Dopo aver parlato a lungo con Tiala la notte si fece molto tarda. La giovane ragazza si congedò nei suoi alloggi dopo avermi ringraziato per essere stato in sua compagnia. Io restai lì ancora per un po ', assorto nei pensieri e nelle informazioni ricevute.
Con un po 'di speranza nel cuore, di ricevere delle risposte più concrete dagli esami che Bridge avrebbe effettuato su di me quel giorno, decisi di ritirarmi a mia volta nella mia stanza. Tuttavia, mentre mi avviai verso l'ingresso sul retro della villa, udii un rumore di passi oltre la vegetazione. Mi voltai attratto dal suono e seppur per un breve istante, vidi la figura di una bambina inoltrarsi nella foresta, svanendo oltre il sentiero che conduceva al lago. Mi chiesi con urgenza cosa ci faceva lì una bimba tutta sola, nel cuore della notte, e senza perdere tempo scavalcai la recinzione, trovandomi su una tetra e buia stradina, abbracciata da una fitta e caotica vegetazione.
Di quella bambina non c'era traccia e i lampioni della villa non aiutavano ad illuminare l'intero percorso, alchè dopo una manciata di metri ero già immerso nella più totale oscurità. Proseguire in quella direzione senza una fonte di luce era pressappoco impossibile. Provai a chiamarla nella speranza che si fosse nascosta da quelle parti, ma non ci fu risposta. Immaginai che fosse spaventata, e a maggior ragione non potevo lasciarla sola lì, a discapito di quale fosse stata la sua motivazione per oltrepassare una foresta alle due di notte.
"Merda, se solo avessi una torcia" dissi tra me e me.
Non appena elaborai quel pensiero, ai miei piedi trovai una torcia elettrica. La coincidenza fu troppo esplicita, tanto che restai attonito a fissare l'oggetto a terra. Era successo di nuovo, un evento di Sincronismo.
Lentamente e con titubanza afferrai la torcia. Era reale, funzionante, non sembrava affatto un giocattolo o un illusione, visto il modo improbabile in cui l'avevo trovata.
Una volta accesa, un cono di luce bianca illuminò il percorso dinanzi a me. Vidi solo vegetazione, alberi e pietre in giro. Il percorso non era tracciato in modo ovvio, avanzare senza una guida o conoscenza del luogo, avrebbe portato chiunque a perdersi.
I ricordi del mio passato mi fecero visita, senza preavviso, appesantendo le mie gambe con il terrore di perdermi nuovamente in quella selva confusa, perdendo di vista la persona che aveva bisogno di me e del mio aiuto. In quel momento mi rifiutai di credere che stesse succedendo di nuovo, ma purtroppo la realtà di quel passato si stava concretizzando una seconda volta.
Iniziai a sudare freddo, le mie ginocchia sembravano volermi cedere. La paura mi stava conquistando, facendomi dimenticare perché ero lì. Il mio corpo sembrava volesse sfuggire al mio controllo, non potevo far altro che avanzare e scendere verso il basso, nella speranza di raggiungere il lago e magari identificare un percorso famigliare. Ma mentre avanzavo alla cieca, iniziai ad avere flash di quel pomeriggio maledetto. Il sangue, gli occhi vitrei di Amelia, la mia impotenza di fronte al fato mostratomi da quelle stesse brevi visioni.
"No… basta" dissi con la gola annodata, respirando affannosamente.
Iniziai ad avere le traveggole. C'era sangue sul terreno, così tanto che formavano pozzanghere, mischiate alle foglie secche e il terriccio umido.
"Non di nuovo… ti prego" dissi con voce rotta, mentre le mie gambe tremanti si rifiutavano di smettere di camminare.
Le visioni si fecero sempre più orribili. I sensi di colpa, la perdizione, l'impotenza davanti all'urgenza di sventare l'avvenire delle visioni, unite al viscerale terrore di rimanere intrappolato in quella spirale di alberi, mi mostrarono le peggiori cose. Fili spinati incrostrati di sangue, lembi di carne mutilata che penzolavano dagli arbusti degli alberi, e la vegetazione che sembrava deridere la mia discesa verso l'inferno.
Respirare faceva male, era come avere quei fili spinati attorno ai miei polmoni. Dovevo raggiungere il lago, era la mia sola speranza di tornare indietro. E all'improvviso, la tranquillità… ero uscito dalla foresta e mi trovavo sul bordo del lago di Cradle.
Mi sentivo salvo, se la memoria non mi ingannava sapevo come trovare la strada di ritorno da lì, tuttavia qualcosa catturò la mia attenzione a distanza. Puntai la torcia verso la banchina di una vecchia rimessa di barche, lo stesso luogo dove spesso mio padre andava a pescare. C'era qualcuno lì e avvicinandomi la vidi: quella bambina.
Era girata di spalle, verso la superficie nero pece del lago, che fissava l'acqua. Non feci in tempo a chiamarla che fece un gesto che mi paralizzò sul posto con orrore. Si lasciò cadere nelle tenebrose, gelide acque autunnali, senza preavviso o motivo.
Era come se avesse volutamente, in una caduta di fede, accettato le conseguenze irreversibili di tale azione.
Non stava succedendo di nuovo, non potevo accettare di vedere morire una bambina davanti ai miei occhi in quel modo assurdo. Corsi a perdifiato lungo la banchina, ero pronto a gettarmi a mia volta per salvarla, ma il suo corpo non era lì. La cercai con la torcia, mentre quella stessa orrenda sensazione di soffocamento mi conquistò nuovamente.
"No… questa volta no. Non può succedere di nuovo".
Cercavo disperatamente il suo corpo con la torcia, non volevo gettarmi alla cieca in quella gelida tenebra senza fine. Improvvisamente l'acqua iniziò a mischiarsi col sangue. Era troppo tardi? Avevo di nuovo lasciato morire una persona innocente?
Di nuovo le allucinazioni tornarono. Il mio senso di colpa, la mia paura prese forma fisica davanti ai miei occhi.
L'intero panorama del lago, a malapena illuminato dalla mia torcia, mi mostrò un colossale deforme viso di Amelia, con i suoi lunghi capelli biondi allargati su tutta la superficie del lago tinto del suo sangue, che affogava lentamente. Mi fissava con occhi vuoti, con la sclera esplosa e mentre guardavo dritto in faccia al mondo intero che si distorceva per ricordarmi il mio fallimento, sentii le mie forze mancare.
Orribili pensieri mi conquistarono, pensieri a me non alieni. Che senso aveva per me vivere? Non avevo nessuno che aspettava il mio ritorno, nessuno che mi amava, nessuno che avrebbe pianto sulla mia tomba. Forse dovevo semplicemente farla finita, morire non sembrava poi così male.
"Nate!" Una voce femminile mi fece rinsavire, l'allucinazione era sparita, così come il mio improvviso desiderio di morte. Qualcuno mi aveva afferrato il braccio con forza e voltandomi riconobbi la persona davanti a me: era Tiala.
"Finalmente ti ho trovato! Dobbiamo andarcene di qui… ora!".
Ero confuso, spaventato, ma tornando lucido mi tornò in mente il motivo per cui ero in quel posto.
"Una bambina si è gettata nel lago! Dobbiamo aiutarla!" Esclamai.
"Nate… questo è un sogno. Sei stato vittima di una psicosi, non riuscirai a svegliarti se non torniamo in superficie! Abbiamo poco tempo, dobbiamo muoverci o resteremo in questa dimensione onirica per sempre…".
In quel momento le parole di Tiala mi sembravano assurde, come potevo essere in un sogno? Non ero andato a dormire, ero stato tutto il tempo nel cortile e poi subito dopo avevo inseguito la bambina. Tuttavia, mentre cercavo di dare un senso all'affermazione di Tiala, mi ricordai un dettaglio cruciale. Anche nel sogno del Motel non mi ero accorto della transizione tra realtà e sogno. Erano questi i parametri di cui parlava Bridge?
"Nate dobbiamo andare… ora!".
Tiala mi afferrò il braccio e mi trascinò via con sé. Quando intendeva con il "tornare in superficie" si riferiva al tornare al punto dove c'era stata l'intersezione tra realtà e sogno? Questo significava risalire la foresta fino ad arrivare al punto di interesse.
Fortunatamente Tiala sapeva che strada percorrere, tuttavia le cose si complicarono ulteriormente.
Nel cuore della foresta, una putrida e melmosa presenza oscura iniziò ad inseguirci, scuotendo con violenza gli alberi con la forza di una carica furibonda. Fu soltanto in quel momento, vedendo quel mostro di massa oscura, che mi resi davvero conto di essere in un incubo.
"Oh no… non di nuovo!" Esclamò Tiala nel panico, bloccandosi, incapace di trovare una strada sicura per proseguire.
"Che succede?!" Chiesi lei spaventato.
"L'Ombra… la stessa che ha catturato Lauren! Ci ha scoperti!".
Non riuscivo a capirci nulla, volevo semplicemente uscire da quel posto infernale, ma qualunque via d'uscita era stata bloccata da quel blob deforme, in grado di corrodere ogni cosa come acido.
"È me che vuole… sa che sono qui per salvarti. Questo sogno, questa dimensione, ci troviamo dentro la sua tana. Devi scappare via Nate… io la distraggo".
"No! Non ti lascio qui!" Escalamai.
"Non c'è scelta! Ti prego… scappa via, trova una soluzione a tutto questo!".
Non potevo accettarlo, non volevo. L'oscurità ululò nella foresta e gridò.
"TALLYYYYY!!"
Nel pronunciare quel nome, un grosso pezzo del puzzle andò al suo posto. Se ci trovavamo nella pancia della bestia, allora era stata quella oscurità a causare tutti quegli incidenti a Mirefield, era stata lei a uccidere mio padre.
Una inspiegabile forte rabbia, unita ad un senso di determinazione mi conquistò.
Afferrai la mano di Tiala e lei mi fissò sbigottita.
"Ce ne andremo di qui, assieme…".
Lei fu incapace di obiettare, forse non credeva affatto nella sua determinazione, non voleva essere lasciata sola lì. La capivo, fin troppo bene, conoscevo quella sensazione, anche lei si sentiva in colpa, si incolpava della morte di tutte quelle persone, e soprattutto si sentiva un mostro ai miei occhi, perché avevo finalmente capito la natura di quella abietta creatura, lo stesso che aveva distrutto la vita di mio padre.
Continua…
–
I see their patterns in my mind
Anxious designs of the darkest kind
And pieced together the cruelest clue
To paint a portrait to capture you
"Follow you into the Dark - RAKEL"