Si svegliò presto, questa volta era decisa a farlo.
Ripassò mentalmente tutte le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare. Si vestì in fretta, senza pensare, con i vestiti che si era tolta la sera prima e che trovò ammucchiati su una sedia.
Prima cosa: la macchina. Non aveva guidato da mesi. Stranamente i piedi e le mani sembravano sapere ancora cosa fare e l’auto si mosse. “Che meraviglia”, pensò, “ho la situazione sotto controllo”. Per un attimo si sentì tranquilla, quasi allegra, come se stesse andando a fare una gita in campagna.
Prese l’autostrada. “Bene, altro segno di buon auspicio, c’è poco traffico”. Quando lasciò l’autostrada e svoltò per il paese notò che era quel periodo dell’anno quando non si capisce bene se sia inverno o primavera: il cielo era livido e un vento freddo entrava dal finestrino mezzo aperto, ma i mandorli cominciavano a gemmare e già c’erano le distese gialle di senape selvatica interrotte dalle macchie viola dei fiori di malva. “Quanto è bella questa strada”. Durante quei mesi chiusa in casa aveva dimenticato quante cose belle ci fossero fuori, di nuovo si sentì allegra.
Ma avvicinandosi al paese si rese conto che avrebbe dovuto guidare su per le stradine strette e in salita dove avrebbe sicuramente incontrato macchine provenienti dalla direzione opposta. E così l’ansia prese il posto dell’allegria.
Lui era bravissimo a districarsi su quelle stradine, lui, uno di città, sembrava esserci nato in quel paese, faceva marcia indietro velocemente e infilava la macchina in piccoli recessi, rasente I muri, in modo che le macchine provenienti dal verso opposto potessero passare, oppure aspettava che fosse l’altro guidatore a fare strada. E ambedue i guidatori nel fare queste manovre si scambiavano sguardi di intesa come se fosse un balletto per il quale sapevano quali figure eseguire, in perfetto accordo.
Da guidatrice pigra e mediocre, aveva sempre lasciato guidare lui dentro le mura del paese. Senza complessi per il fatto di guidare male, come non aveva complessi per il fatto che non sapesse fare nulla con le mani. “La mia forza è l’intelletto”. Ma l’intelletto non l’aveva aiutata in questi mesi: non aveva eliminato la confusione nella sua testa, non le aveva detto cosa fare.
Adesso si stava muovendo lentamente, sperando che nessuno arrivasse dalla direzione opposta. Ma all’improvviso vide arrivare il camioncino di Joseph carico di frutta e verdure. Aveva perso tutta la sua baldanza, era paralizzata, incapace di andare indietro, non sapeva proprio come far spazio a Joseph. Altre macchine si incolonnarono dietro Joseph e dietro di lei. Cominciarono a suonare i clacson. Era in trappola. Tornò tutta l’angoscia degli ultimi mesi.
Si trovava esattamente di fronte a casa di Maria. Maria uscì sulla strada, capì al volo la situazione, le disse di scendere dalla macchina, farle posto alla guida e incamminarsi verso casa. Maria, che guidava senza licenza il camioncino del nonno dall’età di 15 anni, saltò in macchina, le disse che avrebbe parcheggiato vicino alla chiesa, gridò qualcosa sia a quelli davanti che a quelli didietro che smisero immediatamente di strombazzare con I clacson.
Arrivò davanti alla porta della casa e fece esattamente gli stessi gesti che avrebbe fatto lui: aprì il piccolo armadio di legno sul muro esterno e premette il bottone per attivare l’elettricità, girò la leva nascosta dietro le pietre per aprire l’acqua, infine spinse la porta un po’ verso l’alto, girò la chiave ed entrò.
Aveva sempre trovato irritante l’abitudine che lui aveva di scollegare tutto ogni volta che lasciavano il villaggio per tornare in città, per poi dover ripetere gli stessi gesti nello stesso ordine ogni volta che tornavano. Ma adesso ripetere il processo la calmò. Ripetere i suoi gesti, cancellare dalla lista mentale ogni compito eseguito: le sembrò di avere tutto sotto controllo.
Incredibilmente riuscì a far funzionare ogni cosa: accese la stufa, salì sulla scala per avviare manualmente il generatore che non era mai stato riparato, controllò se le grondaie fossero intasate dalle foglie.
Alla fine si sedette, soddisfatta, funzionava tutto. “Come amo questa casa. La prossima volta lascerò la macchina fuori dalle mura e camminerò” e magari era anche tempo di riparare il generatore.