le accadesse tutto quello… e non voleva morire!

Doveva… doveva rivederlo…

«Separo!» mormorò forte e chiara una voce maschile piuttosto giovane.

Sentì il peso di quei tre corpi sudici ed eccitati su di lei venire meno.

Si alzò, tirandosi su sui gomiti, il respiro affannoso e pesante, guardando il nuovo arrivato freddare in poche mosse quelli che, dall’abbigliamento, sarebbero dovuti essere suoi alleati.

Raggiunse il primo alle spalle e, da un preciso schiocco che le sembrò forte quasi quando un tuono nel silenzio che si era creato, poté capire che il nuovo arrivato gli aveva spezzato il collo.

Gli altri due si ritrovarono a terra morti pochi secondi dopo, l’uno freddato con un preciso incantesimo da taglio al cuore, l’altro con un altrettanto preciso Avada Kedavra.

Si avvicinò a lei, allungandole una mano per aiutarla ad alzarsi.

Lei lo guardò scettica… certo, l’aveva salvata, eppure come poteva fidarsi di qualcuno che, dall’aspetto, appariva simile, se non uguale, ai tre mostri che l’avevano attaccata e quasi violentata, neanche pochi secondi prima?

Si portò le mani al petto, avvicinandosi i lembi della camicetta, coprendosi.

«Andiamo…» le mormorò.

Lo guardò ancora con un sopracciglio arcuato… però…

Fu come avvertire una sorta di dejà-vù. Fu così che, in maniera assolutamente naturale, allungò una mano verso l’uomo.

Egli strinse il suo piccolo arto nel suo, grande e forte e, tirandola, la fece rimettere in piedi.

Prese a condurla attraverso tutte quelle viuzze, come se le conoscesse a menadito, come se non avesse mai fatto null’altro in tutta la sua vita se non percorrere quelle vie, all’interno delle tenebre più nere.

E Ginny lo seguì, senza fare un fiato… completamente fiduciosa in lui.

Era tutto così simile a quello che era già stato…

Conosceva la sensazione che stava provando in quel momento… la conosceva…

E, mentre si lasciava condurre, la sensazione di già visto, già vissuto, si fece sempre più forte, mentre un suo ricordo di bambina, annebbiato e lontano come un sogno al mattino, si fece largo nella sua mente.

 

«Ginny! Non si prendono le cose da per terra!» la rimproverò sua madre, mettendosi le mani sui fianchi, in quella posa che tanto la caratterizzava.

«Ma mamma… ti prego!! E’ una palla così bella…» cercò di blandirla la bambina, guardando con occhi desiderosi e sognanti quella piccola sfera, così colorata e piena di disegni.

«Ho detto di no, Ginevra!» replicò la donna e, rimproverandola in questo modo, diede una botta alla sfera che la bambina tratteneva tra le mani, facendole perdere la presa si di essa.

«E non disobbedirmi… lo sai che le cose da per terra non vanno raccolte… te l’avrò ripetuto almeno un migliaio di volte – la gridò, mentre la piccola teneva la testa bassa, mordendosi il labbro cercando di non scoppiare a piangere – Ed ora andiamo, che non è un bel posto qui…» concluse Molly Weasley, lanciano una fugace occhiata al vicino vicolo che conduceva a Nocturn Alley.

Si voltò, ricominciando a camminare a capo della colonna di teste rosse.

Ginny fece alcuni passi per seguire la sua genitrice, ma si voltò con grande rimpianto verso quel giocattolo che non avrebbe potuto portare con sé.

Lo vide ancora rimbalzare, introducendosi poi infine in quel brutto vicolo oscuro, che le comunicava così tanta inquietudine…

Povera pallina, quel luogo faceva proprio paura… e lei si sarebbe certamente sentita immensamente sola in quel brutto postaccio…

Lanciò un’occhiata preoccupata verso la madre, e la vide voltare l’angolo, seguita dai suoi sei figli maschi.

Se si sbrigava, lei non si sarebbe neanche accorta che si era allontanata!

Si voltò, correndo con le sue gambette piccole e veloci, entrando dentro quel vicolo oscuro… e, non sapendo che, immediatamente, c’era una discesa un po’ diroccata, non riuscì a fermarsi, scivolando lungo lo sdrucciolato.

«Ahi…» si lamentò, mentre alcune lacrimucce le scorsero lungo le guance.

Si mise seduta per terra, tirando su le ginocchia sbucciate e girando le mani con i palmi verso l’alto.

Prese a soffiarci sopra, cercando di lenire quel bruciore che avvertiva ad esse, raffreddandolo con il suo flebile soffio.

Si rialzò, gli occhioni pieni di lacrime di dolore che però coraggiosamente trattenne.

Non era tempo di perdersi in piagnistei inutili! Aveva un’importantissima missione da compiere… doveva andare a prendersi cura di quella povera piccola pallina…

Chissà poi dove era andata a finire…

Si guardò intorno, cercandola con lo sguardo, facendo qualche passo in giro per quelle stradine oscure e così cupe… così buie da farle sentire come quando c’erano quei brutti e forti tuoni fuori dalla sua finestra.

Ma non poteva fermarsi… no… proprio non poteva.

E finalmente la vide, che si introduceva in un vicoletto laterale, dopo essere andata a sbattere contro un muro.

Le si illuminarono gli occhi chiari ed innocenti, e riprese a correre verso di essa, fermandosi però all’entrata della nuova viuzza.

Bene… stavolta non sembravano esserci discese pericolose, in cui inciampare e sbucciarsi nuovamente le piccole e cedevoli ginocchia.

Riprese a camminare velocemente, facendosi sempre più vicina alla sfera, finché riuscì finalmente ad acchiapparla.

«Presa!» urlò giocosa, stringendola tra le braccia.

«Si…presa…» mormorò una voce fredda e gelida, proveniente da dietro di lei.

La piccola Ginny saltò spaventata, voltandosi velocemente e ritrovandosi a guardare i volti marci ed incartapecoriti dalla cattiveria di una fattucchiera dal naso storto e di due maghi dai ghigni sporchi e gialli.

Si fece indietro, in maniera spontanea, stringendo a sé la pallina, quasi volesse proteggerla… o forse cercando in essa un appiglio per non cedere al suo primo istinto, fatto totalmente di un’inquieta paura.

«Ma guarda un po’ che bella bambina abbiamo qui… ti sei persa piccolina?» chiese la donna, con un finto tono premuroso.

«No… no, signora… ecco… io sono solo venuta a recuperare la palla…» rispose la piccola, con una vocina leggera e tremante, allungando leggermente le braccia, a mostrare la sfera che stringeva possessivamente tra di esse, e chiedendosi se poi davvero sapeva dove si trovasse… o almeno come sarebbe potuta tornare dalla sua mamma e dai suoi fratelli.

Voleva la mamma…

«Oh… povera piccola … ma questo è un brutto posto per una bella bimba carina come te… potresti incontrare tante persone brutte e cattive…» le disse uno dei maghi.

Bhè… lui brutto lo era, non poté esimersi dal pensare nella sua mente fanciullesca la piccola Ginny.

Sembrava uno di quei mostri con i cui racconti Fred e George cercavano di spaventarla, nelle notti di temporale.

Aveva i denti gialli e storti, con molti buchi tra di essi, un naso a patata con un grosso bitorzolo sopra, sormontato da alcuni peli, grigi come quei pochi capelli che era possibile vedere spuntare da sotto il logoro e sporco cappello da mago che quello strano tipo indossava, sulla sua testa innaturalmente affilata.

«Allora… allora io tornerei dalla mia mamma…» rispose la piccolina, cercando di superare la sua inquietudine e facendo un passo avanti.

«Bella bimba… non vuoi che questi tre signori ti accompagnino?!» domandò il terzo tipo, un uomo basso e tarchiato, privo di cappello, e senza capelli in testa, che lasciavano vedere una pelata scorticata ed assolutamente terrorizzante per una piccolina di appena cinque anni, come lei era.

«N-no signore… ce… ce la posso fare da sola…» ribatté, fermandosi però, mentre la paura aumentava dentro di lei.

«Oh… ma noi lo facciamo volentieri…» rispose l’ometto, facendosi più avanti.

La bambina si fece sempre più indietro, ma, dopo qualche passo, si ritrovò ad inciampare su un cartone lasciato al centro del vicolo.

Si ritrovò seduta per terra, la palla ancora tra le mani ed una paura sempre più forte nel cuore, mentre quei tre ceffi si facevano sempre più vicini… sempre più prossimi a lei.

«E’ proprio una bella bimba… e poi ha degli occhi davvero azzurrissimi… ancora piccoli ed innocenti, davvero indicati per la pozione che sto preparando…» mormorò la fattucchiera, flettendo le lunghe dita della mano, quasi volesse cavare lei stessa quei bulbi cristallini con le sue lunghe ed affilate unghie, laccate di smalto nero scheggiato.

«Credo che invece noi potremmo divertirci molto con il suo corpicino… un corpo ancora infantile, ed assolutamente mai toccato… e poi il sangue di un’innocente bimba di non più di sei anni si vende ad un ottimo prezzo…»

Gli occhi della bimba si fecero intensamente lucidi, mentre le lacrime premevano per uscire.

Vedeva quei  tre ceffi farsi sempre più vicini, girarle intorno per poi planare su di lei come degli avvoltoi su una carcassa ormai morta.

Era solo una piccola bambina incosciente, che ancora non aveva assaporato davvero la vita, e non si era potuta innamorare di essa.

La donna si abbasso davanti a lei, prendendole il mento con una mano, e premendo con lei sue unghie lunghe ed affilate sulle sue guance paffute.

«Signora… mi lasci… io voglio solo tornare dalla mia mamma…» la pregò, piagnucolosa.

«Ma piccola… non devi avere paura… non sentirai male…» la rassicurò quella.

«Anche se io non ne sarei così sicuro» aggiunse con un ghigno cattivo uno dei due uomini.

I tre presero a sghignazzare, pronti a calare la loro scure sulla piccolina, quando una voce forte e cristallina e molto, molto autoritaria si fece largo nel vicolo, rimbalzando ed amplificandosi contro quelle pareti di pietra.

«Che sta succedendo qui?»

I tre uomini si girarono, ed anche lei si sporse oltre la figura della fattucchiera per vedere chi aveva parlato.

Allargò gli occhi sorpresa quando vide…

«Ehi, bamboccio… che cosa vorresti fare? Vattene via, faresti meglio a non impicciarti…» esclamò uno dei tre maghi.

«Ripeto… che cosa sta succedendo qui?» disse nuovamente il bambino, facendosi avanti ancora di un altro passo, venendo illuminato da un piccolo spiraglio di flebile luce.

Aveva i capelli di un chiarissimo biondo, che sembravano quasi creare una leggera aura intorno alla sua testa.

I lineamenti erano lievemente affilati, sebbene in essi predominassero ancora i tipici elementi fanciulleschi che caratterizzavano la sua età. Non doveva avere infatti più di sei anni.

Indossava un lungo mantello nero, che sembrava quasi soffocarlo nella sua pesante austerità e, su di esso, come se fosse una spilla, c’era appuntato uno stemma…

Uno stemma che però lei non riusciva assolutamente a vedere.

«Ehi, marmocchio, te l’ho già detto… vattene via, a meno che tu non voglia fare la stessa fine di questa bamboccia qui!» digrignò i denti sempre lo stesso mago di prima.

Il bambino si protese leggermente, quasi volesse riuscire a superare con lo sguardo la schiena della fattucchiera, per vedere cosa quei tre malviventi nascondessero.

Una bambina… una bambina un po’ sporca, con il vestitino leggermente strappato ed una chioma irriverentemente rosso fuoco.

Distolse lo sguardo da lei, mentre tornava a fissarsi sull’uomo che continuava a parlargli, sfoggiando un sorrisetto sarcastico e tirando il petto in fuori.

«Forse non mi sono spiegato… ho chiesto cosa sta succedendo qui, e pretendo che tu mi risponda!»

Quale irriverenza e scherno nella sua voce… tali da far saltare i nervi all’uomo, che fece per andargli contro e dargli quella lezione che era convinto quel marmocchietto doveva meritarsi… e che gli avrebbe dato, se la strega non lo avesse fermato, esclamando.

«Fermo! Guarda il suo stemma!! E poi non lo riconosci?!» lo avvertì la fattucchiera.

Ed il mago allargò gli occhi, quando si rese conto di cosa stava parlando la donna.

«Signorino! – esclamò, accalorato – la prego di scusare la mia impudenza… non… non l’avevo riconosciuta…»

Il bimbo lo squadrò, con un’espressione che dimostrava disgusto.

Scostò poi il mantello e, con una mossa imperiosa, ordinò «Lasciate libera quella bambina»

«Ma-»

«Cos’è che non avete capito di quanto ho detto?! Lasciate libera quella bambina… o lo dirò a mio padre…»

Ginny avvertì un lungo brivido correre lungo le schiene di quei tre malviventi, e li vide immediatamente rimetterla in piedi, spolverarle il vestitino con una cura che non avrebbe mai creduto, ed allontanarsi velocemente, quasi avessero il diavolo alle costole.

La piccola Weasley si voltò verso colui che l’aveva salvata.

“Che strano” pensò “Eppure non sembra affatto il diavolo… anzi…”

«Grazie…» mormorò, riconoscente, avvicinandoglisi.

«Non ti ho mai vista da queste parti…» affermò il biondino, curioso, osservandola quasi si trattasse di una bestia rara.

«E… lo so… sono entrata qui perché dovevo recuperare questa!» esclamò lei, allungando le braccia in avanti e mostrandogli il suo piccolo tesoro… quella palla tanto bella che non aveva lasciato andare neanche per pochi minuti.

«Ma non è bene che tu ti addentri qui…» la rimproverò il bambino.

Poi, dopo qualche secondo in cui sembrò pensare, si tolse il mantello, porgendoglielo e mettendoglielo sulle spalle.

Non lo aveva notato fino a quel momento, ma aveva degli occhi di uno strano colore indefinito.

Sembravano grigi, ma erano ricolmi di pagliuzze azzurre… o forse era il contrario?!

«Tieni» la distolse lui dai suoi pensieri.

«Ma-»

«Te lo sto giusto prestando… con questo non ti faranno alcun male…» le spiegò.

«Ma tu? Come fai tu senza?!» chiese allora lei, leggermente preoccupata che potessero fare del male a quel bambino così etereo.

«Io? A me non faranno nulla comunque… anche senza il mio simbolo, sarà palese per loro chi io sia anche solo guardandomi in faccia…» le spiegò, prendendo a camminare.

«Dove andiamo?» domandò

«Ti riporto a Diagon Alley» le spiegò semplicemente lui.

Lei annuì, e prese a seguirlo senza fare alcuna storia.

E lui, semplicemente, senza alcun fiato o senza dirle niente, svoltò per quelle strade di pietra prive di sole, con una maestria che Ginny non riusciva a capacitarsi, squadrando con occhio critico e malevolo le persone che si facevano loro davanti, finendo finalmente per ricondurla sulla discesa dove era caduta.

«Eccoci qui… siamo arrivati…» le illustrò, facendole cenno con la testa verso il vicolo che si dimostrava ben più luminoso rispetto a quelli che lo avevano preceduto.

«Tu non vieni?»

«No… devo ricongiungermi a mio padre… tra poco mi verrà a cercare per ritornare a casa…» le spiegò, con una scrollata di spalle.

Ginny prese un’aria dispiaciuta… gli sarebbe piaciuto continuare a passeggiare con quel bambino…

L’unica cosa che le restava da fare, però, era restituire il mantello al suo accompagnatore.

«Grazie… mi hai salvato e mi hai riportato indietro…»

«Figurati» replicò noncurante lui, prendendo ciò che lei gli passava e legandoselo nuovamente intorno alle spalle.

Lei si mordicchiò un labbro, poi si alzò sulle punte, dandogli un leggero quanto infantile bacio sulle labbra.

Bhè… sua madre quando suo padre faceva qualcosa che la rendeva contenta faceva sempre così!

«Ci vediamo!» gli gridò poi, prendendo a risalire di corsa la stradina, e per andare a cercare sua madre per Diagon Alley.

Si voltò però un attimo indietro, prima di riprendere il cammino, per osservare nuovamente il suo piccolo salvatore.

Ora che ci pensava… sembrava quasi un angelo.

 

Ed ora si trovava nuovamente lì, per quei vicoli, con qualcuno che le aveva nuovamente salvato la vita da una fine truculenta quanto ingloriosa.

Passeggiava davanti a lei, quell’angelo dalle ali legate in un nero manto, reso pesante dal sangue di cui esso era imbevuto – metaforicamente o fisicamente parlando, differenze comunque non ce ne erano.

La conduceva così, tenendola per mano, come aveva fatto ormai molti anni prima…

Perché lei lo sapeva… non per qualche indizio che lui le aveva dato in modo non voluto… era stato come qualcosa… a pelle, ecco.

Nascosto sotto quei panni da Mangiamorte, privo però della solita maschera argentata, si doveva trovare quel bambino biondissimo e dagli occhi di un colore indefinito che già molti anni prima l’aveva ricondotta alla luce, tirandola fuori dall’ombra opprimente di Nocturn Alley.

«Chi sei?» gli chiese.

Doveva… capire… doveva accertarsi che la sensazione che aveva avuto fosse veritiera.

Cioè… era lui ma… come poteva essere così?

«Non ti deve importare» la rimbrottò lui.

«Ma-»

«Shhh…» la interruppe, tirandola da parte e nascondendosi con lei, stringendola a sé, quasi la volesse inglobare nel proprio corpo… tirarla sotto il suo nero mantello.

Dopo qualche secondo la rossa fu in grado di sentire lo scalpiccio di alcune persone che correvano, per poi riuscire a vedere il frullio dei loro drappi color della notte più cupa e senza stelle.

Anche lei si strinse maggiormente a lui, quasi volesse nascondersi nelle sue braccia.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma durante i pochi minuti in cui era stata tra le grinfie dei suoi aguzzini, aveva avuto una paura terribile, che l’aveva scossa fin nel più profondo.

Avvertì una carezza sulla spalla lasciata scoperta dalla camicetta, di cui ancora tratteneva i lembi con la mano non stretta nella morsa ferrea e protettiva del ragazzo.

«Sei ferita» mormorò quello, raccogliendo con un dito alcune grosse gocce di sangue che scendevano da un morso piuttosto profondo, lasciatole come spiacevole ricordo sulla pelle delicata.

Si scostò dal suo tocco, ricordando per un attimo il disgusto provato quando le mani di quei tre uomini avevano avuto libero accesso al suo corpo.

«Nulla di grave, sono piena di tagli, ma sono solo graffietti» rispose.

«Allora sbrighiamoci, prima che si infettino…» esclamò l’incappucciato, prendendo nuovamente a trascinarla verso l’uscita di quel luogo, tra i più oscuri che Ginny conoscesse.

Arrivarono finalmente all’imbocco della salita che portava a Diagon Alley, mentre l’aria intorno a loro cominciava a rischiararsi.

«Vai, muoviti…» esclamò imperioso il Mangiamorte, lasciandole lentamente la mano e voltandosi, cominciando ad allontanarsi con passi silenziosi e cadenzati.

Ginny si morse un labbro, vedendo quelle spalle cominciare ad allontanarsi.

Sapeva chi era… e doveva… almeno ringraziarlo.

«Draco!» lo richiamò, prendendo ad avvicinarsi a lui, con una leggera corsetta.

Lo vide voltarsi di scatto, sorpreso da quell’inaspettato riconoscimento… e lei ne approfittò per legargli le braccia intorno al collo ed unire le sue labbra a quelle di lui, in un bacio che si fece presto più profondo.

Non era il leggero sfiorarsi tra le bocche di due bambini… non più ormai.

Era un bacio passionale, pieno di cose non dette, di motivi non svelati.

Perché… tanti perché a cui non avrebbero mai risposto per il semplice fatto che… loro già sapevano… e non avevano bisogno di nessuna parola di troppo, che avrebbe loro sottratto quei preziosi istanti.

Si staccarono dopo un tempo che sembrò immensamente breve ed immensamente lungo insieme

Un sorriso spuntò ironico sulle labbra del biondo, mentre quello schiudeva i suoi occhi, di un colore indefinito…

Da quando era piccola non era mai riuscita infine a capire il colore reale di quegli occhi… indefiniti come l’anima di cui erano lo specchio.

«Le abitudini migliori sono quelle che si prendono fin da bambini…» mormorò il ragazzo, prendendola lievemente in giro.

«Scemo» gli mollò un leggero scappellotto su un braccio, mettendo un piccolo broncio.

«Non ho detto nulla di cui dovrei pentirmi…» sussurrò Draco, avvicinando nuovamente a sé la ragazza e riprendendo a baciarla nuovamente, questa volta con più calma e dolcezza.

Non gli importava come lo avesse riconosciuto… avrebbe preferito che ciò non avvenisse, sarebbe stato meglio per entrambi… eppure ora non riusciva a capire come aveva fatto a stare per tanto tempo lontano da quelle soffici dolcezze che lui adorava lambire, assaggiare, baciare.

«Non oso pensare a cosa sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo…» mormorò quando si staccarono nuovamente, poggiando la fronte su quella della ragazza.

Lei gli mise un dito sulle labbra, intimandogli con quel gesto dolce di far silenzio.

«L’importante è che non sia successo… e che tu sia arrivato in tempo…»

«Già… - la guardò, gli ultimi secondi in cui poteva bearsi di quell’immagine, di quella donna che si era riscoperto ad amare anni prima – Ora devi andare… se arrivasse qualcuno saremmo entrambi nei guai…» le disse, a malincuore, tornando a forgiare il suo sguardo nel ghiaccio.

Ginny si staccò leggermente da lui, con la stessa tristezza nel cuore… eppure anche lei sapeva che era necessario… indispensabile… e momentaneo

«Vedi di non farti ammazzare… io ancora ti aspetto…» gli raccomandò, cercando di simulare sarcasmo od ironia… riuscendo solo ad esprimere desiderio e preoccupazione.

Rimpianto no… mai…

«Ci rivedremo alla fine… e allora sarà per sempre»

 

The end

 

 

 

Perché son brave ragaaaazze…

Perché son brave ragaaaaazze…

Perché son brave ragaaaaaaaaaaaaaaaaaaazzeeeeeeeeeeeeeeeee!!!

Nessuno lo può negar! Nessuno lo può negar! Nessuno lo può negar!!

 

Ok… avrei voluto poter “regalarvi” una one-shot a testa [e soprattutto migliori di questa mediocrità]… però è colpa vostra!! Cioè!! Perché siete nate in questo periodo dell’anno!! Sgrunt! =P

E così, mi sono dovuta limitare a dedicarvi un’unica one-shot in due… [avendo mancato di finirla per il compleanno di Ryta, mi sembrava sciocco postargliela con una settimana di ritardo, non sapendo per di più se sarei stata in grado di farne un’altra per quello di Luna… così la posto per il vostro giorno di metà compleanno (^^ idea rubata a Sana… ^^;;;;)!!!]

 

Notare che questa volta i protagonisti non sono morti… questo si che è un grande, grandiiiiiiiissimo regalo!!! ^_- Luna si è trattenuta… un pochino…

 

E, per fare ancora ammenda, che presto pubblico anche il nuovo chap di TLRS (non è ancora morta… la storia è in agonia, ma ancora viva… ^^;;;).

 

Un bacione ad entrambe le mie ciccine ed ancora

 

Tanti Auguri di Buon (metà) Compleanno!!!!



Marcycas - the Lady of Darkness


Nota al 31/07/2014: Se voleste leggere altro scritto da me, ho pubblicato un libro a quattro mani che potrete trovare a questo link http://www.amazon.it/Guilty-Pleasure-Ludovica-Valle-Marcella-ebook/dp/B00K37549M. Dateci un'occhiata mi raccomando!
  
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