HOMOPHOBIA
PARTE 7
Sfregandosi gli occhi gonfi di sonno e sbadigliando
leggermente, Shun si mise seduto sul materasso, la testolina ramata e arruffata
poggiata di lato. Gli occhi, seppur velati di sonno, brillavano
delicatamente.
Dalla
finestra aperta accanto al letto scorse le cime degli alberi sfiorare il cielo
azzurro, sgombro interamente da nubi, quel freddo azzurro d’inverno più luminoso
che d’estate.
Quel piccolo scorcio di cortile così familiare e un
cicaleccio di voci stonate che intonavano un qualche canto che il ragazzo
riconobbe come natalizio gli strapparono un sorriso
divertito.
Fece per alzarsi dal letto ma fu bloccato da una
presa leggera ma decisa sulla manica del pigiama e da una voce impastata di
stanchezza e sonno: “Dove credi di andare, eh?”, un attimo dopo, due profondi
occhi azzurri incrociarono i suoi.
Una cascata di capelli biondi disordinati
incorniciava un viso pallido, rischiarato da un leggero sorriso, malgrado le
occhiaie dovute alla notte passata praticamente insonne; leggero come una piuma,
il guerriero sciolse la presa che il compagno aveva sul suo polso e, con una
mossa elegante, balzò giù dal letto, affacciandosi cautamente alla finestra. Uno
sbuffo di vento freddo lo investì non appena ebbe messo il naso fuori,
insinuandosi sotto la leggera casacca; un tremolio scosse il corpo del ragazzo,
che si sfregò le mani per scaldarle un
pochino.
Un caldo abbraccio avvolse le sue spalle,
stringendolo con affetto: “Va meglio così?” chiese in un sussurro Hyoga,
poggiando il mento accanto all’orecchio del ragazzo e stringendolo ancora di più
tra le braccia; Shun non rispose, socchiuse gli occhi, beandosi di quell’immenso
calore e quel tenero affetto; reclinò la testa all’indietro, facendosi sfiorare
dalla leggera brezza invernale.
Una mano leggera cominciò ad accarezzarlo, i nodi in
cui i suoi capelli erano aggrovigliati si scioglievano al minimo tocco delle
dita del russo, ritornando morbidi e docili come il loro padrone; questi si
mosse di scatto, per abbracciare a sua volta il proprio ragazzo, ma si ritrovò
improvvisamente a terra, la caviglia
dolorante.
Subito, Cygnus gli si inginocchiò accanto,
sfiorandogli il visetto contratto in una leggera smorfia di dolore: “Tutto
bene?” chiese, la voce seriamente preoccupata; ma un sorriso del più giovane lo
rassicurò immediatamente, “Si, nessun problema, la caviglia non ha retto il mio
peso.” ridacchiò, massaggiandosi la parte lesa e tentando subito dopo di
mettersi in piedi.
Ma ogni suo tentativo fu vano, e ogni volta si
ritrovò seduto per terra, con Hyoga che lo fissava divertito: “A quanto pare
qualche problema lo hai.” constatò, passando un dito sottile sulla pelle gonfia,
“Non l’abbiamo bendata perché stanotte questo livido non c’era.” aggiunse,
pensieroso, “Ma adesso qualcosa c’è.”
concluse.
Con una mossa repentina, sollevò Shun tra le braccia
per deporlo sul giaciglio ancora sfatto e tiepido, un leggero rossore imporporò
le gote di Andromeda, che scostò subito il viso per non farsi scorgere dal
Cigno
Il ragazzino guardò con curiosità il biondo afferrare
la cassetta del primo soccorso e poggiarla sul comodino; da lì estrasse una
lunga ed elastica benda e con l’altra mano gli accarezzò la gamba ferita: “Ora
sta fermo mentre la fascio.” sussurrò.
In pochi attimi, la candida garza avvolgeva la
caviglia.
“Perfetto” aggiunse l’improvvisato infermiere,
avvicinando il viso a quello di Shun, le loro bocche furono vicine a sfiorarsi,
i loro occhi non potevano guardare altro che quelli di chi gli stava di fronte,
smeraldo puro che affogava nel
cristallo più lucente; ma le labbra sottili del Cigno scivolarono sino alla
fronte, indugiando per qualche istante su quella pelle delicata: “Non hai più
febbre, per fortuna.” enunciò lui, passando anche la mano sul capo, “Ti fa
ancora male da qualche parte?”.
Un tremulo sorriso comparve sul viso del più giovane
che scosse lentamente il capo: “Assolutamente.” confermò; il russo si alzò,
dirigendosi verso l’armadio, “Te la senti di scendere per fare colazione?”
chiese, aprendo le ante e afferrando qualche indumento pulito e comodo per poi
passarglieli.
Per tutta risposta, Shun cominciò a levarsi il
pigiama; sollevò cautamente le braccia bendate e doloranti, cercando di ignorare
le staffilate di dolore che gli giungevano al cervello dal tendersi della pelle
appena appena rimarginata sotto i candidi bendaggi, bendaggi che minacciavano
nuovamente di macchiarsi della linfa scarlatta del Saint.
Ma fu nuovamente quell’amato calore a distogliere
l’attenzione della sua mente dal dolore intenso che aveva provato, fu la mano
familiare di Hyoga a levare la casacca del pigiama senza infliggere alcun dolore
alle membra ferite e fragili come vetro soffiato; un diffuso rossore gli
imporporò le guance, che avvamparono come tizzoni ardenti, gli occhi sfuggirono
allo sguardo dell’altro, concentrandosi su un punto imprecisato del materasso;
si sentiva in tremendo imbarazzo, eppure chi aveva davanti era quanto di più
lontano da un estraneo, era una delle persone più importanti della sua vita, lo
stesso per cui aveva offerto la propria vita in sacrificio in un buio tempio,
per cui provava un sentimento che andava oltre qualunque
altro.
Un amore talmente forte e intenso che ogni volta gli
faceva sciogliere il cuore come neve al sole, che gli illuminava l’animo di una
gioia vera e profonda.
“Ehi, piccolo, che hai? Non ti senti
bene?”.
La voce di Hyoga scosse Shun dai suoi pensieri, il
biondo gli stava finendo di allacciare le bretelle, nemmeno si era accorto di
essere stato spogliato e rivestito; con una punta di imbarazzo, scosse
rapidamente la testa: “S..Sto bene…” borbottò, tormentando un angolo della
trapunta.
Il mento gli venne sollevato delicatamente, i suoi
grandi occhioni smeraldini si persero in un oceano cristallino, due labbra si
posarono leggere sulla sua fronte per la seconda volta, aveva l’aria così
fragile e indifesa? Ma dalla fronte, a sorpresa, quelle labbra che tanto amava
scivolarono lentamente verso il basso, lasciando dolci segni d’amore e baci
lievi, scesero fino al collo, lasciando anche lì segni del loro
passaggio.
Il ragazzo si trovò avviluppato in un vortice di
emozioni così forti e intense da farlo tremare, sensazioni così belle da
strappargli lacrime nascoste di commozione dal cuore; si abbandonò alle dolci
attenzioni del compagno, poggiando la testa contro il suo petto, allacciando le
mani sottili dietro la sua nuca, i ciuffi che gli solleticavano le
dita.
E poi, un timido e delicato sfiorarsi di labbra, il
Cigno si muoveva timidamente, come se temesse di spezzarlo da un momento
all’altro, le sue carezze, simili a un petalo di ciliegio che sfiora il tenero
viso di una bambola di porcellana, erano pregne di amore e affetto profondi,
sentimenti che entrambi facevano propri.
Quando si staccarono, il biondo si accorse con una
punta di divertimento e dolcezza del colorito a dir poco scarlatto dell’amato;
con un leggero sorriso, gli tese la mano: “Forza, scendiamo, altrimenti
potrebbero mandare Seiya a cercarci.” disse, aiutandolo ad alzarsi; zoppicando
un pochino per via della fasciatura ma saldamente sorretto, Shun mosse qualche
passo all’esterno, giungendo in breve davanti alla
scalinata.
Con calma e senza fretta, i due scesero tutti i
gradini, giungendo nell’enorme ingresso illuminato, l’allegro canto stonato di
Seiya si sentiva sin da laggiù: “Stamattina ci siamo spostati nella sala da
musica per la colazione, Seiya ha insistito per insegnarci qualche canzone che a
suo tempo Seika-chan gli aveva cantato e Saori lo ha voluto accontentare.”
spiegò Hyoga, vedendo con sollievo il visetto del fratello illuminarsi di gioia
al solo pensiero.
Un attimo dopo, le nocche di Shun bussarono
timidamente alla porta, il canto si interruppe e la sagoma allegra del Saint di
Pegasus accolse con gioia il loro arrivo: “Ehi! Allora stai bene!” esultò il
ragazzo, saltando al collo del fratello per abbracciarlo, “Vieni!! Mancavi solo
tu!” lo trascinò per un braccio, mentre Cygnus andava a sedersi accanto a
Shiryu, impegnato nella lettura di uno dei testi che Pegaso tentava loro di
insegnare; il bruno fu fatto sedere nella comoda poltrona vicino al fuoco,
accanto alla Dea, un basso tavolino invaso da tazze, chicchere, teiere e dolci
di ogni genere stava tra le due
poltrone.
“Tieni, ti farà bene mangiare qualcosa.” disse Saori,
passandogli una tazza colma di tè, “Attento che scotta” si raccomandò, vedendolo
portare subito il contenitore alle labbra, “Seiya ha voluto a tutti i costi che ci fossi anche tu, malgrado le mie
raccomandazioni di lasciarti riposare.” sembrò quasi scusarsi la giovane
coetanea, passandogli un piattino con una fetta di flan di azuki; ma lui scosse
la testa, “Sono contento di stare qui, è bello…” sospirò con aria felice,
immergendosi nel soffice tepore di cui l’intera stanza era impregnata.
“Ehi, piccolo! Come mai già in
piedi?”
La testolina color rame del ragazzo si alzò di
scatto, mentre Ikki faceva il suo ingresso nella stanza, bloccato da Seiya: “E
tu dove eri sparito? Non avevi detto di dover andare in bagno?” indagò sornione,
“Ero andato a controllare Shun, ma la stanza era vuota e il letto rifatto,
perciò sono sceso.” spiegò sommariamente, avvicinandosi alla poltrona su cui
stava praticamente disteso il fratellino adorato; con un gesto burbero, gli
scompigliò i capelli, “E io che speravo ardentemente di preservare le tue
giovani orecchie da un simile strazio.” sussurrò il moro, “GUARDA CHE TI HO
SENTITO!” s’inalberò il bruno, mettendo il
broncio.
Una simile scena strappò una risata allegra
all’interessato, che poggiò la tazza sul tavolino: “Seiya-chan, hai un foglio
anche per me? Voglio provare!” esclamò gioioso, alzandosi e affiancando il
fratello coetaneo.
Questi lo abbracciò forte, rischiando di fargli
perdere il precario equilibrio che aveva guadagnato con la steccatura: “Sapevo
che non mi avresti abbandonato, Shun! Forza, va a sederti accanto a Shiryu, si
comincia!”.
ED ECCOCI FINALMENTE QUI!
Mi spiace, ma questo è l’ultimo. .-.
Con il settimo qui presente HOMOPHOBIA vede la sua conclusione e la
sottoscritta ringrazia di cuore RICKLEE, CHIBI-CHAN E
ANDROMEDA.
Sono contenta che la mia fic sia piaciuta e spero anche di aver fatto
riflettere qualcuno con le mie parole.
Grazie mille a tutti.
E ricordate, L’AMORE è AMORE, IN QUALUNQUE FORMA LO SI
INTENDA!!
PEACE & LOVE!!
UN BACIONE
SHUN