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Autore: Fox_Symbol    21/10/2024    0 recensioni
Hannah è una ragazza come tutte le altre. Ha una famiglia affiatata, una cara amica e tanti progetti. Non vede l'ora di finire la scuola e godersi il suo meritato anno sabbatico, a dispetto di quello che pensa suo padre. Tutto sembra andare di bene in meglio ma un giorno un incendio cambia ogni cosa. Tutto dipenderà da come affronterà il cambiamento. Non sarà facile perché la sua vita non sarà più la stessa.
Genere: Avventura, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo l’interfono svegliò tutti alle sei in punto. Questo rese di pessimo umore anche il ragazzo più tranquillo dell’hangar. Ci vestimmo tutti e salimmo in mensa per fare una veloce colazione. La voce all’interfono aveva dato tempo mezz’ora a tutti per trovarsi pronti nel piano
-4, verde. Ogni porta delle aule d’addestramento aveva impresso il nome della squadra che doveva utilizzarla. Feci il possibile per mangiare in fretta e furia. Quindi oltre a prendere poco da mangiare dovevo fare presto ingozzandomi. Non fui la prima a finire ed andarmene ma neanche l’ultima. Mi diressi verso l’ascensore insieme ad altri ragazzi. La vera scocciatura fu che, non so come, ma tutti gli ascensori contavano le persone al loro interno quindi non partivano finché ciascuno dei presenti non scansionava il proprio pass.
 
Fu in quell’occasione che mi resi davvero conto di quanto ogni persona era diversa. Vidi ragazzi come me pronti a fare di tutto per arrivare in orario, mentre altri facevano tutto con molta calma e senza la minima preoccupazione. Quello stile menefreghista era diventato inconcepibile per me. Non ero più la stessa ragazza e lo dovevo accettare.
 
Mi ritrovai paralizzata di fronte alla porta con su inciso il nome del nostro gruppo, Sigma. Feci un grosso respiro. Sapevo che mi avrebbero chiesto di riprovare ad attivare i miei poteri. Sapevo che molto probabilmente avrei dovuto farlo davanti a tutti e sicuramente se non ci fossi riuscita sarei stata molto peggio. Fallire non era un’opzione.
 
Entrai nella stanza. Non era come la precedente, per l’identificazione dei poteri. Era molto più grande. Sembrava un’enorme e anonima palestra. Le pareti erano grigie come il pavimento e il soffitto. Sembrava un luogo noioso e deprimente finché non notai le enormi crepe, i segni di artigli, di bruciature e molti altri dettagli che rendevano la stanza più interessante ed inquietante. Mentre si aspettava che arrivassero tutti, Mei che giocherellava con il suo cellulare. Insieme a me c’erano Blake, Matt e Raul Santos. Di quest’ultimo non sapevo niente. Ero andata via prima che si presentasse e si esibisse durante l’identificazione poteri. Era molto silenzioso e timido. Se ne stava sempre in un angolo senza rivolgerci neanche uno sguardo mentre aspettavamo che il resto della squadra arrivasse. Riuscii a vedere di sfuggita i suoi occhi scuri come il carbone perché se ne stava lì sempre a capo chino. Preferiva guardarsi le scarpe piuttosto che interagire con noi. Indossava una maglietta beige, appena un po’ più scura della sua carnagione, e cercava di nascondere continuamente con le lunghe maniche il suo motivo di vergogna, quello che bene o male ci accumunava tutti. Nel suo caso era la vitiligine che aveva nelle braccia. Doveva essere parecchio estesa visto che indossava una maglietta a maniche lunghe quando la temperatura era tutt’altro che bassa. Non sapevo che potere avesse ma comunque lo avrei scoperto tra poco. Appena la squadra fu al completo, Mei mise il cellulare in tasca e ci diede il benvenuto.
 
- Immagino che vi chiediate perché questa sveglia e perché tutta questa fretta. Ogni istruttore in questa struttura ha i suoi metodi e dando un’occhiata ad ognuno di voi ho capito che bisogna partire in maniera pesante. Per questo dovrete essere sempre pronti e anche abituarvi al duro lavoro.
 
Sono sicura che gli altri, come me d’altronde, non erano affatto entusiasti.
 
- Bene, iniziamo! – esclamò a piena voce.
 
Fece raggiungere ad ognuno delle piccole postazioni, disposte in modo da essere tutti distanti dagli altri. Erano tutte diverse, ognuna adattata alle proprie abilità.
 
Aaron aveva di fronte un grosso tavolo quadrato con fissate tante lampadine spente ma dal vetro colorato e oltre il tavolo c’era un piccolo televisore. Raul era posizionato davanti ad un tapis roulant e alle spalle a quello che pareva essere un enorme cartello pubblicitario che ogni tanto cambiava il colore del poster tinta unita. Matt era seduto ad un tavolo su cui erano appoggiati un visore, un paio di cuffie e un microfono collegati ad un marchingegno dotato di due lampadine. Eva era collocata dove il soffitto era stranamente più basso e con fori di circa 50 centimetri. Nita era in fondo alla stanza, ad un passo da una piccola rotaia che sbucava da una parete a sinistra e che rientrava nella parete opposta. Blake era affiancato da un muro, dietro una linea nera. Più avanti c’erano altri segni sul pavimento che segnavano diverse distanze dalla sua posizione, precisamente ogni metro per cinque metri. Anche lui aveva un monitor disposto frontalmente, oltre i cinque metri. L’unica che sembrava non avere una postazione ero io.
 
Mei iniziò a spiegare: - Ognuno di voi ha abilità diverse ma siete comunque tutti alle prime armi, che noi chiameremo livello 1. Sulla base delle vostre abilità e del vostro livello sono stati progettati degli spazi per esercitarvi.
 
Poi rivolgendo lo sguardo ad ogni singolo, illustrò che cosa doveva fare ognuno: - Blake, tu dovrai imparare a controllare la potenza di fuoco. Per questo ogni metro è stato segnato e dotato di sensore. Sullo schermo in fondo inizieranno a comparire numeri da 0 a 5 e in base a quelli dovrai generare una fiamma tanto da raggiungere il metro indicato. Nita, di fronte a te hai un leggìo con un pulsante. Faremo passare oggetti incandescenti di varie forme a circa 2 metri di distanza da te. Ogni volta che percepisci l’oggetto che ti sembra avere la forma umana, tu dovrai cliccare il pulsante. Aaron, hai di fronte un tavolo pieno di lampadine di vario colore. Cercherai di sviluppare la precisione. Tutte le lampadine sono collegate ad un singolo cavo che terrai tra le mani e, ogni volta che vedrai comparire uno di questi colori, dovrai accendere solo le lampadine di quel colore.
 
Ascoltavo Mei assegnare compiti e ruoli agli altri membri della squadra e non facevo che chiedermi cosa avrei dovuto fare.
 
- Tu, Matt, indosserai questo visore e le cuffie che ti mostreranno prima la foto di una persona e poi un ambiente più o meno affollato in cui sarà presente. Grazie all’audio e video 3D eserciterai l’udito a isolare la voce del soggetto indicato e, una volta sicuro, la replicherai al microfono. Eva, invece, lavorerai sulla rapidità. Sopra di te cominceranno a cadere oggetti di grandezza diversa. Il tuo obiettivo sarà quello di creare piccoli buchi neri evitando di fargli toccare terra. Raul, userai il tuo mimetismo in maniera attiva andando sul tapis roulant ad una certa velocità mentre lo sfondo cambia. Dovrai tenere la mente concentrata. Ricordate che sarete ripresi tutto il tempo e che il sistema che vi aiuterà a prepararvi è intelligente e si adatterà man mano migliorate. Buon lavoro!
 
E io?
 
Non mi aveva nominata, nemmeno citata. Congedò gli altri e mi raggiunse senza fiatare.
 
- Seguimi. – ordinò mentre si avviava verso una porta metallica.
 
Fui sorpresa nella semplicità della piccola stanza oltre quella porta. Non c’erano alto che due sedie, una scrivania e un proiettore. Nient’altro. Seguii i suoi ordini e mi sedetti di fronte a lei, dall’altro lato del tavolo.
 
- Non ti nascondo che Ryan ha parlato con me delle tue difficoltà. Non l’ha fatto per pettegolezzo o perché sono la sua ragazza ma perché credeva che in quanto tuo istruttore sarei riuscita ad aiutarti.
 
Non dissi niente. Ero delusa e imbarazzata ma non avevo niente da dire che migliorasse la situazione. Era più facile nascondere i miei sentimenti mentre guardavo i suoi occhi vacui e spenti. Lei non poteva mostrare quello che provava e io non volevo.
 
- Perché devo stare separata dagli altri?
 
Fece un respiro profondo: - Gli altri hanno più controllo. Tu dipendi troppo dalle emozioni, il che implica anche maggiore influenza di fattori esterni. Per questo conviene separarti da eventuali distrazioni, almeno per le prime volte. Non separiamo loro da te, ma te da loro.
 
Quest’ultima affermazione era personale, non indispensabile ma compassionevole.
 
- Che cosa devo fare?
 
- Perché hai detto che devo arrivare il più vicino possibile allo stato di angoscia? Non devo arrivare ad avere angoscia vera e pura?
 
- Partiremo con portarti più vicino possibile ad uno stato d’ansia.
 
- Perché hai detto che devo arrivare il più vicino possibile allo stato di angoscia? Non devo arrivare ad avere ansia vera e pura?
 
- Non se vuoi riuscire a controllarla. Non devi permettere che sia lui a controllare te.
 
Parla facile. Dirlo sembrava semplice ma farlo era tutta un’altra storia. Se ora stavo bene come potevo passare ad uno stato così imprevedibile: - Senza offesa ma non credo sia possibile provocare un attacco d’ansia.
 
- Non dobbiamo arrivare a tanto. Bisogna capire quand’è esattamente il punto di rottura. Dobbiamo individuare i tuoi trigger emotivi, ovvero la cosiddetta miccia.
 
Si avvicinò piano appoggiando le braccia conserte sul tavolo gelido: - Di cosa hai paura?
 
- Prego?
 
Inclinò il viso dallo sguardo indecifrabile: - Che cosa ti preoccupa? Che cosa ti spaventa? Chiudi gli occhi e pensaci.
 
Il mio cuore saltò un battito. Per un attimo rimasi lì impalata a fissarla, pietrificata. Sentii l’aria gelida del respiro profondo che mi scorse in gola fino a riempire i polmoni.
 
- Ok – Chiusi gli occhi e mi abbandonai sullo schienale della sedia.
 
Di cosa ho paura? Avevo lasciato i miei genitori. Gli avevo mentito ed ero scappata. Non potevo spiegargli niente. Ho paura di deludere i miei genitori. Ero cambiata da un giorno all’altro. Ero cambiata e non potevo dirlo a nessuno. Sono diventata ingestibile e pericolosa. Ho paura di me stessa. Ero finita in un luogo sconosciuto pieno d’ignoto. Senza sapere cosa fare e come farlo. Ho paura di questo posto. Ero lì per imparare a controllarmi ma non potevano aggiustarmi. Dovrò lavorare sodo per domare il mostro che ormai mi impossessava senza sapere se ci sarei riuscita. Ho paura di continuare a fare del male.
 
Di cosa ho paura? Tutto.
 
L’ondata di pensieri che mi aveva travolto sparì non appena Mei esclamò pacata: - Perfetto!
Riaprii gli occhi. Ce l’avevo fatta. Il corpo era in preda alle fiamme che mi avvolgevano più contenute. Non era come le altre volte.
 
- Wow, non credevo…
 
Non riuscii a dire altro mentre guardavo le mie dita danzare tra il calore senza scottarmi. La pelle era luminosa e accesa come le braci ardenti. Vidi il mio viso riflesso nell’acciaio del tavolo e come i miei capelli ormai sciolti ondeggiassero seguendo l’aria ventilata proveniente dalle ventole poste sul soffitto. Osservavo la maniera contenuta del fuoco che accompagnavano dolcemente i miei movimenti. Ci ero riuscita.
 
- Come mai riesco a… bruciare ancora? Sono più calma.
 
- L’ansia lo attiva ma da adesso in poi, sei tu controllarla.
 
Tirò fuori una tuta da sotto la sua sedia: - Aspetta che io esca prima di far cessare le fiamma così avrai privacy per rivestirti. Ne approfitto per incitare gli altri.
 
Non mi ero accorta di aver bruciato i vestiti, di nuovo. La prossima volta non sarei venuta con dei bei vestiti. Infilai la tuta e aspettai che tornasse. Non dovetti aspettare molto.
 
- Bene. Ora proviamo con l’angoscia. Ti avviso che non sarà per niente semplice. È l’emozione che attivò, per così dire, il tuo ulteriore sistema di difesa ma l’approccio è più complicato. A differenza dell’ansia, dovrai raggiungere l’apice di questo sentimento e poi frenarlo.
 
Si avvinò con la sedia: - Ora, raccogli dentro di te quelli che possono essere stimolatori negativi. Ricordi spiacevoli, eventi tristi e delusioni. Ma senza lasciarti travolgere.
 
Stimolatori negativi. Scavai nella mente con cautela. Ero terrorizzata. Delusioni d’amore, fallimento a scuola, rammarichi verso situazioni mal gestite.
 
Troppo vago e debole. Scava ancora.
 
Il periodo in cui venni presa di mira dai bulli e infierirono davanti a tutta la scuola, quando sentii per sbaglio mio padre dire che non avrei avuto possibilità, sensi di colpa mai superati.
 
Niente.
 
Crollai sulla sedia: - Non ce la faccio. È impossibile.
 
- Non ti preoccupare. Ti porti comunque una vittoria a casa. Riproviamo.
   
 
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