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Autore: PrimPrime    23/09/2024    0 recensioni
Jim Gordon è un uomo distrutto quando esce da Blackgate, incapace di tornare da Lee o di riprendersi il suo vecchio lavoro, alla GCPD.
Verrà aiutato proprio da Oswald Cobblepot, distrutto a sua volta dalla perdita del padre.
Ma Oswald, a differenza di Jim, è pronto a ricominciare, e al suo fianco avrà la persona che ama e che spera possa ricambiarlo.
Il che, quando Jim lo scopre, è scioccante e inaccettabile.
Ma perché è così turbato dal fatto che Oswald farebbe pazzie per Edward Nygma?
“Non posso aspettare, devo confessargli i miei sentimenti.”
“Da,” gli rispose la cameriera.
“Spero che sia uno scherzo,” disse Jim, decidendo di essere sincero riguardo a ciò che pensava.
Ambientata tra la fine della seconda stagione e l'inizio della terza. Non tiene conto di Alice e Jervis Tetch, quindi non ci sono le conseguenze della loro comparsa.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Nygma, Harvey Bullock, Jim Gordon, Oswald Cobblepot
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 4

 
 
Tutto il municipio era in fermento, quel giorno.
 
Oswald aveva tenuto un’intervista per un giornale locale e poi si era rimesso subito al lavoro per organizzare un evento, sotto consiglio di Nygma. L’evento in questione sarebbe stata una cena di beneficenza per raccogliere fondi per il Saint Mary, orfanotrofio di Gotham che in quel periodo era messo male finanziariamente.
 
Jim stava assistendo ai preparativi restando in disparte, dal solito punto della sala in cui poteva essere abbastanza vicino a Oswald, ma anche abbastanza lontano da tenere sotto controllo l’intera situazione.
 
Giusto quella mattina avevano avuto una conversazione spiacevole riguardo al fatto che Oswald non credeva di poter piacere a qualcuno. Jim, a un certo punto, non aveva più saputo come ribattere.
 
Eppure gli sembrava impossibile. Quando era in municipio, con Nygma, la signorina Jones, Tarquin Stemmel e gli altri membri dello staff, era chiaro che tutti pendessero dalle sue labbra. Lui pendeva ancora da quelle di Edward, ma Jim stava cercando di non pensarci e di concentrarsi sul motivo principale del suo turbamento.
 
E così ogni tanto si ritrovava a guardarlo un po’ più a lungo di quanto avrebbe fatto normalmente, senza capirne il motivo.
 
La cena di beneficenza si sarebbe tenuta fra due settimane, nella hall al piano terra del municipio che spesso ospitava gli eventi, e ci sarebbero state tutte le personalità più influenti di Gotham.
 
Lo staff del sindaco in quel momento stava preparando gli inviti, ma anche il programma per la serata, scegliendo il catering e vagliando le opzioni per l’intrattenimento. Oswald, mentre presiedeva prima un compito e poi un altro, sembrava essersi distratto dal suo dolore anzi, era concentrato nel lavoro ed entusiasta.
 
A pranzo Jim venne lasciato libero di andare, perché con lui sarebbe rimasto Gabe, e così uscì dal municipio anche se a malincuore. Ma prima chiamò Harvey, per vedere se fosse libero per mangiare un boccone insieme.
 
 
“No che non ci vengo alla cena di beneficenza di Pinguino,” gli disse il suo amico, un attimo prima di addentare l’hamburger che aveva ordinato.
 
Si erano seduti in un diner, uno che erano soliti frequentare ai tempi in cui lavoravano insieme, e la conversazione era passata presto dagli ultimi casi della GCPD all’evento che stavano organizzando in municipio.
 
“E dai Harvey, si prospetta una bella serata. Magari avremo modo di scambiare due chiacchiere tra una cosa e l’altra, ormai non ci vediamo più tanto spesso.”
 
“Già, ma tu starai tutto il tempo attaccato al culo di Cobblepot, quindi no grazie,” ribatté. “A proposito, non so come fai.”
 
“A fare cosa?”
 
“A sopportarlo. Anzi, non so come fai a non tornare da noi di corsa. Ci manchi alla GCPD, Jim, eri un bravo detective. Al fianco di quel criminale sei sprecato,” affermò.
 
“Sto con lui solo per le questioni ufficiali da sindaco,” gli fece notare, omettendo il fatto che in realtà vivevano insieme e spesso passava il tempo con lui a casa sua, il che non era affatto parte del suo lavoro.
 
“Ma rimane il fatto che è un criminale.”
 
Jim ponderò la sua affermazione e per un istante non seppe come rispondergli. La verità era che non gli interessava.
 
“A questo sinceramente non penso più da molto tempo. Mi sembra che ormai tutta la lotta al crimine in cui mi impegnavo tanto sia inutile…”
 
“Non ti riconosco più,” disse Harvey, sollevando un sopracciglio mentre lo scrutava con sospetto. “Ma sul serio, come fai a sopportare Cobblepot?”
 
“Quando ci entri in confidenza non è poi tanto male,” buttò lì.
 
“Okay Jimbo, lo confermo, non ti riconosco affatto.”
 
Il discorso si spostò su temi più leggeri, ma la pausa pranzo di Harvey durò poco e presto dovettero separarsi. Così Jim, che non aveva di meglio da fare, tornò in municipio prima del previsto.
 
Anche Oswald e Nygma erano tornati, a differenza del resto dello staff, e stavano parlando in privato nel salone prima adibito all’organizzazione dell’evento. Gabe, che era in piedi sulla porta, salutò Jim con un cenno del capo e non emise un suono quando l’ex detective si fermò lì, a chiedersi mentalmente di cosa stessero parlando e se fosse il caso di entrare.
 
Saperli soli a parlare lo rendeva nervoso e così, senza nemmeno farci caso, si ritrovò a cercare nella tasca della giacca la scatola del medicinale contro l’acidità di stomaco. Ma non la prese, si accertò semplicemente - e inconsciamente - di averla portata con sé anche quel giorno.
 
“Ti vedo strano ultimamente, ma con me non parli quasi più. Sicuro che vada tutto bene?” gli stava chiedendo Edward, con aria preoccupata.
 
“Certo Ed, va tutto come al solito,” gli rispose Oswald, offrendogli un sorriso tirato.
 
“Non ti credo. C’entra qualcosa Jim Gordon per caso? Pensavo che lo volessi con te solo durante gli eventi ufficiali, invece siete sempre insieme.”
 
Jim sollevò un sopracciglio. Cosa importava a Nygma di lui, e se loro passavano insieme più tempo del previsto?
 
“Va bene Ed, lo ammetto, da quando hai lasciato la villa mi sono sentito molto solo e ho trovato in Jim una buona compagnia. Siamo amici adesso, come un tempo avrei sognato,” disse Oswald, e Jim si stupì di sentirsi definire “amico” da lui, dato che in effetti non succedeva da tanto.
 
Inoltre questa volta, sentendo che lo definiva così, non pensò che le cose stessero diversamente.
 
“Un amico Jim Gordon? Ma ha cercato di ostacolare il mio rapporto con Isabella, ed è il bastardo che mi ha fatto finire ad Arkham,” ribatté Nygma, spiazzato.
 
“Dopo che tu lo hai fatto rinchiudere a Blackgate. Direi che siete pari.”
 
Jim rimase di nuovo senza parole. Oswald lo stava difendendo in una discussione con Nygma? Questo, per lui, aveva davvero dell’incredibile.
 
E per un lungo istante anche Edward sembrò senza parole, perché non disse niente.
 
“Quindi il tuo stato d’animo… Jim non ha nulla a che fare con questo?” tentò di assicurarsi, in tono calmo.
 
“Con cosa non avrei a che fare?” chiese il diretto interessato, decidendo che fosse un buon momento per interromperli.
 
“James! Pensavo che saresti stato via di più,” dichiarò Oswald, rivolgendogli un sorriso, e lui si sentì sollevato nel vederlo sereno.
 
“Anche io, ma Harvey aveva da fare, allora mi sono chiesto se non ci fosse qualcosa in cui potessi aiutarvi qui,” buttò lì.
 
“Oh, ma che pensiero gentile. In effetti avrei pensato a una cosa con cui potresti dare una mano, vieni con me un momento,” gli chiese Oswald, e Jim lo seguì.
 
Nygma rimase nel salone e anche Gabe non si mosse dalla porta, perché tanto con Oswald c’era già lui in qualità di guardia del corpo.
 
Entrarono nel suo ufficio, dopodiché Oswald chiuse la porta e tirò un sospiro di sollievo.
 
“Mi hai salvato, sembra che io non sia più abituato a restare da solo con Ed, soprattutto se intende farmi il terzo grado.”
 
“Ti senti bene?” gli chiese Jim corrugando leggermente la fronte, preoccupato.
 
Oswald fece per scacciare il problema con un gesto della mano.
 
“Ero solo un po’ a disagio. Tra un attimo torniamo di là, così non si insospettisce. Anche se Ed ha il difetto di pensare troppo quando si trova da solo, quindi probabilmente sta già succedendo...”
 
“Ehi, va tutto bene,” gli disse con calma Jim, raggiungendolo per mettergli le mani sulle spalle e guardarlo negli occhi. “Stai andando alla grande. In generale, intendo, si vede che ci tieni alla buona riuscita dell’evento.”
 
“Io non sto facendo poi molto,” ribatté, abbassando lo sguardo.
 
“Non è vero. Perché ti svaluti in questo modo? Hai stabilito cosa fare e dato indicazioni a ognuno dei gruppi che si occupano dei diversi compiti. Aspettavano tutti te.”
 
“Ma l’idea è stata di Edward,” sottolineò, ancora non convinto.
 
“E allora? Comunque, ti ho sentito prima quando mi hai difeso con lui… Grazie, non me lo aspettavo.”
 
Oswald sembrò rifletterci per un istante, poi tornò a guardarlo negli occhi.
 
Per Jim non era stato difficile ringraziarlo, anzi aveva voluto farlo. Solo qualche mese prima, non si sarebbe mai sognato di ringraziare Oswald, nemmeno sotto tortura, anche se lui lo aveva aiutato e poi gli aveva offerto un lavoro. Invece adesso qualcosa era cambiato.
 
Oswald gli stava rivolgendo uno sguardo intenso che Jim non riuscì a decifrare, però si accorse di avere ancora le mani sulle sue spalle. Improvvisamente a disagio, gli diede una stretta leggera prima di toglierle del tutto, sperando che sembrasse un gesto di incoraggiamento.
 
“Se ti senti meglio possiamo tornare di là. Potrei anche aiutarti in qualcosa, e intendo per davvero.”
 
“Tu mi stai già aiutando molto, James. Però, se proprio ci tieni, potresti pensare a quale sarà la posizione delle guardie di sicurezza,” propose, e Jim annuì.
 
 
I giorni successivi furono intensi, perché Oswald si buttò a capofitto nel lavoro per rendere perfetta la cena di beneficenza. A Jim sembrava che stesse un po’ meglio, e non era un’illusione creata per ingannare gli altri, perché anche a casa aveva iniziato a comportarsi diversamente.
 
Certo, non mancavano i momenti in cui si arrabbiava o disperava per qualcosa che riguardava Nygma e Isabella, che lui si ostinava a chiamare Isabel, ma erano meno rispetto a prima.
 
E poi arrivò la sera dell’evento.
 
La sala era stata decorata elegantemente sui toni dell’argento, con fiori bianchi a fare da centrotavola e luci fredde e soffuse. I musicisti stavano già suonando delle melodie calme, ed era previsto che anche i bambini dell'orfanotrofio si esibissero come coro, a un certo punto.
 
Erano stati invitati anche loro e fatti accomodare a un lungo tavolo situato in disparte, dove era stato molto complicato convincerli a restare seduti e tranquilli, ma per fortuna non se n'era dovuto occupare Jim.
 
I primi ospiti erano già arrivati, e ognuno di essi era passato a salutare Oswald prima di trovarsi un posto a sedere, o di avvicinarsi al buffet. Jim, che era accanto a lui, aveva tenuto d'occhio le sue interazioni con tutti quanti, silenziosamente.
 
Quando vide che tra gli ospiti c'era anche Bruce Wayne, in compagnia di Alfred, fu felice di vederli fermarsi a scambiare due parole anche con lui.
 
E poi successe l'inevitabile, ovvero arrivarono Nygma e Isabella. Jim si accorse che il sorriso sul viso di Oswald si fece forzato mentre l'amico procedeva verso di lui, la sua cravatta verde abbinata perfettamente con il lungo abito della sua accompagnatrice.
 
“Questo posto è meraviglioso,” disse Isabella, dopo i saluti.
 
“Grazie. Ci siamo impegnati molto per rendere la serata perfetta,” le concesse Oswald.
 
“Confermo. Andiamo a sederci?” propose Nygma, e la ragazza annuì.
 
Mentre se ne andavano da un'altra parte della sala, Oswald rilassò le spalle e sospirò.
 
“Sei andato bene,” gli disse Jim, dato che erano rimasti momentaneamente soli.
 
“Tu dici? Io ho i miei dubbi.”
 
“Fidati di me. Vuoi… uscire a prendere una boccata d'aria?”
 
Oswald scosse il capo e si voltò a guardarlo.
 
“No, sto bene così.”
 
La loro conversazione venne interrotta dall'arrivo di altri ospiti, tra i quali, inaspettatamente, c'era anche Nathaniel Barnes.
 
Quando fu abbastanza vicino a loro, salutò brevemente Oswald mentre gli rivolgeva uno sguardo affilato.
 
“Capitano Barnes, che sorpresa vederla qui,” intervenne Jim, che non si era aspettato la sua presenza.
 
“Sì, la raccolta fondi è di mio interesse,” rispose, ma non fu convincente. “Jim, già che ci siamo mi piacerebbe scambiare due parole con te.”
 
“Vai pure James,” lo invitò Oswald. “Non succederà nulla se ti allontani per qualche minuto.”
 
E così lui obbedì, con l'intenzione di tornare presto. Seguì Barnes in un altro punto della sala, poi si posizionò in modo da avere comunque Oswald nel suo campo visivo. Con la coda dell'occhio lo vide raggiungere la sua segretaria, la signorina Jones, che stava distribuendo dei dépliant realizzati appositamente per mettere in luce le difficoltà dell'orfanotrofio.
 
“Jim, che ci fai con Cobblepot? Pensavo che ti saresti stancato a questo punto, e che saresti tornato alla GCPD. Ho detto anche a Bullock di provare a convincerti, e invece sei ancora al fianco di uno dei peggiori criminali che infestano la città,” gli fece notare.
 
“Mi rendo conto che possa sembrare assurdo, ma non la vedo più in questo modo ormai. Questo lavoro mi piace e per il momento non ho nessuna intenzione di tornare indietro,” gli disse.
 
“Jim, non dirmi che sei invischiato anche tu nei suoi affari illeciti?” gli chiese, scrutandolo come avrebbe fatto con un sospettato.
 
“Le assicuro, capitano Barnes, che da quando sono la sua guardia del corpo non l'ho mai visto fare nulla di illegale.”
 
Il discorso si protrasse dolorosamente per un altro paio di minuti e fu difficile far desistere Barnes, che alla fine se ne andò via infastidito. Era passato solo per parlare con lui, a quanto pareva.
 
Jim pensò di tornare subito da Oswald, ma vide qualcuno che non pensava avrebbe incontrato in quell'occasione. Lee Thompkins, in compagnia di un uomo, probabilmente quello con cui l'aveva vista il fatidico giorno in cui era andato da lei con la speranza di riconquistarla.
 
Lee indossava un bellissimo abito azzurro e purtroppo aveva già incrociato il suo sguardo, quindi lui rimase fermo in attesa che lo raggiungesse, come sembrava intenzionata a fare.
 
“Jim, da quanto tempo…” lo salutò, pur sembrando a disagio. “Ti presento Mario, il mio fidanzato.”
 
Jim gli strinse la mano, ma la parola fidanzato lo mandò in confusione per un momento. Erano passati solo alcuni mesi eppure stavano già programmando di sposarsi? La notizia per lui aveva dell’incredibile.
 
“È bello rivederti, Lee. Spero che tu stia bene,” le disse, non riuscendo proprio a sorridere.
 
La loro storia era finita troppo male, e per quanto Jim credesse di averla superata, c’era troppo non detto tra loro, troppo lasciato in sospeso. Il dolore di essere stati costretti a separarsi, la perdita di un figlio, e poi lui era uscito da Blackgate ed era sparito, invece di tornare a cercarla.
 
Era davvero troppo per pensare di potersi sorridere a vicenda come se niente fosse e andare d’accordo.
 
Però era vero, sperava che adesso stesse bene e le augurava il meglio. Comunque, quel Mario sembrava un tipo a posto ed era certo che avrebbe reso felice Leslie, anche se saperli lì significava che sarebbero stati sotto il suo sguardo per tutta la serata.
 
Quando poté salutarli e tornare da Oswald, lo fece con molti pensieri spiacevoli per la testa.
 
“Va tutto bene, James?” gli chiese il sindaco, rivolgendogli lo sguardo. “Ti ho visto parlare con la tua ex…”
 
Si stava preoccupando per lui? Fino a quel momento era successo il contrario, e francamente era Oswald quello con più cose per la testa, perché la sua delusione d’amore era ancora fresca e dolorosa a differenza di quella di Jim.
 
Saperlo sorprese molto la sua guardia del corpo, ma gli fece anche piacere.
 
“Sì… Vederla mi ha confermato che ormai fa parte del passato, non significa niente per me,” ammise. “Se lui può renderla felice, allora buon per lei.”
 
Oswald sorrise mentre tornava a rivolgere lo sguardo alla sala.
 
“Sei ammirevole, Jim. Al tuo posto, io non riuscirei a sperare nella loro felicità.”
 
Quindi vale anche per Nygma e Isabella?”
 
Oswald sembrò valutare per un istante le sue parole, perché rimase in silenzio mentre li cercava con lo sguardo.
 
“Forse loro sono l’eccezione. Devo ammettere di non aver mai visto Ed così felice prima d’ora… e se riesce davvero a non ucciderla, allora tanto meglio.”
 
Jim annuì, d’accordo con la sua ultima affermazione.
 
“Questo dimostra che non sei tanto male quanto credi,” buttò lì Jim.
 
Oswald si voltò per rivolgergli uno sguardo sorpreso che lui ricambiò con un sorriso.
 
 
La raccolta fondi vera e propria iniziò dopo un discorso del sindaco che accoglieva tutti i presenti e spiegava la situazione dell’orfanotrofio. Mentre parlava, Jim gli rimase vicino seppure in disparte, per controllare che non gli succedesse nulla.
 
Poi Oswald invitò i bambini a salire sul palco, dove cantarono accompagnati dal pianoforte. Non furono proprio voci angeliche, ma nel complesso fu un momento piacevole che strappò diversi sorrisi agli ospiti.
 
Dopo l’esibizione, ringraziarono e scesero dal palco. Oswald lasciò la parola a uno dei membri del suo staff e andò a sedersi al tavolo a loro riservato, dove Jim rimase in piedi alle sue spalle.
 
Anche qui le chiacchiere si sprecarono, sia con chi sedeva con lui e voleva condividere le sue impressioni sulla serata, sia con chi di tanto in tanto lo raggiungeva per fargli i complimenti o chiedere maggiori delucidazioni.
 
Alla fine ebbe anche modo di mangiare qualcosa, quando la sua segretaria ebbe la premura di portargli un piatto che aveva riempito apposta per lui, ma non toccò molto cibo, forse perché era teso dato che l’evento era ancora in corso.
 
A un certo punto si ritrovò solo e invitò Jim ad accomodarsi accanto a lui, e lui accettò pensando che, se fosse successo qualcosa, sarebbe potuto intervenire comunque, anche da seduto.
 
“Sembrerebbe che l'evento sia un successo,” osservò Jim, intento a guardarsi intorno per controllare che tutto fosse tranquillo.
 
“Sì, e abbiamo già raccolto diverse donazioni,” confermò Oswald, con un sorriso fiero.
 
“Hai fatto un ottimo lavoro.”
 
Il sindaco si voltò verso di lui, con aria sorpresa.
 
“Aspettiamo la fine della serata per tirare le somme. E comunque, compiacermi non fa parte del tuo lavoro…”
 
“Ma io non voglio compiacerti, né lo dico per dovere,” sottolineò Jim, facendosi più vicino a lui. “L'hai detto tu che siamo amici.”
 
Oswald strabuzzò gli occhi, forse perché non ne avevano mai parlato apertamente.
 
“Quindi… tu mi consideri un amico?” gli chiese, come a volerlo confermare.
 
“Forse non dovrei, sei il mio datore di lavoro dopotutto,” buttò lì Jim, per provocarlo.
 
“Oh no James, va benissimo invece,” gli rispose subito Oswald. “Io ti confesso che…”
 
“Sindaco Cobblepot!” lo chiamò un uomo, e Oswald sobbalzò. “Permette due parole per il Gotham Gazette?”
 
Lui annuì e si alzò con Jim al seguito.
 
Cosa stava per dirgli? La sua guardia del corpo se lo domandò per un po’, mentre lo guardava rispondere alle domande del giornalista e mettersi in posa per delle foto accanto al manifesto realizzato apposta per l'evento.
 
Poi altre persone richiamarono la sua attenzione, che fosse per complimentarsi o per aggiornarlo in merito alle donazioni. Altri passarono a salutarlo prima di andare via, perché ormai la serata stava giungendo al termine, e così Jim dovette tenersi per sé i suoi pensieri ancora per un po’.
 
Quando poi furono Nygma e Isabella ad andare via, Jim temette di vedere la tristezza nello sguardo di Oswald, ma non fu così. Si era rassegnato, forse. Forse buttarsi a capofitto nel lavoro, come suggerito da lui, gli era stato utile davvero.
 
Per fortuna Lee e Mario non li salutarono, semplicemente a un certo punto Jim si accorse che non erano più nella sala, e fu felice così. Non avevano altro da dirsi, e una seconda conversazione forzata sarebbe stata imbarazzante.
 
Alla fine, quando davvero tutti se ne furono andati, Oswald diede le ultime indicazioni al suo staff, ma non rimase oltre.
 
Salì nella sua auto guidata da Gabe, mentre Jim prendeva posto al suo fianco, e durante il viaggio per arrivare alla villa la guardia del corpo si scoprì a osservare di nascosto la sua immagine illuminata solo dalla Luna e dalla luce delle insegne pubblicitarie della città.
 
Fu una silenziosa contemplazione di lui, di loro e di quelle parole non dette che ancora affollavano i pensieri di Jim, senza che lui riuscisse a dar voce alle sue domande.
 
Poi arrivarono e Oswald andò in salotto, a versarsi un bicchiere di liquore.
 
“Ne vuoi anche tu, James?” gli chiese, forse vedendo che lo aveva seguito fino alla porta, e lui prese quella domanda come un invito a entrare.
 
“Soltanto un bicchiere,” gli disse, memore del periodo in cui esagerava con l'alcol.
 
Oswald glielo versò in silenzio. Restandogli vicino, Jim ne bevve un primo sorso.
 
“Adesso posso dirti che hai fatto un ottimo lavoro?” ironizzò, rievocando nella mente le sue parole di almeno un’ora prima.
 
“Sì, adesso lo accetto,” rispose Oswald, con una nota di divertimento nella voce.
 
Jim gli sorrise.
 
“Cosa stavi per dirmi prima, quando quel giornalista ci ha interrotti?”
 
Oswald sembrò pensarci su.
 
“In merito al fatto che adesso siamo amici,” suggerì, sperando che così riuscisse a ricordarlo.
 
Probabilmente non si trattava di niente di particolare, ma Jim aveva una curiosità nel petto che premeva con urgenza per essere soddisfatta.
 
“Oh, certo!” esclamò e bevve un sorso di liquore prima di continuare. “Solo che un tempo speravo tanto che potessimo esserlo.”
 
Appoggiò il bicchiere ormai vuoto mentre Jim corrugava la fronte, deluso. Era davvero solo questo? Lui non ne era convinto.
 
“Sicuro che era questo? Insomma… lo sapevo già,” sottolineò.
 
“Sì, solo questo,” dichiarò sbrigativamente Oswald, e mise qualche passo di distanza tra loro andando a posizionarsi davanti alla finestra.
 
Jim appoggiò il suo bicchiere mezzo vuoto sul tavolino e si avvicinò a lui. Il completo nero decorato il blu che indossava quella sera gli stava benissimo, e gli dava un'aria fredda sotto la luce chiara della Luna.
 
“Se c'è dell'altro, puoi dirmelo. Io do molta importanza alla trasparenza che c'è tra di noi,” gli disse.
 
“Anche io, credimi,” ribatté Oswald, in un tono tornato calmo, dopodiché sospirò. “E va bene, direi che tra amici si può anche… scherzare, su queste cose… Un tempo mi piacevi, James, ma sapevo che era un sentimento a senso unico.”
 
Jim strabuzzò gli occhi, tutta la sua curiosità trasformata in sorpresa.
 
“Insomma, stavi con Barbara, ed era ovvio che non volessi avere a che fare con me,” aggiunse con esitazione, e con lo sguardo sempre puntato fuori dalla finestra, chiaramente per non incontrare il suo.
 
“Ne sono lusingato,” disse Jim, quando la sorpresa scemò permettendogli di trovare le parole giuste. “O forse dovrei parlarne al passato? Beh, non credo che allora lo sarei stato, non andavamo d'accordo come adesso.”
 
Alle sue parole seguì un lungo silenzio denso di qualcosa che Jim non avrebbe saputo definire.
 
“Se fossimo andati d'accordo, e io ti avessi confessato ciò che provavo, cosa mi avresti detto?” gli chiese Oswald.
 
Era tornato a guardarlo ed era molto serio, il che fece sentire Jim sotto pressione.
 
“Immagino… che non lo sapremo mai,” si sforzò di dire, e lo vide rivolgergli un debole sorriso mentre rilassava le spalle. “Dopotutto tu ami Nygma.”
 
Oswald sgranò gli occhi e schiuse le labbra.
 
“È questo il problema? Perché… se non ti conoscessi, direi che sembri geloso.”
 
Jim ricordò che non era la prima volta che gli diceva una cosa del genere, ma questa volta venne scosso da un moto di consapevolezza. Che fosse per questo che si sentiva tanto male vedendo Oswald con Nygma, o che stava male per lui? La possibilità non gli aveva mai sfiorato la mente, ma in effetti ora che glielo faceva notare… aveva senso.
 
Quando smise di rifletterci e rivolse lo sguardo a Oswald, lo trovò a scrutarlo con un'espressione sorpresa.
 
Un attimo dopo il sindaco gli si avvicinò, annullando improvvisamente la distanza che li separava. Le loro labbra si toccarono e quel contatto folgorò Jim impedendogli, per un momento, di capire cosa stesse succedendo.
 
Quando Oswald si allontanò e riaprì gli occhi, l'ex detective si vide rivolgere un'espressione smarrita.
 
“Scusa, James… Dimmi quello che vuoi, ma non scappare. Non potrei sopportarlo,” gli disse a mezza voce, senza smettere di guardarlo.
 
“Non me ne vado,” dichiarò Jim, ricambiando il suo sguardo mentre avvertiva un'urgenza che gli cresceva nel petto. “Forse è come dici. Forse, in questo periodo, mi sono affezionato a te più di quanto avrei voluto… e anche per questo non riuscivo a sopportare Nygma.”
 
La sua ammissione lasciò del tutto senza parole Oswald, che boccheggiò ma alla fine non disse nulla.
 
Restarono semplicemente lì, a fissarsi a vicenda, e nei suoi occhi Jim lesse un’intensità che lo fece tremare.
 
“Q-quindi… non ti ha dato fastidio?”
 
Jim si inumidì le labbra con la lingua.
 
“Non lo so. Riproviamo?” suggerì, e questa volta fu lui a baciarlo.
 
Non più distratto né colto di sorpresa, poté percepire la morbidezza delle labbra di Oswald sulle sue, e quando lui le schiuse Jim ci fece scivolare dentro la sua lingua, approfondendo il contatto e facendogli emettere un gemito soffocato.
 
Si fermarono per riprendere fiato e Jim diede ascolto all’impulso di appoggiare una mano sulla sua guancia destra, accarezzarla mentre si perdeva nei suoi occhi chiari resi lucidi dall’emozione.
 
E malgrado l’eccitazione gli annebbiasse la mente, gli sorse spontanea una domanda che decise di non tenere per sé.
 
“Lo fai per dimenticare Nygma? Devo saperlo.”
 
Oswald gli si avvicinò con il corpo e prese la sua cravatta con una mano, costringendolo a restargli vicino.
 
“Non credo, ma non ne sono certo. Forse, se riprovassimo…” disse, e quando si baciarono per la terza volta Jim si ritrovò a sorridere sulle sue labbra.
 
 
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Quando, l’indomani, Oswald si svegliò e scoprì James Gordon che dormiva accanto a lui, capì che non era stato un sogno. Era andato a letto con Jim dopo che l’ex detective gli aveva detto di provare qualcosa per lui, il che aveva dell’incredibile.
 
Oswald aveva avuto una grossa cotta per lui per lungo tempo, e doveva ammettere che si era riaccesa.
 
Nelle ultime settimane, Jim era stato sempre al suo fianco e non solo per lavoro, anzi come amico. Aveva sempre avuto buoni consigli per lui, anche se a volte glieli aveva dispensati in un modo un po’ brusco, ma era stato in grado di farlo ragionare. E poi con lui era stato incredibilmente trasparente, considerando tutto.
 
E così, quando Oswald aveva iniziato a rinunciare davvero a Edward, si era accorto di tutte le attenzioni che Jim aveva nei suoi confronti. Di tutto il sostegno che gli dava e di tutti i complimenti disinteressati che gli faceva.
 
Perché Jim era così, diceva qualcosa di bello con tutta la tranquillità del mondo e poi faceva finta di niente, perché evidentemente per lui non si trattava di niente di che… mentre per Oswald era molto importante.
 
Si era innamorato di Edward a causa del modo in cui lui lo guardava, un modo che lo faceva sentire amato e che, in generale, lo faceva stare bene. Ormai, però, aveva smesso di leggere altro in quello sguardo. Non c’erano dei sentimenti simili ai suoi, che avrebbe fatto emergere dichiarandosi.
 
Nello sguardo di Jim invece non c’era niente di diverso dal solito. Non lo trattava più come qualcuno che andava evitato, questo sì.
 
In compenso, era il suo comportamento a essere cambiato, e in particolare il modo in cui lui trattava Oswald.
 
Oswald che però aveva già interpretato male gli sguardi di Edward, e che non voleva fare lo stesso con il comportamento di Jim.
 
E quindi aveva fatto finta di niente, preferendo impegnare le sue energie nel lavoro, ma sapere di avere Jim accanto era diventato importante. Jim era prezioso per lui, se ne era reso conto in quel periodo più che mai, ed era grato che avesse accettato di fargli da guardia del corpo. Non c’era altro, però, né si era aspettato alcuno sviluppo particolare.
 
Probabilmente molto presto Jim si sarebbe trovato una nuova ragazza, magari avrebbe anche lasciato la villa, e il pensiero a lui faceva male, però sapeva di non avere potere su questo.
 
Inoltre forse gli serviva altro tempo per dimenticare Ed, elaborare i resti di quei sentimenti prima di poter decretare di andare avanti.
 
Che poi, era davvero stato innamorato di Edward, o si era solo aggrappato a lui perché gli dava l’illusione di essere amato? Dopotutto la comparsa di Isabel aveva infranto quell’illusione, mandando in pezzi le sue speranze.
 
Quindi Oswald non aveva cercato nessuno sviluppo romantico con Jim. Era rimasto stupito a ogni sua premura o complimento, e cercava di non leggere tra le righe, ma semplicemente di accettare ciò che lui gli stava offrendo, perché lo faceva sentire bene.
 
E invece, quella sera, era cambiato tutto.
 
Aveva parlato troppo, quando si erano trovati da soli alla cena di beneficenza, e anche se sperava che Jim lasciasse cadere l’argomento, o dimenticasse la loro conversazione lasciata in sospeso, lui non l’aveva fatto.
 
E così Oswald aveva preso coraggio e rivelato i suoi sentimenti di un tempo, con la scusa di volerci scherzare su, ma l’intenzione di vedere come avrebbe reagito.
 
Se lo chiedeva da quando Jim gli aveva messo il dubbio riguardo a Edward: lui era bisessuale o etero?
 
Jim aveva reagito bene, sorprendentemente bene, così tanto da lasciarlo spiazzato. Gli aveva dimostrato di provare dei sentimenti per lui, ma di essersene accorto solo in quel momento.
 
Tutte le gentilezze disinteressate dell’ultimo periodo, tutti i complimenti detti con leggerezza, tutto aveva acquisito un significato diverso nella mente di Oswald, in quel momento. Per questo non era più riuscito a resistere e lo aveva baciato.
 
Era felice che Jim non avesse reagito male, magari andandosene dalla villa.
 
Era grato che non lo avesse lasciato solo, dopo che avevano passato la notte insieme.
 
E Oswald non era tipo da passare la notte con qualcuno, con leggerezza, e considerare chiusa la questione. No, non si sarebbe più lasciato scappare Jim Gordon, qualsiasi cosa sarebbe successa, qualsiasi cosa avrebbero avuto da dire gli altri. Qualsiasi cosa avrebbe dovuto fare per riuscire a tenerselo stretto.
 
Avrebbe fatto di tutto per riuscire a coltivare con lui quei sentimenti reciproci, e per costruire con Jim una storia importante. 
Di tutto.
 
 

 
 
-FINE-



Spazio di quella che scrive

E siamo giunti alla fine! Volevo chiudere questa storia trasmettendo un senso di possessività da parte di Oswald, ma non so se ci sono riuscita davvero... Magari ditemi voi cosa ne pensate, di questo e di tutta la storia in generale.
Mi sono divertita molto a scriverla e spero che vi abbia fatto piacere leggerla.

Sul mio profilo trovate altro dedicato a questa coppia... e pubblicherò presto altre storie. Sono già scritte, le sto correggendo e pubblicando pian piano.
Quindi a presto!
 
   
 
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