Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |       
Autore: Carme93    13/09/2024    0 recensioni
Roma e Cartagine si scontrarono a lungo per ottenere il predominio sul Mediterraneo.
Fondamentale fu per la prima conquistare la città di Siracusa nel 212 a.C.
Ma che cosa sarebbe accaduto se a vincere fossero stati i Siracusani?
[Storia partecipante al contest “Senza tempo – III Edizione” indetto da mystery_koopa sul Forum di EFP].
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Storia partecipante al contest “Senza tempo – III Edizione” indetto da mystery_koopa sul Forum di EFP].

 
 
 
Il sogno di una nuova polis
 
 
 
Prologo
 


 
Primavera 212 a.C.
 
 
«Com’è possibile?» esclamò una donna lisciandosi nervosamente il chitone indossato in fretta.
«I Romani sono furbi, avranno approfittato della festa di Artemide» replicò un uomo afferrando la sua xiphos, molto corta com’era costume spartano piuttosto che corinzio, ma per lui era di gran lunga più maneggevole.
«Fai attenzione, Dionigi».
L’uomo annuì e lasciò la sicurezza della sua casa, incerto su come comportarsi. L’assedio dei Romani ormai si protraeva da lungo tempo, per quanto, grazie soprattutto agli aiuti cartaginesi, loro Siracusani non ne soffrissero troppo. Il fatto, però, che avessero abbassato la guardia, non era un buon segno. Eppure lui aveva provato a suggerire dei festeggiamenti più sobri, gli era stato risposto che avrebbero attirato l’ira divina.
Quella fu una delle notti più lunghe dell’intero assedio: la presenza dei Romani all’interno delle mura presagiva terribili sventure. Dionigi discusse veementemente con i concittadini più influenti, perché a coronamento dei sacrifici erano stati sul punto di cedere alle lusinghe romane e facilitare la strada al nemico. Egli non ne comprendeva la cupidigia, che presto avrebbe provocato una punizione divina: Gerone II, per quanto tiranno, aveva governato con giustizia e favorito sempre la pace; eppure alla sua morte troppi erano stati solleciti a seguire il di lui nipote, Geronimo. Seguirlo verso la rovina. Via tracciata con l’interessato sostegno di due fratelli, Epicide e Ippocrate, che non avevamo mai avuto a cuore le sorti di Siracusa. Dionigi avrebbe volentieri mantenuto l’alleanza e aveva creduto profondamente nella democrazia instaurata dopo l’assassinio di Geronimo, ma giunti a quel punto non avrebbe avuto senso consegnarsi ai Romani. Per Artemide, loro avevano preso una decisione! E avrebbero dovuto, per il proprio onore, evitare ogni tentennamento o cambi di posizione repentina. I Cartaginesi li stavano sostenendo e avevano rivolto loro promesse ben precise. Non rimaneva che confidare nella buona fede dei nuovi alleati.
Alla luce del giorno, però, lo scoramento notturno non scomparve: i Romani avevano conquistato i quartieri Neapoli e Tiche. Dionigi, disperato per l’incalzante svolgersi di tanti eventi negativi, raggiunse la fortezza di Eurialo, comandata da Filodemo di Argo. L’unico baluardo contro i Romani. Se avesse ceduto, avrebbero perso troppo terreno a favore dei loro avversari. Eppure una soluzione c’era: i Romani non avevano potuto penetrare all’interno dell’Esapilo e poi dilagare per la città con un’intera legione, di conseguenza se Siracusani e Cartaginesi fossero intervenuti, insieme sarebbero riusciti a mantenere almeno quella fortezza e avviare un’azione di contrasto. Molti Siracusani, purtroppo, disperavano della vittoria ˗ naturalmente a loro sfavore vi era anche la prolungata assenza di addestramento militare ˗ e Dionigi fu costretto a ricorrere a tutta la sua eloquenza per ammassare i trentamila uomini, che, come aveva previsto, effettivamente con il loro assalto inaspettato respinsero i Romani contro le mura della città.  
A quel punto la resistenza si organizzò intorno alla fortezza di Eurialo. Nonostante l’entusiasmo iniziale, però, a tale azione seguì una nuova stasi. Per mesi.
 



Autunno 212 a.C.
 
Gli dei si stavano accanendo contro Siracusa, ma i suoi cittadini, peccando di iubris, in un certo senso si erano meritati quell’orrore. Dionigi non sapeva come altro definire i corpi martoriati dalla peste ammonticchiati ai bordi delle strade. Si accasciò al muro respirando a fatica e osservandosi le tremanti mani, recanti i segni dei bubboni. Eppure non era quello che lo addolorava: erano le persone che si era portata via. Si rialzò, tentando di riordinare i suoi compagni; in fondo, se le Moire non avevano tagliato il suo filo, evidentemente il suo fato non si era ancora compiuto.  A quel punto, però, che altre possibilità avevano? La città era allo stremo e persino le truppe cartaginesi. L’epidemia aveva colpito anche i Romani, ma loro avevano resistito maggiormente.
Non restava che allontanarsi dalla città e trovare rifugio nelle due fortezze più vicine: quella a tre miglia, avrebbe accolto gli uomini più valenti e pronti a ricominciare a combattere; quella a quindici, i convalescenti.
Le notizie provenienti dal campo alleato, però, erano promettenti: il generale Bomilcare era riuscito a forzare il blocco romano e aveva raggiunto Cartagine per cercare dei nuovi aiuti. Da quella mattina si vociferava che ci fosse riuscito e che stesse veleggiando verso Siracusa con 130 navi. La loro ultima speranza.
Ancora una volta si susseguirono giorni convulsi, ma gli dei furono dalla loro parte: Bomilcare attaccò e le navi romane furono sbaragliate.
 
Eppure anche quando l’assedio raggiunse il suo epilogo e straordinariamente a favore di Siracusa, Dionigi fissò inquieto i suoi concittadini festeggiare: i Cartaginesi erano ancora in città e non stavano armando le navi per ripartire.  

 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Carme93