Un click lieve, quasi impercettibile. “Cazzo! Giù!” E spinse verso il pavimento Lexi proteggendola con il proprio corpo.
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Il corpo di Ric era inerme fra le lenzuola bianche. Il capo fasciato, gli occhi chiusi, il respiro lento e regolare.
Lexi attendeva, seduta su una sedia di plastica accanto al letto. Gli altri colleghi della squadra erano nella saletta d’attesa.
Le lunghe ciglia tremarono brevemente, poi le palpebre si aprirono, sbatterono più volte per rimettere a fuoco la vista.
“Ric!” Esclamò Lexi piano con sollievo, mentre un sorriso le allungava le labbra in un piccolo sorriso.
Lui la guardò, corrugò la fronte, poi osservò l’ambiente in cui si trovava. “Sono in ospedale?”.
“Sì. Come ti senti?”.
“Con un gran mal di testa” disse portandosi una mano alla benda.
“Fa attenzione” gli disse spostandogli delicatamente la mano dalla ferita. “Sei stato colpito dai detriti”.
“Detriti?”.
“Quelli causati dall’esplosione”.
Gli occhi di Ric si ridussero ad una fessura. “Non ricordo niente”. Poi si appuntarono di nuovo su di lei. “E tu chi sei?”.
Lexi spalancò gli occhi. “Sono Lexi. Siamo colleghi”. La sua voce era uscita stranamente fievole.
“Sei arrivata da poco?”.
Lexi boccheggiò. Si alzò e il mondo le vorticò intorno e dovette appoggiarsi alla sedia. “Ti chiamo Michael”.
“Grazie”.
Lexi uscì dalla stanza e raggiunse i colleghi. Disse a Michael che Ric lo attendeva e si sedette.
Gli altri cominciarono a farle domande ma lei disse che si era appena svegliato e che non ricordava quanto era successo. Non sapeva altro.
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Michael fece ritorno accompagnato da un medico che parlò, rivolgendosi a tutti loro: “Ric ha un'amnesia, probabilmente causata dai colpi che ha subito in testa dai detriti. Non ricorda quanto gli è accaduto. Non sappiamo quanto indietro nel tempo è rimasto, ma sa di essere un agente di polizia e ha riconosciuto il vostro capo. Probabilmente è un evento soltanto momentaneo che si risolverà in breve tempo. Stategli vicino, ma non pressatelo a ricordare”.
Michael si avvicinò a Lexi dopo che il medico se ne fu andato. “Lexi, desidererei che andassi a casa a riposarti. Prenditi qualche giorno per riprenderti prima di tornare in ufficio. Almeno per oggi non rimanere qui: Ric è in buone mani”.
Lei annuì. “Ti ringrazio. Domani tornerò in servizio. Ric non si ricorda di me, è inutile che torni qui”.
MIchael le strinse la spalla e aspettò che lei lo guardasse: “Ricorderà, non preoccuparti. Adesso andiamo, ti riporto a casa”.
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Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, Lexi andò dritta in bagno e si fece una doccia calda, poi raggiunse il soggiorno e si raggomitolò sul divano.
Lo sguardo di Ric era impresso nella sua mente: occhi che la guardavano ma non la vedevano, che non sapevano chi fosse. E lei… lei si era sentita sparire.
Si sentiva come quando era andava a vivere dallo zio, dopo la morte dei suoi genitori. Lui non le aveva mai fatto mancare niente: scuola, abiti, cibo, tutto ciò che le necessitava, tranne l’affetto, la considerazione, la conferma della sua stessa esistenza. Non c’era mai stato dialogo, lui non aveva mai saputo niente di lei, non se ne era mai interessato. E, quando se n’era andata, compiuti diciotto anni, non avevano mantenuto alcun rapporto. Ognuno di nuovo per la propria strada.
Non si era resa conto di come Ric fosse riuscito a penetrare la corazza che aveva costruito in tutti quegli anni, ad avvicinarsi a lei, nonostante le sue resistenze. Di quanto, per lei, lui fosse diventato importante. Si arrotolò in una coperta e chiuse gli occhi sperando di riuscire a dormire, e, dopo un po’, la stanchezza e il calo dell’adrenalina ebbero la meglio e si addormentò.
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Il ritorno di Ric a lavoro non fu semplice per Lexi. Lui trattava gli altri con familiarità e lei con cortesia. Questo la portò a chiudersi a sua volta, isolarsi di più ed essere più impulsiva durante gli interventi.
Michael la chiamò nel suo ufficio. “Lexi che diavolo ti prende? Ti sei lanciata all’inseguimento dell’indiziato da sola, senza aspettare il tuo partner! Se ti avesse portato dove c’erano dei suoi amici ad attenderti? Se ti avesse ferita?”.
Lexi abbassò il capo. “Mi spiace, hai ragione”.
Michael si alzò e fece il giro della scrivania fino a fronteggiarla. “So che sei turbata e che la situazione è difficile da accettare per te, ma se pensi di non riuscire a mantenere il controllo della situazione preferisco che tu rimanga a casa: non voglio perderti per una disattenzione o perché non posso fidarmi delle tue capacità di giudizio”.
“Non è necessario”.
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Lexi deglutì. Erano appostati davanti un’abitazione in cui, secondo la soffiata di un informatore, doveva esserci Reginald Whare. Lo stesso che erano andati a cercare nella casa esplosa tre settimane prima. Qui avrebbero dovuto trovare lui e il suo deposito di metanfetamine.
Liam si avvicinò e sfondò la porta dopo aver annunciato la loro presenza. Si fece da parte e Set avanzò, seguito da Lexi, Ric e Michael. Si divisero per controllare le varie stanze. Lexi trovò la porta che dava accesso a un seminterrato, l’aprì lentamente e colpi di arma da fuoco perforarono la porta facendo volare in aria schegge di legno. Lexi e Ric si protessero dietro i muri, poi Lexi si abbassò, si sporse e fece fuoco. Dal piano inferiore provenivano rumori e dopo un poco del fumo raggiunse le scale. “Hanno dato fuoco!” disse Lexi e corse giù per le scale.
“Aspetta!” le gridò Ric ma le andò dietro.
Lexi ferì l'uomo all’ingresso e Ric lo ammanettò. Nel locale era stato allestito un laboratorio e i ragazzi che ci stavano lavorando lo stavano adesso distruggendo.
Arrivarono anche Michael e gli altri e riuscirono a bloccare tutti e a portarli fuori, prima che tutto andasse a fuoco.
Ric raggiunse Lexi che si era allontanata e tossiva per liberare i polmoni dai residui chimici. Le disse di seguirla e la portò oltre lo steccato della casa vicina, dove gli altri non potevano vederli.
“Perché sei scesa senza copertura?”. I suoi occhi fiammeggiavano di rabbia.
Lexi lo guardò senza sapere cosa rispondere.
“Ti sei comportata come una novellina avventata! Che diavolo ti è preso? Sei sempre stata impulsiva ma mai come oggi!”.
Lexi spalancò gli occhi. “Tu... ti ricordi di me?”.
“Certo che mi ricordo di te! Cosa stai dicendo?”. Ma la rabbia svanì non appena vide delle lacrime scendere sulle guance di Lexi: era la prima volta che la vedeva piangere. Si sentì in colpa. “Lex... che ti prende?”, chiese preoccupato. Ma lei gli andò incontro e lo abbracciò mentre alcuni singhiozzi le scappavano dalla gola.
Ric l’avvolse fra le sue braccia. “Non volevo essere così duro... non pensavo che te la saresti presa tanto...”.
Lei scosse la testa e si sciolse dall’abbraccio. Fece un passo indietro e si asciugò gli occhi tirando su col naso. “Ti eri dimenticato di me. Non mi riconoscevi più”.
Ric socchiuse gli occhi con sguardo interrogativo.
“Dopo l’esplosione avevi perso la memoria, un pezzo... e in quel pezzo c’ero anch’io”.
“Mi spiace Lexi”. Le sorrise. “Ma non potevo non tornare a ricordarmi di te”. Allargò le braccia e dopo un attimo Lexi vi si rifugiò.
Lui posò delicatamente la testa su quella di lei. “Continuerò a esserci, a guardarti le spalle, a rimproverarti perché non ti prendi cura di te e lo farò io al posto tuo”.
Lexi respirò il suo odore, si fece riscaldare dal suo calore e sentì che ogni cosa stava tornando al suo posto.