[Karin Alden]
Mi alzo dal divano, passo oltre il mobile bar e recupero una lattina dal minifrigo. Mi sento la gola secca come se lo avessi letto ad alta voce. Non lo farei nemmeno sotto tortura.
Sfoglio un paio di pagine: trovo solo una lista di ringraziamenti e qualche commento dell’autore. Chiudo il libro e mi trattengo dal gettarlo. Cosa dovevo capire? Non c’è niente da trovare se non un buon motivo per non strangolare quella testa di cazzo di Strale se mai dovesse emergere. E penso che farei un favore a tutti se lo togliessi di mezzo.
Lancio la lattina dentro il frigo. L’elfa stronza mi ha fatto perdere tutto ‘sto tempo per nulla? Le spacco quella faccia tosta stavolta.
Marcio verso la porta, calo la maniglia, la serratura ha uno scossone. Me la sbatto alle spalle.
La sala principale del Gamble è sgombera di clienti. I primi entreranno da un momento all’altro considerando l’orario. Lo staff sta poggiando dei vasi di vetro sui tavoli, il gruppo sul palco ha iniziato ad accordare gli strumenti. Dalla porta dietro il bancone spunta la barista, tira uno sbadiglio e si passa una mano sulla faccia. Mi avvicino a lei mentre si abbassa sul lavandino e si fa passare il getto d’acqua sul volto.
“Dov’è la stronza che chiamano eroina?”
Barista alza una mano, chiude il rubinetto e si passa una tovaglietta sulla faccia. La piega e la infila sotto il bancone. “Sta riportando le sue protette a casa. Ha detto di aspettarla qui.”
Bene. Appena torna la riduco a un cazzo di puzzle. Mi siedo sullo sgabello di fronte alla barista. “Dammi qualcosa.”
La barista esita, mi porge un bicchiere e un panno. “Prego, dammi una mano.”
Guardiana traditrice, glielo tiro in testa. “Non qualcosa da fare.”
“Hm.” Ritira il panno, appoggia il bicchiere davanti a me e ci svuota dentro una lattina.
“Tsun tsun all’arancia, il classico non si batte.”
Afferro il bicchiere e lo tiro giù in un sorso. Lo rimetto davanti a lei. “Un’altra.”
La barista mi fissa mentre pulisce un altro bicchiere. “Sembrerà un discorso da fare a un alcolista, ma non troverai quello che vuoi in fondo al bicchiere. Vuoi parlarne?”
La stronza ci metterà un po’ a tornare. Perde tempo a fare moine a tutti, figurarsi se non ci mette un’era a lasciare quelle che si stanno mettendo al di sotto di lei come discepole. Tanto vale mettermi comoda. Mi appoggio la testa sulla mano. “Di cosa dovrei parlare?”
“Sentiti libera di dire quello che vuoi.” Barista si guarda attorno. “Rimarrà tra noi due.”
Dovrei ricordarmi qualcosa di lei. Tipo se è una affidabile e perché sta qui. Ma ricordo solo che c’era da prima che emergessi con mio fratello, e lei non è un emersa. Che ci fa qui?
“Ricordami il tuo nome.”
Barista ferma il panno dentro al bicchiere, sorride appena. Myra ha attaccato la ridarella a tutti. “Giorgia.”
“E perché stai qui?”
“Voglio potervi aiutare.”
“Servendo drink?”
“In verità mi occupo di un’altra cosa qui dentro.” Giorgia posa bicchiere e panno, poggia le mani sul bancone e mi guarda. “A tutti serve qualcuno con cui confidarsi. E chi emerge non si fida subito di estranei che li accolgono in casa. Non tutti almeno.”
Siamo tutti d’accordo che l’elfa è stupida.
“Perciò gli do la possibilità di bere qualcosa, dimenticarsi per un istante di tutti i loro problemi o di sfogarsi senza che qualcuno li giudichi.”
“Potevi dire psicologa.”
“Ho la laurea, non ho fatto i corsi integrativi per esercitare ufficialmente.”
Sospiro. Non è la prima volta che questa qui chiede a me e Ryan di parlare. Ryan lo ha fatto perché il capo gli ha detto di farlo, a me non lo hanno mai chiesto direttamente, quindi ho sempre evitato. Vogliono farmi recuperare quella chiacchierata insomma.
Faccio oscillare il bicchiere, la gocciolina rimasta dentro traccia un semicerchio. “Posso dire qualsiasi cosa?”
“Quello che vuoi.”
Se proprio insiste. Tanto quella tarderà. Le faccio un cenno di versarmi un’altra di quelle lattine nel bicchiere.
“Il posto da dove vengo si chiamava Tel Anbar, almeno una parte. Era la città in cui vivevo, poi non so come si chiama il piano d’esistenza o quel che è. Dalle nostre parti si viveva nell’anarchia. C’erano bande, si viveva alla giornata, si prendeva dagli altri e a volte prendevano da te. Legge del più forte. I nostri genitori erano gente ricca che non voleva palle ai piedi. Hai già parlato con Ryan, la penso come lui. La nostra famiglia era la nostra banda, non quelli che ci hanno messo al mondo.”
Giorgia appoggia il bicchiere. “Ne parli con grande rispetto.”
Mi scappa una risata. “Una massa di imbecilli con ognuno le sue fisime. Ma ci coprivamo le spalle. Come ora insomma, siete idioti diversi.”
“Coraggiosa a chiamare il capo idiota.”
Guardiana merda, devo stare attenta a quello che mi scappa con questa. “Tutti fanno cazzate.”
Giorgia mugola, si sporge appena a guardare i bicchieri, stringe gli occhi e ne prende uno in mezzo agli altri, riprende a passarlo con il panno.
"Per essere una aspirante psicologa, sei permalosa"
"Per questo rimango aspirante."
Non premo oltre.
“Sei contenta di quello che stai facendo?”
Diretta. “Faccio quello che mi dite di fare. Non volevo farlo indossando abiti stupidi, ma se volete che lo faccia-”
“Quegli abiti stupidi ti hanno salvato la vita.”
“Te li metteresti?”
Giorgia esita. “Io non vado sul campo.”
“Li metteresti?”
Sospira. “No. Sono imbarazzanti.”
Batto il bicchiere sul tavolo. “Vedi? Sta storia della paladina magica è imbarazzante. Myra ci ha vissuto e le sembra normale, a me no. Mi fa cagare come idea.”
“Prendo nota.”
La voce di una bambina arriva alle mie orecchie. Nessuna bambina entrerebbe qui, se non Suzuna. Girandomi la trovo accanto alla mia seduta con l’immancabile valigia parcheggiata accanto a lei.
“Mi servono un po’ di bottiglie d’acqua, Giorgia.”
La barista sparisce oltre la porta, il barattolo si siede su uno sgabello con un saltello. Ruota con la seduta verso di me e poggia le mani sulle gambe. “Essere una paladina della giustizia non ti piace?”
Mi appoggio con il gomito al bancone. “No.”
Il sorriso cordiale di Suzuna s’incrina. Mi fa un cenno. “Potresti esporre le tue motivazioni?”
“Mi fate vestire come una deficiente con la scusa della protezione quando ai risolutori fuori basta un portachiavi attaccato alla cintura. Devo stare sempre a trattenermi dal parlare perché un’eroina che impreca non è educativa. Voglio dare una mano, ma non così.”
Suzuna riappoggia la mano sulle gambe, sembra sollevata? Mi stai dicendo che ho fatto un lavoro di merda? Cioè, ha ragione, forse non avrei dovuto lanciare quel ragazzo all’esordio.
“Lo sospettavamo, ma è una cosa che doveva venire da te.”
Di che cazzo sta parlando? In parole semplici per favore, hai dodici anni porca troia! “Eh?”
“Ricordi il discorso che ti ho fatto sulla lettura?”
“Riprendilo e ti lancio.”
“Avere una buona proprietà di linguaggio serve ad esprimerti. Ti sei rifiutata di aprirti davvero con gli altri membri del Gamble, Karin. Stiamo collaborando per permettervi di vivere in questa città. E questo implica che vi troviate a vostro agio nel vostro ruolo. Se avessimo capito prima che questo incarico ti metteva a disagio, avremmo trovato delle alternative.” Suzuna scende dallo sgabello, mette le mani una sopra l’altra sul manico della valigia. “Te lo chiedo in via ufficiale, Karin. Ti rende felice il tuo attuale ruolo al Gamble?”
Sento che tutto questo sta diventando una comparazione tra i personaggi del libro e la nostra situazione: Io che mi incazzo per non aver avuto voce in capitolo sul mio ruolo, ma da un lato è anche colpa mia per aver sempre evitato di dire quello che penso quando erano pronti ad ascoltarmi. Suzuna si sente come la manipolatrice che ha mosso gli altri senza il loro consenso. Non che potessi mettermi a fare altro se non menare i problemi. Io lascio parlare i pugni, le parole non fanno per me. Però capisco che mi serva usarle a volte.
Alla fine nel non voler parlare, non ho ascoltato quello che volevano dirmi al di fuori degli ordini. Forse anche l’elfa stronza, non è così stronza e voleva solo che mi aprissi con lei. Sono degli idioti. L’ho detto perché lo penso. Ma anche la gang a Tel Anbar era un gruppo di idioti. Sicuramente se dovessi scegliere un gruppo di idioti di questo mondo a cui affidare la mia vita, sceglierei il Gamble. Ma non significa che voglia farlo interpretando una ragazzina magica.
“No. Mi dà fastidio essere Polaris. Il resto va bene.”
Suzuna chiude gli occhi e china il capo. “Capisco. Molto bene, da adesso sei dispensata dal ruolo di Polaris. Continueremo ad affidarci a te per il resto. Con permesso, dovrò avvertire Vaxt del cambio di programma.”
Per la prima volta se ne va senza la sua valigia. Vorrei quasi vedere cosa c’è dentro.
Mi tendo verso una delle cerniere. Una mano delicata si poggia sulla mia.
“Ah- Ha- Ah! Non si toccano le cose che non ti appartengono.”
La voce irritante di Myra precede il suo sorrisino da deficiente. L’elfa si mette a sedere sullo sgabello accanto alla valigia, ci mette le gambe davanti per allontanarmela. “Hai capito quello che dovevi comprendere da questa storia?”
“Che non devo ascoltarti.”
Myra si mette in punta di sgabello. “Crudele!”
“Disse quella che mi ha messo in mano un libro senza dirmi cosa fare!”
“Leggerlo?”
Voglio piantarglielo in faccia. “Hai detto che era per il capo.”
“Anche il capo ti vuole felice.”
Alzo un sopracciglio. “Eh?”
“E…” Myra intreccia le mani abbassa lo sguardo. “…Gliel’ho chiesto io di continuare a farti fare la maghetta dopo che sono arrivata. Sembravi… sola.”
Mi alzo di colpo tendo le mani verso quella disgrazia. Lei chiude gli occhi e basta, non ci prova nemmeno a difendersi.
Trattengo l’istinto di strozzarla. Dovrò farlo per un sacco di tempo. Guardiana, se penso che potevo evitarmi tutto sto casino…
Mi ritraggo. “Quindi, finisce così?”
Myra si gratta la guancia. “In realtà…” Abbasso lo sguardo, appeso al braccio ha un sacchetto di plastica con dei tomi non ben distinguibili, ma le dimensioni sono simili a quelle del libro che ho in mano. E se ricordo bene Myra è arrivata con una borsa anche quel giorno all’ospedale. Fisso la copertina del libro.
Boral, Fallen World
Vol.1
…Volume uno…
L’elfa tira fuori uno dei tomi, se lo avvicina al volto. “Pronta per la prossima avventura di Strale?”
Voglio staccarle la testa. Voglio staccarle la testa. Voglio, così tanto, staccarle la testa.
“Davvero serve al capo?”
Myra si mette la mano libera sul petto. “Davvero davvero, parola di elfa.”
Mi avvicino. Forse non la ammazzo, ma mi assicurerò di farle male. “Gli elfi non esistono.”
Lei si ritrae, preoccupata. “S-si, sono qui?”
Faccio scrocchiare le nocche. “Non per molto.”
Alza le mani. “Possiamo andare da Vaxt prima che faccia qualcosa di cui tu possa pentirti?”
Quel nome mi è familiare… il nerd elettrico del libr-
“Mi hai salvato sul cellulare uno con il nome Nerd elettrico. È lui?”
Myra mette una mano sulle labbra. “Gli hai anche mandato un messaggio, pensavo ci fossi già arrivata.”
Fanculo elfa stronza. Potevi non farmi perdere tempo!
Salto giù dalla sedia e mi dirigo verso le scale. C’è una sola stanza al piano di sopra in cui non sono mai entrata. Lo studio di un voltico emerso e reclutato di recente. Lo avevamo in mano e non lo sapevamo. O meglio, loro lo sapevano ma questa storia sta diventando un qualche tentativo di farmi crescere. Che perdita di tempo!
“Lo spaventerai così!”
Ignoro la voce di Myra dal fondo del corridoio e svolto, dopo due porte si trova la stanza. Suddetta porta si apre, l’altra bionda reclutata di recente esce quieta, spalanca gli occhi, s’irrigidisce, chiude la porta lentamente. “Vaxt è libero. Non uccidermi, bye!” Mi da le spalle e si allontana per i corridoi.
Spingo con il braccio verso la porta. Lo scatto metallico con il legno che si spezza precedono un urlo poco virile dell’idiota dentro la stanza.
“CHE VUOI!?”
Lo raggiungo in pochi passi. Ha ancora la giacca verde con le catene intrecciate. È lui.
Lo prendo per il bavero e lo tiro su. “Inizia a parlare o ti obbligo a farlo!”
Vaxt guarda verso la porta distrutta alle mie spalle, è terrorizzato, ma chissene. Se vogliono che faccio questa pagliacciata, la faccio a modo mio.
“Lui non sa nulla di quello che cerchiamo!” Myra mi poggia una mano sulla spalla. “Il capo lo ha già interrogato.”
Lo scuoto. “E non ha detto nulla.”
Vaxt alza le mani. “Posso avere del contesto?!”
Myra mi mette le mani sulle braccia e le abbassa, il nerd elettrico torna a terra. “Ha letto il primo volume della storia scritta da qualcuno che viene dal tuo mondo.”
Vaxt si scrolla la giacca. “Che modi da teppista.”
Lo fulmino con lo sguardo, fa un passo indietro, la mano corre a una lancia che crepita elettricità sulle estremità.
Myra si mette tra di noi. “Su su, parliamone con calma.”
“Elfa hai letteralmente la risposta ai tuoi problemi davanti a te!” Indico con le mani verso l’emerso. “Era lì, deve sapere quello che vuole sapere il capo.”
Myra inarca le sopracciglia, assottiglia le labbra. “Non è così semplice, Karin. Ha perso parte dei suoi ricordi.”
Sbatto le palpebre. Come se dovessi crederci. “Cazzate.”
“Va bene. Posso dimostrartelo.” L’elfa fa un passo verso di me. “Hai detto che avevi dei compagni prima di finire qui vero?”
Da quanto stava ascoltando? Subdola elfa stronza. “Quindi?”
“Ricordi come si chiamano?”
Mi prende per il culo? Non sono una che si scorda i nomi di quelli con cui ha vissuto. “Dal primo all’ultimo.”
Myra mi fa un cenno con la mano. “Prego.”
“Oltre a me e Ryan c’era… quello che si occupava di…”
Cerco di forzare la mia memoria. Li vedo, armi in mano, ghigni per incutere timore, giriamo per la strada, la solita che…
Deglutisco, Myra sbatte le palpebre ogni tanto. È seria, niente più sorrisetto del cazzo.
“Si, insomma era dimenticabile. Non mi sono presa la briga di ricordarmi il suo nome. C’era anche la sua ragazza, usava delle motoseghe che le aveva fatto lui.” Sto ricordando qualcosa forse. “B-Bea… No, non si chiamava Bea…”
Myra si avvicina. Mi inventerei tutto pur di non darle ragione. Ma ho paura che questa perdita di memoria sia qualcosa di grave, se stessi iniziando a sviluppare anomalie?
“Bi- Bit- Qualcosa con la B, insomma. Poi c’era…” Ricordo almeno una quinta persona nel gruppo, però quando scavo nella memoria è come se avessi totalmente un buco. Una sagoma indefinita che si sovrappone a quella che dovrebbe essere la figura di quella persona.
“Ehhh…”
Myra si avvicina di un passo. Rialzo i pugni. Non è questo il punto. Quello ha le risposte, se non ricordo qualcosa di me non è importante.
“Karin… ricordi come sei morta?”
Faccio un passo indietro. “Che hai bevuto di sotto? Shinomiya ti ha drogata?”
Myra si guarda alle spalle, scambia uno sguardo con Vaxt. “Karin… Qual è l’ultima cosa che ricordi prima di essere arrivata qui?”
Mi gratto la testa. “Io e mio fratello stavamo andando da dei tizi a cui avevamo rubato della roba, avevano pestato B- come cazzo si chiama, quella. Stavano in una specie di strettoia, ci siamo trovati in un vicolo cieco. Avevamo dei fari puntati addosso, poi ho sentito il rombo di una macchina ed i fari si sono avvicina-”
Spalanco gli occhi. “…E mi sono svegliata qui.”
Le gambe mi tremano, mi sbilancio all’indietro, una sedia ferma la mia caduta. Mi manca il respiro, porto una mano al collo. È come se fosse tappato. Prendo consapevolezza di ogni battito del mio cuore, martella sulle mie orecchie, le mani mi tremano.
Sono morta.
Myra si avvicina mi appoggia una mano sulla spalla. Per la prima volta trovo confortante la sua presenza.
Mi rimetto in piedi. Il punto non è questo, e non serve che pensi al passato al momento. “Questo non ci fa capire chi ha scritto queste storie.”
Myra si stacca, stringe la mano al petto. “Hm.”
Vaxt si gratta la tempia, attraversa la stanza. “Se l’autore è un emerso significa che dev’essere qualcuno che a un certo punto è morto nella storia.”
Myra sbatte le palpebre. “Oww. Spoiler così…”
“Non è una lettura di piacere, elfa.”
“Però ti sta piacendo, vero?”
“Non è il punto. In teoria basterebbe vedere chi è morto a fine dell’ultimo libro e cercarlo.”
“E che…” Myra si tocca i polpastrelli delle dita. “…Il libro continua dopo l’ultima morte. Dovremmo invece capire chi è rimasto vivo fino alla fine.”
Schiocco la lingua, infastidita. “Spiegami perché non possiamo saltare alla fine.”
“Il libro ti farà bene Karin.” Sbatte le ciglia sorridente.
“A te no dopo che te lo avrò piantato in fronte.”
“Comunque!” Myra batte le mani. “Abbiamo una buona probabilità che la Kaiser abbia almeno un emerso di Boral. Nel caso fosse uno solo sapremmo che si tratta proprio dell’autore.”
“Perché te li farebbero incontrare se glielo chiedi per favore.”
Myra abbassa la testa. “No, non lo farebbero. Ma, pianificheremo qualcosa per quando torneremo da Marton!”
Un momento, che c’entra Marton?
“Uh?”
Myra ciondola a destra e sinistra. “Non avevi detto di voler fare la tua parte senza essere una paladina magica? Il capo ci ha dato un incarico, andiamo a conoscere l’eroina della città distrutta!”
“Uh?” Non la interpreto ma devo comunque averci a che fare. Meglio di niente.
Myra agita la mano. “Ti spiegherò più avanti. Staremo via per un po’ e sono abbastanza sicura che ci saranno momenti di calma, avrai tempo di leggere il prossimo volume. Come una lettura prima di andare a dormire!”
Vuole proprio che continui a leggere huh?
“Beh… si può fare.”
Note di Mixxo:
Scrivere storia fantasy e in parte minore pentirsene: check.
Momento autocritica aperto: Avevo iniziato Boral perché avevo un’idea che mi piaceva, la voglia di fantasy leggero e l’aspettativa che sarebbe stato “facile” considerando l’esperienza accumulata nel tempo. Considerando che l’idea è diventata molto più lunga di quello che volevo (quantomeno questo arco narrativo), ho scoperto che il fantasy mi interessa principalmente per le botte all’arma bianca e la magia (quando il benedetto Frieren mi ha aperto gli occhi su come una storia fantasy debba essere fatta per essere universalmente interessante), e che il capitolo 9 nella prima stesura era il capitolo 1… Ho sottovalutato parecchie cose del genere. E non solo.
“Mixxo è la seconda storia con un finale aperto che concludi.” Si, lo so. Ma questo implica che ci tornerò come ho in programma di fare con Kindles. Di base alternerò Kindles e Boral (con sporadiche one shot extra), dunque finita Boral si torna a Kindles. Con una dovuta pausa.
Giusto per precisare: Non mi sto forzando a continuare Boral, l’idea mi piace ancora, la maggior parte dei personaggi hanno ancora tanto da dare. Ma è una storia che ha bisogno un po’ di tempo per raffreddare al fine di tornare con un secondo arco migliore e dare di più di quello che non nego essere stato un inizio maldestro.
Ringraziamenti ai miei tre moschettieri del sito: Alcor senpai che stavolta mi ha dato molto più supporto della prima storia, supporto di cui avevo totalmente bisogno; Tubo Belmont, praticamente il mio theory side del “fandom”; NonLoSo_18, perseverante spacciatrice di recensioni che mi ha spinto a migliorare.
Per ora (e solo per ora) è tutto, alla prossima!