La sirena adorava la bassa marea perché le permetteva di sedere sugli scogli e ammirare in santa pace la grande città. Spiare gli umani era un passatempo come un altro, le grandi avventure dei suoi simili erano già state sdoganate dalla letteratura terrestre, così non doveva temere che qualcuno si preoccupasse che su una roccia, nel bel mezzo dell’acqua, ci fosse una creatura mitologica. Al massimo la gente poteva pensare a uno scherzo o a un set fotografico.
Neanche i bambini, pur essendo felici di vederla, avevano più la propensione a meravigliarsi. Quando la indicavano ai genitori, questi di solito rispondevano con sufficienza e la volta successiva, se la incontravano ancora, i piccoli esprimevano il medesimo sentimento.
Che cosa stava capitando al mondo?
Secoli addietro i suoi antenati erano temuti e rispettati, talvolta partivano intere spedizioni per riuscire a scovare le città sommerse che, secondo le leggende, racchiudevano segreti e tesori. Qualche sventurato era pure riuscito a vederle, ma non era tornato in superficie per raccontarlo. Con il passare del tempo, la scienza aveva preso il posto della superstizione, ed era giusto, ma quanto doveva essere triste aver perduto la capacità di sognare?
E la sirena sullo scoglio se lo chiedeva ogni volta che incappava in un porto indaffarato, pieno di marinai di giorno e di giovani di notte che andavano a divertirsi, a bere, ad azzuffarsi. O vicino a una spiaggia, stracolma di turisti nei mesi estivi, dove poteva persino nuotare tra i bagnanti, tanto nessuno le dava peso.
Erano anni che non scorgeva un umano guardare l’orizzonte con gli occhi lucidi e il fiato corto per il cuore accelerato. Provò nostalgia e tanta pena.
Ma lei non avrebbe perso la speranza: prima o poi avrebbe incontrato colui che si sarebbe perso nell’incantesimo del mare.