Il cellulare della collega seduta accanto a lei squillò. Sul display apparve il nome “mamma” e la collega chiuse la chiamata. Per altre due volte il cellulare vibrò e il nome mamma ricomparve sullo schermo verde, per poi zittirsi. Lexi non capì perché quella cosa avesse attirato la sua attenzione, ma non riuscì più a seguire il breafing del capitano e, appena questi terminò di parlare e li lasciò liberi, si dileguò senza dir niente a nessuno.
_______
Ric uscì dall’ufficio di Michael e vide che la scrivania di Lexi era ancora vuota. Depositò le carte che aveva in mano sul proprio tavolo, afferrò il giubbotto e prese anche quello di Lexi, poi si avviò verso il tetto dell’edificio. Uscendo fuori fu colpito dall’aria fredda della sera e tirò su la zip mentre il fiato si condensava in nuvolette bianche.
Svoltò l’angolo e la vide. Era seduta sul muretto che divideva il tetto, teneva le gambe abbracciate, forse per ripararsi dal freddo, e si voltò appena udì i suoi passi. Lui la raggiunse e le mise il giubbotto sulle spalle e lei lo indossò ringraziandolo.
“Ti va di parlare?”. Le chiese mettendosi le mani in tasca. Lexi veniva a nascondersi là quando c’era qualcosa che le frullava per la testa.
Lei scosse il capo. “Nulla, una cosa stupida”.
Lui si sedette vicino a lei, ma senza che si toccassero. “Mi piacciono le cose stupide, lo sai”.
Lo sguardo di Lexi vagava sulle luci dei palazzi vicini. Non capiva perché si sentiva così, non le capitava spesso di ripensare al passato, alle persone che non c’erano più... a sua madre. Ma quella schermata del telefono non riusciva a togliersela dalla testa, insieme a tutto quello che adesso sentiva dentro. Così raccontò delle chiamate perse a Ric. “È che mi chiedo come sia ricevere la telefonata di tua madre, fare una chiacchierata con lei a fine giornata. Avere una madre che ti pensa, che magari ti prepara il tuo piatto preferito e te lo porta... vedi non è qualcosa di cui sento la mancanza, perché è qualcosa che non ho mai avuto, che non avrò mai, che mai conoscerò. Sono emozioni che non conoscerò mai, un posto vuoto nella mia anima che non potrò mai colmare perché mia madre non c’è più ed io non potrò mai sperimentare nessuna di queste cose...”.
Quando lo guardò, Ric vide uno sguardo smarrito. Lexi non era mai stata vulnerabile, non gli aveva mai parlato del suo passato, dei suoi genitori o anche solo di se stessa.
“E non riesco a capire perché mi sento così triste per qualcosa che non so cosa sia”.
Gli occhi di Lexi guardarono quel viso amico cercando una risposta a quel dolore che non riusciva a mandar via.
Ric le si avvicinò e la circondò con le proprie braccia, attese finché lei non si appoggiò a lui poi la strinse delicatamente a se’, mettendole una mano sul viso che poggiava sul suo petto, sentì una lacrima bagnargli il palmo della mano e appoggiò la guancia sui suoi capelli. Non sapeva cosa dire e sperò che che quell’abbraccio fosse meglio di qualunque parola.
Quando le braccia di Ric la circondarono si irrigidì, ma il suo calore sembrò lenire il dolore, così si abbandonò e lasciò che quelle braccia la avvolgessero e tenessero insieme i pezzi della sua anima.