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Autore: Kimando714    30/10/2024    0 recensioni
La vita a quasi trent’anni è fatta di tante cose: eventi felici ed eventi che ti mandano in crisi, successi ed insuccessi, traguardi personali e lavorativi, vecchi legami che cambiano e nuovi che nascono … Giulia è convinta di saper navigare il mare di contraddizioni che la vita le sta per mettere di fronte, e così lei anche il gruppo storico di amici. Ma la vita ti sorprende quando meno te l’aspetti, e non sempre sei pronto a ciò che ti pone davanti. E forse, il bello dell’avventura, sta proprio in questo.
“Se è una storia che sto raccontando, posso scegliere il finale. Ci sarà un finale, alla storia, e poi seguirà la vita vera” - Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale
[Terza e conclusiva parte della trilogia “Walf of Life”]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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CAPITOLO 39 - BEAUTIFUL WITH YOU




 
Oh, to see without my eyes
The first time that you kissed me
Boundless by the time I cried
I built your walls around me [1]
 
Girò la chiave nella toppa, e la porta d’ingresso scattò subito, aprendosi verso l’interno dell’appartamento. Il secondo successivo Pietro allungò una mano verso destra, tastando la parete fino a quando non trovò l’interruttore, facendolo scattare. Ora che c’era luce e potevano guardarsi, gli venne subito da ridere.
-Credo di non essere mai stato così fradicio in vita mia- mormorò Alessio, tra la disperazione e la rassegnazione. Era poco dietro Pietro, ancora nel corridoio comune del palazzo, ad osservare i propri vestiti bagnati. I capelli non facevano eccezione.
Pietro rise tra sé e sé, osservandosi a sua volta: a lui non era andata molto meglio, e d’altro canto cosa potevano aspettarsi dopo aver attraversato mezza Venezia sotto la pioggia improvvisa, senza mezzo ombrello a ripararli?
-Sembra che abbiamo deciso di farci una doccia completamente vestiti- disse, spostandosi e facendo spazio ad Alessio per farlo entrare. Per un attimo trovò quel gesto strano: l’ultima volta che Alessio era entrato lì, diverse settimane prima, era stato nel giorno della loro conversazione più lunga di sempre. E se doveva ripensare alla penultima volta doveva andare addirittura ad Agosto, e a quel punto preferì distrarsi.
-Dovremmo farci sul serio una doccia- mugugnò Alessio, passandosi una mano tra i capelli umidi – O rischiamo di prenderci un malanno. Già tu hai rischiato una settimana fa-.
Pietro annuì. La proposta di Alessio era sensata, e già agognava l’acqua calda della doccia.
-C’è solo un problema-.
A quelle parole di Alessio si ritrovò ad alzare lo sguardo, confuso.
-Non ho dei vestiti di ricambio, e non posso certo rimettere questi- proseguì, indicandosi. Sotto il cappotto il maglione non si era comunque salvato, e Pietro poteva dire lo stesso per sé. Avevano semplicemente camminato troppo tempo sotto troppa pioggia per uscirne indenni anche solo in parte.
-Non è un problema, in realtà- fece lui, iniziando a togliersi la giacca a vento – Te li presto io-.
Alessio lo guardò scettico:
-Le tue felpe credo che mi vadano più o meno giuste- rifletté – Ma i pantaloni … -.
-Dovrai farci i risvolti- Pietro lo guardò cercando di trattenersi dal ridere – Parecchi risvolti-.
Lo sguardo truce che gli rivolse Alessio lo mise in seria difficoltà dal non ridere:
-Guarda che non è che sono basso io, sei tu ad essere troppo alto-.
-Se ne sei convinto-.
Alessio fece per ribattere ancora, rosso in viso, ma Pietro fu più veloce di lui: gli si avvicinò felino, chinandosi quel che bastava per allineare i loro visi, e baciarlo cogliendolo di sorpresa. Ma per quanto potesse essere stato svelto, Alessio lo strinse comunque a sé, agganciandogli le braccia ai fianchi.
Si staccarono poco dopo, a malincuore, ma stavano entrambi sorridendo, Alessio in maniera un po’ troppo compiaciuta:
-Mi hai zittito solo perché sai che ho ragione-.
Pietro sbuffò, alquanto divertito:
-Non ti è dispiaciuto essere zittito così, però-.
Stavolta il sorriso di Alessio si addolcì. Era una delle rare volte successa in quella giornata, e Pietro sapeva che c’erano ancora troppi pensieri nella sua testa a non renderlo sereno. Fu lui, stavolta, ad avvicinarsi, e a lasciargli un bacio a stampo che sembrava sottintendere molte altre parole.
-Andiamo a farci questa doccia, che mi sto congelando- mormorò Alessio, ancora sulle sue labbra.
E a quelle parole a Pietro non rimase altro che annuire.
 


Il vetro della doccia si era appannato nel giro di pochi minuti, l’acqua calda che scrosciava e scorreva sul piatto, rendendolo scivoloso.
Anche un’azione quotidiana ed ordinaria come quella di farsi una doccia, in quel frangente, stava assumendo dei contorni nuovi – sfumature di intimità che andavano oltre anche la fisicità vera e propria. Poter osservare il corpo di Alessio a quella distanza così ravvicinata, nell’ambiente stretto e caldo della doccia, rientrava esattamente in quella definizione: era qualcosa di così intimo a cui Pietro faticava ancora ad abituarsi. Non era la prima volta che si vedevano nudi, ma era la prima volta che lo facevano in un frangente così famigliare.
“Più intimo del sesso”.
-Mi puoi insaponare le spalle e la schiena?-.
Non aveva idea se per Alessio fosse lo stesso, né aveva del tutto il coraggio di chiedergli cosa gli stesse passando per la testa, ma dalla sua voce e dalle sue parole non sembrava trasparire nulla di negativo. Era stata una domanda semplicissima, ma che racchiudeva in sé così tanti nuovi significati che Pietro faticava a leggerli tutti.
O forse era lui che stava vivendo tutti quei cambiamenti, che avevano scelto entrambi di intraprendere, con un po’ di ansia. Ansia che potesse finire tutto di nuovo, ansia che Alessio se ne andasse di nuovo.
Non si rese conto di non aver risposto per diversi secondi, e di certo di non aver fatto come Alessio gli aveva chiesto – le sue mani erano rimaste a mezz’aria, incapace di allungarle sia verso il sapone, sia verso la schiena nuda e bagnata dell’altro. Si era semplicemente bloccato. E se ne accorse solo quando Alessio si girò verso di lui, uno sguardo perplesso negli occhi azzurri.
-Che c’è?- gli chiese ancora, stavolta più incerto.
Pietro si morse il labbro inferiore, sopraffatto da tutte le emozioni che stava provando.
“Sei così bello”.
Glielo avrebbe voluto dire, ma a quel punto avrebbe anche dovuto aggiungere che quello che stavano condividendo era altrettanto bello, così tanto da fargli paura. Si ritrovò a comprendere ancora meglio come doveva essere stato per Alessio mesi prima, a dover affrontare le proprie paure e il senso di inadeguatezza.
Alla fine si costrinse a schiarirsi la voce, con fare impacciato:
-Niente- farfugliò, rendendosi conto di non essere molto credibile – Mi sono solo distratto-.
A quel punto, convincente o meno, Alessio gli sorrise comunque:
-Non distrarti troppo, o non mi sarai molto utile- disse, girandosi completamente verso di lui, facendosi più vicino – Per una volta che posso chiedere a qualcuno di insaponarmi per bene-.
Aveva parlato a bassa voce, e Pietro aveva colto della sensualità nel modo in cui si era posto. Non si stupì quando Alessio si sporse verso di lui per baciarlo, passandogli le braccia dietro il collo per attirarlo più a sé.
Pietro lo lasciò fare, rispondendo a quel contatto con rinnovato entusiasmo: in un certo senso, era esattamente ciò che avrebbe voluto per mettere a tacere tutti i suoi timori.
Ma fu altrettanto contento, almeno in parte, quando Alessio si allontanò da lui: non aveva idea se sarebbe riuscito a trattenersi dall’andare oltre, se avesse continuato a baciarlo in quella maniera. E aveva ancora tutta l’intenzione di mantenere fede alla decisione di andare per piccoli passi.
-Dai, girati- gli disse, stavolta allungando davvero la mano a recuperare la bottiglia di sapone liquido – Spero che poi ricambierai il favore-.
Alessio, che ora gli dava di nuovo le spalle, ridacchiò sommessamente:
-Può darsi-.
 
Oh, oh, is me
The first time that you touched me
Oh, will wonders ever cease?

Blessed be the mystery of love
 
*
 
Aveva smesso di piovere quando ormai mancava poco alla fine del film. Stavano scorrendo i titoli di coda, l’attesa per la seconda clip post credits che si riduceva sempre di più.
-Benedict Cumberbatch ha il suo perché con quella barba-.
A quella frase mormorata probabilmente soprappensiero di Alessio, Pietro si girò verso di lui, un sopracciglio alzato. Alessio si voltò a sua volta, ridendo piano:
-Non essere geloso-.
-Non lo sono- Pietro scosse il capo, accoccolandosi un po’ più vicino a lui. Avevano guardato Doctor Strange in the Multiverse of Madness uno accanto all’altro sul divano del salotto, sotto una coperta calda. Non era di certo la prima volta che passavano una serata in quella maniera – sotto una coperta o con qualcosa di fresco da bere, a seconda della stagione, e con un film da guardare-, ma era la prima volta che Pietro aveva avvertito che qualcosa era cambiato, rispetto alle precedenti. Non era un cambiamento dato solo dai gesti più espliciti, come i baci che c’erano stati anche durante il film, ma soprattutto da quelli più sottintesi, come i contatti casuali tra i loro corpi vicini all’inverosimile.
Pietro era sicuro che Martino avrebbe descritto quel quadretto famigliare più puntualmente come una serata da coppia di sposini.
-Qual è il prossimo film in lista?- chiese, un po’ per distrarsi dai suoi stessi pensieri, e un po’ per sopperire al silenzio creatosi.
-Non ricordo- disse Alessio, cercando di reprimere uno sbadiglio, ma senza riuscirci molto – Ne abbiamo in abbondanza per questo rewatch Marvel-.
I minuti successivi Alessio li passò continuando a sbadigliare, nonostante avesse seguito con relativa attenzione la breve seconda clip. Pietro aveva l’impressione che fosse molto vicino dal crollare dal sonno, ma stesse cercando di non venire sopraffatto.
-Stanco?-.
Glielo chiese mentre spegneva la tv, riponendo il telecomando sul tavolino davanti al divano.
-Un po’- Alessio gli sorrise debolmente, gli occhi chiusi – È stata una settimana pesante-.
-Vieni qui-.
Lasciò che Alessio si sistemasse come preferiva, limitandosi ad osservarlo mentre lui si stendeva sul fianco sinistro, le gambe ancora sotto la coperta e il capo poggiato ora sulle cosce di Pietro. Prese ad accarezzargli i capelli biondi, le ciocche finalmente del tutto asciutte dopo la doccia fatta per scacciare il freddo della giornata di pioggia.
Per un po’ rimasero in silenzio, e se non fosse stato per i suoi occhi ancora aperti, Pietro avrebbe avuto il dubbio che Alessio si fosse addormentato. Ma era decisamente sveglio, perso in pensieri che ancora non aveva esternato – forse perché ancora non ce n’era stata l’occasione. Quando quella sera si erano incrociati poco distante dal Rose Mary, dove quel pomeriggio Pietro aveva dato una mano a Lara, come capitava sempre più spesso, aveva già iniziato a piovere. Avevano avuto letteralmente solo il tempo di salutarsi e decidere che non era il caso di vagare in giro per Venezia, optando per restarsene chiusi in casa.
E anche se Alessio era sicuramente riuscito a far emergere molto di più la sua parte più spensierata, Pietro sapeva che c’era dell’altro. Ne avevano parlato per messaggio durante tutta quella settimana, ma parlarne a tu per tu era sempre diverso – e più difficile.
-Mi fa strano pensare che Alice se ne starà a Londra per così tanto tempo-.
Pietro si lasciò sfuggire quelle parole quasi con casualità. Continuò ad accarezzare il capo di Alessio, avvertendo un suo leggero sbuffo:
-Dillo a me. È da quando è tornata che ne parliamo-.
Poteva capire benissimo il senso di disorientamento che doveva aver vissuto Alessio in quegli ultimi giorni. Quando gli aveva accennato alla cosa, a metà settimana, Pietro era rimasto imbambolato per i primi secondi, incredulo.
-Non so come sarà dirlo ai bambini-.
Alessio sospirò a fondo, gli occhi puntati verso la felpa di Pietro.
-Il problema è che non capiranno davvero lì per lì- rimuginò ancora Alessio – Solo quando lo vivranno-.
Pietro avrebbe voluto dirgli che lo capiva, che aveva avuto gli stessi timori quando lui e Giada si erano lasciati, con la sola differenza che però lui aveva la possibilità di vedere Giacomo e Giorgio in qualsiasi momento, mentre per Alice non sarebbe stato lo stesso. Ma non disse nulla, non ancora, non prima che Alessio si sfogasse.
-Non so se sono pronto-.
-Non sarai da solo- Pietro parlò a mezza voce, portando una mano sul viso dell’altro, la barba di Alessio che gli punse il palmo – Comunque sei mesi passano abbastanza in fretta, e poi d’estate potranno andare da Alice a Londra. Non saranno davvero sei mesi continuativi-.
Alessio mugugnò debolmente, senza però aggiungere altro. Era pensieroso, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa, ma Pietro immaginò gli servisse ancora un po’ di tempo per ragionare tra sé e sé su tutti i cambiamenti che stava vivendo e avrebbe vissuto entro poche settimane.
“Un passo alla volta”.
-Dovrò anche cercare un nuovo appartamento- mormorò Alessio, dopo un po’. Aveva chiuso gli occhi e portato una mano alla fronte, con aria esasperata.
-Perché?- gli chiese Pietro, confuso.
-Beh, era comunque in programma, per quando Alice sarebbe andata a vivere con Sergio. Dovrò solo accelerare un po’ i tempi- rispose Alessio, facendosi crollare addosso il braccio alzato – Non avrebbe comunque più senso rimanere in un appartamento così grande-.
-In effetti … -.
Per un attimo a Pietro balenò in mente un’idea, ma preferì allontanarla subito. Non poteva già fare progetti di una certa portata quando quella con Alessio era ancora solo una frequentazione.
E per quanto avrebbe voluto che le cose andassero più veloci, sapeva che era stato saggio da parte di entrambi prendere le cose con calma: sarebbe servito a lui, per superare tutto ciò che gli ultimi mesi avevano significato, e per Alessio stesso. Doveva avere pazienza e fiducia.
-Com’è andata dalla psicologa?- gli chiese ancora, stavolta con maggiore curiosità – Non mi hai ancora detto niente-.
Capì subito che quella era forse la domanda che avrebbe messo in difficoltà Alessio più di tutte le altre. Lo osservò assumere un’espressione perplessa, come se non sapesse neanche lui cosa rispondere.
-Credo … Bene?-.
Pietro lo guardò con un sopracciglio alzato, al che Alessio fece un sospiro profondo:
-È stato strano- ammise – Ma era solo la prima seduta, immagino ci farò l’abitudine … -.
-Ti sei trovato bene?-.
Alessio annuì:
-Sì, non è stata male. Sono io che faccio fatica a spiegare certe cose-.
Sospirò di nuovo, gli occhi azzurri che evitavano quelli di Pietro.
-Diciamo che uno degli obiettivi è superare certe barriere che mi autoimpongo- disse a mezza voce, lasciandosi andare ad una risata un po’ forzata – Quindi se mi sfogherò di colpo su qualsiasi cosa, sai che è a fini terapeutici-.
Pietro rise sommessamente, ma solo per qualche secondo, mentre continuava a passare le dita tra le ciocche di Alessio.
-Penso che ti farà bene sul serio, però- mormorò.
-Già-.
Alessio sembrò non voler aggiungere altro, ma Pietro non se ne preoccupò: poteva capire come mai volesse tenere per sé certi dettagli della seduta. E, d’altro canto, c’era qualcosa che gli diceva che, andando avanti, si sarebbe aperto molto di più anche da quel punto di vista.
Per il momento poteva bastargli sapere che Alessio ne era uscito sufficientemente soddisfatto.
-Sto rischiando di addormentarmi qui-.
Alessio stava sorridendo, ma ora teneva gli occhi chiusi. Se non fosse stato per il fatto che avevano parlato fino a quel momento, in effetti, Pietro non avrebbe escluso di vederlo cadere addormentato sul serio.
-Puoi anche restare- gli disse, in parte cauto – Tanto devi solo dormire-.
Sperò di non essere suonato troppo prudente. Non era ancora successo che Alessio si fermasse lì per la notte, non dopo Agosto. E se doveva essere sincero, lui per primo si sentiva in parte insicuro riguardo quella proposta.
“Se domani mi sveglio e non c’è …”.
Cercò di non sprofondare in quell’insicurezza: erano passati un sacco di mesi da quella notte, e le cose tra di loro erano ad un punto completamente diverso da allora. Alessio era diverso, e lo era anche lui: doveva cercare di non pensare che tutto potesse andare a rotoli da un momento all’altro senza un reale motivo.
-Non ho niente con cui cambiarmi- obiettò Alessio, senza però reale convinzione nella voce.
Pietro lo guardò sarcasticamente:
-Ti ho già prestato i vestiti che hai addosso, prestarti qualcosa per la notte non sarà un dramma-.
-E hai uno spazzolino in più?-.
-Sì, direi che quasi sicuramente ne ho uno di scorta-.
Quell’ultimo particolare sembrò convincere definitivamente Alessio: Pietro lo osservò annuire, più tra sé e sé che rivolto a lui, senza aggiungere nient’altro.
Pietro cercò di ignorare l’intrinseca agitazione di quello che sarebbe venuto dopo: quanto sarebbe stato strano, per lui e forse anche per Alessio, dormire insieme nello stesso letto sapendo com’era andata l’ultima volta che era successo?
L’unico modo per distrarsi fu quello di continuare a parlare, cambiando argomento:
-Potresti venire qui anche la sera del mio compleanno-.
Aveva cercato di apparire il più casuale possibile, ma in verità stava pensando di chiederglielo da giorni. Non si aspettava nemmeno chissà quali festeggiamenti, o chissà quali regali: gli sarebbe bastata una sera simile a quella che stavano ancora vivendo, un’occasione per passare semplicemente un po’ di tempo insieme.
-Ho una riunione in ufficio quella sera, potrei metterci un po’- disse Alessio, allungando una mano e posandola infine su una guancia di Pietro, in una carezza – Farò il possibile-.
Pietro annuì. Non aveva avuto la certezza della presenza di Alessio per quella sera, ma perlomeno nemmeno un rifiuto. Poteva ancora sperare che andasse come desiderava.
Qualche secondo dopo Alessio si alzò dalla posizione distesa in cui era rimasto fino a quel momento. Si rimise seduto, accanto a Pietro, guardandolo con un sorriso un po’ imbarazzato:
-Hai pensato a come … Voglio dire … - si morse il labbro, evidentemente indeciso su come porsi – Come dovremmo comportarci con gli altri? Caterina, Nicola, Giulia e Filippo-.
Pietro scosse il capo:
-No, anche perché non ci sono ancora state occasioni per vedersi tutti insieme-.
Era solo una mezza verità: se doveva essere del tutto sincero, erano accadute talmente tante cose nelle ultime settimane che non si era proprio soffermato anche su quel lato. Era consapevole che di certo prima o poi la cosa sarebbe venuta fuori nel loro gruppo di amici – e anche con Giada, per ovvie ragioni-, ma non si era posto quel problema ancora.
-Ma ce ne saranno, prima o poi- obiettò Alessio – Forse dovremmo aspettare un po’. Andare con calma anche da questo punto di vista-.
-Sì, sarebbe meglio-.
Pietro si lasciò scivolare più accanto ad Alessio, fino a quando non trovò una posizione abbastanza confortevole per poter posare il capo nell’incavo tra la spalla e il collo dell’altro.
-Anche se ho come l’impressione che Giulia e Caterina abbiano intuito qualcosa-.
A quelle parole di Alessio, Pietro corrugò la fronte:
-Cosa te lo fa pensare?-.
-Beh … -.
Alessio si interruppe subito, e sebbene non potesse vederlo in viso Pietro sapeva che stava arrossendo. Non gli serviva nemmeno osservarlo con i suoi stessi occhi per poterselo immaginare.
-Varie cose. Avevo raccontato a Caterina che avevamo avuto alcuni problemi tra di noi, anche se non ho mai specificato cosa fosse successo- Alessio sospirò  a fondo – E poi a Novembre, in quel bar in cui ci siamo incontrati per caso, penso proprio che sia lei che Giulia abbiano capito che non fossi esattamente felice di vederti baciare un altro-.
Pietro si limitò ad annuire. Non gli faceva particolarmente piacere ricordare di quella sera – di quello specifico particolare legato a quella sera, e legato inevitabilmente a Dario-, e immaginava che per Alessio fosse lo stesso.
-Non hanno detto niente, però … -.
-Beh, prima o poi avranno le loro conferme- mormorò Pietro in risposta, sollevato che non si fossero addentrati troppo in quei ricordi.
A quelle sue parole, Alessio cercò un modo per girarsi nella sua direzione, guardandolo piuttosto divertito:
-T’immagini la reazione di Giulia? Credo che ormai non ci prenderà nemmeno seriamente-.
Pietro rise inevitabilmente, ed Alessio lo imitò un attimo dopo.
-Sarà talmente euforica che sembrerà ubriaca anche se magari sarà del tutto sobria-.
-Non farmici pensare- Alessio gli prese una mano tra le sue, accarezzandola lentamente – Ho già l’ansia-.
Per un attimo il silenzio regnò sovrano nel salotto, prima che venisse interrotto dalla risata incontrollata di Pietro. Gli ci volle almeno un minuto prima di ritrovare sufficiente fiato per pronunciare quello che voleva dire:
-Ti sei preso in anticipo, eh-.
Alessio, in tutta risposta, sbuffò sonoramente:
-Mi devo preparare psicologicamente. Dovresti farlo anche tu-.
 
*
 
Stava ancora piovendo, e ormai Pietro era sicuro che, se avesse continuato così anche l’indomani, Venezia sarebbe stata ancora una volta invasa dalle passerelle e dall’acqua alta.
“Proprio un bel regalo di compleanno”.
Pioveva già da quando quella mattina si era svegliato, interrompendosi solo per alcune ore nel pomeriggio. Aveva ascoltato la pioggia scendere, mentre rimaneva steso nel buio della sua stanza e nel calore delle coperte, poco attratto dall’idea di doversi alzare per andare a lavorare. Avrebbe preferito di gran lunga rimanere lì, nel piumone del suo caldo giaciglio, cullato dal ritmico scendere della pioggia, che si abbatteva sul vetro della finestra della stanza. Sarebbe stato un ottimo modo per festeggiare il suo trentesimo compleanno, ma alla fine si era dovuto fare coraggio ed affrontare la realtà.
Pioveva anche in quel momento, mentre infilava le chiavi nella toppa della porta d’ingresso, e le faceva girare per far scattare la serratura. Si lasciò andare ad un lungo sospiro, togliendosi il cappotto, e recuperando il cellulare dalla tasca dei jeans per controllarne i messaggi in arrivo. Nel tempo che gli era servito per arrivare a casa ne aveva ricevuti altri – da amici e colleghi con cui era un po’ più in confidenza-, ma non c’erano ancora altri messaggi di Alessio, a parte quello con cui gli quella mattina gli aveva fatto gli auguri e quello di un’ora prima, in cui gli aveva scritto che a causa di un imprevisto difficilmente sarebbe riuscito a passare da lui quella sera.
Forse, molto semplicemente, doveva smettere di sperare che le cose si risolvessero improvvisamente e Alessio arrivasse da lui in qualsiasi caso. Doveva sapere, ormai, che gli imprevisti capitavano: di sicuro si sarebbero visti la sera dopo. E, d’altro canto, Alessio lo aveva avvisato che quella giornata al lavoro sarebbe stata impegnativa, e forse sarebbe dovuto rimanere a casa con i bambini per uno dei tantissimi motivi per cui era richiesta la sua presenza. Non poteva fargliene una colpa. Non era più un bambino che non poteva permettersi che il giorno del suo compleanno non fosse perfetto come si era aspettato.
Fece per rimettere il cellulare nella tasca, intenzionato ad andare a farsi una doccia calda, quando iniziò a squillare: non era Alessio nemmeno stavolta, ma quando si accorse che era una videochiamata da parte di Giada la accettò subito.
Sullo schermo comparvero subito i visi di Giacomo e Giorgio, e oltre loro riuscì a intravedere Giada, seppur a malapena dato che i suoi figli erano piantati davanti alla fotocamera, sorridenti.
-Auguri, papà!-.
Pietro sorrise a sua volta, addolcito dalle voci dei due bambini che avevano appena parlato.
-Ehi, voi due- rispose, camminando lentamente verso il salotto.
Era piuttosto sicuro che, per almeno un po’ di minuti, sarebbe riuscito a dimenticarsi delle sue speranze andate in frantumi.
 


Era appena uscito dalla doccia quando il campanello suonò. Pietro rimase qualche secondo perplesso, prima di fare spallucce e avviarsi fuori dal bagno verso l’ingresso. Era passata appena mezz’ora da quando era rientrato a casa, le sette e mezza non ancora passate, e non aveva la minima idea di chi potesse essere davanti alla sua porta.
L’unico sospetto che aveva era che Martino avesse deciso di fargli una delle sue solite improvvisate. Non sarebbe stato affatto inconsueto, né qualcosa d’inaspettato – il fatto era solo che avrebbe preferito qualcun altro al posto suo, almeno per quella sera. In qualsiasi caso, anche la presenza di Martino non sarebbe poi stata così male: di certo l’avrebbe distratto, anche se avrebbe dovuto mettere in conto le mille domande che gli avrebbe fatto riguardo lui ed Alessio. Pietro sospirò profondamente, ormai a qualche metro dall’ingresso.
Quando aprì la porta, qualche secondo dopo, non era però Martino la persona che si ritrovò davanti.
-Apri sempre la porta in accappatoio o è un mio privilegio personale?-.
Alessio lo stava osservando da capo a piedi, le punte delle orecchie arrossate e le mani occupate da un pacco incartato e adornato con un fiocco rosso piuttosto vistoso. Pietro dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto che non stava avendo un’allucinazione.
-Non esattamente- rispose, ancora un po’ sbigottito.
Alessio alzò un sopracciglio:
-Non esattamente non apri sempre la porta praticamente nudo, o non esattamente non è una cosa unicamente riservata a me?-.
Pietro scosse il capo, sempre più disorientato:
-Piantala con gli indovinelli- disse, anche se gli venne automatico sorridere all’altro – Non avevi detto che non saresti riuscito a venire?-.
-Volevo farti una sorpresa- Alessio gli rivolse un sorriso di scuse – In realtà è stato abbastanza un casino, ma sono stato fortunato a riuscire a tornare a Venezia a un’ora decente. Non hai preso altri impegni, vero?-.
L’unica cosa che Pietro avrebbe voluto fare in quel momento sarebbe stata quella di abbracciarlo, stringerlo a sé, e baciarlo fino allo sfinimento. L’ultima cosa a cui avrebbe pensato era organizzare qualsiasi altra cosa per quella serata.
-No, nessun impegno. Non ci avevo ancora pensato, perlomeno-.
Il sorriso di Alessio si aprì visibilmente:
-Allora mi fai entrare?-.
Pietro si fece da parte, lasciandogli spazio per oltrepassare la soglia ed entrare nell’ingresso, osservandolo posare il regalo sul mobile accanto alla porta. Alessio rabbrividì mentre si toglieva il cappotto e l’appendeva all’attaccapanni nell’angolo, girandosi infine di nuovo verso Pietro. Gli arrivò di nuovo di fronte, puntando gli occhi azzurri verso i suoi neri:
-Devo rifarti gli auguri anche di persona?-.
A quella domanda Pietro quasi iniziò a sghignazzare:
-Stai facendo un sacco di domande. Rifammeli e basta-.
Anche Alessio aveva riso piano, annuendo. Tornò serio dopo pochi secondi, gli occhi di nuovo rivolti verso quelli di Pietro, prima di allungarsi verso di lui. Pietro chiuse gli occhi quando sentì le labbra di Alessio sfiorare le sue, godendosi quel momento tanto desiderato. Avevano un sapore dolce, che lo stava facendo impazzire; portò una mano alla nuca di Alessio per spingerlo di più verso di sé. Protestò appena quando, a corto di ossigeno, si staccarono, pur rimanendo con i visi a pochissimi centimetri di distanza.
-Beh, benvenuto nel club dei trentenni, finalmente- soffiò Alessio, appena udibile e con fare sensuale, sulle labbra di Pietro – Buon compleanno. Di nuovo-.
-Direi che sarà un compleanno un po’ diverso dal solito- rispose lui, prima di un altro bacio veloce.


 
-Ho un po’ paura di scoprire cosa mi hai regalato-.
Pietro si sedette sul divano, rigirandosi tra le mani il pacco colorato che Alessio gli aveva di nuovo porto, una volta che erano usciti dalla cucina e si erano sistemati nel salotto.
Avevano finito di cenare da poco, dopo aver preparato la cena insieme – anche se il più del lavoro lo aveva comunque fatto Pietro, per sopperire all’imbranataggine completa di Alessio in cucina.
-Perché?- Alessio gli si sedette di fianco, le loro gambe e le spalle che si sfioravano.
Pietro alzò le spalle, lanciandogli un’occhiata colma d’ironia:
-Non so, potrei sempre trovarmi un’altra prima edizione da mille euro tra le mani-.
Alessio sbuffò sonoramente:
-Non costava mille euro, e in ogni caso il regalo è mio. Scelgo io cosa regalarti- replicò, gli occhi spalancati – Tu non farti problemi-.
-Lo sai che mi sentirò comunque in debito-.
A quel punto Alessio gli diede una gomitata:
-Scartalo e basta-.
Pietro si prese qualche momento per gustarsi un’ultima volta la sensazione di sorpresa. Non aveva provato a fare ipotesi su cosa potesse esserci sotto la carta colorata, anche se poteva azzardare un libro o qualcosa di simile a giudicare dalla forma rigida e rettangolare.
Quando si decise finalmente a strapparla, sotto lo sguardo pieno d’aspettativa e di attesa di Alessio, si ritrovò a pensare che le sue ipotesi non si erano minimamente avvicinate a ciò che invece si ritrovava tra le mani. Il regalo di Alessio poteva effettivamente sembrare un libro a prima vista, ma bastava osservarlo con più attenzione per capire che non lo era.
Era una raccolta di fotografie rigida, con una foto in bianco e nero di una bandiera americana che occupava tre quarti della copertina, e in basso, su sfondo nero, caratteri dorati che recitavano “Los Angeles e New York, Aprile 2022”.
Pietro si ritrovò a tracciarne le lettere quasi senza rendersene conto, prima di alzare gli occhi nella direzione di Alessio:
-Ma è … -.
Alessio gli sorrise, timidamente:
-Un album fotografico-.
Pietro non aveva bisogno di aprirlo per capire quali foto si sarebbe ritrovato a sfogliare:
-Sono le foto che abbiamo fatto negli Stati Uniti-.
Aprì l’album l’attimo dopo, rendendosi conto che c’erano due foto per pagina. Le prime – e al ricordo gli venne inevitabilmente da ridere- erano quelle dell’hamburger di Alessio preso da In-‘N-Out la sera del suo compleanno, adornato infatti con una candelina accesa, e quella in cui lui stesso indossava l’orrenda camicia comprata poco dopo la fine di quella cena.
-Non tutte, ma quasi- disse Alessio, che le stava osservando a sua volta – Le più belle, comunque-.
Pietro fu sul punto di dirgli che doveva essere completamente ammattito per pensare che la foto di lui in quella camicia spaventosa potesse essere vagamente bella, ma lasciò perdere. Sfogliò un altro po’ l’album, soffermandosi su alcune foto più delle altre: c’era un loro selfie fatto sul ponte del Santa Monica Pier al tramonto, l’oceano che si intravedeva alle loro spalle, e poi un gruppo di foto appartenenti ai giorni passati a New York. Pietro ricordava perfettamente l’attimo in cui aveva scattato la foto presente nell’album che vedeva Alessio girato di spalle, mentre si apprestava a varcare la soglia del MoMA, così come ricordava benissimo l’ultima foto che si erano fatti scattare al Liberty State Park, con la Statua della Libertà sullo sfondo.
Erano forse foto che agli occhi di chiunque altro potevano apparire anonime, ma il pensiero che sia per lui che per Alessio, invece, avessero un significato che solo loro due potevano comprendere lo riempì di commozione molto di più di quel che avrebbe immaginato.
-Grazie- si sforzò di dire, voltandosi ancora una volta verso Alessio – È davvero un bel regalo-.
Alessio gli sorrise prima di avvicinarsi a lui e baciarlo. Pietro si lasciò cullare da quel contatto, quasi bisognoso di sentire l’altro vicino in quella maniera. Non era certo il primo bacio che si erano scambiati durante la serata, ma era diverso dai precedenti – più intenso, anche se più breve.
Pietro si sentì di nuovo sopraffare dalla sensazione di quanto avrebbe voluto lasciarsi andare del tutto, lasciarsi alle spalle qualsiasi timore e paura, esattamente come qualche sera prima. Quando lui ed Alessio si separarono, lentamente, sperò che nulla nei suoi gesti o nella sua espressione rendesse evidente ciò che gli stava passando per la mente: non voleva che Alessio potesse ritenerlo insicuro, non proprio quando, almeno per una volta, non c’era davvero nulla di concreto da cui potesse derivare una sua esitazione.
-Vado a metterlo in camera- mormorò, agitando in aria l’album, e sforzandosi di sorridere – Non voglio lasciarlo in giro rischiando che si rovini-.
Alessio si limitò ad annuire, osservandolo mentre Pietro si alzava dal divano, l’album di foto stretto tra le mani quasi temesse di poterlo perdere da un momento all’altro.
Quando giunse in camera rifletté brevemente su dove lasciarlo. Lo posò sulla scrivania, con l’intenzione di pensarci meglio l’indomani: per il momento, comunque, non avrebbe fatto alcuna differenza lasciarlo lì sopra. E poi, senza nemmeno pensarci, fece quello per cui aveva davvero avuto bisogno di rimanere solo: si sedette sul bordo del letto, la testa che gli girava.
Era strano pensare che, solo un mese prima, era convinto che la sera del suo trentesimo compleanno l’avrebbe passata da solo. O forse non sarebbe proprio stato solo – c’era sempre Martino che cercava sempre di imbucarsi lì ogni volta che poteva, o magari sarebbe stato lui ad uscire, ad andare a casa di Giada per stare con i suoi figli-, ma di certo non con Alessio.
“Quanto sono cambiate le cose”.
Erano cambiamenti che aveva agognato per così tanto tempo, quelli che ora si ritrovava a vivere, che stentava a starci dietro. Forse perché da sei mesi a quella parte le cose tra loro due erano cambiate così radicalmente, ed erano cambiate diverse volte, che faticava davvero a credere che Alessio potesse davvero essere lì con lui.
Eppure era nel suo salotto, dopo che una settimana prima l’aveva baciato, dopo aver ammesso che era innamorato di lui.
Era tutto reale.
-Che stai facendo?-.
Pietro sobbalzò debolmente al suono della voce di Alessio. Quando alzò il capo nella sua direzione lo vide appoggiato contro lo stipite della porta, un sorriso perplesso stampato sulle labbra. Non aveva nemmeno fatto caso al suono dei suoi passi nell’avvicinarsi, tanto si era immerso nei suoi stessi pensieri.
-Niente, io … - Pietro si ritrovò a farfugliare, totalmente impreparato a quella domanda – Niente-.
Alessio sembrò ancora più perplesso, ma la tenerezza che aveva nello sguardo non vacillò:
-Sicuro? Tutto bene?-.
Si avvicinò lentamente, fino ad arrivare al letto, sedendoglisi accanto.
-Ho fatto qualcosa … -.
-No-.
Pietro non lo lasciò nemmeno finire, totalmente deciso a non lascargli alcun dubbio.
-No, sarei tornato tra qualche secondo- disse ancora, stringendosi nelle spalle – Ero solo qui a pensare-.
Passarono alcuni secondi prima che Alessio parlasse ancora:
-A cosa?-.
Pietro si passò la lingua sulle labbra secche, lo sguardo che evitava quello di Alessio. Accarezzò l’idea di inventarsi qualche scusa, ma l’accantonò subito dopo: non poteva omettergli quelle sue sensazioni quando avevano pattuito entrambi di cercare di essere il più sinceri possibile.
Sospirò a fondo, sbuffando debolmente:
-A quanto le cose siano cambiate-.
Avvertì una mano di Alessio sui suoi capelli, accarezzandoli piano, in quei momenti di silenzio.
-Sono cambiate tanto-.
Pietro si ritrovò ad annuire a quelle parole dell’altro, l’agitazione che già se ne stava andando.
-A volte mi fa quasi paura- confessò in un filo di voce, e sapeva ancor prima che Alessio dicesse qualsiasi cosa che sarebbe stato capito.
-Non dirlo a me- Alessio rise, una risata priva di divertimento – Ne ero terrorizzato all’inizio-.
-E ora?-.
Stavolta Pietro si girò verso di lui: Alessio lo stava già osservando, la mano con cui gli aveva accarezzato i capelli che si abbassò fino all’altezza delle sue mani. Ne prese una tra le dita, stringendogliela.
-Molto meno di quello che mi ero aspettato-.
Si abbassò appena, quel che bastava per accorciare la distanza dalle loro mani intrecciate che aveva alzato a mezz’aria, e baciare il dorso di quella di Pietro.
-Forse perché mi sto rendendo conto che nonostante tutto, sta davvero andando tutto bene- mormorò ancora Alessio – Che ci stiamo impegnando entrambi per farla funzionare-.
“Lo stiamo facendo davvero”.
Pietro gli sorrise debolmente, ma non per questo meno convinto. Sentiva il proprio battito accelerato, la sensazione di quiete che avvertiva in quel momento forte più che mai.
-Ti ho sognato quasi ogni notte nel periodo in cui non ci parlavamo-.
Alessio parlò di nuovo, gli occhi azzurri abbassati ad osservare ancora le loro mani.
-Era come se il mio corpo e il mio cervello cercassero un rimedio alla tua assenza-.
Aveva parlato con dolcezza, quasi come se non vi fosse rimorso o dolore legati ai ricordi che aveva appena riportato al presente. Pietro sapeva – o perlomeno immaginava- che non fosse esattamente così, e forse fu quella consapevolezza a spingerlo ad avvicinarsi ancora di più a lui.
-Non ne hai più bisogno adesso-.
Gli venne naturale lasciare che Alessio gli si avvicinasse, impossibilmente vicino, e che gli prendesse il viso tra le mani. Lo aveva fatto delicatamente, in un gesto che gli ricordò quella notte di Agosto, quando allo stesso modo aveva posato le dita sulle sue guance come se stesse tenendo tra le mani l’oggetto più prezioso del mondo.
Alessio gli si avvicinò piano, baciandolo lentamente, come se si stesse prendendo il tempo necessario per vivere ogni secondo di quel contatto. Pietro stava facendo lo stesso: teneva gli occhi chiusi, ma era come se stesse osservando tutto, dalle palpebre altrettanto calate dell’altro, alle sue mani che racchiudevano dolcemente il suo volto, alle loro gambe incrociate per permettersi di potersi baciare in quella posizione.
Non capì davvero quale fu, e soprattutto cosa fu a cambiarlo, il momento in cui il bacio divenne più appassionato. Alessio gli lambiva le labbra con frenesia, e Pietro lo lasciò fare, dischiudendole e lasciandolo approfondire il bacio. Ora aveva portato anche lui le mani sull’altro, sulle spalle di Alessio – e poi sul collo, e sul viso, e infine tra i capelli biondi, a scombinarli e tirandoli appena. Era una sensazione molto simile all’impazzire, alla totale perdita di controllo: provava il bisogno assoluto di sentire Alessio vicino a sé, in qualsiasi modo possibile. Voleva sentirlo davvero suo, e voleva essere suo allo stesso modo.
“Stiamo correndo troppo?”.
Fu una domanda che si pose fugacemente, in un raro momento di lucidità libera dall’eccitazione che avvertiva scorrergli nelle vene. Non era nemmeno sicuro che il tutto sarebbe andato a parare ad altro oltre a qualche bacio più spinto: Alessio stava provando lo stesso? Lo voleva anche lui? Si sentiva pronto?
 
All your insides fall to pieces
You just sit there wishing you could still make love [2]
 
Prima che potesse trovare la risposta, sentì la sua stessa voce lasciarsi andare ad un gemito strozzato nel momento in cui Alessio si era dovuto staccare da lui, a corto d’ossigeno. Era rosso in viso, il respiro ingrossato e le labbra gonfie e lucide.
Pietro capì che era quello il momento per fare chiarezza su ciò che volevano entrambi: e, d’altra parte, parlare di quel che provavano era esattamente ciò che stava rendendo possibile tutto quello che avevano vissuto nell’ultimo mese. Dovevano essere solo sinceri tra di loro.
-Non credo di volermi fermare a questo- mormorò, la voce roca, portando le proprie mani a stringere quelle di Alessio – Non a semplici baci, intendo-.
Alessio non sembrò sorpreso, o almeno non lo lasciò intendere. Si limitò a guardarlo, con intensità, mentre riprendeva fiato. Si schiarì la voce prima di parlare:
-Sei sicuro?-.
Pietro avvertiva ancora la percezione delle labbra di Alessio sulle sue. Così come gli sembrava di rivivere l’ombra delle sue mani sul suo viso e sul suo corpo, e si rese conto che, una volta vissuta quella sensazione, non sarebbe più riuscito a farne a meno.
-Sì. Se lo sei anche tu-.
Si avvicinò di nuovo ad Alessio, posando la sua fronte contro la sua.
-Non dobbiamo fare nulla che non ci sentiamo entrambi-.
Alessio annuì, un sorriso a malapena visibile sulle sue labbra:
-Vediamo cosa ne viene fuori da questa serata, ok?-.
Pietro annuì a sua volta:
-Nessuna pressione- mormorò – Se anche solo uno di noi due vuole fermarsi, in qualsiasi momento, ci fermiamo-.
La risposta di Alessio fu un bacio a fior di pelle sulla sua fronte, un lento annuire alle sue parole.
Pietro gli lasciò margine di manovra ancora una volta: osservò Alessio stendersi sul materasso, guidandolo con le mani ad imitarlo. Non si stese accanto a lui, però: si sollevò il necessario per lasciar passare una gamba dall’altra parte del corpo di Alessio, sistemandosi a cavalcioni sopra di lui.
Stavolta lesse un certo grado di sorpresa negli occhi azzurri dell’altro, ma fu una sensazione fugace: l’attimo dopo Alessio si lasciò andare ad una mezza risata, arrossendo vistosamente.
-Troppo?- gli chiese Pietro, ridendo a sua volta per smorzare la tensione.
-No, non proprio- disse Alessio, a mezza voce – È che forse devo ancora un po’ abituarmi a vederti sotto questa luce-.
Pietro lo guardò sbalordito:
-Come se non avessimo già scopato-.
Alessio si strinse nelle spalle:
-Sì, ma stavolta è un po’ diverso-.
Un po’ lo era, Pietro doveva riconoscerlo. Erano perfettamente sobri, tanto per cominciare, e non erano nel pieno della notte. E stavolta le implicazioni sarebbero state completamente diverse.
-Ti ci abituerai- gli disse, abbassandosi per potergli lasciare un bacio all’angolo della bocca.
“O scapperà di nuovo?”.
Rimase qualche secondo interdetto per quel suo ultimo pensiero. C’era sempre quello strato di timore, sotto tutte le emozioni positive, che gli stringeva il petto ogni volta che si ripresentava.
Il modo in cui Alessio lo stava guardando in quel momento, però, gli fece presupporre che stavolta non sarebbe finita allo stesso modo della precedente.
“Non sono due situazioni uguali”.
Le mani di Alessio erano adesso sui suoi fianchi: glieli stava stringendo senza esagerare, ma in un modo possessivo che fece presupporre a Pietro che, a dispetto dell’essere poco abituato a situazioni simili tra di loro, anche a lui stava piacendo la posizione in cui si ritrovavano. E Pietro non sarebbe potuto essere più d’accordo: starsene a cavalcioni su Alessio, poterlo osservare steso sotto il suo corpo, lo stava eccitando sempre di più. Si riabbassò di nuovo, ricongiungendo le loro labbra e baciandolo lentamente. Si prese tempo per saggiarle, avvertire il sapore vagamente amaro del caffè che Alessio aveva bevuto quando avevano finito di cenare.
Passò le sue mani su tutto il busto di Alessio, e lo sentì rabbrividire sotto il suo tocco. Quello fu forse il segnale che più di tutti lo incoraggiò a proseguire, a fargli balenare in mente l’idea che fosse giunto il momento giusto per togliere almeno il primo strato di vestiti.
Quando Pietro si staccò da Alessio, con tutta l’intenzione di togliergli il maglione che aveva addosso, fu colto di sorpresa: Alessio era stato più veloce di lui ad artigliare la felpa che indossava, portandola sempre più in alto verso il capo. A Pietro non rimase altro che lasciarlo fare, alzando le braccia per facilitarlo nello sfilargliela di dosso. Passarono solo pochi secondi prima che la felpa raggiungesse il pavimento.
Alessio gli lanciò un’occhiata divertita:
-Credo di starmi abituando più in fretta del previsto-.
Pietro sbuffò, le braccia che gli coprivano appena il torso ormai nudo. Aveva rabbrividito di freddo non appena spogliato, per poi rendersi conto di star arrossendo sotto lo sguardo di Alessio: i suoi occhi azzurri lo stavano osservando, bevendo di ogni centimetro di pelle scoperta. Si erano visti a torso nudo un’infinità di volte, in tutti quegli anni che si conoscevano, ma quello di Alessio era uno sguardo totalmente nuovo. Era forse lo stesso con cui l’aveva guardato mesi prima, ma nella semioscurità e incapace di vedere ogni dettaglio e di essere visto di rimando; Pietro non ne aveva idea, ma ora sapeva cosa significava essere guardato con evidente desiderio da Alessio.
-Ti sei fermato, però- mormorò, quasi per spezzare quel silenzio. Alessio quasi sussultò, come uscito da una trance:
-Solo perché non abbiamo alcuna fretta-.
Qualche secondo dopo aveva portato le mani di nuovo ai suoi fianchi, aiutandolo a scendere dal suo corpo. Quando Pietro toccò con la schiena il materasso avvertì le mani di Alessio sfilargli i pantaloni della tuta, che finirono a loro volta a far compagnia alla felpa.
E stavolta non attese di sentirsi in imbarazzo sotto gli occhi dell’altro prima di agire a sua volta.
-Tocca a me, ora-.
Lasciò che le sue dita esitassero per qualche secondo sul bordo del maglione di Alessio prima di alzarlo. Lo sfilò in pochi movimenti, sedendosi di fronte all’altro. Sentiva che stava arrossendo di nuovo, ma gli fu facile nascondere il viso avvicinandosi ad Alessio, lasciandogli dei baci lungo il petto. Sentì Alessio sospirare a fondo, prima di lasciar andare una risatina gutturale:
-Guarda che lo so che stai prendendo fuoco. Ci vedo ancora piuttosto bene-.
Pietro sbuffò ancora:
-Taci e abbassati-.
Alessio rise ancora, ma fece come gli era stato detto: si stese meglio sul letto, lasciando libertà a Pietro nei suoi movimenti.
“Era stato tutto molto più veloce ad Agosto” si ritrovò a soppesare, in parte odiando tutti gli strati di vestiti che venivano indossati durante l’inverno, ed in parte grato che vi fossero, perché quell’attesa prolungata gli stava piacendo. Aveva continuato a baciare il corpo di Alessio, la testa inclinata all’indietro contro il materasso e ansimi leggeri che lasciavano le sue labbra, fino a quando non era arrivato all’orlo dei jeans. Si sentì osservato mentre faceva scorrere verso il basso la zip, ma non alzò il capo per vedere se la sua era solo una sensazione o l’effettiva realtà. Avrebbe forse preferito essere al buio, almeno per quella volta, ma dall’altra parte si sarebbe di nuovo perso tutte le espressioni che Alessio gli aveva donato fino a quel momento – e quelle potevano essere un motivo sufficiente per sconfiggere l’imbarazzo di certi momenti.
-Dovresti alzare il culo, se te li vuoi togliere- mormorò ad Alessio, di nuovo per spezzare quel silenzio che si era creato. Stavolta alzò gli occhi, al suono di una nuova risata leggera dell’altro.
-Pensavo avresti preferito fare tutto da solo- lo prese in giro Alessio, ma fece come gli aveva detto Pietro, alzando i fianchi a sufficienza per far sì che i jeans potessero essere sfilati senza troppi problemi. In pochi secondi Pietro li aveva lanciati insieme alle calze in un qualche punto del pavimento, non curandosi nemmeno di vedere dove fossero finiti.
Quando tornò a rialzare il viso, fu il suo turno di prendersi qualche secondo per osservare il corpo di Alessio: era un corpo che conosceva, che aveva toccato così tante volte da non farci nemmeno caso, ma in modi così diversi da quelli di quella sera da stranirlo persino un po’. Osservò i tatuaggi che screziavano la pelle del braccio destro e sul fianco, i tanti nei, e poi alzò gli occhi verso il viso arrossato, le lentiggini sul naso rese ancor più visibili.
Alessio allungò una mano verso di lui:
-Vieni qui-.
Pietro si mosse subito. Lasciò che Alessio gli prendesse nuovamente il viso tra le mani, guidandolo verso di sé, ricongiungendo le loro labbra. Sentì il battito del proprio cuore accelerare, per l’ossigeno che stava venendo a mancare ogni secondo di più durante quel lento baciarsi, e forse anche per la consapevolezza sempre più crescente di quel che stava per accadere. Quando Alessio si staccò da lui, con la stessa dolcezza con cui lo aveva avvicinato a sé, gli rivolse un sorriso timido prima di posare la fronte contro la spalla di Pietro. Rimase semplicemente così per un po’, in silenzio, prima di staccarsi di nuovo. Posò un bacio dove era stata la sua fronte fino ad un attimo prima, le sue mani che dal volto di Pietro erano passate alla sua schiena.
-Sei ancora convinto di voler proseguire?-.
Pietro lo guardò interdetto per qualche secondo.
“Sta cambiando idea?”.
-Penso di sì- iniziò a dire, incerto – Tu no?-.
Le mani di Alessio gli accarezzavano la schiena, in movimenti lenti, le dita calde che tracciavano cerchi sulla sua pelle.
-Sì, lo voglio ancora- disse, dopo qualche secondo – È che magari … -.
Esitò per qualche secondo, prima di parlare ancora:
-Magari ti sembrava stessimo correndo troppo veloce-.
Pietro scosse il capo:
-No, sto bene-.
Aveva cercato di suonare il più convinto possibile per non lasciare spazio ad alcun dubbio, perché non ne aveva: non ne stava avendo, non più, a dispetto dei primi minuti in cui si erano ritrovati stesi su quel letto. Voleva Alessio in una maniera così totalizzante e così tangibile che si stupiva persino stessero andando così lentamente.
Alessio sembrò rincuorato: gli sorrise più apertamente, i polpastrelli che ancora non si erano fermati nel loro percorso sulla sua schiena.
-Bene- mormorò – Decisamente bene-.
 Aveva portato le mani alle spalle di Pietro, facendovi pressione sufficiente a spingerlo verso il letto e scambiando le loro posizioni. Pietro non oppose resistenza, curioso di scoprire cosa Alessio avesse in mente: lasciò che la sua schiena nuda aderisse alle coperte, il tessuto che gli prudeva leggermente.
Gli sembrò, per un attimo, di essere tornato a quella notte d’Agosto: erano esattamente nella stessa posizione di allora, di nuovo Alessio che si stendeva sopra il suo corpo, di nuovo le sue mani che lo esploravano. Era una situazione simile ma anche completamente diversa, perché sei mesi prima c’era stata la fretta e la passione improvvisa che li aveva colti e che poi li aveva portati ad affrontare una realtà per cui, evidentemente, ancora non erano pronti. Stavolta si stavano prendendo il loro tempo, Alessio soprattutto lo stava facendo, e a Pietro piaceva quell’affidarsi a lui, lasciarsi andare al suo tocco e alle sue azioni, con la curiosità di vedere fin dove si sarebbe spinto.
Alessio li liberò entrambi dai boxer che avevano ancora addosso, i movimenti un po’ scombinati ed impacciati per il modo in cui aveva deciso di agire proprio mentre Pietro aveva ripreso a baciarlo. Fece in tempo a lasciargli un ultimo bacio sul neo vicino alla bocca, prima che Alessio si scostasse appena un po’, lo spazio sufficiente per parlare.
-Non l’ho mai fatto da… - Alessio s’interruppe, rosso in viso probabilmente per più d’un motivo – Nel senso … -.
Pietro decise di venirgli in aiuto:
-Credo di aver capito-.
Non aveva un’idea di quanta esperienza fisica avesse in realtà Alessio con gli uomini, e sapeva che sarebbe stata una conversazione che avrebbero dovuto affrontare quanto prima per capire cosa e quanto si sarebbe sentito a suo agio nel provare, ma in quel momento poteva andare bene anche così.
Sciolse quella specie di abbraccio in cui erano stretti per potersi girare verso uno dei comodini, aprire uno dei cassetti e tirarne fuori un preservativo. Lo lanciò ad Alessio senza troppe cerimonie.
-Tieni-.
-Sicuro che non sia un problema?- Alessio lo guardò incerto ancora per qualche secondo, mentre Pietro tornava accanto a lui, nella posizione in cui era stato fino a qualche secondo prima.
-Sicuro. Se mai vorrai provare, basta chiedere-.
Alessio sbuffò debolmente, arrossendo ancora un po’:
-Come sei disponibile-.
“Per te farò sempre un’eccezione”.
Le parole che avrebbe voluto dirgli vennero soffocate sulle sue labbra, da un bacio che Alessio gli posò con così tanta delicatezza che Pietro pensò quasi di esserselo solo immaginato.
Avrebbe voluto che Alessio continuasse a toccarlo, accarezzarlo su ogni centimetro di pelle possibile, ma si era fermato. Non si stava di nuovo abbassando per baciarlo, continuando a guardarlo a quella distanza ridotta così al minimo che i loro nasi continuavano a sfiorarsi.
-Sei bellissimo-.
Alessio gli aveva rivolto un mezzo sorriso dopo averlo sussurrato, forse per spezzare l’imbarazzo che poteva provocargli quella confessione. Aveva portato una mano al viso di Pietro, posandogliela su una guancia, il pollice che gliela accarezzava.
-Sono contento di non essere stato il solito codardo di sempre- disse ancora Alessio, gli occhi azzurri che si abbassarono per pochi secondi.
Pietro rimase ancora in silenzio, il cuore che gli martellava in petto così forte che temeva quasi Alessio potesse udirlo.
-Sei la persona che è riuscita a tirar fuori una parte di me che non credevo nemmeno esistesse-.
Ci sarebbero state diverse cose, molte cose, che Pietro avrebbe voluto rispondergli in quel momento, ma il groppo in gola gli impedì di formulare una qualsiasi parola. Riuscì solo ad annullare la distanza che li separava, come se ne andasse della sua stessa vita, e a ricambiare con un bacio simile a quello che Alessio gli aveva dato pochi secondi prima.
 
Oh, it's the best thing that you've ever had
The best thing that you've ever, ever had
It's the best thing that you've ever had
 
*
 
La prima cosa di cui si rese conto, qualche attimo dopo aver aperto gli occhi a fatica, mentre metteva a fuoco la stanza in penombra, era l’assenza del suono ritmico e cullante della pioggia. Aveva continuato a scendere per tutta la notte, ma ora quel che saltava all’orecchio era proprio la sua assenza.
Pietro si passò una mano sugli occhi, ancora colmi di sonno, domandandosi cosa lo avesse svegliato. Non era stata la sveglia, quella era l’unica certezza che la sua mente ancora insonnolita riusciva a dargli. Decise di rimanere fermo, ancora per un po’, prima di controllare l’ora. In quell’istante un brivido di freddo lo fece rabbrividire, percorrendogli la schiena.
Per i primi secondi si domandò cosa ci facesse completamente nudo a letto, cercando di focalizzare nella sua mente gli avvenimenti della sera precedente. Poi ricordò: il suo compleanno, Alessio, quel letto, di nuovo Alessio … Ora riusciva a spiegarsi la scomparsa dei suoi vestiti e il leggero indolenzimento al fondoschiena e alle gambe.
Si volse verso l’altra metà del letto, aspettandosi di trovarlo ancora lì come la mattina di qualche giorno prima, dopo che si era fermato a dormire. Gli spiragli della persiana non completamente calata dai quali passava la debole luce dei lampioni, e la sua mano che tastava il materasso vuoto però non lasciavano dubbi: non c’era nessun altro oltre a lui in quel letto.
Prima che riuscisse a comporre qualche pensiero, però, furono i rumori provenienti dalla cucina ad attirare la sua attenzione. Il cigolio di una delle ante della credenza dove teneva i bicchieri, e poi, dopo un minuto di silenzio, passi che si facevano sempre più vicini. Seppur ancora mezzo addormentato, riconobbe il passo lento dell’altra persona.
Ora gli era un po’ più chiaro cosa – o chi- fosse stato a svegliarlo.
Alessio, con passo felpato, rientrò nella camera pochi secondi dopo. Si era rivestito solo in parte, probabilmente per non congelare mentre si aggirava per la casa nelle prime ore del mattino.
-Che stai facendo?- gli chiese sommessamente Pietro, ma doveva essere suonato comunque talmente improvviso e inaspettato che vide Alessio sobbalzare per la sorpresa.
-Cazzo, mi hai fatto prendere un colpo- Pietro lo sentì borbottare. Rimase bloccato per qualche attimo, prima di proseguire nel suo cammino, raggiungendo il letto e scostando le coperte per potersi infilare sotto.
-Sono andato a bere un po’ d’acqua- disse solo allora Alessio, avvicinandosi a lui – Ti ho svegliato?-.
Appoggiò il capo nell’incavo tra il collo e la spalla di Pietro, un braccio a cingergli i fianchi, respirando a fondo.
-Stavi facendo un casino atroce- Pietro ridacchiò debolmente, esagerando apposta per prenderlo un po’ in giro.
-Non è vero- ribatté Alessio, che nonostante il tono vagamente offeso non accennò a muoversi dalla sua posizione – Ok, forse un po’. Sono mezzo rincoglionito dal sonno-.
Pietro rise ancora:
-Non l’avrei mai detto-.
Tutto ciò che ebbe in risposta dall’altro fu un debole sbuffo. Nessuno disse più nulla: Pietro immaginò che Alessio dovesse star scivolando lentamente nel sonno, e a quel punto non aveva alcun motivo nemmeno lui per rimanere ancora sveglio.
Fu quando chiuse gli occhi che, però, si rese conto che Alessio non stava affatto dormendo.
-Pensavi che … -.
Alessio aveva parlato sussurrando, nonostante non rischiasse di svegliare nessun altro. Pietro riconobbe paura nella sua voce così esitante.
-Pensavi che me ne fossi andato di nuovo?-.
Era evidente che porre quella domanda non doveva essere stato semplice per lui. Pietro era consapevole che ogni secondo in silenzio che passava rischiava solo di instillargli il dubbio, fargli credere che avesse davvero dubitato di lui.
-Non ho avuto il tempo per pensarlo-.
Si divincolò lentamente dalla presa di Alessio, quel che gli bastava per girarsi e poterlo guardare in viso. Ne aveva bisogno, anche se questo significava frapporre fra loro un po’ di distanza fisica – che sperava avrebbero di nuovo annullato subito dopo.
-Volevi farlo?-.
-No- la risposta di Alessio era arrivata fulminea – Non mi ha neanche sfiorato l’idea-.
Pietro annuì piano, sorridendogli. Si girò ancor di più, arrivando a potergli posare un bacio sulla guancia ispida.
-Allora non c’è nient’altro da dire-.
Avvertì il corpo di Alessio rilassarsi di nuovo, e Pietro ne approfittò per stringersi meglio addosso a lui. Gli parve una situazione così intima e così normale, quotidiana, che per un attimo se ne stupì.
Alessio aveva posato il capo sul cuscino, i loro visi ancora vicinissimi. Pietro si ritrovò a chiudere di nuovo le palpebre, la mano dell’altro che prima l’aveva cinto e stretto a sé che ora vagava lenta sulla pelle del suo corpo. Si fermò alla curva del fianco, soffermandocisi.
-Come stai?- Alessio parlò di nuovo sussurrando, e a Pietro bastarono pochi secondi per capire a cosa alludesse.
-Sto bene- gli rispose, tenendo ancora gli occhi chiusi – Non sono fatto di vetro-.
Alessio annuì, la mano ancora ferma sul fianco di Pietro.
-Ieri sera non ero partito con l’idea che sarebbe finita così- mormorò, la voce di Alessio  dolce e rassicurante – Anche se devo dire che, pur inaspettato, è stato anche … -.
-Bello?-.
Alessio ridacchiò con leggerezza:
-Sì, bello-.
Pietro non riuscì a capire cosa lo stesse fermando dal baciarlo fino a non avere più forza in corpo. Alessio lo precedette: gli si avvicinò ulteriormente, posando un leggero bacio sulla punta del suo naso. Pietro rise a sua volta:
-Dovremmo rifarlo presto-.
Anche se era difficile distinguere bene le espressioni del suo viso, s’immaginava lo sguardo di Alessio fintamente scandalizzato, con un sopracciglio alto:
-È un invito?-.
-Può darsi, Lentiggini-.
Sapeva, anche senza poter osservare i tratti del suo viso alla luce del giorno, che doveva aver colto Alessio di sorpresa nel chiamarlo così. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva usato quel nomignolo, ma in quel momento gli parve giusto utilizzarlo.
-Ti prendo in parola-.
Le labbra di Alessio stavolta cercarono le sue. Le sentì posarsi sulle proprie, delicatamente, fino ad un rincorrersi frenetico. Pietro si staccò solo quando si ritrovò completamente senza fiato, appoggiando la propria fronte a quella di Alessio. Lo strinse a sé, il più possibile: non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare. E a giudicare dalla stretta di rimando di Alessio, attorno al suo corpo, neanche lui sembrava volersi allontanare molto presto.
 
*
 
Era ancora mattina presto quando si rassegnò al fatto che, anche se poteva continuare a rigirarsi nel letto all’infinito, ormai il sonno l’aveva totalmente abbandonata.
Caterina scostò le coperte, già irritata per l’aria fredda che la colpì non appena si arrischiò a mettere i piedi fuori dal letto. Ci sarebbero volute ancora diverse settimane prima che la primavera arrivasse: per il momento, all’inizio di quella settimana di Marzo, doveva ancora sopportare il gelo invernale.
Infilò le ciabatte e poi, con passo felpato per non rischiare di svegliare Francesco, si avviò verso la cucina. Non si sorprese di vedervi già Nicola: si era accorta, appena sveglia, che non era più a letto. Avevano evidentemente avuto entrambi la sfortuna di svegliarsi presto come nel resto della settimana, nonostante quel giorno fosse sabato.
-Buongiorno- la salutò Nicola, in piedi accanto alla macchinetta del caffè.
Caterina gli si avvicinò con gli occhi ancora mezzi chiusi, allungandosi verso di lui per stampargli un bacio su una guancia.
-Buon compleanno- gli disse, la voce ancora un po’ rauca per il risveglio – Come si sta nell’aver appena varcato la soglia dei trenta?-.
Nicola la guardò sorridendo:
-Esattamente come si stava a ventinove-.
-Non avevo dubbi-.
Caterina andò a sedersi a una delle sedie intorno al tavolo. Cominciava ad avvertire una certa sensazione di malessere, crampi leggeri all’addome come se stesse per iniziarle il ciclo.
“Ma è decisamente troppo presto”.
E poi, in realtà, sperava di non vederlo proprio.
Erano da circa tre mesi che lei e Nicola aspettavano qualche segno di una gravidanza agli inizi: non era ancora diventato qualcosa che pesasse, qualcosa da ricercare con insistenza, ma Caterina ci pensava ugualmente. Non era preoccupata che non fosse successo subito – e probabilmente non lo sarebbe stata ancora per tanto tempo-, ma era comunque qualcosa su cui si ritrovava a riflettere nei momenti più disparati della giornata. Forse valeva anche per Nicola, seppure anche lui stesse vivendo quella situazione ancora piuttosto serenamente.
-Come diavolo fa a piacerti il caffè continuerò sempre a domandarmelo- borbottò Caterina, storcendo il naso quando il caffè ormai pronto aveva liberato tutto il suo aroma nella cucina. Le stava dando così tanto fastidio da provocarle una leggera nausea; di certo non sarebbe riuscita a mettere niente sotto i denti per almeno una quindicina di minuti.
-Non è la mia cosa preferita, ma almeno mi tiene sveglio- commentò serafico Nicola, tenendo la tazzina fumante in mano mentre si sedeva accanto a lei.
-A me l’odore sta facendo venire da vomitare-.
Chiuse gli occhi per qualche secondo, convinta che quel silenzio segnasse la fine di quella breve conversazione. Probabilmente anche Nicola era ancora troppo assonnato per riuscire a chiacchierare molto.
Quando riaprì gli occhi, però, Caterina lo colse ad osservarla silenzioso, gli occhi azzurri che dardeggiavano sulla sua figura come se stesse pensando a qualcosa di preciso.
Ad una alzata di un suo sopracciglio, Nicola scosse debolmente il capo:
-Ti ricordi quando è stata l’ultima volta che l’odore del caffè ti faceva questo effetto?-.
Caterina non colse il perché di quella domanda, ma tentò comunque di ricordarlo.
-No?- fece incerta, dopo qualche secondo.
Non riusciva a capire dove volesse andare a parare Nicola con quella domanda apparentemente innocente, ma sembrò volerle chiarire quel dubbio subito dopo:
-Quando eri incinta di Francesco- disse, continuando a rigirare il cucchiaino nella tazzina – E anche di Viola, in realtà-.
-Sì, giusto- Caterina annuì – Non ci avevo pensato-.
Ora che Nicola glielo aveva ricordato, si ritrovò a riflettere che aveva effettivamente ragione. Il caffè non le era mai piaciuto, ma nei periodi in cui era stata incinta era arrivata a detestarne anche solo l’odore.
“Magari è solo una coincidenza” cercò di convincersi, prima di ricordarsi anche di un altro particolare.
-Ho anche dei crampi alla pancia-.
Nicola la guardò attentamente:
-Davvero?-.
-Sì- Caterina annuì, facendosi seria – È troppo presto per sapere se sono incinta o no, lo sai. Nessun test, neanche quelli precoci, funzionerebbero-.
Non voleva che Nicola intendesse le sue parole come una previsione di quel che sarebbe potuto essere, né che interpretasse a quel modo cose che, fino a prova contraria, potevano essere semplici coincidenze. Erano riusciti a prendere la questione della ricerca della gravidanza con leggerezza, almeno fino a quel momento: voleva che fosse ancora così, senza l’ansia di scoprire cosa sarebbe successo ogni mese.
-Lo so- Nicola parlò con voce rassicurante, allungando una mano verso il suo braccio steso sul tavolo, stringendoglielo con affetto – Dovremmo aspettare ancora un po’. Però … -.
-Però?- lo incalzò Caterina.
Nicola sembrò doverci pensar su qualche momento, forse indeciso se dire o meno quel che aveva pensato:
-Non lo so … -.
Sospirò a fondo, esitante.
-Ho una strana sensazione-.
-Del tipo? Che potrei essere davvero incinta?-.
-Esattamente- Nicola le sorrise timidamente, gli occhi abbassati – Il mio sesto senso mi dice che potrebbe essere la volta buona-.
Poteva esserlo come no, pensò Caterina. E preferiva non farsi aspettative, né pensare come sarebbe stato rivivere per la terza volta la scoperta di una gravidanza: era uno scenario che voleva affrontare se e quando si sarebbe presentato loro.
-E se non lo fosse?-.
Nicola le sorrise più apertamente, continuando ad accarezzarle il braccio:
-Non importa. Ci riproveremo-.
Sembrava convinto delle sue parole, e Caterina si sentì più rincuorata nell’immediato.
-E anche se non dovesse mai capitare, andrà bene ugualmente. Lo sai-.
“Lo so”.
Caterina lasciò che Nicola si sporgesse verso di lei, posandole un bacio leggero sul capo. Aveva bisogno di quei rari momenti, attimi in cui Nicola le ricordava che sarebbero stati bene anche così com’erano – loro due e Francesco.
-Se compariranno altri sintomi converrà comunque fare un test- mormorò.
-E lo faremo-.

 







[1] Sufjan Stevens - "Mistery of love"
[2] Radiohead "High and dry"
il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente ai rispettivi artisti e autori.
 
NOTE DELLE AUTRICI
Quanto fa strano leggere capitolo del genere?😂 Delle immagini così piene di tenerezza tra Alessio e Pietro, in effetti, sono abbastanza inedite, ma sembra proprio che cominceranno ad essere la regola ... Ma andiamo con ordine: il capitolo si apre con loro due ancora insieme, a qualche tempo di distanza dagli eventi del capitolo precedente, a parlare un po' degli ultimi sviluppi avvenuti. Oltre alla partenza di Alice, scopriamo che Alessio ha anche iniziato il suo percorso psicologico, di cui racconta della prima seduta, e poi insieme a Pietro si domandano anche come gestire eventuali uscite con il resto dei loro amici. 
Ma gli eventi di questo capitolo non finiscono qui, perché arriviamo anche al compleanno di Pietro: sebbene inizialmente Alessio sembrasse impossibilitato a passarlo in sua compagnia, alla fine la fortuna è girata in loro favore. E nonostante un momento di vulnerabilità di Pietro, possiamo dire che il suo compleanno si è concluso positivamente e di certo in maniera molto diversa rispetto a tutti i compleanni precedenti!
E, infine, concludiamo questo capitolo virando su Caterina e Nicola, che mancavano da un po' su questi lidi! Li ritroviamo alle prese con la ricerca di una gravidanza, ed è proprio di questo che finiscono per parlare... è ancora presto per sapere se Caterina è davvero incinta, anche se Nicola ne ha qualche sospetto. Secondo voi ha ragione?
Lo scopriremo solo leggendo!
Ci rivediamo con un nuovo capitolo mercoledì 13 novembre, ma mercoledì prossimo saremo di nuovo qui su EFP per un nuovo aggiornamento della raccolta "I just wanna live in this moment forever"! Segnatevelo 😉
Kiara &  Greyjoy

 
   
 
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