Ciao a tutti! Mi scuso per la prolungata assenza e ringrazio in anticipo per la pazienza. Comunico inoltre che EFP non ha segnalato il precedente aggiornamento, forse qualcuno lo ha perso. Un bacio e a presto! ^^
Invalicabile barriera
Le braci lanciarono gli ultimi ansiti, poi si spensero. Il fumo abbozzava spire sinuose nel tramonto, mentre gli intervenuti alle esequie lasciavano il cortile del Tempio.
Rhenn seguì il fluttuare delle ceneri, come se i glifi sospesi in cielo fossero un idioma di semplice comprensione. La pietra nera appesa alla cinta, unico segno di lutto oltre agli stendardi listati, oscillò al suo levarsi.
Yozora non si staccò dal braccio del marito, alternando preghiere e lacrime, incurante della tradizione locale. Mahati non obiettò: l’aveva stretta a sé per ore, sorreggendola quando il dolore e la stanchezza avevano rischiato di travolgerla.
L’erede al trono infilò le mani nella cenere calda e iniziò a trasferirla in un’urna di giada, segnandosi la fronte con le dita. I tratti grigi spiccarono netti sul pallore che tutti avevano inteso dovuto alla tragica perdita.
La ferita era ancora aperta, come se il suo corpo avesse accantonato l’urgenza della guarigione. Le bende erano tanto strette da ostacolare la respirazione, ma facevano sembrare fluidi i suoi movimenti. Le gocce di sudore che gli inzuppavano la veste potevano essere attribuite alla prolungata adiacenza alle fiamme sacre: nessuno sospettava quanto avvenuto nelle stanze del Kharnot.
Quando il vaso funebre fu sigillato, Yozora avvertì una stilettata al petto.
«La recita è finita» bisbigliò Mahati.
«Rhenn non sta fingendo.»
«Certo non soffre per Rasalaje.»
«Pensi sia opportuno lasciarlo solo?»
Il secondogenito inalò l’aria, circondandole la vita come a proteggerla.
L’Ojikumaar si mosse solenne, lo sforzo si ripercosse sull’addome, che bruciò più del contenitore che teneva tra le mani.
Ŷalda lo accolse, pronunciando la formula rituale con simulata gratitudine.
«Sei finito» sibilò raddrizzandosi dall’inchino dovuto «Il trono non sarà mai tuo.»
«Libero di provare a sottrarmelo.»
«Potrei non averne bisogno. Non hai più alleati, neppure la shitai per cui stravedi.»
«Kaniša porta la corona da trecento anni senza vantare neppure il rispetto dei suoi figli. Per me non sarà diverso.»
«Ma tu non hai eredi, pensi che i Khai non lo terranno in considerazione? Le bugie di mia nipote non ti salveranno per molto, tre mesi sono un soffio.»
«Lo sono anche per te. Non ho mai perso un duello.»
«Le minacce non m’impressionano. Belker ti assista, principe caduto.»
Rhenn restituì l’espressione cerimoniale con pari affettazione, ignorando le occhiate gelide del clan rivale. Se avesse sposato in seconde nozze una delle aristocratiche che ne facevano parte, forse avrebbe evitato lo scontro, ma Ishwin si sarebbe vendicata spiattellando le loro prodezze carnali.
Comunque la si osservi, sono in trappola.
Spostò lo sguardo, incontrando quello altrettanto affilato del fratello. Accanto a lui, Yozora appariva un raggio di luce impossibile da raggiungere.
Appollaiato sulla merlatura della torre est, Fyratesh scrollò nervoso le piume.
«Non ho scelta» mormorò Mahati accigliato «Il sospeso comprometterebbe l’ultima fase della guerra, devo tornare a Minkar. Loro non ti perderanno di vista» aggiunse accennando a tre guerrieri con gli ornamenti del primo stormo.
Yozora annuì mesta, pur comprendendo la necessità e la precauzione.
Il provvidenziale rientro del marito era stato frutto di una casualità: uno dei reikan si era stupito di trovarlo al campo e non a palazzo a consumare l’een. Mahati si era fiondato a Mardan, certo che l’intuito non lo stesse fuorviando.
«Non ti cagionerò apprensione.»
Lui le sollevò il viso con gentilezza, una ruga incuneata tra le sopracciglia.
«Non sei al sicuro, Yozora. Mio fratello non si arrenderà, pensarlo innocuo perché ferito o sorvegliato a oltranza è un errore. Sa che mi hai impedito di ucciderlo, nella sua mente contorta io sono un debole, tu una preda che adora farsi inseguire.»
«Dobbiamo mettere all’angolo il suo orgoglio, fargli capire che non otterrebbe che l’astio di chi gli è vicino.»
«Orgoglio, follia, l’unica cura è una spada nel cuore! Le generazioni precedenti lo hanno dimostrato!»
«Non dirlo, mio prezioso. Non cedere anche tu all’idea della maledizione.»
Lui scosse il capo.
«Non starò via a lungo.»
«Non mancare ai tuoi doveri per me. Non puoi proteggermi per sempre.»
«Credi?» si chinò e la baciò sulle labbra.
«Perdonate l’ora, altezza, si tratta di un’urgenza.»
Naiše la destò in piena notte, l’espressione tesa a confermare l’insolita sveglia.
Yozora si affrettò con il terrore che qualcuno recasse funeste notizie dall’Irravin. Chi l’attendeva era invece una delle più devote dorei di Rasalaje.
«Azmidi?» la interrogò con sincero stupore.
L’anziana si commosse nel sentirsi chiamare per nome. Piegò il capo, afflitta.
«Vi supplico, principessa, aiutateci in nome dell’amicizia con nostra amata signora! L’erede al trono è impazzito, si è strappato le bende, minaccia di sventrare i guaritori e chiede di voi! Non riusciamo a placarlo!»
Yozora raggelò. Le sue guardie del corpo scambiarono sguardi di disapprovazione, ligie agli ordini ricevuti. Persino Naiše ebbe un moto contrariato.
«M-mi dispiace, non saprei che fare.»
«Vi prego di comprendere, altezza» seguitò la donna «Se irrompesse qui in preda alla furia, sarebbe disdicevole per il sangue reale. Accontentatelo.»
Lei si forzò alla durezza scorta tante volte tra i Khai.
«Queste sono le stanze private del Šarkumaar, neppure suo fratello può accedervi senza consenso. Non otterrà nulla con un capriccio.»
«Mia signora» sussurrò l’altra per non farsi udire «Il principe vi invoca nel sonno, siete l’unica parola chiara tra quelle che pronuncia. È stato arduo richiamarlo dallo stato in cui si trovava, tuttavia abbiamo… dovuto!»
Yozora impallidì, cogliendo appieno ciò che la discrezione della shitai aveva omesso.
«La vostra fedeltà è ammirevole, Azmidi. Datemi qualche minuto.»
«Ciò non è permesso, altezza» sentenziò il reikan di grado maggiore «Perdonate se ardisco ricordarvelo.»
«Lo rammento, Ukuna. Se però incontrassi l’Ojikumaar in maniera indiretta, non trasgredirei la volontà di mio marito e non correrei alcun rischio.»
Il guerriero aggrottò la fronte ma ascoltò la proposta.
«È una situazione ridicola! Pensi che una stupida porta possa fermarmi?»
Dall’altro lato, Rhenn batté il palmo sul legno massiccio.
«La tua ferita?»
«Guardala dal vivo, se ti interessa!»
Yozora inghiottì l’amaro insieme con il desiderio di spalancare il battente.
«Le ancelle si preoccupano per la tua salute.»
«Erano le serve di Rasalaje, si agitano a ogni alito di vento.»
«Sono fedeli anche a te.»
Il principe poggiò le spalle all’uscio e si lasciò scivolare a terra, la mano sull’addome. Il rimprovero conteneva un sottinteso semplice.
«Ti ho cercata, ma non c’eri.»
«Come?»
«Nei sogni.»
«Rhenn…»
«Ho sperato che tra le illusioni non mi respingessi.»
«Dunque è vero che mi hai trascinata in una dimensione creata da te. Non so come e mi spaventa. Non deve accadere mai più.»
«Se così fosse, la porta non sarebbe chiusa persino quando dormo. Spezzi una promessa, mi escludi senza che la tua coscienza rimorda per l’abbandono.»
«Sono qui a prescindere dall’accaduto, a mio rischio, sul filo della disobbedienza.»
«Lei te l’ha chiesto, rispetti le sue ultime volontà. O peggio, ti faccio pena.»
Yozora si costrinse a non piangere.
«Hai detto che non avresti chiesto perdono per qualcosa che ritieni giusto. Ebbene, non ti ho assolto. Non perché ti sei insinuato nel mio letto, bensì perché hai violato la mia interiorità, hai intaccato i miei pensieri e lo ammetti senza una piega. Hai un dono, l’hai sfruttato per te stesso, per piegare la volontà altrui. Ciò è imperdonabile.»
«No.»
«Le bugie non ti fanno onore.»
«Non ho forzato i tuoi sogni né corrotto la tua mente! Non ho remore ad ammettere una coercizione, cerca la verità, non una spiegazione di comodo! Non controllo le visioni, qualunque esse siano. In tal modo riconosci da sola di esserne parte. Qual è la vera Yozora? Colei che pensa di proteggersi dietro questa insulsa barriera o la donna che ha ricevuto il mio primo bacio?»
«Pensa ciò che vuoi per sgravarti dalle responsabilità! Desidero solo sapere se stai bene e tornare da mio marito!»
Rhenn strinse le zanne sino a sentirle scricchiolare.
«Allora vattene, rincorri le tue paure!»
La rabbiosa esclamazione fu seguita da un silenzio assordante. Paventò che la ragazza avesse davvero soddisfatto l’istanza. Poi udì il suo respiro, affannato dal pianto silenzioso, e si sentì travolgere dallo sconforto.
Se questo è l’unico modo per sentirla mia, per averla accanto…
«Il mondo era il cratere di un vulcano in eruzione, una notte senza fine» mormorò incolore «La piramide appariva completa e al suo interno c’era qualcuno. Non l’ho distinto con chiarezza ma emanava un’aura feroce, aggressiva.»
«Il Signore dei Khai?»
La voce di lei era un filo tremulo.
«Il suo nemico. Il nostro nemico.»
«Come lo sai?»
«Istinto, autosuggestione… se diamo credito allo Shikin, la sua identità non è un mistero. Siamo già polvere, nessuno è in grado di sconfiggere Belker.»
L’angoscia di lei lo attraversò come un flutto.
«Trova il prescelto, Rhenn. Le tue doti servono a questo, convogliale, lascia che ti parlino. Non sono una minorazione, un gioco perverso o un’abilità da sfruttare, bensì l’unica possibilità. Sei la nostra speranza, non perché sei l’erede al trono.»
«Non blandirmi, sai come funziona a Mardan.»
«Come tu sai di essere destinato a guidare la tua gente. Il modo è diverso da quello che hai immaginato, sei molto più del prossimo re. Puoi salvare il creato.»
L’Ojikumaar fissò il buio innanzi a sé, senza metterlo a fuoco. Il cuore pulsò frenetico mentre esprimeva la richiesta che lo divorava.
«Mi aiuterai?»
«Ne parlerò a Mahati. Metterà da parte l’acredine.»
«Non è l’appoggio che cerco.»
«Ma è il solo concesso. Ora permetti ai guaritori di assisterti, riposa. Domani tutto sarà più limpido.»
«Pensi non lo sia già?»
Yozora si morse le labbra.
«Buonanotte, Rhenn.»
Il congedo lo ferì. L’animo si contorse di dolore, si ribellò.
Non lo accetto! Non deve finire così!
Si abbatté contro la porta, scardinando i battenti. Il taglio riprese a sanguinare. I reikan irruppero con le spade sguainate. Rhenn snudò la sua.
«No!» la ragazza s’interpose «Va tutto bene, attendete fuori!»
«Mia signora…»
«L’Ojikumaar si è sentito offeso, è abituato a guardare negli occhi chi gli sta difronte. Non vale per tutti i Khai?»
I guerrieri esitarono. L’erede al trono sembrava provato, non era nelle condizioni di nuocere anche se impugnava la lama. Disobbedire lo avrebbe costretto alla sfida e, se fosse stato battuto da semplici cavalieri alati, avrebbe perso l’onore.
Ukuna aggrottò la fronte ma si inchinò e retrocedette, seguito dai compagni.
Yozora esalò il fiato, incapace di staccare lo sguardo dal viso del principe.
«E così riesci a farti esaudire persino dai miei uomini» sussurrò lui.
«Possiedono l’assennatezza che a te manca.»
«Basta rimproveri! Ascolterò la nuda verità, ora! Il tuo è un addio!?»
Lei restò in silenzio, incapace di pronunciare il sì che li avrebbe separati per sempre.
«Preferisco che tu mi faccia male» seguitò Rhenn «Sentire che ti disgusto, che ho perso il tuo rispetto, che la fine di Rasalaje è mia responsabilità. Che paragonato a mio fratello sono un arrogante nulla!»
«Non è…»
«Dillo! Quanto ami Mahati, in quale forma puoi ancora manifestarlo!? Smettila di piangere, per gli dèi! Sei riuscita a realizzare il tuo desiderio!»
Yozora si sfregò le guance bagnate. Il cuore era un rovo selvaggio, il dispiacere divenne collera e dissolse i vincoli.
«Se non ci fossi tu…» fremette «Se non ti avessi mai incontrato, sarei innamorata di lui e non esisterebbero ombre né paure né bugie. Se non ci fossi tu, vivrei al suo fianco senza sentirmi sporca, sarei felice, meritevole di un uomo tanto prezioso!»
«Che stai dicendo!?»
«Amo te, Rhenn!»
Lui la fissò esterrefatto. Fece un passo indietro.
«Non temere, non è contagioso. Ti aiuterà a starmi lontano, a capire perché non ti vedrò più. Spartiamo l’ultimo segreto, nulla invero cambierà. Impiegherò me stessa per essere la devota sposa di Mahati e ci riuscirò, non interferirai. Non hai motivo per provocare tuo fratello, ora che conosci la verità e sai quanto male può fare.»
Rhenn si addossò alla parete, scosso nel profondo. Ansimò nello sforzo di restare eretto, lo stomaco si rivoltò. Colse il dolore negli occhi di lei, ma restò inerme mentre usciva, stordito dai battiti incontrollati e dalla mente svuotata.
Ahaki mi dà la nausea, sciocco da parte mia attendere un’altra reazione. Il mondo onirico non è Mardan, sono il principe della corona, sangue daama!
Realizzò che non stava per vomitare. La fluttuazione del diaframma era feroce e dolce. Ali di minai, petali di yurishi, fiamme. Chiuse gli occhi.
Zanne nell’anima.
Mahati sedette impassibile sullo scranno ornato di pellicce. Lo sguardo nocciola era un punteruolo che scavava le carni.
Inginocchiato al suo cospetto, i polsi legati dietro la schiena, Shaeta notò l’ornamento nero alla sua cintura.
Lutto.
Valka gli lanciò un’occhiata intensa tra le ciocche rosse.
«Sei immerso nel kotakh fino al collo, ragazzino!»
L’espressione del suo tutore era più affannata che furente. Le dita artigliate alla spalla non stringevano con la consueta forza.
«Non era mia intenzione.»
Valka aveva mollato la presa, passandosi le mani tra le chiome, irrequieto.
«Non cambia! Ŷalda pretenderà la tua testa, se non sarà esaudito, ritirerà l’appoggio del clan alla guerra! Anche volendo, il Kharnot non può aiutarti!»
Shaeta aveva continuato a tamponare le ferite, nessuna grave, tremando per il brusco calo dell’adrenalina. I colpi subiti erano fioriti in lividi bluastri ma per paradosso non era impaurito da ciò che lo attendeva.
«Hai mandato tu Iroya da Kayran, vero?» aveva domandato.
L’altro lo aveva fissato in silenzio, poi aveva inalato l’aria.
«Doppiamente sciocco da parte mia, oltre che vile. Un guerriero dovrebbe anticipare gli imprevisti e non sottomettersi ai sentimenti. Se avessi risolto con un fytarei, ora non saresti un cadavere che cammina.»
Lo sguardo rubino si era perso in un punto della cella, come se in quel frangente i pensieri fossero altri, lontani, gravosi.
«Non temi la morte e il veto di Dasmi non ti ha certo dissuaso. Per aver agito così, devi celare motivazioni profonde. Non ti impongo di rivelarle, poiché ne custodisco altrettante. A conti fatti, la responsabilità della vita spezzata è mia, non tua. Piantala di colpevolizzarti e spiegami come morire con onore.»
Il cavaliere alato aveva interrotto il nervoso andirivieni.
«Dannazione, Shaeta, non hai bisogno di crepare! Racconta che sono stato io a incastrare Kayran e ti ci sei solo trovato in mezzo! Non sputerò sulla verità!»
«E Mahati ti assolverebbe?»
«Scherzi? Capirebbe al volo le ragioni di un atto contrario a šokai, disperderebbe le mie ceneri nell’Irravin! È ciò che merito!»
«Allora non ti coinvolgerò.»
«Sei testardo, per gli dèi! Mi dichiarerò colpevole, non starò in un angolo mentre ti fanno a pezzi!»
«Dirò che è un debole tentativo di difendermi.»
«Perché, in nome dell’Arco letale!?»
«Ho perso troppe volte chi amo.»
Valka era rimasto privo di parole. I fermagli d’argento erano scintillati nel buio.
«Che ne è del desiderio di ritrovare tua madre e di riprenderti la città?»
«Danyal è vivo. Lo nominerò mio successore, ci penserà lui.»
«Principe Shaeta, perché avete duellato con il mio reikan?» lo interrogò Mahati «Parlate o sarà la mia spada a farlo.»
Lui strinse i pugni. Detestava le menzogne, tuttavia se avesse raccontato la verità, oltre a Valka, anche Dasmi avrebbe perso la dignità.
Eretta accanto al seggio tra i generali di stormo, Taygeta lo scrutò glaciale.
Non posso riportare che sua figlia non riesce a difendersi da sola.
L’oggetto delle sue riflessioni era inginocchiato alla sua destra e tentava di smorzare i respiri accelerati, le bende strette alle braccia e alla gamba ferita. Le iridi verdi lo sfiorarono per un istante, poi tornarono al suolo colme di collera e turbamento.
«Non ho chiesto il tuo intervento, stupido Minkari!» aveva gridato Dasmi furente «È colpa tua se mi trovo in questo impiccio!»
Aveva ripreso a zoppicare lungo il margine del carcere condiviso, una tenda angusta al confine nord dell’accampamento. Seduto su una cassa di legno, Shaeta aveva accompagnato il suo percorso con gli occhi.
«Il tuo “fidanzato” ti avrebbe massacrata. È così che avresti voluto finire? Eliminata da un bastardo fedifrago?!»
Lei aveva esitato solo un istante, tirando il fiato per la spossatezza.
«Non sono affari tuoi! Guai se lo racconti!»
«Sei impazzita? Passi tacere che stavi perdendo il combattimento, ma non chiarire che Kayran ti ha tradita alla soglia delle nozze è un’idiozia!»
«Sta’ zitto! Non capisci niente!»
«Che c’è di tanto incomprensibile!? Hai preservato la tua integrità secondo le vostre leggi, perché nasconderlo?»
«Tu, un misero ostaggio, hai salvato una guerriera khai! Tu hai difeso il mio onore! Dov’è la dignità in questo?»
Shaeta aveva compreso, tuttavia il silenzio gli era ancora apparso la scelta peggiore.
«Avrei dovuto lasciarti alla sua mercé?» aveva mormorato «Lasciarti morire?»
«Sì! Nessun rimpianto, il mio nome ricordato per sempre!»
«Etarmah! Non ci credi nemmeno tu! In un’urna funebre non puoi acquisire i gradi, scendere in battaglia e servire Belker come ti piace!»
La ragazza lo aveva guardato sbalordita.
«A te che importa? Una nemica in meno per il tuo regno.»
«Ho visto abbastanza morti, non lo schieramento non conta.»
«Per quanto tu rimanga qui, non sarai mai un Khai! Al tuo posto non mi sarei intromessa, vederti crepare non mi avrebbe disturbato!»
«Bene, dal momento che ho i giorni contati.»
Dasmi si era piantata difronte a lui, il viso stravolto.
«Che significa!?»
«Dirò che Kayran ha più volte insultato mio padre, abbiamo persino i testimoni. Che per vendicarmi ho approfittato di un suo attimo di distrazione, che tu hai tentato di farmi ragionare, dacché ero affidato a te. Che è morto per difenderti quando ti ho aggredita alle spalle.»
«Sei fuori di senno! Hai idea di cosa fanno i Khai a quelli come te? Lo zio di Kayran è l’uomo più insigne di Mardan dopo i principi reali! Verrà qui di persona per…»
«Riservarmi lo stesso trattamento di Entin?»
«Aspetta di sentire la lama sulle ossa per mostrarti spavaldo! E poi quello non è tuo padre!»
«Posto sia vero, lo sappiamo solo noi due.»
«Non cambiare discorso! Che ci guadagni a morire come un cane?»
«Questo non riguarda te, invece. Goditi il preservato onore e ricordami come un imbecille.»
La ragazza era esplosa in un insulto e lo aveva afferrato per la casacca.
«Dovrei vivere sapendo che il mio respiro è dipeso prima dall’intervento di uno shitai e poi da una bugia?!»
«Ehn, impara a sopportarne il peso.»
«Smettila! Non hai sangue daama, non devi comportarti come noi!»
«Tu sì, piantala di strillare. Vanti alternative migliori? Hai detto che non ti fa né caldo né freddo se muoio, devo pensare il contrario?»
«Cosa!?» lo sguardo della giovane si era velato d’ira «Non sopporto…»
Le aveva aperto le mani, liberandosi dalla costrizione senza sforzo.
«Già. Le conseguenze delle azioni o del non agire. Ti annuncio che è così che si diventa adulti.»
«Mi denigri fingendo di non portare rancore! Che avrei dovuto fare, ridurmi a una femmina sottomessa, ignorare il tradimento, rinunciare ai miei progetti?»
«No. Scegliere Valka. Ti avrebbe rispettata e sostenuta in ogni aspetto.»
Lei era raggelata.
«Sarei incapace di discernere!?»
«Lo stai riconoscendo da sola.»
Dasmi era scattata in avanti e gli aveva rifilato un ceffone che lo aveva sbilanciato. Aveva reagito restituendole il colpo con gli interessi e mandandola a terra. Si era sentito in colpa, ricordando che non era del tutto guarita.
«Mi dispiace, non volevo…»
Lei lo aveva afferrato e trascinato giù, tempestandolo di pugni.
«Sai che me ne faccio delle tue scuse!? Io ti detesto dal profondo!»
Shaeta si era difeso con meno veemenza, ma era comunque riuscito a ribaltarla.
«Finiscila di picchiare! Non sai fare altro!»
«E tu non starmi sopra! Mi fai schifo! Sei un idiota, un verme con l’uniforme!»
«Vuoi che me la tolga?!»
«Ienaarak!» aveva ringhiato lei tornando all’attacco.
Le aveva bloccato la destra, poi la sinistra, seccato. Si erano fissati negli occhi, ansando. Quando quelli di lei si erano riempiti di lacrime, l’aveva liberata.
«Non ne vale la pena» le aveva detto.
Dasmi lo aveva afferrato per i capelli e aveva unito le labbra alle sue. Si era sentito sciogliere. L’aveva ricambiata con foga, in pochi secondi si erano trovati avvinghiati al suolo, aveva sentito l’insorgere prepotente del desiderio.
«C-come osi baciarmi!?» lo aveva allontanato lei, divincolandosi.
«Come osi tu baciare me?»
Si era scostato in preda alle palpitazioni e al senso di colpa.
Shaeta iniziò a raccontare la fandonia inventata ad arte.
Invalicabile barriera
Le braci lanciarono gli ultimi ansiti, poi si spensero. Il fumo abbozzava spire sinuose nel tramonto, mentre gli intervenuti alle esequie lasciavano il cortile del Tempio.
Rhenn seguì il fluttuare delle ceneri, come se i glifi sospesi in cielo fossero un idioma di semplice comprensione. La pietra nera appesa alla cinta, unico segno di lutto oltre agli stendardi listati, oscillò al suo levarsi.
Yozora non si staccò dal braccio del marito, alternando preghiere e lacrime, incurante della tradizione locale. Mahati non obiettò: l’aveva stretta a sé per ore, sorreggendola quando il dolore e la stanchezza avevano rischiato di travolgerla.
L’erede al trono infilò le mani nella cenere calda e iniziò a trasferirla in un’urna di giada, segnandosi la fronte con le dita. I tratti grigi spiccarono netti sul pallore che tutti avevano inteso dovuto alla tragica perdita.
La ferita era ancora aperta, come se il suo corpo avesse accantonato l’urgenza della guarigione. Le bende erano tanto strette da ostacolare la respirazione, ma facevano sembrare fluidi i suoi movimenti. Le gocce di sudore che gli inzuppavano la veste potevano essere attribuite alla prolungata adiacenza alle fiamme sacre: nessuno sospettava quanto avvenuto nelle stanze del Kharnot.
Quando il vaso funebre fu sigillato, Yozora avvertì una stilettata al petto.
«La recita è finita» bisbigliò Mahati.
«Rhenn non sta fingendo.»
«Certo non soffre per Rasalaje.»
«Pensi sia opportuno lasciarlo solo?»
Il secondogenito inalò l’aria, circondandole la vita come a proteggerla.
L’Ojikumaar si mosse solenne, lo sforzo si ripercosse sull’addome, che bruciò più del contenitore che teneva tra le mani.
Ŷalda lo accolse, pronunciando la formula rituale con simulata gratitudine.
«Sei finito» sibilò raddrizzandosi dall’inchino dovuto «Il trono non sarà mai tuo.»
«Libero di provare a sottrarmelo.»
«Potrei non averne bisogno. Non hai più alleati, neppure la shitai per cui stravedi.»
«Kaniša porta la corona da trecento anni senza vantare neppure il rispetto dei suoi figli. Per me non sarà diverso.»
«Ma tu non hai eredi, pensi che i Khai non lo terranno in considerazione? Le bugie di mia nipote non ti salveranno per molto, tre mesi sono un soffio.»
«Lo sono anche per te. Non ho mai perso un duello.»
«Le minacce non m’impressionano. Belker ti assista, principe caduto.»
Rhenn restituì l’espressione cerimoniale con pari affettazione, ignorando le occhiate gelide del clan rivale. Se avesse sposato in seconde nozze una delle aristocratiche che ne facevano parte, forse avrebbe evitato lo scontro, ma Ishwin si sarebbe vendicata spiattellando le loro prodezze carnali.
Comunque la si osservi, sono in trappola.
Spostò lo sguardo, incontrando quello altrettanto affilato del fratello. Accanto a lui, Yozora appariva un raggio di luce impossibile da raggiungere.
Appollaiato sulla merlatura della torre est, Fyratesh scrollò nervoso le piume.
«Non ho scelta» mormorò Mahati accigliato «Il sospeso comprometterebbe l’ultima fase della guerra, devo tornare a Minkar. Loro non ti perderanno di vista» aggiunse accennando a tre guerrieri con gli ornamenti del primo stormo.
Yozora annuì mesta, pur comprendendo la necessità e la precauzione.
Il provvidenziale rientro del marito era stato frutto di una casualità: uno dei reikan si era stupito di trovarlo al campo e non a palazzo a consumare l’een. Mahati si era fiondato a Mardan, certo che l’intuito non lo stesse fuorviando.
«Non ti cagionerò apprensione.»
Lui le sollevò il viso con gentilezza, una ruga incuneata tra le sopracciglia.
«Non sei al sicuro, Yozora. Mio fratello non si arrenderà, pensarlo innocuo perché ferito o sorvegliato a oltranza è un errore. Sa che mi hai impedito di ucciderlo, nella sua mente contorta io sono un debole, tu una preda che adora farsi inseguire.»
«Dobbiamo mettere all’angolo il suo orgoglio, fargli capire che non otterrebbe che l’astio di chi gli è vicino.»
«Orgoglio, follia, l’unica cura è una spada nel cuore! Le generazioni precedenti lo hanno dimostrato!»
«Non dirlo, mio prezioso. Non cedere anche tu all’idea della maledizione.»
Lui scosse il capo.
«Non starò via a lungo.»
«Non mancare ai tuoi doveri per me. Non puoi proteggermi per sempre.»
«Credi?» si chinò e la baciò sulle labbra.
«Perdonate l’ora, altezza, si tratta di un’urgenza.»
Naiše la destò in piena notte, l’espressione tesa a confermare l’insolita sveglia.
Yozora si affrettò con il terrore che qualcuno recasse funeste notizie dall’Irravin. Chi l’attendeva era invece una delle più devote dorei di Rasalaje.
«Azmidi?» la interrogò con sincero stupore.
L’anziana si commosse nel sentirsi chiamare per nome. Piegò il capo, afflitta.
«Vi supplico, principessa, aiutateci in nome dell’amicizia con nostra amata signora! L’erede al trono è impazzito, si è strappato le bende, minaccia di sventrare i guaritori e chiede di voi! Non riusciamo a placarlo!»
Yozora raggelò. Le sue guardie del corpo scambiarono sguardi di disapprovazione, ligie agli ordini ricevuti. Persino Naiše ebbe un moto contrariato.
«M-mi dispiace, non saprei che fare.»
«Vi prego di comprendere, altezza» seguitò la donna «Se irrompesse qui in preda alla furia, sarebbe disdicevole per il sangue reale. Accontentatelo.»
Lei si forzò alla durezza scorta tante volte tra i Khai.
«Queste sono le stanze private del Šarkumaar, neppure suo fratello può accedervi senza consenso. Non otterrà nulla con un capriccio.»
«Mia signora» sussurrò l’altra per non farsi udire «Il principe vi invoca nel sonno, siete l’unica parola chiara tra quelle che pronuncia. È stato arduo richiamarlo dallo stato in cui si trovava, tuttavia abbiamo… dovuto!»
Yozora impallidì, cogliendo appieno ciò che la discrezione della shitai aveva omesso.
«La vostra fedeltà è ammirevole, Azmidi. Datemi qualche minuto.»
«Ciò non è permesso, altezza» sentenziò il reikan di grado maggiore «Perdonate se ardisco ricordarvelo.»
«Lo rammento, Ukuna. Se però incontrassi l’Ojikumaar in maniera indiretta, non trasgredirei la volontà di mio marito e non correrei alcun rischio.»
Il guerriero aggrottò la fronte ma ascoltò la proposta.
«È una situazione ridicola! Pensi che una stupida porta possa fermarmi?»
Dall’altro lato, Rhenn batté il palmo sul legno massiccio.
«La tua ferita?»
«Guardala dal vivo, se ti interessa!»
Yozora inghiottì l’amaro insieme con il desiderio di spalancare il battente.
«Le ancelle si preoccupano per la tua salute.»
«Erano le serve di Rasalaje, si agitano a ogni alito di vento.»
«Sono fedeli anche a te.»
Il principe poggiò le spalle all’uscio e si lasciò scivolare a terra, la mano sull’addome. Il rimprovero conteneva un sottinteso semplice.
«Ti ho cercata, ma non c’eri.»
«Come?»
«Nei sogni.»
«Rhenn…»
«Ho sperato che tra le illusioni non mi respingessi.»
«Dunque è vero che mi hai trascinata in una dimensione creata da te. Non so come e mi spaventa. Non deve accadere mai più.»
«Se così fosse, la porta non sarebbe chiusa persino quando dormo. Spezzi una promessa, mi escludi senza che la tua coscienza rimorda per l’abbandono.»
«Sono qui a prescindere dall’accaduto, a mio rischio, sul filo della disobbedienza.»
«Lei te l’ha chiesto, rispetti le sue ultime volontà. O peggio, ti faccio pena.»
Yozora si costrinse a non piangere.
«Hai detto che non avresti chiesto perdono per qualcosa che ritieni giusto. Ebbene, non ti ho assolto. Non perché ti sei insinuato nel mio letto, bensì perché hai violato la mia interiorità, hai intaccato i miei pensieri e lo ammetti senza una piega. Hai un dono, l’hai sfruttato per te stesso, per piegare la volontà altrui. Ciò è imperdonabile.»
«No.»
«Le bugie non ti fanno onore.»
«Non ho forzato i tuoi sogni né corrotto la tua mente! Non ho remore ad ammettere una coercizione, cerca la verità, non una spiegazione di comodo! Non controllo le visioni, qualunque esse siano. In tal modo riconosci da sola di esserne parte. Qual è la vera Yozora? Colei che pensa di proteggersi dietro questa insulsa barriera o la donna che ha ricevuto il mio primo bacio?»
«Pensa ciò che vuoi per sgravarti dalle responsabilità! Desidero solo sapere se stai bene e tornare da mio marito!»
Rhenn strinse le zanne sino a sentirle scricchiolare.
«Allora vattene, rincorri le tue paure!»
La rabbiosa esclamazione fu seguita da un silenzio assordante. Paventò che la ragazza avesse davvero soddisfatto l’istanza. Poi udì il suo respiro, affannato dal pianto silenzioso, e si sentì travolgere dallo sconforto.
Se questo è l’unico modo per sentirla mia, per averla accanto…
«Il mondo era il cratere di un vulcano in eruzione, una notte senza fine» mormorò incolore «La piramide appariva completa e al suo interno c’era qualcuno. Non l’ho distinto con chiarezza ma emanava un’aura feroce, aggressiva.»
«Il Signore dei Khai?»
La voce di lei era un filo tremulo.
«Il suo nemico. Il nostro nemico.»
«Come lo sai?»
«Istinto, autosuggestione… se diamo credito allo Shikin, la sua identità non è un mistero. Siamo già polvere, nessuno è in grado di sconfiggere Belker.»
L’angoscia di lei lo attraversò come un flutto.
«Trova il prescelto, Rhenn. Le tue doti servono a questo, convogliale, lascia che ti parlino. Non sono una minorazione, un gioco perverso o un’abilità da sfruttare, bensì l’unica possibilità. Sei la nostra speranza, non perché sei l’erede al trono.»
«Non blandirmi, sai come funziona a Mardan.»
«Come tu sai di essere destinato a guidare la tua gente. Il modo è diverso da quello che hai immaginato, sei molto più del prossimo re. Puoi salvare il creato.»
L’Ojikumaar fissò il buio innanzi a sé, senza metterlo a fuoco. Il cuore pulsò frenetico mentre esprimeva la richiesta che lo divorava.
«Mi aiuterai?»
«Ne parlerò a Mahati. Metterà da parte l’acredine.»
«Non è l’appoggio che cerco.»
«Ma è il solo concesso. Ora permetti ai guaritori di assisterti, riposa. Domani tutto sarà più limpido.»
«Pensi non lo sia già?»
Yozora si morse le labbra.
«Buonanotte, Rhenn.»
Il congedo lo ferì. L’animo si contorse di dolore, si ribellò.
Non lo accetto! Non deve finire così!
Si abbatté contro la porta, scardinando i battenti. Il taglio riprese a sanguinare. I reikan irruppero con le spade sguainate. Rhenn snudò la sua.
«No!» la ragazza s’interpose «Va tutto bene, attendete fuori!»
«Mia signora…»
«L’Ojikumaar si è sentito offeso, è abituato a guardare negli occhi chi gli sta difronte. Non vale per tutti i Khai?»
I guerrieri esitarono. L’erede al trono sembrava provato, non era nelle condizioni di nuocere anche se impugnava la lama. Disobbedire lo avrebbe costretto alla sfida e, se fosse stato battuto da semplici cavalieri alati, avrebbe perso l’onore.
Ukuna aggrottò la fronte ma si inchinò e retrocedette, seguito dai compagni.
Yozora esalò il fiato, incapace di staccare lo sguardo dal viso del principe.
«E così riesci a farti esaudire persino dai miei uomini» sussurrò lui.
«Possiedono l’assennatezza che a te manca.»
«Basta rimproveri! Ascolterò la nuda verità, ora! Il tuo è un addio!?»
Lei restò in silenzio, incapace di pronunciare il sì che li avrebbe separati per sempre.
«Preferisco che tu mi faccia male» seguitò Rhenn «Sentire che ti disgusto, che ho perso il tuo rispetto, che la fine di Rasalaje è mia responsabilità. Che paragonato a mio fratello sono un arrogante nulla!»
«Non è…»
«Dillo! Quanto ami Mahati, in quale forma puoi ancora manifestarlo!? Smettila di piangere, per gli dèi! Sei riuscita a realizzare il tuo desiderio!»
Yozora si sfregò le guance bagnate. Il cuore era un rovo selvaggio, il dispiacere divenne collera e dissolse i vincoli.
«Se non ci fossi tu…» fremette «Se non ti avessi mai incontrato, sarei innamorata di lui e non esisterebbero ombre né paure né bugie. Se non ci fossi tu, vivrei al suo fianco senza sentirmi sporca, sarei felice, meritevole di un uomo tanto prezioso!»
«Che stai dicendo!?»
«Amo te, Rhenn!»
Lui la fissò esterrefatto. Fece un passo indietro.
«Non temere, non è contagioso. Ti aiuterà a starmi lontano, a capire perché non ti vedrò più. Spartiamo l’ultimo segreto, nulla invero cambierà. Impiegherò me stessa per essere la devota sposa di Mahati e ci riuscirò, non interferirai. Non hai motivo per provocare tuo fratello, ora che conosci la verità e sai quanto male può fare.»
Rhenn si addossò alla parete, scosso nel profondo. Ansimò nello sforzo di restare eretto, lo stomaco si rivoltò. Colse il dolore negli occhi di lei, ma restò inerme mentre usciva, stordito dai battiti incontrollati e dalla mente svuotata.
Ahaki mi dà la nausea, sciocco da parte mia attendere un’altra reazione. Il mondo onirico non è Mardan, sono il principe della corona, sangue daama!
Realizzò che non stava per vomitare. La fluttuazione del diaframma era feroce e dolce. Ali di minai, petali di yurishi, fiamme. Chiuse gli occhi.
Zanne nell’anima.
Mahati sedette impassibile sullo scranno ornato di pellicce. Lo sguardo nocciola era un punteruolo che scavava le carni.
Inginocchiato al suo cospetto, i polsi legati dietro la schiena, Shaeta notò l’ornamento nero alla sua cintura.
Lutto.
Valka gli lanciò un’occhiata intensa tra le ciocche rosse.
«Sei immerso nel kotakh fino al collo, ragazzino!»
L’espressione del suo tutore era più affannata che furente. Le dita artigliate alla spalla non stringevano con la consueta forza.
«Non era mia intenzione.»
Valka aveva mollato la presa, passandosi le mani tra le chiome, irrequieto.
«Non cambia! Ŷalda pretenderà la tua testa, se non sarà esaudito, ritirerà l’appoggio del clan alla guerra! Anche volendo, il Kharnot non può aiutarti!»
Shaeta aveva continuato a tamponare le ferite, nessuna grave, tremando per il brusco calo dell’adrenalina. I colpi subiti erano fioriti in lividi bluastri ma per paradosso non era impaurito da ciò che lo attendeva.
«Hai mandato tu Iroya da Kayran, vero?» aveva domandato.
L’altro lo aveva fissato in silenzio, poi aveva inalato l’aria.
«Doppiamente sciocco da parte mia, oltre che vile. Un guerriero dovrebbe anticipare gli imprevisti e non sottomettersi ai sentimenti. Se avessi risolto con un fytarei, ora non saresti un cadavere che cammina.»
Lo sguardo rubino si era perso in un punto della cella, come se in quel frangente i pensieri fossero altri, lontani, gravosi.
«Non temi la morte e il veto di Dasmi non ti ha certo dissuaso. Per aver agito così, devi celare motivazioni profonde. Non ti impongo di rivelarle, poiché ne custodisco altrettante. A conti fatti, la responsabilità della vita spezzata è mia, non tua. Piantala di colpevolizzarti e spiegami come morire con onore.»
Il cavaliere alato aveva interrotto il nervoso andirivieni.
«Dannazione, Shaeta, non hai bisogno di crepare! Racconta che sono stato io a incastrare Kayran e ti ci sei solo trovato in mezzo! Non sputerò sulla verità!»
«E Mahati ti assolverebbe?»
«Scherzi? Capirebbe al volo le ragioni di un atto contrario a šokai, disperderebbe le mie ceneri nell’Irravin! È ciò che merito!»
«Allora non ti coinvolgerò.»
«Sei testardo, per gli dèi! Mi dichiarerò colpevole, non starò in un angolo mentre ti fanno a pezzi!»
«Dirò che è un debole tentativo di difendermi.»
«Perché, in nome dell’Arco letale!?»
«Ho perso troppe volte chi amo.»
Valka era rimasto privo di parole. I fermagli d’argento erano scintillati nel buio.
«Che ne è del desiderio di ritrovare tua madre e di riprenderti la città?»
«Danyal è vivo. Lo nominerò mio successore, ci penserà lui.»
«Principe Shaeta, perché avete duellato con il mio reikan?» lo interrogò Mahati «Parlate o sarà la mia spada a farlo.»
Lui strinse i pugni. Detestava le menzogne, tuttavia se avesse raccontato la verità, oltre a Valka, anche Dasmi avrebbe perso la dignità.
Eretta accanto al seggio tra i generali di stormo, Taygeta lo scrutò glaciale.
Non posso riportare che sua figlia non riesce a difendersi da sola.
L’oggetto delle sue riflessioni era inginocchiato alla sua destra e tentava di smorzare i respiri accelerati, le bende strette alle braccia e alla gamba ferita. Le iridi verdi lo sfiorarono per un istante, poi tornarono al suolo colme di collera e turbamento.
«Non ho chiesto il tuo intervento, stupido Minkari!» aveva gridato Dasmi furente «È colpa tua se mi trovo in questo impiccio!»
Aveva ripreso a zoppicare lungo il margine del carcere condiviso, una tenda angusta al confine nord dell’accampamento. Seduto su una cassa di legno, Shaeta aveva accompagnato il suo percorso con gli occhi.
«Il tuo “fidanzato” ti avrebbe massacrata. È così che avresti voluto finire? Eliminata da un bastardo fedifrago?!»
Lei aveva esitato solo un istante, tirando il fiato per la spossatezza.
«Non sono affari tuoi! Guai se lo racconti!»
«Sei impazzita? Passi tacere che stavi perdendo il combattimento, ma non chiarire che Kayran ti ha tradita alla soglia delle nozze è un’idiozia!»
«Sta’ zitto! Non capisci niente!»
«Che c’è di tanto incomprensibile!? Hai preservato la tua integrità secondo le vostre leggi, perché nasconderlo?»
«Tu, un misero ostaggio, hai salvato una guerriera khai! Tu hai difeso il mio onore! Dov’è la dignità in questo?»
Shaeta aveva compreso, tuttavia il silenzio gli era ancora apparso la scelta peggiore.
«Avrei dovuto lasciarti alla sua mercé?» aveva mormorato «Lasciarti morire?»
«Sì! Nessun rimpianto, il mio nome ricordato per sempre!»
«Etarmah! Non ci credi nemmeno tu! In un’urna funebre non puoi acquisire i gradi, scendere in battaglia e servire Belker come ti piace!»
La ragazza lo aveva guardato sbalordita.
«A te che importa? Una nemica in meno per il tuo regno.»
«Ho visto abbastanza morti, non lo schieramento non conta.»
«Per quanto tu rimanga qui, non sarai mai un Khai! Al tuo posto non mi sarei intromessa, vederti crepare non mi avrebbe disturbato!»
«Bene, dal momento che ho i giorni contati.»
Dasmi si era piantata difronte a lui, il viso stravolto.
«Che significa!?»
«Dirò che Kayran ha più volte insultato mio padre, abbiamo persino i testimoni. Che per vendicarmi ho approfittato di un suo attimo di distrazione, che tu hai tentato di farmi ragionare, dacché ero affidato a te. Che è morto per difenderti quando ti ho aggredita alle spalle.»
«Sei fuori di senno! Hai idea di cosa fanno i Khai a quelli come te? Lo zio di Kayran è l’uomo più insigne di Mardan dopo i principi reali! Verrà qui di persona per…»
«Riservarmi lo stesso trattamento di Entin?»
«Aspetta di sentire la lama sulle ossa per mostrarti spavaldo! E poi quello non è tuo padre!»
«Posto sia vero, lo sappiamo solo noi due.»
«Non cambiare discorso! Che ci guadagni a morire come un cane?»
«Questo non riguarda te, invece. Goditi il preservato onore e ricordami come un imbecille.»
La ragazza era esplosa in un insulto e lo aveva afferrato per la casacca.
«Dovrei vivere sapendo che il mio respiro è dipeso prima dall’intervento di uno shitai e poi da una bugia?!»
«Ehn, impara a sopportarne il peso.»
«Smettila! Non hai sangue daama, non devi comportarti come noi!»
«Tu sì, piantala di strillare. Vanti alternative migliori? Hai detto che non ti fa né caldo né freddo se muoio, devo pensare il contrario?»
«Cosa!?» lo sguardo della giovane si era velato d’ira «Non sopporto…»
Le aveva aperto le mani, liberandosi dalla costrizione senza sforzo.
«Già. Le conseguenze delle azioni o del non agire. Ti annuncio che è così che si diventa adulti.»
«Mi denigri fingendo di non portare rancore! Che avrei dovuto fare, ridurmi a una femmina sottomessa, ignorare il tradimento, rinunciare ai miei progetti?»
«No. Scegliere Valka. Ti avrebbe rispettata e sostenuta in ogni aspetto.»
Lei era raggelata.
«Sarei incapace di discernere!?»
«Lo stai riconoscendo da sola.»
Dasmi era scattata in avanti e gli aveva rifilato un ceffone che lo aveva sbilanciato. Aveva reagito restituendole il colpo con gli interessi e mandandola a terra. Si era sentito in colpa, ricordando che non era del tutto guarita.
«Mi dispiace, non volevo…»
Lei lo aveva afferrato e trascinato giù, tempestandolo di pugni.
«Sai che me ne faccio delle tue scuse!? Io ti detesto dal profondo!»
Shaeta si era difeso con meno veemenza, ma era comunque riuscito a ribaltarla.
«Finiscila di picchiare! Non sai fare altro!»
«E tu non starmi sopra! Mi fai schifo! Sei un idiota, un verme con l’uniforme!»
«Vuoi che me la tolga?!»
«Ienaarak!» aveva ringhiato lei tornando all’attacco.
Le aveva bloccato la destra, poi la sinistra, seccato. Si erano fissati negli occhi, ansando. Quando quelli di lei si erano riempiti di lacrime, l’aveva liberata.
«Non ne vale la pena» le aveva detto.
Dasmi lo aveva afferrato per i capelli e aveva unito le labbra alle sue. Si era sentito sciogliere. L’aveva ricambiata con foga, in pochi secondi si erano trovati avvinghiati al suolo, aveva sentito l’insorgere prepotente del desiderio.
«C-come osi baciarmi!?» lo aveva allontanato lei, divincolandosi.
«Come osi tu baciare me?»
Si era scostato in preda alle palpitazioni e al senso di colpa.
Shaeta iniziò a raccontare la fandonia inventata ad arte.