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Autore: Fabian_Dominc_DeJenisse    07/11/2024    0 recensioni
"Tutte le volte che facevano l'amore Judy dava a Marco l'impressione di esser lui a prendere l'iniziativa, anche se non era vero perché la vera iniziativa, quella più energica e ricca era la sua. Dopo una prima fase di schermaglie amorose, Judy si “impadroniva” di Marco, quasi senza lasciargli ossigeno, frugando ovunque su di lui ed assaggiandolo, con i suoi modi particolari, sicché pareva che lui fosse costretto a subire passivamente. "
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tre racconti brevi'
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Canto di "spartenza1"

 

In quella bella mattinata del primo Gennaio, invece che stare fuori a spasso a godersi i raggi di sole che benevolmente inondavano il primo giorno dell'anno nuovo, Marco se ne stava in casa, affacciato alla finestra ancora serrata. Con gli occhi fissi osservava attraverso il vetro come il vento si divertiva a sfilacciare e rimescolare le nuvole più basse nel cielo, dando loro forme sempre differenti. Era da poco tornato a casa dopo aver dovuto sbrigare una commissione urgente su richiesta di Judy e ora aveva la testa letteralmente in fiamme. In verità il messaggio che quella mattina lo aveva fatto saltare fuori dal letto presto, proprio il primo giorno dell’anno, portava con sé informazioni assai più importanti e serie che non il semplice doversi affaccendare per risolvere un semplice problema pratico.

Ora, a bocce ferme, si chiedeva, come molte altre persone, perché la maggior parte dell'umanità tende a complicarsi la vita più del necessario per trecentosessantaquattro giorni all’anno; poi, al trecentosessantacinquesimo, fa buoni propositi – che comunque non cercherà mai di mettere in atto seriamente – per cercare vivere in modo più decente e lineare.

Per scacciare il senso di fastidioso silenzio della stanza ascoltava distrattamente una composizione dal titolo 'Canto di Spartenza', basata su un'antica melodia siciliana del Duecento, di recente fortunosamente riemersa dalla polvere di una biblioteca.

Aveva programmato, tempo permettendo, una bella passeggiata per le vie del centro della città, ma si era svegliato praticamente senza voglia di fare nulla, poi a fronte delle notizie ricevute era caduto in uno stato di profonda prostrazione nel quale i pensieri si affacciavano uno dopo l’altro in stato di totale disordine, senza una vera concatenazione, in modo che, anche saltando da un pensiero all’altro in modo casuale, non cambiavano affatto le conclusioni. Insomma, la vita, in quel momento gli sembrava un esempio lampante di verifica della proprietà commutativa applicata alla vita invece che alla matematica.

Davanti a sé aveva solo una lunga giornata che avrebbe passato a respingere le sensazioni spiacevoli che i presagi funesti e le rivelazioni di quella mattina gli avevano gettato addosso. Ovviamente non sapeva e non riusciva ad immaginare o a pianificare che cosa avrebbe fatto nei giorni successivi. Quei pensieri molesti non erano frutto di una notte di bagordi perché, malgrado i passati festeggiamenti del capodanno, si era comportato in modo più che morigerato: aveva mangiato in modo frugale, bevuto pochissimo, per non dire quasi nulla. Aveva trascorso la sera con gli amici e con la sua ragazza, facendo, un po' come avevano fatto tutti in fondo, buon viso a cattivo gioco. Che il nuovo anno dovesse esser migliore del precedente, non ci credeva veramente nessuno. Tutti erano lì per festeggiare, ma, a ogni buon conto, nessuno aveva un reale motivo per essere pienamente contento. Agli occhi di quasi tutti, infatti – anche sgombrato il campo da tutti i pensieri e le seccature più o meno grandi della vita – quelle feste si stavano rivelando noiose e vacue, anche a camuffarle nel migliore dei modi.

Marco non era quello che se la passava peggio, in fondo. Fino a poco tempo prima, nella testa sua c’erano solo considerazioni del tutto oziose. Il giorno prima gli era rimasta una certa ubbia per non avere ricevuto gli auguri per il nuovo anno da molte delle persone che lo avevano conosciuto in passato e verso le quali egli aveva nutrito profondi sentimenti di amicizia. Se non altro, quei pochi auguri che erano arrivati mostravano, almeno, di essere sinceri e scritti apposta per lui. Niente frasi preconfezionate o, peggio ancora, copiate da qualche sito di aforismi; nulla che potesse togliere di mezzo una pura formalità con la sola pressione di un tasto. Marco non era mai stato un fanatico della tecnologia, meno che mai di quella dei telefonini cellulari che tanto entusiasmo suscita ancora oggi nell'uomo medio occidentale, anzi gli pareva che ciò che avrebbe potuto e dovuto mettere in comunicazione le persone, ancora più di un tempo e con maggiore facilità, aveva in verità finito con l'allontanarle, con il renderle più fredde e distanti. Preferiva incontrare le persone viso a viso o fare la cara vecchia telefonata, parlare a voce piuttosto che inviare messaggi e stare ad attendere risposte che spesso tardavano ad arrivare o non arrivavano per nulla, a volte nemmeno per cattiveria, ma perché a furia di mandare e rimandare le risposte, tutto finiva per cadere nell’oblio. Il mezzo analogico, in fondo, ti metteva anche nella posizione di esercitare una certa responsabilità. Si devono scegliere le parole giuste per l'interlocutore, mettersi nella dimensione dell'ascolto. Insomma, non ci si può permettere un eccesso di distrazione.

Ma soprattutto, non ci può occultare più di tanto. Al caro vecchio telefono fisso, potevi farti negare una volta, al massimo due, ma poi dovevi rendere conto al tuo interlocutore e se non lo facevi, non lasciavi dubbi. Adesso tutti potevano filtrare le chiamate o addirittura di bloccarle facendo finta di non averle mai ricevute o che la linea era occupata e che non ci era pensato dopo, presi come s'era tutti nel gorgo della vita moderna, sempre frenetica, col tempo che non basta mai. Lui non aveva mai bloccato nessuno. se una persona gli risultava sgradita o invadente, preferiva non rispondere finché questa non desisteva, ma si doveva trattare di casi veramente estremi. Invece, a lui era capitato di essere bloccato, anche con una certa facilità. Aveva provato la spiacevole sensazione di vedere tutte le sue chiamate cadere praticamente nel nulla e non avere la benché minima idea del perché.

Era sicuro del fatto che proprio Judy lo avesse bloccato sul telefono per lungo tempo. Poi il blocco era stato evidentemente rimosso perché nel corso dei festeggiamenti di San Silvestro, mentre era a casa di amici, aveva ricevuto un SMS proprio da lei:

"Sono alla festa in piazza, perché non vieni?"

A quel messaggio lui non aveva risposto immediatamente. Aveva pensato a lei negli ultimi tempi, ma era sparita, non gli rispondeva più, e i suoi pensieri erano andati a vuoto finché non si erano naturalmente sbiaditi come una stampa rimasta per troppo tempo esposta alla luce del sole. Poche e semplici parole che per lui erano state un sussulto improvviso. Volendo esagerare con la retorica, un colpo improvviso al cuore.

E così, a quanto sembrava, Judy alla fine era tornata a Palermo. Almeno per festeggiare un po' con i parenti. Chi sa se poi aveva festeggiato anche con i vecchi amici, a detta dei quali era sparita senza lasciare che minime tracce.

Marco aveva contattato anche il vecchio Maccari che sembrava essere l'amico di più vecchia data per Judy ed anche lui aveva detto di non avere più sue notizie da molto tempo. Non aveva nemmeno idea di dove fosse e di cosa facesse. O meglio, sapeva solo che, per la seconda volta, era partita per il “profondo nord” (aveva usato proprio questa espressione), quasi senza dire nulla ad alcuno e restando molto sul vago con i pochi cui qualcosa aveva pur detto.

Tempo addietro, aveva ricevuto da lei una email brevissima. Judy, che da tempo non rispondeva più alle sue telefonate, non gli concedeva più nemmeno più di sentire la sua voce, aveva voluto dargli comunque sue notizie, anche se con poche e lapidarie parole che non rivelavano molto.

"Insegno arte in una scuola di Milano" – aveva scritto. E poi aveva pure aggiunto – "Da quando sono stata scartata dagli affetti, ho preferito tornare nella città che già un tempo mi ha accolta".

Dopo quelle due righe enigmatiche e apparentemente senza senso, era tornato il più ostinato silenzio.

Il messaggio suonava di fatti quanto meno strano, se non addirittura illogico

Marco non ricordava che Judy avesse mai studiato qualcosa di simile, né che possedesse le qualifiche necessarie per "insegnare arte". E poi che significava "insegnare arte"? storia dell'arte? Architettura? Scultura? Pittura? Disegno in una scuola media? E quindi come poteva dunque Judy insegnare una di quelle discipline, senza titolo, anche se si fosse trattato di una banale supplenza alla scuola media?

A meno di improvvisi sconvolgimenti occorsi in quei lunghi periodi di silenzio, ogni percorso di studi di Jydy era stato interrotto prima di giungere al termine. Dapprima aveva iniziato a studiare diritto, poi si era cimentata con lettere, ma tutti i suoi piani si erano rivelati nulla più che pure e semplici velleità. Il copione era sempre lo stesso: pochi esami sostenuti all'università, poi l’abbandono seguito da un periodo cosiddetto "sabbatico" di riflessione per poi lanciarsi in un nuovo progetto di studio iniziato anche con grosso entusiasmo, ma che, alla fine, avrebbe seguito la medesima sorte del precedente.

Anche l'accenno agli affetti che l'avevano scartata era stravagante, ma più propriamente lo si poteva definire non solo falso e perfino indisponente, visto come stavano davvero le cose. Judy aveva modo tutto di considerare affidabili gli affetti. O facevano tutto quello che desiderava lei, nei modi e nei tempi che le parevano congrui, o per lei le persone erano morte o quasi. E finiva sempre nel modo consueto: Judy spariva, se ne andava per conto suo, senza nemmeno prendersi la briga e lo scomodo di salutare. Poi affermava di essere stata scartata dai suoi affetti... E si rendeva irreperibile, con una perizia da zingara della quale andava addirittura fiera. Insomma, JJudy si dimostrava velleitaria non solo nei suoi progetti di studio, ma anche nei sentimenti.

Non si era mai liberata di un certo narcisismo ed egoismo di fondo caratteristico dell'infanzia che le faceva avere la pretesa di stare sempre al centro dell'attenzione. Ecco, le cose stavano davvero così. Judy altro non era che una bambina intrappolata nel corpo di una donna. Una donna di una sensualità ferina per giunta, da provare brividi alla schiena al solo pensarci.

Quel suo corpo di donna Marco lo conosceva davvero molto bene. Aveva imparato a conoscerlo nel tempo. In termini meno vaghi si poteva dire che, a partire da un certo periodo della loro conoscenza, ogni volta che si incontravano finivano invariabilmente a letto insieme.

Ovviamente tutto era iniziato con una certa gradualità, anche se le tappe s’erano bruciate abbastanza presto. Non ci sarebbe stato nulla di male se non fosse stato che Marco era già impegnato con la sua attuale ragazza da qualche anno.

Questa ragazza ovviamente non sapeva nemmeno dell’esistenza di Judy e non era l'unica cosa di cui era all'oscuro.

C’erano, infatti, nella vita di Marco delle zone d’ombra in cui nessuno era ammesso, e non si trattava nemmeno di cose che riguardassero tradimenti intermittenti, come nel caso della complicata storia con Judy. Marco aveva una certa tendenza al solipsismo, come se su certe questioni disperasse di poter ricevere dal suo prossimo un minimo di vicinanza, di comprensione o di base empatica sia pure a livelli basilari. A dirla tutta, in tali zone d’ombra non era ammesso nessuno, né la sua ragazza, né un fratello, né un genitore, né un amico. Nessuno. Erano delle zone franche in cui potevano albergare solo lui, i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue emozioni. Alla fin fine, nemmeno Judy, in verità, sarebbe stata totalmente ammessa in quel cono d’ombra.

Marco aveva quindi finito per dividersi dunque tra il piacere della sensualità ferina di Judy, cui non sapeva rinunciare, e la sua vita pubblica nota ai più, nella quale si insinuava, con ovvie ragioni, il senso di colpa per i tradimenti commessi e le intemperanze. Ma egli era, tutto sommato, incapace di sostenere tanto a lungo la fatica di una vita doppia. Judy che da sola aveva capito questo suo tratto, aveva cercato di venirgli incontro con la proposta di una possibile situazione di compromesso. Aveva proposto a Marco una vita in cui avrebbe potuto averlo accanto nei tempi che lui le concedeva e alle sue condizioni, senza altre pretese.

Non si trattava di passare solo del tempo a letto, ma anche di parlare, di raccontarsi cose del loro passato, di leggere passi di libri e vedere dei film insieme. Alla fine di ognuna di queste attività, però, si finiva per far l’amore. Marco era per Judy nulla più che un amante con qualche benefit in più. Ogni volta Judy lo pregava di rimanere a dormire per la notte, ma lui non poteva accettare. Al massimo avrebbe potuto attardarsi da lei con qualche scusa, ma non certo restare. Per quanto non convivesse ancora con la sua ragazza, viveva ancora coi suoi genitori e avrebbe dovuto giustificare le sue nottate ripetute fuori, ma prima o poi qualcosa sarebbe andato storto e sicuramente ne avrebbe avuto un gran danno. Solo un paio di volte, con la scusa di aver bevuto un po’ troppo e di non essere in condizione di guidare, aveva chiamato per dire che non sarebbe rientrato a casa e che la mattina dopo. In verità, se ne sarebbe andato direttamente al lavoro per non fare tardi. La cosa era avvenuta solo un paio di volte e ovviamente, Se una rondine non fa primavera, nemmeno due fanno eccezione.

Per quanto ci fosse una forte attrazione erotica con Judy, Marco non si sentiva pienamente soddisfatto di quel particolare modo di far l’amore che avevano. Judy Era una donna “strana” per certi versi. Alta e massiccia, non una silfide secondo il modello estetico imperante, era comunque veramente bella, con quella gran massa di capelli rossi ribelli e due occhi verdi e limpidi che lo facevano sciogliere, vincendo ogni sua possibile resistenza quando lo fissavano. Ella, a dispetto della consapevolezza piena della profonda attrattiva e della sensualità che era in grado di sprigionare, provava paradossalmente un certo senso di vergogna per il suo corpo imperfetto, che pur tuttavia non era affatto spiacevole, al contrario... Per questo, tendeva spesso a coprirsi il più possibile. Solo ogni tanto, lasciava intendere d'essere orgogliosa per il seno più che generoso che madre natura le aveva donato, ma, per tutto il resto, sosteneva ‘di non sentirsi un gran che’. Però l’intensità del piacere che Judy era in grado di donare col suo corpo, era una cosa che Marco non aveva mai sperimentato in tutta la vita.

Tutte le volte che facevano l'amore Judy dava a Marco l'impressione di esser lui a prendere l'iniziativa, anche se non era vero perché la vera iniziativa, quella più energica e ricca era la sua. Dopo una prima fase di schermaglie amorose, Judy si “impadroniva” di Marco, quasi senza lasciargli ossigeno, frugando ovunque su di lui ed assaggiandolo, con i suoi modi particolari, sicché pareva che lui fosse costretto a subire passivamente. Ovviamente non si poteva dire che Marco subisse tout court, anzi ricambiava con fervore ogni atto, ma comunque si doveva pur sempre ammettere che era comunque Judy a condurre il gioco portando Marco a volere quello che desiderava lei, come se la rarità e la segretezza di quei momenti le dessero ogni genere di diritto di prelazione assoluta ed incondizionata. Ogni volta che Marco prendeva un'iniziativa, questa veniva presto interrotta e sostituita da un nuovo gioco, più interessante secondo i gusti di Judy, che lei proponeva.

Tuttavia, Marco non era mai stato davvero sicuro che Judy avesse raggiunto un orgasmo, a dispetto di cotanta iniziativa ed energia profusa nel sesso. Judy si impegnava a far sì che il suo compagno raggiungesse il massimo del piacere, fino a restare spossato, senza curarsi del proprio. Il piacere di lui, diceva, era anche il suo e pareva non necessitare d'altro. Assolto quel compito, con la devozione di una vestale, non si preoccupava minimamente di aver goduto né poco né tanto fisicamente; chiudeva la faccenda lì e faceva capire che desiderava solo essere abbracciata, possibilmente di spalle, mettendosi poi a dormire e assaporando una sensazione di protezione fisica e di “avvolgimento” che in altre circostanze sembrava non potesse appartenerle, anzi le fosse direttamente preclusa. In quelle circostanze Judy gli afferrava le mani e le teneva così strette che diventava impossibile divincolarsi dalla presa, anche mentre dormiva profondamente.

Marco però era soprattutto impressionato e dispiaciuto dalla scarsa frequenza con cui Judy cercava i suoi baci e a sua volta gliene dava. Erano baci strani. Judy Si metteva con le labbra estremamente rilassate per non dire inerti, con gli occhi chiusi senza muovere un muscolo. Un bacio di Judy pareva una di quelle strette di mano senza energia, quelle di chi non risponde alla presa e lascia la sua mano lì, in balia delle tue dita, con te che non sai che fartene fino quasi a provare irritazione sentendoti respinto o trattato con distacco e indifferenza! Ecco era così, lei lasciava che Marco assaporasse la sua bocca le cui labbra restavano immobili e aliene da ogni partecipazione. Lì si fermava il suo concetto di bacio. Concedeva anche la lingua e pure quella pareva starsene lì in attesa nella sua bocca, senza un accenno di nulla.

Questa specie di passività spingeva Marco a chiedersi se stesse facendo qualcosa di sbagliato. Una volta glielo chiese pure, ma lei rispose di no con un sorriso tenero e rassicurante.

Semplicemente “lei era fatta così”.

Questa era stata la risposta e non c'era da aspettarsi altro.

Quanto alla penetrazione, invece, non si tirava mai indietro, sin dall’inizio del rapporto ed in tutte le posizioni possibili ed immaginabili. Ad essa si dedicava con grande partecipazione: inarcava la schiena, lo cingeva con le gambe sui fianchi e si mostrava sempre pronta.

Marco era arrivato a pensare che gli uomini nella vita di Judy fossero soliti andare al sodo, senza troppi complimenti e che, a lungo andare, Judy avesse finito per convincersi che a tutti piacessero le stesse cose e negli stessi modi, escludendo una parte fondamentale di emotività che poi recuperava a suo modo solo quando l’atto vero e proprio era finito.

Dopo quei giorni di ripetuta passione e di reciproca compagnia, lei se n'era andata via, lasciandolo sgomento e nell’incertezza assoluta sui motivi della sparizione. Non avevano litigato, non avevano avuto contrasti. Aveva semplicemente fatto fagotto e era andata via, senza una spiegazione, senza uno straccio di motivo, solo perché le andava così; perché aveva bisogno, perché era nella sua natura cambiare spesso aria. Erano rimasti in contatto, ma le telefonate erano sempre brevi, come erano brevi i messaggi, avari di spiegazioni, fino a che non arrivò un lungo silenzio che Marco dovette solo accettare suo malgrado.

A distanza di tempo, provava ancora nostalgia per Judy, senza capacitarsi della sua improvvisa sparizione, né trovando soddisfacenti le motivazioni addotte, anche se la sua vita era andata avanti.

Poi quel lungo silenzio era stato interrotto da un messaggio inviatogli per email.

"Provo con te un senso di tale familiarità che inizio addirittura a deprimermi e non riesco più a sostenerlo. In ogni caso, non me la sento di costringerti ad una vita con una doppia evoluzione".

Da principio Marco, non aveva inteso il senso reale della “doppia evoluzione”. Judy era troppo realista (almeno secondo lui) per pensare di poter diventare per lui un'amante fissa che gli lasciava la completa libertà di coltivare un altro rapporto “istituzionale”. Nelle intenzioni di Marco, quella storia avrebbe avuto un solo ragionevole e inevitabile epilogo. Sarebbe stata una parentesi bella ed inattesa della sua vita, ma solo una parentesi. C’erano aspetti della personalità di Judy che gli facevano dubitare fortemente dell’opportunità di pensare ad un futuro con lei, sicché non gli capitava di struggersi particolarmente. Lo feriva tuttavia il fatto che dopo essersi sentito desiderato e concupito fino al punto di accettare di restare nell’ombra, Judy lo aveva rimosso dalla sua vita con una facilità, a dir poco, sconcertante.

Judy, dal canto suo, aveva pensato davvero ad una doppia evoluzione, perché era arrivata, non solo ad immaginare il trascorrere della vita nel condividere i piccoli gesti della quotidianità, ma addirittura a parlare di figli, sia pure senza costringere Marco a uscire dalla sua “relazione ufficiale”. Le sarebbe piaciuto avere da lui almeno tre bambini, aveva detto. Alla faccia imbarazzata di lui, lo aveva subito rassicurato immediatamente: non avrebbe chiesto mai nulla che lui non potesse dare. Né soldi, né partecipazione nella vita di questi bambini che sarebbero rimasti sempre solo un carico tutto suo. Aveva immaginato perfino come li avrebbe partoriti, cresciuti ed educati. Marco, a un certo punto, non aveva voluto prendere quelle parole troppo sul serio.

Dopo un poco, gli erano sembrate una sorta d'improvviso ‘travaso di miele’ scaturito da un momento d'estrema e sognante tenerezza. Se già era difficile immaginare di restare amanti per una vita, non si poteva di certo ragionare sulla possibilità di essere addirittura padri, restando sempre nell’ombra. Doveva essere per forza un pensiero surreale, qualcosa che le era sfuggita estemporaneamente, in un momento di accaloramento, magari l’esternazione di un sogno cui sapeva di dover rinunciare fin da principio, pensieri e parole espressioni quando il suo corpo ancora in preda alle scariche di adrenalina. E tuttavia Judy aveva detto questa cosa fin troppo spesso e ogni volta non poteva fare a meno di rilevare come in questi progetti di nascita crescita ed educazione il ruolo suo fosse descritto in modo a dir poco marginale. Talvolta questa descrizione mancava del tutto, come se fosse possibile concludere che quei figli fossero da considerarsi solo suoi e basta. I figli sono delle mamme - si dice spesso e in modo superficiale, ma tutto questo era semplicemente inconcepibile.

Invece fu evidente che Judy quelle cose le diceva sul serio perché quando Marco un giorno le disse che tra loro non avrebbe potuto esserci alcuna doppia evoluzione e che i rapporti tra loro due avrebbero dovuto subire una svolta verso la normalizzazione di una amicizia semplice e nei canoni classici, da subito, una svolta avvenne davvero, ma per volontà di Judy e nel suo modo consueto, sicché quello fu l'inizio della loro seconda separazione.

Affondando lo sguardo nei ricordi del passato occorre dire che Judy, in verità, era un ritorno di fiamma per Marco. Si erano conosciuti anni prima, quando lui era ancora libero, ma per varie vicissitudini nulla era mai nato. Era stato evidente che tra di loro c'era un afflato, ma la distanza ed altri progetti di lavoro, avevano indotto Judy alla cautela. Marco dal canto suo era ancora un ragazzotto insicuro e per lui quella ragazza così fiera che sembrava sapere il fatto suo, che viveva da sola, lontano dalla sua terra d’origine, mantenendosi in una città difficile come Milano, era troppo. Non avrebbe retto il confronto in termini di maturità. Eppure, a Judy, Marco piaceva e pure tanto, forse proprio per quella punta di candore che la mancanza di maturità e di esperienza di vita gli conferivano. Marco ne era stato, dal canto suo, attratto fin dal primo incontro e diciamo che per lei farlo suo sarebbe stato un gioco da ragazzi, ma non ritenne di doverlo attirare a sé, visto che viveva così lontano e aveva una vita già impostata altrove, presumendo che avrebbe vissuto lì per sempre. Forse, parlare di cautela sarebbe stato, perfino un eufemismo, perché, semplicemente, dopo pochi giorni dal loro incontro, Judy era ripartita ed era sparita perché non si era fatta più nemmeno sentire. Aveva rivelato, già da allora, il suo essere una zingara irrequieta. Poi lo aveva di nuovo cercato e dopo aver fatto buon viso a cattivo gioco, saputo che nel frattempo s'era fidanzato, s'era fatta prendere da una profonda (e per la verità inopportuna) nostalgia per quel fiore che entrambi non avevano colto a tempo debito e gli aveva rivelato, questa volta senza mezzi termini, i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Malgrado questo inizio decisamente infelice, decisero di rivedersi e la prima cosa che fecero, prima ancora di salutarsi e dirsi una parola fu abbracciarsi. Passarono una serata di profonda tensione emotiva, tra parole, sguardi, baci sfiorati, carezze furtive appena accennate, ma in fondo cercate, tentando di resistere ciascuno come poteva, ma alla fine cedettero. Nel momento in cui iniziarono a baciarsi lei gli prese una mano e se la strinse forte al seno, sicché ogni argine fu rotto di schianto e finirono a letto insieme per la loro prima volta. Nessuno dei due conservò nella memoria tutti i dettagli di quel rapporto, in cui l'istinto aveva finito per prevalere con una vera e propria esplosione del desiderio in cui si erano vicendevolmente e letteralmente divorati. I loro gesti erano stati come guidati da una forza invisibile e quello che restò del loro primo vero rapporto fu l’iniziale scioglimento di quella profonda tensione emotiva accumulatasi nella mente e nei sensi, seguita da una grande malinconia e da una voglia incoercibile di rivedersi e di amarsi di nuovo, ma con più calma.

Poi era venuto il resto di cui già si è detto, ed era arrivato quel secondo distacco, questa volta ancora più definitivo rotto solo dal messaggio nella notte di San Silvestro e da altri messaggi successivi mediante i quali Marco aveva era venuto a sapere che dopo tanto lavoro e tanti progetti seguiti a Milano, Judy aveva deciso di tornare a casa, in Sicilia, per restarci e impiantare una piccola attività commerciale in merchandising nella provincia, per la quale aveva già avviato la pratica e, una volta che l’attività prese davvero il via, lui assistette all'inaugurazione. Quella notte stessa, dopo la fine della festa, avevano fatto l'amore. Ora Judy aveva nuovamente mollato tutto e se ne era tornata “su al nord”. Così aveva detto, lasciando molte indicazioni imprecise perché in verità dalle sue pochissime parole non si capiva nemmeno in che regione si fosse stabilita.

L'ultimo messaggio dopo la partenza e prima del blocco aveva avuto connotazioni grottesche:

“Ci rivedremo di certo, un giorno, non so quando, ma sicuramente non più a casa mia. Quello è un privilegio che ormai non posso più concederti”.

A Marco quel messaggio fece male e molto, più di quanto non avesse fatto male la distanza. Quello era il modo in cui Judy si vendicava del suo desiderio di virare verso una semplice amicizia. Non si sarebbe potuto aspettare altro. Non poteva di certo pretendere che Judy facesse buon viso a cattivo gioco, sebbene lei stessa non brillasse per progettualità del futuro e per coerenza. Ma di certo avrebbe preferito che ella gli dicesse: “Tu non entrerai mai più nel mio letto”, ma non che gli vietasse la sua confidenza; di quello in fondo si stava parlando e la casa interdetta era proprio il simbolo del dialogo negato. Quelle mura non sarebbero mai state più testimoni di una sola parola. Quello che poi gli dava fastidio era questo modo di Judy di voler cascare sempre in piedi, come se la colpa fosse stata tutta di Marco.

Si diede dell'idiota perché non poteva sperare che Judy in fondo potesse pensarla in modo differente. È vero, aveva affermato che non voleva basare la sua felicità sulla infelicità di qualcun altro, ma evidentemente aveva sperato che Marco prendesse una decisione a suo esclusivo favore, in modo da potersi anche liberare del tutto la coscienza. Se la decisione di stare con lei e solo con lei fosse stata di Marco, lei avrebbe potuto dire di non averlo mai forzato in tal senso perché gli aveva concesso pur sempre l’alternativa di prendersi il suo corpo e pure un pezzo della sua anima, un pezzo almeno, senza impegno quando gli pareva. E invece, alla fine era stata fregata, perché le cose non erano andate come aveva sperato. Adesso rispondeva in quel modo, persino con quella punta di snobismo. In questa vicenda nessuno poteva affermare di esserne uscito veramente bene e con la coscienza immacolata.

Ma se pure il ragionamento di Judy era, a suo modo, sensato e legittimo, lui non riusciva a vedere in lei quel tanto ci certezza che gli facesse prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare vita ed “investire” affettivamente sul rapporto con lei, rompendo la relazione con la sua ragazza, specialmente quando, in un momento qualsiasi, con un colpo di testa, lei poteva fare fagotto e andarsene via, come aveva fatto ancora prima che tra loro potesse nascere qualcosa. Era soprattutto per questo motivo che Marco sperava in verità che ci fosse una differente evoluzione nei loro rapporti. Voleva che, archiviato il sesso, potessero diventare dei buoni amici con rapporti perfino più autentici di come avrebbero potuto essere in quel momento che richiedeva invece una vita in clandestinità e tempi parcellizzati e dosati col contagocce. Egli sperava che forse sarebbero stati capaci di fare il percorso inverso di tanti che sovente partono come amici e poi approfondiscono il senso del loro rapporto mettendoci il sentimento e anche la passione. Forse, agendo all'inverso, anche l'epilogo sarebbe stato differente. Aveva la segreta speranza che così potesse funzionare meglio. Aveva pur sempre della stima per Judy per ciò che aveva saputo trarre dalla vita. Sebbene Judy non proseguisse mai su alcuna strada, Marco pensava che invece lui, forse, non ne aveva mai davvero intrapresa una, a volte anche solo per eccesso di timore del fallimento. Lei invece aveva mostrato di sapersela cavare da sola sin dalla più giovane età ed in fondo le voleva bene. Non voleva diventarne l'amante in quel modo, ma nemmeno essere messo da parte. Per un certo periodo aveva voluto entrare nella vita di lei e capito che l'unico modo per entrare era darle ciò che lei voleva. Avrebbe fatto bene a desistere da subito, ma ormai era troppo tarsi. Di fatto, decideva lei quale ruolo dovessero avere le persone nella sua vita. Chi non si adeguava veniva, presto o tardi, messo da parte. Ma, in realtà non era nemmeno dato sapere se ottenuto ciò che voleva, non sarebbe sparita di nuovo, come usava fare da anni. Marco aveva nutrito la segreta speranza che quel nomadismo costante di Judy avrebbe avuto fine una volta tornata in Sicilia, ma ora doveva ammettere d'essersi sbagliato.

Staccarsi da Judy per una scelta imposta da lei fu più difficile del previsto. Dovette usare sempre il massimo della razionalità pensando a lei, concentrarsi sui suoi difetti, persuadersi che non ne valeva la pena di starle appresso cercando infine di rimettersi sui binari della sua precedente vita.

Quella notte di capodanno Judy era tornata da lui con quel messaggio. Forse era un sasso lanciato nello stagno, un invito a festeggiare con lei ciò che restava dell’anno che stava finendo e il principio del nuovo che stava per arrivare. A quel messaggio egli non aveva avuto il coraggio di rispondere. Ciò nondimeno, nelle ore successive, quando si era addormentato, lei aveva preso possesso dei suoi sogni.

Nel sogno, terminata la noiosa festa, erano andati da lei e avevano passato delle belle ore insieme, come se nulla fosse mai accaduto, come due vecchi camerati che si ritrovano dopo tanto tempo. Ed era felice perché in fondo era questo che lui voleva. Sembrava che si stesse realizzando quella trasformazione del loro rapporto che egli aveva accarezzato, per poter vivere in modo puramente amicale quel loro rapporto, senza il sesso e tutte le sue complicazioni. Questa volta sperò in quella chiacchierata onirica con lei che i rapporti prendessero la piega desiderata. Ma nulla da fare, nemmeno in sogno le cose erano andate per il verso giusto perché poi erano finiti di nuovo a letto insieme ed il copione s'era ripetuto sempre uguale. Si desidera spesso vivere nella dimensione del sogno, illudendosi di poter fare almeno in quel mondo di ombre ciò che si vuole, ma poi ci si rende conto che nemmeno lì si riesce ad avere il controllo sperato.

Anche la Judy del sogno aveva, come al solito, preso immediato possesso del suo corpo lasciandogli pochissima libertà d’azione e pochissima iniziativa. Si era presa la briga di concentrarsi esclusivamente sul piacere di Marco e, al tempo stesso gli impediva di ricambiare. Sembrava quasi che, rinunciando alla propria parte di piacere, cercasse di placare un latente senso di colpa per il fatto di condividere l'intimità con un uomo che, in realtà, non le apparteneva davvero.

Al suo risveglio Marco allungò una mano nel letto e lo trovò vuoto. In breve si rese conto che era stato solo un sogno. Ma quando prese il telefono per vedere che ora fosse, vide un altro messaggio e prima ancora aprirlo e vedere di chi fosse, provò una strana inattesa inquietudine. Il messaggio era di Judy. Gli diceva che aveva di nuovo preso il volo.

“Sono andata via, non posso lasciare Ester da sola troppo a lungo con mia madre.

Sì, è proprio come pensi. Ester è mia figlia, anche tua per la verità, ma tu non preoccupartene. Se non ti ho detto nulla sinora è stato perché è giusto che tu continui a fare la tua vita, anche in mia assenza. Ad Ester penserò io. Non dovrai avere paura di nulla. Alla piccola non mancherà amore oltre che sostegno materiale e sappi che quando mi chiederà di te, una volta cresciuta, non potrò che dirle tutto il bene possibile. Ti prego solo di una cosa: Non cercarmi e non tentare di cambiare il corso delle cose. Se il destino ci avesse voluto insieme, saremmo a casa, con nostra figlia sulle ginocchia.

La seconda richiesta che ti faccio è più banale, una semplice cortesia personale: di passare con urgenza, se puoi in mattinata, a casa mia in campagna. Ho lasciato le chiavi in cucina, sul tavolo. Confido, come già immagini, che essendo la casa molto fuori mano, nessuno passerà da lì per molto tempo. Comunque non troverebbero nulla di reale valore da portarsi via. Ti prego, chiudi tutto e porta le chiavi a Maccari. Si prenderà lui la briga di arieggiare la casa ogni tanto e custodirla, almeno finché sarà mia. Se avrò voglia di tenerla ancora, ora non so dirtelo. Potrei benissimo decidere di venderla un giorno e liberarmene per sempre”.

Marco posò il telefono con un senso di profonda amarezza improvvisamente emersa dal fondo della sua gola. Per quanto fosse completamente all’oscuro della nascita di Ester, si chiese se una strana sensazione che aveva avuto in cuor suo qualche volta non potesse fargli presagire l’evento. Aveva avvertito qualcosa tempo prima. Qualcosa di molto singolare, simile al senso di una potenza che una notte era uscita dal suo corpo per entrare in quello di Judy.

Inoltre, qualche tempo prima, aveva sentito un’amica di Judy accennare ad una nascita.

La donna non aveva fatto nomi, s'era limitata ad accennare al parto della sua migliore amica che aveva avuto una meravigliosa bambina.

Si stava parlando di lei? Era lei la sua migliore amica?

Non poteva esserne certo, ma l'idea lo aveva comunque turbato. Non tanto per il pensiero che quella nascita potesse riguardarlo direttamente, quanto per l'impatto emotivo di immaginare Judy dentro una nuova vita, così distante da tutte le vite che aveva vissuto fino ad allora, con una creatura tra le braccia. Inoltre, era convinto che, se il bambino fosse stato suo, Judy glielo avrebbe detto. Tenerglielo nascosto non avrebbe avuto alcun senso. Tuttavia, la situazione non si limitava più all'ignorare l'esistenza di una figlia, ma al fatto di essere completamente escluso dalla sua vita.

Ester… sussurrava quando era da solo: un nome al quale non aveva mai pensato e che gli faceva una strana impressione con quella sua origine biblica.

Tutto aveva pensato tranne di ritrovarsi padre e di una bambina di cui non conosceva nemmeno le fattezze.

Si alzò di fretta e furia e, senza nemmeno fare colazione, si vestì e si recò nella casa di campagna di Judy, trovando le chiavi esattamente dove lei aveva detto. La notizia della nascita di Ester lo aveva esacerbato e messo in gravi ambasce per tutto il tragitto da lei fatto per raggiungere la casa. In autostrada aveva perfino rischiato di prendere una curva troppo lunga e finire fuori strada. Arrivato in casa aprì la porta senza difficoltà. Vide che diverse cose già mancavano e che molti mobili erano stati coperti con un lenzuolo per proteggerli dalla polvere. Iniziò a tira via alcune di quelle lenzuola e si mise a cercare forsennatamente nei cassetti alla ricerca di qualcosa, un indizio, qualsiasi cosa e finì per trovare dopo avere rovistato un po’, una foto di Judy con una bambina in braccio. C’erano pochissimi dubbi sul fatto che potesse trattarsi di Ester. Girando la foto trovo una nota di Judy.

Ester a tre mesi”

Rimase immobile a guardarla, come congelato. La bambina aveva gli occhi verdi come quelli della mamma ed le labbra carnose come le sue. Sorrideva guardando chi a suo tempo aveva scattato quella foto. Rimase fermo ed in stato di sbigottimento per lungo tempo. Gli scese una lacrima poi un’altra ed un’altra ancora, mentre si sentiva stringere alla bocca dello stomaco. Cercò di dare forma ai pensieri, senza riuscirci davvero. Si asciugò il viso, poi si mise la foto in tasca, chiuse la casa e si tenne le chiavi. Con più tempo a sua disposizione, in seguito, avrebbe cercato del Maccari per dargliele. Magari sarebbe tornato per cercare altri indizi, altre informazioni... ma non adesso, non di certo quel giorno. Magari avrebbe anche parlato col Maccari. Gli avrebbe chiesto innanzi tutto se lui ne sapesse qualcosa di tutta quella storia e dove poteva trovarla, sia pure con molto scetticismo. Già in altre circostanze Maccari era finito nel novero di quelli scartati e trattati da lei con una certa sufficienza. Amici si, anche di vecchia data, ma forse non abbastanza amici da dar loro informazioni su dove viveva e cosa stesse facendo.

Era stato un capodanno a dir poco strano quello, entrato in sordina e poi esploso come una bomba di una potenza inaudita. E non certo per i botti della nottata. Il grosso di quelli era già stato sparato da prima della mezzanotte. Poco dopo, invece, era subentrata una specie di calma piatta. Palermo, in fin dei conti, non aveva una vocazione di vita mondana particolarmente spiccata.

La sua ragazza se lo era mangiato di baci allo scoccare della mezzanotte, e lo aveva abbracciato forte, ma senza accendere in lui quel desiderio dei primi tempi e che, comunque, per ovvie ragioni non avrebbe potuto trovare soddisfazione immediata.

Poi ella s'era addormentata sul divano e la sua espressione era parsa tradire non si sa bene che senso di fastidio. Erano già afflitti, malgrado non stessero insieme da molto tempo, dalla malattia della consuetudine e della noia. E dire che erano ancora così giovani…

Marco la guardò pensando che quando si inizia a stare insieme nessuno pensa mai alla più banale delle maledizioni connesse all'amore ossia, al fatto che si cambia dentro e che il rapporto a volte evolve verso una quotidianità avvilente. Forse la cosa sarebbe accaduta anche con Judy, anzi, ne era sicuro. A tarda ora ora erano tornati ciascuno a casa propria.

Lui si era messo a letto, addormentato ed aveva sognato Judy.

Al suo risveglio, aveva provato lo stesso senso di fastidio della sera prima, con gli interessi.

Poi gli era arrivato quel messaggio e tutto il carico di notizie che lo aveva investito di colpo come un treno ed era dovuto pure correre lì, in aperta campagna dove per tanto tempo non passava anima viva e l’unica vita era la loro che stavano lì in mezzo al nulla ad assaporarsi nell’estasi amorosa.

Ora era di nuovo a casa. La giornata era bella, ma secondo le previsioni il cielo si sarebbe presto appesantito diventando tutto grigio e coperto.

Adesso, osservando le nubi che si sfilacciavano nel cielo, Marco si sentiva sopraffatto da un turbinio di sensazioni spiacevoli e da un'angoscia di presagi indefiniti ma inquietanti. Sapeva con certezza che il nuovo anno non sarebbe stato più semplice del precedente. Anzi, si preannunciava altrettanto difficile, forse persino più tormentato.
 


1 “Separazione” in dialetto Siciliano

   
 
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