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Autore: francyalterego    01/10/2024    0 recensioni
Una ragazza di 22 anni si ritrova catapultata in un posto che non conosce, senza memoria e in una data per lei lontana: l'ultimo giorno del 1996.
Ha uno smartwatch, un biglietto con scritto "Don't Panic" e tantissime domande senza alcuna risposta. Degli universitari le chiedono di festeggiare insieme il capodanno, ed è qui che inizia un viaggio fatto di misteri, risse, qualche citazione nerd e una buona dose di viaggi nel tempo.
Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Genere: Azione, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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» Prompt: "Caffè" (pumpINK)

Amnesia... che parola strana. Mi hanno detto che significa "perdita della memoria", e a quel punto mi sono chiesta come si può perdere qualcosa di astratto, di non fisico.
Mi spiego, non è che posso mettere la memoria in borsa e scordarla sul treno, giusto? Non ha molto senso. Eppure loro, i camici bianchi, l'hanno definita così.
La verità è che non ho idea di cosa sia successo, mi sembra di essere un guscio contenente la struttura per qualcosa che è stato rimosso, ricordo le nozioni base, ad esempio so benissimo come si guida o come si ruba un'auto, ma per quanto mi sforzi non ho idea di quanti anni io abbia, o di come mi chiami.
I medici hanno detto che è comune quando si hanno degli incidenti, il problema è che nessuno sa se ci sia stato davvero un incidente. Le prove sono solo un paio di lividi e un lieve trauma cranico, ma non c’è auto, non c’è nulla, mi hanno solo trovato su una strada e qualche buon samaritano, ormai scomparso, ha chiamato i soccorsi.
Fatto sta che questa situazione è orribile, e che sento di aver bisogno di un caffè più di ogni altra cosa al mondo in questo momento. Mi fermo davanti alla prima caffetteria che trovo aperta, mi tolgo un po’ di neve dalla giacca che ho ricevuto dagli oggetti smarriti dell’ospedale (perché sì, non ero nemmeno vestita adeguatamente per la stagione) ed entro, sento le guance pizzicare dall’improvvisa sensazione di calore che provo e tiro un sospiro di sollievo. Non è casa, ma sembra andarci vicino. Mi avvicino al bancone dove un giovane ragazzo biondo mi si avvicina subito, con un sorriso a trentadue denti «Buonasera, cosa posso servirle?»
Ricambio il sorriso «Un caffè, grazie.» mentre aspetto mi sfrego le mani e poi me le porto davanti alle labbra per poterle riscaldare un po’ col fiato. Devo fare mente locale e attuare un piano d’azione, ma più ci penso più mi aumenta il dolore alla testa. Vorrei solo buttarmi in un letto e non uscirne per almeno tre giorni, ma il piano d’azione mi serve anche per ottenerlo, un letto.
«Ehilà!» una voce alla mia sinistra mi fa girare di scatto. Solo in quel momento noto che il bar è pieno di lucine e addobbi natalizi, e sotto un Babbo Natale appeso al soffitto c’è un ragazzo dai capelli rossi che mi guarda tenendo una birra grande in mano «Bevi? Abbiamo fatto un ordine bello grosso noi! A dire il vero abbiamo proprio un posto in più, quell’idiota di Matt si è ritirato all’ultimo per stare con la sua ragazza…» mi affianca, e nota solo dopo la tazza di caffè ormai vuota. Sembra indeciso, ma non si dà per vinto, indica un tavolo alle sue spalle con una bellissima ragazza dai lunghi capelli ricci ramati e un ragazzo alto, dai capelli neri rasati, mingherlino e con qualche piercing. «So che non ci conosci, ma pensavo, se non hai altri piani ovviamente… puoi anche non bere birra, non discriminiamo, abbiamo ordinato tramezzini, analcolici-»
«Dan, lasciala in pace!» la ragazza lo interrompe, dal tavolo, superando anche le voci degli altri commensali. «Se non mi aveste costretta anch’io lo passerei senza di voi, il capodanno! Sul divano con una cioccolata calda e un film!»
«Sta zitta Cass!» la riprende quello che ho intuito essere Dan, poi si rivolge nuovamente a me «Senti, non voglio forzarti né nulla, dimmi tu se ci stai o meno. Non ti chiederemo di pagare nulla, tranquilla.» ha un sorriso a trentadue denti quasi contagioso, sembra il ragazzo più felice del mondo. Il sorriso si affievolisce un po’ appena mi osserva più nel dettaglio «…tutto bene?» forse avrei dovuto dire qualcosa, o forse ha notato i lividi.
Gli sorrido appena «Sì, ti ringrazio, ma sto bene così.» non so chi sia, mi dispiace per lui ma non mi fido abbastanza.
Mi guarda sospettoso «devo chiamare la polizia o sei appena uscita da un Fight Club?» ora è a metà tra il preoccupato e l’incuriosito.
Non so perché ma decido di cogliere la palla al balzo. Sogghigno appena, quasi involontariamente «Puoi indovinare, vuoi provare a batterti anche tu?» gli mostro il pugno, ancora con le nocche un po’ rosse, cercando di sembrare il più scherzosa possibile. Poi scuoto appena la testa «Faccio boxe, niente di preoccupante, ma resta l’invito a batterti se proprio vuoi» Lui alza la mano sinistra a palmo aperto a la mano con la birra in segno di resa «Non oserei mai!» ridacchia, cercando di nascondere un po’ di preoccupazione, prima di abbassare la voce «ecco... la verità è che sono qui con due miei amici, Cassidy e James, loro stanno insieme e Matt sarebbe dovuto venire per non farmi essere il terzo incomodo... e Matt non c'è, quindi io ora sono il terzo incomodo.» sospira, porgendomi nuovamente la birra mentre io abbasso il pugno riflettendoci «Ti va di unirti a noi? Sul serio, solo perché non voglio passare l’ultimo dell’anno a guardare quei due che si baciano mentre io bevo da solo e mi deprimo pensando a tutte le mie storie passate.»
Ci penso un attimo, ma dopotutto... cos'ho da perdere? Ah già, non lo ricordo.
E poi, male che vada, ho l'impressione di sapermi difendere piuttosto bene.
Sospiro un attimo sperando di non pentirmene, e prendo la birra «Accetto, a patto che tu mi ceda anche una delle tue birre per ricambiarmi il favore. Non è carino essere gli esterni davanti a una coppia sdolcinata.» lui ritorna con il sorriso a trentadue denti, fa un cenno al cameriere e mi fa strada al loro tavolo. Penso che dopo questa buona azione anche il caffè sia pagato.
Arriviamo al tavolo accolti dal teppistello e dalla rossa che stanno pomiciando, i capelli di lei coprono praticamente entrambi. Alzo la birra verso di loro «Alla vostra!» annuncio prima di prendere un sorso. Buona, non di estrema qualità, ma mi piace. Loro si girano verso di me in contemporanea, sorpresi ma… contenti? Perché la gente oggi è contenta di vedermi?
«Dan… l’hai convinta!» parla il “ragazzaccio” alzandosi e osservandomi.
«Sa anche combattere!» spiega Dan per giustificare i lividi al posto mio. Forse dovevo cercare pure del trucco tra gli oggetti smarriti.
«Forte!» esclama l’altro sinceramente sorpreso «Può farci da bodyguard! Ecco perché ha accettato, sa che può farti il culo se le dai fastidio!» ride, avvolgendo con il braccio le spalle dell’amico prima di porgermi la mano destra «comunque piacere, io sono James!» gli stringo la mano mentre ragiono su cosa rispondergli prima che la rossa ci interrompa «James, smettila di importunarla!» sospira, guardandolo male «Ignoralo, è solo scemo; io sono Cassidy, ma puoi chiamarmi Cass. Qualunque cosa Dan ti abbia detto, se non vuoi unirti a noi sta tranquilla, non cedere ai suoi occhi da pecorella smarrita...»
Scuoto la testa ridacchiando un po’ «tranquilla, non è così che mi ha convinto. Non mi vendo per un paio di occhi dolci… e poi mi ha offerto le birre gratis, chi dice no a delle birre gratis?»
«Hai detto bene, sorella!» urla James offrendomi un batti cinque che subito ricambio sotto gli occhi divertiti di Dan e sconsolati di Cass.

In realtà sono più simpatici di quel che sembra, i due piccioncini si scambiano effusioni solo quando sono tra loro e io e Dan siamo impegnati a portare il cibo dal bancone al tavolo. E hanno preso parecchia roba, ci sono rusticini, pizzette, panini, tutta roba facile da mangiare e che non riuscirà mai a fare da contrappeso a tutto l'alcool che berremo.
Io e Dan siamo uno di fianco all'altra, di fronte a noi Cass e Matt che ogni tanto si scambiano baci o sguardi amorevoli «Quindi tu come ti chiami?» mi domanda Cass prendendo un sandwich e dando inizio alle danze del mangiare e bere come se non ci fosse un domani. Faccio lo stesso, riflettendo velocemente... e dicendo la prima cosa che mi viene in mente «Betelgeuse» sono un'idiota. Non so nemmeno che significhi, mi è solo venuto in mente, e spero davvero non significhi nulla. «Ma potete chiamarmi Beth!» mi affretto a dire sotto lo sguardo sorpreso di Cass e.… divertito? Così mi sembra, di Dan. Ma prima che quest’ultimo possa dire qualcosa Cass lo anticipa «Ah! Che nome interessante. Dan, se ti azzardi a ridere ti assicuro che regalo a lei tutte le tue birre.» lui cerca di trattenersi ma vuole evidentemente ridacchiare, scuotendo la testa «No, niente, è che mi ricorda una persona... qual è il tuo cognome? Magari siete imparentati» mi guarda tra il sospetto e il divertito, con la coda dell'occhio.
«Hm... Dent.» non sono brava con i nomi... e lo sono ancor meno con i cognomi, difatti lui non perde il suo sguardo, anzi... «E tuo padre si chiama Arthur per caso?»
Lo guardo interrogativa, ha un tono serio, e nonostante non abbia idea di come si chiami mio padre son certa che non si chiami Arthur... e son certa che non mi va di parlare di lui. «No.» rispondo senza aggiungere altro prima di addentare il sandwich e cambiare repentinamente argomento. «Quindi voi che fate di bello nella vita? A parte organizzare feste a cui invitare gente sconosciuta? Che devo dire, sembra un business abbastanza fallimentare ma lascerò che me ne parliate voi.»
Cass ridacchia, divertita «Qualcuno di noi ha finito gli studi e ora fa qualche tirocinio, altri sono in dirittura d’arrivo. Conviviamo tutti insieme come un bel gruppo di pazzi, per ora.» ora si spiega l’essere così amichevoli, sono solo giovani e inesperti.

La serata passa abbastanza tranquilla, riesco ad evitare tutti gli argomenti di cultura generale e ad inventare un paio di cose sul mio conto, mi tengo sul vago, improvviso un po' e tutto sembra andare per il meglio... almeno finché Dan non mi chiede di fare una passeggiata fuori mentre i due piccioncini si scambiano effusioni sempre più intense, probabilmente a causa dell’alcool. Il bar ormai è pieno di gente e l’aria non dico che è irrespirabile, ma l’ossigeno di sicuro manca. Usciamo e il freddo ci investe, ma non è eccessivo, è piacevole, mi fa stare bene. Passeggiamo un po’, anche per smaltire alcool e cibo, e dopo essersi assicurato che i piccioncini non ci abbiano seguiti Dan prende la parola «Quindi... fan di Douglas Adams?» sorride di nuovo come prima, come se ci fosse qualcosa che lo preoccupa.
Inarco un sopracciglio «chi?»
«Beh, Betelgeuse, Dent... Guida galattica per autostoppisti?» Scuoto la testa e lui sembra decisamente deluso «È un romanzo fantascientifico, Arthur Dent è il protagonista, e nel primo libro della pentalogia si parla di Betelgeuse, è una stella vicina al pianeta natale di uno dei personaggi principali...»
«Oh.» dannazione. Probabilmente l’ho letto. Nel dubbio cerco di ricordare, provo a scavare a fondo nei meandri della mente per trovare anche un frammento di ciò che mi ha accennato... ma mi viene solo un gran mal di testa. Non so perché il nome di una stella è la prima cosa che mi è venuta in mente, non ne ho idea. Nemmeno sapevo fosse una stella.
«Non ti preoccupare, sul serio, magari mi sbaglio, i tuoi saranno fan delle stelle... comunque non voglio spingerti a dire qualcosa che non vuoi dirmi, tranquilla, era giusto curiosità.» segue un silenzio imbarazzante prima di rigirare verso il bar. Lo sento, è gentile ma anche un po’ deluso, e non mi piace come cosa.
Sospiro un attimo e mi fermo, smettendo di camminare, lui mi imita e mi osserva incuriosito. Non mi aspetto che possa aiutarmi con il mio problema, ma tentar non nuoce. «In realtà non ricordo come mi chiamo.»
Il silenzio che segue è imbarazzante e confuso allo stesso tempo. «Cosa?»
«Sta mattina mi sono risvegliata in ospedale con un’amnesia totale. Non so come mi chiamo, o dove abito, non sono nei database della città e non ho documenti.» Mi guarda come se gli avessi detto la cosa più assurda del mondo, poi sgrana appena gli occhi, come se avesse intuito qualcosa «Ecco perché eri qui senza nessuno e non avevi piani per l’ultimo dell’anno... quindi come lavoro non coltivi davvero erba?»
Sghignazzo «quello era per distrarvi fomentando James che ha iniziato a parlare di tutto ciò che sapeva sull'argomento» si unisce anche lui alla mia risata, prima di tornare serio «Certo che ci vuole sfiga a beccarsi l'amnesia proprio oggi!»
Faccio spallucce «magari ho anticipato di un giorno la festa ed ho bevuto qualche cocktail strano... non so, è tutto molto confuso»
«Quello sarebbe molto divertente. Non avevi un telefono con te? O qualcosa del genere?» scuoto la testa e metto le mani in tasca, svuotandole. Ci sono un mazzo di chiavi, degli spiccioli, una banconota spiegazzata, una penna e un foglietto di carta con la scritta "DON'T PANIC".
Lui osserva il tutto e nel vedere il foglio sgrana gli occhi «Avevi anche un asciugamano con te?»
«No... perché?»
«Una teoria... lascia stare.» rimetto tutto in tasca, un po’ sconsolata. «E l'orologio?» domanda osservando l'orologio nero che ho al polso sinistro.
«Penso sia uno smartwatch» gli spiego, lo schermo è totalmente nero e anche cliccando uno dei tasti non succede nulla.
«Un cosa?»
Ora sono io a guardarlo interrogativa «uno smartwatch... si collega allo smartphone» lui sembra sempre più confuso, ma prima che possiamo andare oltre i ragazzi escono dal bar e ci chiamano, mancano pochi minuti alla mezzanotte. Rientriamo da loro, entrambi con più domande che risposte, ma mentre camminiamo, prima di rientrare, Dan mi poggia una mano sulla spalla «Ti darò una mano... se vuoi, ovviamente.» mi sorride in modo rassicurante, e sento un calore che raramente avevo sentito in vita mia. Un calore che parte dal petto e cresce... ho gli occhi lucidi e non so il perché.
Intanto inizia la conta, mancano dieci secondi alla mezzanotte e insieme al calore inizio a sentire anche una stretta dolorosa, una paura apparentemente insensata, ma cerco di ignorarla mentre riempiamo i bicchieri di spumante e usciamo, alzandoli al cielo.
«Tre...» ci siamo «Due!... Uno! …» e partono i fuochi d'artificio, non troppo lontani e perfettamente visibili da lì «Buon anno!» urliamo all'unisono mentre in cielo si forma un enorme "1997", e io mi paralizzo sul posto.
Perché se c'è una cosa che ricordo... è che questo dovrebbe essere il 2024.


NOTE

Grazie per chiunque sia arrivato alla fine del capitolo! Non scrivevo da un po', e questa sfida può essere un buon modo per rimettermi in carreggiata. Siate liberi di darmi critiche e consigli, o di farmi domande riguardo la storia. Che il Writeober sia con voi!
  
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