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Autore: Mnemosine__    08/09/2024    0 recensioni
Due fratelli legati per la vita.
Una ragazza che non ha più niente da perdere.
Generazione dopo generazione, i pryderi proteggono l'uomo dagli attacchi degli eidolon, ma sono gli auryn che li combattono.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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# Angolo autrice

Buon salve a tutti :)

Dopo il primo tentativo, vi presento una nuova storia.

Mi prendo questo piccolo spazio perchè sono anni, in realtà, che penso alla sua costruzione e, tra appunti, cartelle, quaderni e quadernini non mi ero mai messa sul serio d'impegno per scriverla nella sua interezza. L'anno scorso ho però recuperato tutto il materiale e mi sono decisa a buttare giù qualcosa perchè, magari, tra la miriade di idee qualcosa di buono sarebbe potuto uscire. Devo dire che, ora che ho finito, sono abbastanza soddisfatta per poterla condividere con voi.

Si tratta di un fantasy in tutto e per tutto (sì, ci sono delle scene d'amore, ma non è questo il fulcro della storia - quindi no, non è un romantasy come Le cronache di Vralysia).

Alla fine della storia vi inserirò un piccolo glossario, non vi preoccupate. Ma lo farò alla fine perchè su alcune cose altrimenti farò spoiler a gratis e vorrei evitarlo.

Comunque, veniamo alle cose importanti: gli aggiornamenti saranno, come mio solito ormai, il mercoledì e la domenica (se mi ricordo e faccio in tempo)

I capitoli sono 29, io avviso (quindi 30 parti in tutto con il glossario). 

Buona lettura!

 

1
 

“Logan, ci sono addosso!” gridò Lucas al fratello, mentre saltava una grossa radice sporgente dal terreno.
Alzò lo sguardo verso il gemello, che correva poco più avanti di lui. Vide Logan ruotare leggermente la testa all’indietro e accennare un cenno di assenso, per fargli capire che aveva capito. I suoi occhi scuri guizzarono verso gli uomini che li inseguivano a poche decine di metri di distanza, prima di tornare a guardare davanti a sé.
Dobbiamo attirarli nel bosco, pensò Lucas, se entriamo nel perimetro, i nostri arcieri potranno fermarli.
Non possiamo avvicinarci così tanto. Dobbiamo restare fuori. Sentì la risposta del fratello rimbombare nella sua mente.
Rabbrividì quando si rese conto che Logan, a differenza del solito, non aveva trasmesso emozioni insieme ai pensieri, lasciandogli la mente libera. Sentì Logan alzare una barriera mentale, isolandosi.
Tu continua a correre, non possono reggere il confronto con due di noi, riuscì a dirgli prima che Logan tagliasse ogni collegamento.
Lucas notò il fratello sciogliere il collo, e sorrise leggermente. Amava correre con lui; a volte aveva quasi l’impressione di essere il vento, di poterne eguagliare la forza e la potenza. Certo, sarebbe stato meglio non avere una ventina di uomini armati alle calcagna, ma la minaccia imminente lo spingeva a dare il massimo. Serrò la mascella, cercando di aumentare la velocità, sperando che Logan facesse altrettanto.
I suoi muscoli erano contratti fino allo spasmo e il respiro affannato, ma non c’era sensazione più bella. Lucas fremeva, forse per l’adrenalina che il suo corpo stava producendo. Desiderava essere ancora più veloce, voleva raggiungere l’eidolon che si muoveva fulmineo tra gli alberi.
Si abbassò di colpo, scivolando sotto un albero caduto, e seguì con la coda dell’occhio il fratello che aveva deciso di saltarlo. Ripresero a correre nello stesso istante, come se non si fossero mai fermati, e Lucas si concesse un sorriso leggero mentre sentiva l’aria fredda sulla pelle e i capelli appiattiti dal vento, un vento che stava producendo lui stesso.
Portò una mano alla cintura, stringendo il manico del coltello dalla lama rosso sangue che aveva ancorato alla vita: l’unica arma che gli era rimasta dall’inizio della caccia.
Ancora intontito dalla sveglia improvvisa, non aveva avuto il tempo di equipaggiarsi come avrebbe dovuto. Sperava che l’arco sarebbe bastato per scacciare gli eidolon dai confini, non immaginava di dover uscire oltre la barriera, nel pieno della notte, per cacciarne uno in particolare. L’arco si era rivelato inutile dopo pochi minuti, quando ancora si trovava all’interno del perimetro protetto, a causa dei farkars appostati nella foresta per rallentarli. Finite le frecce, lo aveva usato per colpire in testa un soldato nemico, ma dopo un sonoro crack, l’arco si era rotto e Lucas lo aveva abbandonato. Ora, l’unico strumento rimasto nelle sue mani era quel singolo coltello.
Dormiva tranquillamente nel suo letto quando, nemmeno mezz’ora prima, era stato svegliato dalle urla di un pryderi che aveva sbattuto i pugni contro la porta dell’appartamento che condivideva con gli altri auryn, finché Logan non era andato ad aprire. Non avevano nemmeno avuto il tempo di vestirsi: lui e il gemello erano stati inviati fuori dalla struttura per recuperare ciò che l’imboscata nemica aveva sottratto, mentre Alexander e Richard avrebbero dovuto occuparsi dei farkars rimasti all’interno dell’Oikos.
Forse ai suoi amici era andata meglio: loro si sarebbero limitati a stanare creature non più forti di esseri umani, per poi interrogarle. Lucas, invece, correva in maglietta e scalzo, nel cuore di un bosco umido, nel bel mezzo della notte, per riappropriarsi di ciò che era stato rubato dal più antico e protetto avamposto della Grande Magia.
Sì, aveva visto i cadaveri dei pryderi sparsi per i corridoi dell’Oikos, dalla Sala delle Reliquie fino al cancello e oltre la barriera. Ancora non riusciva a capire come un manipolo di eidolon e farkars fosse riuscito ad attraversare lo scudo magico che li proteggeva: quella linea di difesa era sempre attiva, e nessun eidolon avrebbe mai potuto oltrepassarla.
Come erano riusciti a compiere un massacro simile e a introdursi nella stanza più segreta dell’Oikos, per poi uscirne indenni con la refurtiva? Il numero di pryderi morti era sufficiente a far pensare che quella minaccia avrebbe potuto essere gestita senza il loro intervento. Lui stesso si era sbarazzato della maggior parte dei farkars in poco tempo, mentre Logan cercava di rintracciare l’eidolon da fermare.
Sguainò il coltello e lo strinse, seguendo con lo sguardo ogni scatto del mostro. Era ormai abbastanza vicino per prendere la mira, nonostante la scarsa visibilità e i continui scatti che era costretto a fare per inseguirlo.
L’eidolon saltava da un ramo all’altro, zigzagando tra gli alberi per depistarli. Quando Lucas vide un attimo di indecisione nella creatura, si affidò al suo istinto: portò il braccio in avanti e, con un rapido movimento del polso, lanciò.
In un istante, una lama rossa si conficcò nella schiena del mostro—o almeno in quella che si poteva definire schiena—e Lucas provò una soddisfazione amara nel sentire il lamento agghiacciante della creatura.
Fece una smorfia. Gli eidolon non gli erano mai piaciuti, forse perché fin da bambino popolavano i suoi incubi. Ogni precettore, compresi i suoi genitori, gli aveva raccontato storie raccapriccianti su quei mostri: residui della Magia Nera ancora presenti sulla Terra; ombre, farkars, ricordi di coloro che un tempo avevano servito le tenebre, morti per quell’oscurità. Lucas rabbrividì al ricordo della prima illustrazione che aveva visto su uno dei libri dell'infanzia: una massa informe, non più umana, senza volto, con escrescenze rugose e tentacoli al posto degli arti, più nera del buio; accanto all'immagine, una scritta: “Pericolo di morte, fuggire a vista.”
Sua madre lo aveva trovato quella notte nella sua cameretta, con la luce accesa, mentre fissava quella figura con occhi spalancati. Il giorno seguente era stato convocato nell’ufficio del signor Davis, il soprintendente, insieme a Logan, Alexander e Richard. Fu lì che gli spiegarono, per la prima volta, quale fosse il suo scopo e perché fosse nato diverso.
Lucas guardò il fratello di sfuggita mentre il corpo indistinto dello spettro si dissolse in fumo e sparì nel vento.
La lama rossa brillò nel buio per un attimo prima di cadere a terra. Lucas era felice di essersi sbarazzato di quella creatura: non sopportava l’aura che emanavano.
Strinse le labbra. La prima volta che aveva toccato la mente di un eidolon era stata un'esperienza terrificante. Dopo aver studiato tutti i libri che gli avevano fornito, e imparato cos’erano quei mostri e come combatterli, si sentiva pronto ad affrontarne uno. A dieci anni, ognuno di loro era stato portato al cospetto di un eidolon catturato dai pryderi per quella lezione, e gli era stato ordinato di entrare in contatto con la mente del mostro. Lucas aveva ampliato la sua coscienza con arroganza, convinto di eccellere in quella prova, come in tutte le altre.
Gli erano bastati pochi secondi: l’unica cosa che aveva percepito era il nulla, come trovarsi in una stanza vuota. Si era guardato intorno, trovando la stessa espressione confusa negli occhi dei compagni, finché Alexander non aveva spalancato gli occhi, in un grido muto.
Lucas lo ricordava con estrema chiarezza: tutti e quattro avevano interrotto il contatto con il mostro, cercando rifugio nelle proprie barriere mentali, ma non era servito a nulla. Il suo attacco di panico era durato cinque ore.
Gli eidolon non avevano un’anima, una mente, un’identità. Erano creature vuote, riempite solo dal dolore. Quando estendeva la propria coscienza verso di loro, l’unica cosa che percepiva era terrore puro: un’emozione primordiale e potente che penetrava come spilli nelle sue viscere. Gli eidolon non erano creature che meritavano di vivere.
"Vediamo per cosa mi sono dovuto alzare alle quattro di notte," disse Logan, raggiungendo il piccolo sacchetto di velluto lasciato dall’eidolon.
"Attento," lo avvertì Lucas, ricordando le parole che il signor Davis gli aveva urlato, indicando la strada per raggiungere i fuggitivi. "Non sappiamo cosa ci hanno fatto, meglio non aprirlo."
Logan lo guardò intensamente mentre annuiva e raccoglieva il piccolo sacchetto. Lucas avvertì un leggero formicolio alla base del collo mentre si fermava a pochi metri dal gemello, scrutando i dintorni. Erano soli, ne era certo. Poteva sentire il cinguettio degli uccelli a più di cento metri di distanza, ma c’era qualcosa di strano nell’aria. Recuperò il proprio pugnale da terra, sistemandolo alla cintura.
Logan esaminò il sacchetto, tastandolo con attenzione. "Gemme, credo," disse dopo un po’. "Tre, no, quattro."
"Tutta questa fatica per quattro gemme?" chiese Lucas, con un’espressione dubbiosa. Quella storia non gli piaceva. Le gemme erano preziose, certo, ma un attacco così violento, con cinquantatré vittime tra i pryderi, per delle semplici gemme non aveva senso. Un’operazione di quella portata, che senza l’intervento suo e di Logan sarebbe riuscita, era stata troppo dispendiosa anche per i farkars.
"Sai anche tu che ce ne sono di rare," disse Logan, stringendosi nelle spalle. "L’importante è che non le abbiano prese, no?"
Lucas osservò il fratello, indeciso sul da farsi. Sarebbe stato meglio tornare entro i confini protetti dalla barriera magica, riportando le gemme al sicuro.
"Perché mi hai escluso?" chiese a Logan, cercando di espandere la propria mente verso quella del fratello. Non riusciva a percepire i suoi pensieri o le sue emozioni con le barriere mentali alzate, e non era prudente rimanere separati durante le battaglie. Quello era il loro vantaggio: agire come una persona sola, anticipando le mosse l’uno dell’altro senza bisogno di parlare.
Logan lo fissò, poi gli lanciò il sacchetto di velluto. "Avevo bisogno di stare da solo per qualche minuto," disse, abbassando lo sguardo.
"Siamo in missione, Log," replicò Lucas, stringendo il sacchetto. Scandagliò la barriera mentale eretta da Logan, cercando una breccia e spingendo con forza per entrare. "Dobbiamo essere tutt’uno."
Lucas sobbalzò quando un ramo si spezzò dietro di lui. Si girò di scatto, come fece il fratello, fermando all’ultimo istante una freccia diretta alla sua testa. Con la mano ancora a mezz’aria, si concentrò sulla direzione da cui era stata scoccata, vedendo una sagoma umana avanzare verso di loro, seguita da altri tre farkars.
"Luke," lo chiamò il gemello, "sono troppo vicini."
Gli occhi di Lucas si soffermarono sulla punta della freccia, riconoscendo il bianco caratteristico della nyx. Spalancò gli occhi mentre Logan si preparava all’attacco. Quella pietra, bianca come la neve, era una delle gemme più rare che aveva studiato. E aveva un solo scopo: uccidere quelli come loro.
"Andiamocene," disse. "Subito." Logan annuì. Lucas spezzò l’asta della freccia con due dita, lasciando cadere la parte di legno sull’erba per stringere la nyx insieme al sacchetto di gemme nel pugno. Fece un cenno affermativo a Logan e insieme scattarono nella direzione opposta ai farkars. Di solito, Lucas non temeva i farkars. Come i pryderi, non erano più forti degli esseri umani, anche se potevano usare le gemme per incanalare la Magia, e come loro usavano semplici armi di bronzo. Solitamente, quindi, lui e il gemello non esitavano ad affrontarli in uno scontro diretto. Ma questa volta i nemici erano armati con l’unica cosa che poteva ucciderli.
Una freccia – fortunatamente con una punta di semplice metallo – gli sfiorò la guancia, lasciando un leggero taglio. "Corri!" Lucas fece una smorfia mentre la ferita si rimarginava da sola. Di nuovo, cercò di collegare la propria mente a quella del gemello, comunicandogli l’urgenza di tornare uniti.
"Sto correndo!" rispose irritato Logan. "Dobbiamo trovare un riparo!"
"Dobbiamo entrare," ribatté Lucas, "la nudd non li farà passare tutti."
Lucas si accigliò quando il gemello scosse la testa. Raramente erano in disaccordo su qualcosa, e mai durante una missione. La scelta giusta era attraversare la barriera, bloccando all’esterno almeno gli eidolon.
"È troppo rischioso. Molti di loro sono ancora all’interno del perimetro, ci ritroveremmo addosso il doppio dei soldati."
"Dobbiamo pensare a questo," disse Lucas, indicando il sacchetto di velluto tra le dita.
Vide Logan spalancare gli occhi e irrigidire le spalle. "No!"
"Cos…" Lucas non fece in tempo a completare la frase che sentì un respiro davanti a loro. Lassù, in alto, su un albero a meno di cinquanta metri di distanza, vide la corda di un arco tendersi e poi il suono secco di una freccia scoccata. Fu un attimo: vide il fratello lanciarsi verso di lui, con un’espressione di puro panico in volto, spostandolo all’ultimo momento dalla traiettoria dell’arma e facendogli perdere la presa sulle gemme. Rotolarono sull’erba per qualche metro a causa della forza che Logan aveva usato per salvarlo. Lucas istintivamente cercò la mente del gemello, trovandola ancora inaccessibile, ma riuscì comunque a percepire un leggero sollievo e preoccupazione.
"Stai bene?" chiese Logan, alzandosi per primo e porgendogli la mano.
"Grazie," grugnì Lucas, accettando l’aiuto.
Un fruscio alle loro spalle li fece voltare di scatto. Senza bisogno di parlare, Lucas passò il pugnale al fratello, che lo lanciò con precisione, colpendo il farkar appostato sull’albero. Lucas si girò in tempo per vedere il corpo cadere a terra senza vita. D’altronde, per pryderi e farkars, non c’era differenza nel tipo di lama usata: se colpiti in punti vitali, morivano come gli umani.
Sorrise al gemello e gli lanciò il sacchetto di velluto. Anche con le menti separate, riuscivano comunque a agire in perfetta sintonia. Logan alzò la mano e strinse le gemme tra le dita, ricambiando il sorriso. Lucas si guardò intorno e fece qualche passo indietro per raccogliere la freccia destinata a lui. La porse al gemello.
"L’hai mai vista, questa? È una delle nostre o…?" Logan lasciò la frase in sospeso, osservando la punta della freccia che teneva in mano. Una pietra nera come la skia, ma con insolite striature bianche.
"Non mi sembra… sai cos’è?" chiese Lucas.
Non fece in tempo a sentire la risposta del gemello, che la punta esplose.

 

   
 
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