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Autore: Daphne_Descends    21/09/2009    1 recensioni
Trovarsi all'improvviso in un mondo verdeggiante e sconosciuto è un'esperienza che Melissa Trenton non augurerebbe nemmeno al suo peggior nemico.
Eppure è quello che le succede, senza alcuna possibilità di tornare a casa sua.
Ma il regno di Bradford non è poi così male e la nuova vita che le si apre davanti finisce per piacerle davvero tanto. Se non fosse per un piccolo e scorbutico particolare di nome William e uno stupidissimo e assurdo Galateo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Whole other world

 


Non avrebbe saputo dire da quanto tempo avesse chiuso gli occhi. Probabilmente era stato solo per pochi minuti, perché gli uccellini cinguettavano ancora.
Eppure mancava qualcosa. C’era troppo silenzio.
Riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare la folta vegetazione di una foresta. Decisamente non si trovava nel parco di Yellowsbourg.
Si alzò, stordita, e si guardò attorno, girando su se stessa.

Ma dove diamine era finita? Cioè, una non poteva nemmeno fare un pisolino in un parco, che subito si ritrovava da un’altra parte.
Prese un bel respiro e cercò di calmarsi. Agitarsi non serviva a nulla, se non entrare ancora più in panico.

Cosa le avevano insegnato al corso di sopravvivenza estivo? In caso di smarrimento mantenere la calma. Come se fosse stato facile. Si trovava in una dannata foresta ombreggiata, talmente fitta che il sole era praticamente invisibile sopra le chiome degli alberi e quindi impossibile da utilizzare come punto di riferimento. Non c’era neanche la traccia di un sentiero minuscolo, una pista qualsiasi, rami o foglie piegati che facevano presupporre il passaggio di qualcuno. Non c’era niente che non fosse verde e foglie, e foglie e verde. Era un dannato incubo verdastro.
 
Sbuffò esasperata e tese le orecchie cercando di captare altri rumori oltre a quelli della natura circostante.
Lo sentì all’improvviso. Sembrava acqua corrente.
Senza pensare, raccattò la borsa e si avviò velocemente in quella direzione, facendosi malamente largo tra le piante. Non badò ai rami sporgenti o ai rovi che le strapparono in basso il jeans, continuò ad avanzare, quasi correndo, finché non si ritrovò davanti ad un ruscello che scorreva placido, indifferente a tutto il resto.
«Incredibile…» mormorò. Allora il corso di sopravvivenza era servito a qualcosa.
Si avvicinò alla riva e si rinfrescò il volto e le mani. Accaldata, legò i lunghi capelli ricci in una coda veloce e si scrutò attorno. L’unica cosa da fare era uscire da quella foresta, sperando di sbucare in un posto con un telefono o almeno dei mezzi di trasporto. Avrebbe sborsato fino all’ultimo centesimo delle sue scarse finanze, pur di tornare a casa.
Seguendo la corrente, si mise in cammino.
 

 
Quando gli alberi iniziarono a diradarsi le sembrò un miraggio. Aveva camminato per quelle che erano sembrate ore, fatto probabilmente migliaia di pause e imprecato per la metà del tempo, ma finalmente stava per uscire da quella dannata foresta.
Con un saltello e un sorriso, iniziò a correre verso il prato che vedeva aldilà degli ultimi alberi. Mancava così poco.
Corse a tutta velocità sotto il sole caldo, ma qualcosa la indusse ad invertire di nuovo la rotta e ritornare come un animale spaventato all’ombra sicura della foresta.
 
Davanti a lei si estendeva una vasta prateria, il ruscello che aveva seguito fino ad allora si allargava a diversi metri di distanza e formava una secca sabbiosa.
L’erba sembrava abbastanza rigogliosa e qualche masso era sparso qua e là, alternato a piccole zone arenose.
La posizione del sole sembrava indicare la metà pomeriggio e la temperatura era di diversi gradi più alta di quella di Yellowsbourg.
Con un movimento lento, Melissa si levò la felpa, appoggiandola di traverso sulla borsa a tracolla, e tirò su le maniche della maglietta di cotone che indossava. Senza staccare lo sguardo dalla scena che le si era presentata davanti all’improvviso.
 
Nel punto esatto in cui il fiume formava una grande secca, c’erano tre persone.
Una ragazza, vestita di azzurro, era seduta su un masso e ogni tanto scoppiava a ridere, mentre assisteva al combattimento che si svolgeva poco distante da lei.
Il clangore delle spade giungeva chiaramente fino alle orecchie di Melissa, ormai frastornata più che mai.
Uno dei due combattenti, con una massa di capelli biondi che risplendeva sotto i raggi del sole, fece un cenno di saluto beffardo alla ragazza, che ricambiò con un bacio volante, ridendo poi al movimento poco fluido che fece lui per scansare la spada dell’avversario.
Ripresero lo scontro, tra affondi e parate, eppure anche all’occhio inesperto di Melissa era chiaro che l’altro ragazzo, quello con i capelli scuri, fosse molto più bravo. Muoveva la spada con una destrezza inimmaginabile, i suoi riflessi erano ottimi e non faceva movimenti inutili. Le sarebbe piaciuto essere abile come lui.
Buttando alle ortiche la prudenza, Melissa uscì di nuovo dalla foresta, tendendosi bassa e cercando di mimetizzarsi.
Il biondo tentò un affondo che venne prontamente scansato, il moro si allontanò di qualche passo ed entrambi girarono in tondo, invertendo le posizioni.
Continuarono a scambiare ancora qualche colpo, finché la ragazza seduta sul masso non aprì bocca, facendo abbassare le armi ad entrambi.
Melissa li vide guardarsi attorno, come in cerca di qualcosa, e li imitò circospetta.
Ma oltre a loro non c’era nulla.
 
Fu quando il ragazzo moro puntò gli occhi dalla sua parte e incrociò il suo sguardo, che capì.

Era lei che stavano cercando. Evidentemente si erano accorti della sua presenza.
 
Con un’imprecazione poco fine per una signora, si voltò indietro e scappò tra il folto della vegetazione, sperando di far perdere le sue tracce.
 

Che razza di giornata.
Prima si era svegliata in ritardo, perdendo l’autobus, e aveva dovuto letteralmente volare, per arrivare in tempo a scuola. Ma non essendo un uccello era precipitata direttamente nell’ufficio del vicepreside. Di nuovo.
Come se non bastasse aveva preso una bella F in matematica che non aveva neanche più la possibilità di recuperare. Poi era stata inseguita sulla strada di casa. E per finire in bellezza, non aveva la più pallida idea di dove si trovasse, dopo essere stata risucchiata da una stupida quercia.
 
Sentì uno zoccolio poco rassicurante alle sue spalle, ma non si voltò. Perché avrebbe dovuto farlo, poi? Per avere la conferma di essere inseguita da un cavallo sicuramente guidato da uno di quei tre? C’era limite al peggio?
 
Corse più veloce che potette, scansando e saltando gli ostacoli, cercando febbrilmente una via di fuga.
Ma il rumore era sempre più vicino, nonostante il cavallo dovesse essere in difficoltà con tutte quelle barriere naturali.
 

Destino o sfortuna che fosse, Melissa inciampò in una radice sporgente e cadde a terra, sulle ginocchia.
Emise un gemito sofferente, troppo esausta per fare altro, e attese la fine.
Era sudata e affannata, la spalla dove appoggiava la tracolla della borsa le faceva male, la sua coda ormai si era afflosciata e i vestiti erano sporchi di terra.
Il rumore di zoccoli si fermò a pochi metri da lei. Serrando per un attimo gli occhi, si voltò, mettendosi a sedere scomposta.
All’improvviso si sentì molto sporca e sciatta.
Perché quel ragazzo, anche se aveva appena interrotto un combattimento con le spade, sembrava molto più fresco e riposato di lei.
Tirò su col naso e si asciugò il mento con il dorso della mano, senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo moro appena sceso da cavallo.
Lo vide avvicinarsi con un’espressione dura e corrucciata che gli deformava i lineamenti.
«Ebbene?» le chiese, inarcando un sopracciglio.
Melissa tremò impercettibilmente. Non aveva paura di lui, quello no. Probabilmente aveva paura della sua spada. Ma non era quello. Era la sua voce.
Non aveva mai sentito una voce così. Bastava una sillaba per incantare.
Si limitò a guardarlo, senza dire una parola. E lui non si scomodò a parlare per lei, ma fece scivolare lo sguardo su tutta la sua figura, studiandola attentamente.
Quando il respiro sembrò esserle tornato, si arrischiò ad alzarsi, sollevando la borsa e agitando avanti e indietro la maglietta, per farsi aria.
Ora che era in piedi, notò che lui la sovrastava di quasi tutta la testa, aveva degli abiti strani e la perforava con i suoi occhi ambrati.
«Che c’è?» chiese imbarazzata. Non c’era bisogno che la fissasse così.
«Chi sei?»
Melissa si umettò le labbra, esitando. «Nessuno» rispose infine, avendo una voglia matta di rimangiarsi la stupidaggine che aveva appena detto.
Lui continuò ad osservarla, passando dai suoi jeans laceri e sporchi di terra, alla maglietta sudata, fino alla sua chioma sconvolta. E lì si fermò.
«Dovresti legarti meglio i capelli».

Cosa?
Un’espressione incredula si dipinse sul volto della ragazza, che boccheggiò senza sapere cosa dire. Aveva appena ricevuto un consiglio estetico da un ragazzo?
«Dovresti farti gli affari tuoi» ribatté alterata.
Lui ghignò leggermente «Lo dicevo per te».
«Anch’io».
I suoi occhi ambrati brillarono divertiti «Bene. Allora dimmi chi sei».
Melissa incrociò le braccia al seno. Non sapeva esattamente perché, ma quel tipo iniziava a darle sui nervi «Non sono affari tuoi».
«Invece temo di sì, considerando che ci stavi spiando» il suo volto si indurì «Chi ti ha mandato?»

Bella domanda. Avrebbe tanto voluto saperlo anche lei.
Non rispose, continuando a fissarlo duramente. Stava per scoppiare.
«Perché sei qui?»
«Mi sono persa, va bene!» urlò tutta la sua frustrazione, buttando all’aria le braccia e fulminando il ragazzo che aveva davanti, come se lui fosse la causa di tutte le sue disgrazie «Ero appena riuscita a scappare dall’ennesimo maniaco e me ne stavo tranquilla per fatti miei, quando mi sono ritrovata in questo posto sperduto! Non so neanche dove siamo e come fare per tornare a casa! Ho dimenticato il cellulare in carica e non avrò nemmeno cinque dollari in tasca! Figurati cosa mi interessa stare a spiare voi tre come uno stupido James Bond di terza categoria!»
Il ragazzo moro sembrò confuso dalla sua lunga filippica e la guardò agitarsi e calciare i sassi che si trovava vicino ai piedi.
«E’ un nuovo modo per depistare le vittime? Intontirle per poi colpire, intendo».
«Ringrazia che sia stanca, altrimenti ti avrei già riempito di pugni» sibilò Melissa. Lo guardò per un’ultima volta e fece un verso stizzito «Beh, io me ne vado. Non ho intenzione di stare vicino alle tue radiazioni disgustose. Addio!» si voltò di scatto, col naso per aria, fiera di fare per una volta un’uscita di scena decente.
Quello che non si aspettava però era di venire caricata di peso sulla sella di un cavallo e trovarsi con gambe e testa a penzoloni e lo stomaco pressato sul cuoio levigato.
«Che diavolo fai?! Fammi scendere, idiota!» esclamò infuriata, agitandosi il più possibile senza però rischiare di cadere a terra e finire schiacciata dagli zoccoli del cavallo lanciato al galoppo fuori dalla foresta.
Lui non le rispose e si limitò a buttarla giù poco gentilmente, una volta raggiunti gli altri due.
«Era lei-?» iniziò stupito il biondo, venendo subito interrotto dallo strillo acuto e irato di Melissa.
«Razza di imbecille! Come ti sei permesso?! Giuro che ti stacco la testa a morsi!»
Lui alzò un sopracciglio divertito e la ignorò «Era lei. Sembra un animale selvatico, più che una donna».
«Come osi?!Razza di-»
«Da chi è stata mandata?» chiese di nuovo l’altro ragazzo, ombrandosi per un istante.
Il moro scosse la testa «Non l’ha detto. Afferma di essersi persa e altre cose strane».
«Cosa strane?! E’ la verità, idiota!»
«Cosa facciamo?»
«La facciamo confessare, semplice».
«Non parlate come se non ci fossi!»
«Però, magari ha ragione».
«Non mi sembra una spia, ma è meglio essere sicuri».
«Ehi! Mi avete sentita?!»
«Allora, cosa-?»
«Fate silenzio tutti quanti!»
Melissa e i due ragazzi ammutolirono di colpo, posando gli occhi sulla ragazza vestita di azzurro, che non aveva aperto bocca fino a quel momento.
Con un sospiro, si sistemò una ciocca sfuggita alla semplice acconciatura di capelli color mogano e fece passare lo sguardo su tutti loro.
«Non è una spia» affermò con voce sicura «Lo potete vedere anche da soli».
Il biondo annuì, ma l’altro ragazzo fece una smorfia «Potrebbe essere un trucco».
«Ti sembra un’abitante dei dintorni?» gli chiese ironica, accennando ai vestiti di Melissa, che si sentì ancora più a disagio.
Quella ragazza era bellissima, pulita e profumata; lei, invece, era sporca e sudata. E tutti la stavano guardando. Non che di solito le importasse molto del giudizio degli altri, ma quella volta avrebbe accettato persino di mostrarsi conciata come una bambolina, piuttosto che com’era in quel momento.
La ragazza le sorrise gentilmente e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Melissa si morse un labbro indecisa e tese la sua, esitante. Quella mano era bianca e pulita, non voleva sporcarla. Ma l’altra gliela afferrò senza indugi e tirò.
Così Melissa si ritrovò in piedi, circondata da tre sconosciuti.
La ragazza castana piegò leggermente il capo e, senza smettere di sorridere, si presentò «Io mi chiamo Selene. Tu sei?»
Non rispondere sarebbe stato davvero da maleducati e sua madre se la sarebbe presa di certo, dopo aver faticato tanto ad insegnarle le buone maniere.
«Melissa» borbottò imbarazzata, guardando ovunque tranne i loro volti.
«Come mai ti trovi da queste parti, Melissa?» chiese Selene «Non passa molta gente di qua».
Melissa puntò gli occhi verdi dritti in quelli celesti dell’altra «Mi sono persa» ammise controvoglia.
Selene ricambiò il suo sguardo senza battere ciglio «Da dove vieni? Possiamo aiutarti a tornare a casa».
La bionda inarcò un sopracciglio. Aveva un brutto presentimento. «Yellowsbourg» rispose esitante.
I tre si scambiarono uno sguardo perplesso.
«Yellowsbourg?» ripeté Selene.
Melissa annuì «Nel Colorado, vicino a Denver» tentò, vedendoli sempre più confusi. Alla fine si arrese «Qui dove siamo?»
«Nella contea di Harland, nella parte occidentale del regno di Bradford».
Melissa spalancò gli occhi «Cosa?!» Che razza di posto era?
Selene la guardò attentamente «Vieni da un’altra parte, vero?» sorrise lievemente, come se sapesse qualcosa in più «Sono quasi sicura che sarà difficile, se non impossibile, tornare a casa tua» storse appena le labbra e poi aggiunse «E’ in un altro mondo».
Melissa sbuffò «Lo so che è lontano, dannazione! Avrei dovuto seguire meglio le lezioni di geografia!» si massaggiò le tempie, esasperata «Ma andiamo! Come fate a non sapere dov’è il Colorado! E’ in America! Conoscete l’America, no?! Dove siamo qui, in Europa?»
I tre si guardarono ancora confusi «America?» ripeté il biondo.
Melissa si pietrificò. Non sapevano dove fosse l’America? Dov’era capitata?
«Te l’ho detto» riprese Selene «E’ un altro mondo. Intendo letteralmente».
«Cosa significa?» chiese il moro, accigliandosi.
«Melissa viene da un altro mondo, l’ho sentito» rispose sicura la ragazza «L’ho percepita non appena è arrivata nel nostro».
«Come “da un altro mondo”?!» la interruppe Melissa «Che diavolo significa?! Io voglio tornare a casa mia!»
Selene sospirò «Ti ho detto che è praticamente impossibile. Non so come sei arrivata qui, né perché, quindi non potrei mai mandarti indietro. E anche se lo sapessi, non credo di avere abbastanza potere per farlo».

Potere? Era una persona importante o…
«Sono una maga».
Le ci volle qualche secondo prima di riuscire ad elaborare la notizia. Non era cosa da tutti i giorni avere qualcuno che dicesse tranquillamente di possedere poteri magici. Poi scoppiò in una risatina nervosa.
«Una maga? Divertente».
Selene fece un sorriso sghembo «Se vuoi te lo dimostro».
Melissa ricambiò il sorriso e incrociò le braccia al seno «Va bene».
L’altra iniziò a fissarla intensamente negli occhi, senza battere le palpebre nemmeno una volta «Oggi sei stata in un parco, ti sei addormentata vicino ad una quercia» cominciò «E’ stato subito prima che arrivassi qui. Odi vestirti da donna, anche se non capisco il perché» si accigliò appena «Eri davvero carina con quello strano vestito nero».
Melissa arrossì di colpo. L’unico vestito nero che aveva messo recentemente era un tubino corto, molto elegante. E aveva odiato ogni singolo istante passato stretta dentro quel pezzo di stoffa.
«Assomigli a tua madre e sei molto brava a tirare con l’arco» continuò imperterrita, persa dentro la mente di Melissa «Ci sono delle cose del tuo mondo che non riesco a capire. I vestiti delle giovani e il comportamento della gente. E’…sconveniente». Batté le palpebre all’improvviso, riemergendo da quel flusso di ricordi.
Melissa la fissava senza parole. Allora aveva davvero dei poteri magici.
«Hai finito di dimostrare quanto sei brava?» chiese irritato il ragazzo moro, risvegliando entrambe dai loro pensieri.
«Scusate» mormorò Selene «Ma il suo mondo è davvero…curioso. E interessante» le fece un sorriso.
«Quindi, se ho ben capito» cominciò il biondo « non può tornare a casa sua. Non è il caso che venga con noi, dunque?»
Selene gli sorrise radiosa «E’ giusto quello che stavo pensando» poi si voltò verso la bionda «Cosa ne dici, Melissa? Puoi venire con noi, in fondo non conosci questo mondo, ma conosci noi. Ti prometto che mi impegnerò per cercare un modo per farti tornare indietro, a Yellowsbourg» le prese le mani e la fissò impaziente.
Melissa si morse un labbro. Alla luce dei fatti, forse era la scelta migliore. Ma non li conosceva. Non sapeva neanche il nome di quei due.
Come se le avesse letto nel pensiero, Selene esclamò «Loro non si sono presentati, vero? Che incredibile mancanza!» si voltò di scatto verso i due ragazzi, incitandoli con lo sguardo.
Il biondo sorrise «Chiedo scusa per il mio comportamento. Io sono Christopher» si inchinò gentilmente e fece un occhiolino a Selene, che ricambiò con una risatina divertita.
Melissa posò lo sguardo sul moro, che la stava fissando con i suoi occhi ambrati.
«E’ proprio necessario?» lo sentì domandare annoiato.
Selene si imbronciò «Ti vergogni a dire il tuo nome?»
Lui incrociò le braccia e le lanciò un’occhiataccia «Intendo ospitarla ad Harland».
«Non vorresti lasciarla qui?» chiese Christopher alzando un sopracciglio.
«Non fare il sostenuto» lo riprese Selene.
Lui scrollò le spalle e rimontò a cavallo. Poi guardò giù, fissandoli uno ad uno «Fate come volete» disse, posando per un ultima volta lo sguardo su Melissa, prima di dare un colpo nei fianchi al cavallo e partire al galoppo.
Selene lasciò andare le mani di Melissa con uno sbuffo irritato «Quel testardo! Quando fa così proprio non lo sopporto!»
«Non badare a lui» consigliò Christopher alla bionda «Non va molto d’accordo con la gente appena conosciuta».
«Sì, lascia perdere! Dopo che si sarà abituato a te, si comporterà meglio!»
Melissa li ascoltò perplessa, annuendo ogni tanto. La situazione non era ancora ben chiara nella sua testa, ma per il momento non voleva pensarci. Sapeva che Selene avrebbe cercato una soluzione al suo problema e quello le bastava.
Salì a cavallo dietro la ragazza e partirono alla volta di Harland, seguendo il cavallo del moro, già diventato un puntino all’orizzonte.
«Come si chiama?» chiese all’improvviso a Selene. Era l’unico di cui non conosceva ancora il nome.
Lei la guardò con la coda dell’occhio e sorrise «William».

 

 

N/A: Yellowsbourg ovviamente non esiste.

   
 
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