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Autore: kannuki    30/05/2005    7 recensioni
Lui mi guardava e mi sorrideva in quel modo strano e sembrava di essere spogliata da me stessa un pezzo alla volta.Liquido distillato di un sordido piacere venefico. Nulla di sano poteva crescere da ciò.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Claustrofobia nel proprio corpo

Si trucca troppo. Glielo dico sempre di non truccarsi così tanto ma lei non mi ascolta mai.

 

“A lui piaccio così”

“Lui non capisce nulla delle donne”

 

La piccola aveva richiuso il rossetto con un gesto violento, seccata dalle mie continue parole. “Mi stai offendendo!”

“Non volevo dire..

“Non ti voglio ascoltare!”

La piccola aveva preso il vestito con un moto violento, strappandolo dalla stampella sulla quale era appeso. “Ti da fastidio che mi preferisca a te”

 

Povera illusa. Ti scaricherà come ha sempre fatto. Come ha fatto con me, con Danielle e con Linda, così bella che gli uomini ammutolivano quando entrava in una stanza.

 

La piccola si crogiola nel suo momento di gloria perché lui l’ha scelta in mezzo a tutte le altre. Bella, con un’immagine sfavillante da mostrare al mondo, una profusione di fresca gioventù che sta affogando nella melma. E ancora non se n’è accorta.

 

La piccola lancia occhiate soddisfatte allo specchio, voltandosi da tutti i lati come una reginetta al ballo delle debuttanti. 

Ma lui non è il principe cortese che ti bacerà sulle labbra durante il valzer, la piccola sembra dimenticarlo spesso, questo. 

 

“Schiena dritta e mento in alto. Ma non troppo. Niente capricci e niente pretese assurde… non farlo arrabbiare”

 

La piccola sbuffa nuovamente, distratta dalla scollatura sulla schiena che mostra maliziosa la sua carnagione pallida, quasi vampiresca.

Occhi bistrati di nero, iridi azzurre che emergono come pezzi di firmamento dalla tenebrosità della notte.

 

“Quel rossetto è troppo acceso”

Le tolgo l’eccesso con un fazzolettino e lei mi lascia fare con il volto da impunita e le braccia incrociate.

Quando ho finito mi lancia un’occhiata al vetriolo “va bene così, vostra maestà? Devo farle anche l’inchino?”

Se ci fosse stata Marguerite al mio posto, un ceffone gliel’avrebbe dato sicuramente.

Ma ci sono io e la piccola sa che può approfittarsene perché non le dico niente.  Non la sgrido perchè ho pena di lei.

 

Se lo sapesse, non riderebbe così tanto.

 

Si drappeggia le maniche con aria compiaciuta. È bellissima e lo sa e questa sera tutti vedranno il suo fulgore al Suo braccio.

 

“Cerca di stare attenta”

Raccomandazioni inutili, parole che si schiantano al suolo dopo una caduta di dieci miglia. 

 

Si volta verso di me con una smorfia irritante “Cerca di non rosicare troppo”

 

Piccola impertinente dalla lingua troppo lunga! Imparerà che cosa vuol dire essere intrappolata in un corpo troppo bello.

 

E avere la claustrofobia del proprio corpo.

 

Un vecchio proverbio dice: quando sei in un buco, smetti di scavare.

 

Beh, io non ci sono riuscita: non sono riuscita a smettere di scavare e sono andata sempre più a fondo, scendendo, scendendo…per colpa Sua.

 

L’ho incontrato una sera, ricevimento in grande stile, una decisione all’ultimo momento. Buffo…un attimo e non sei più padrone della tua vita.

 

“Lui è..”

“Piacere”

“Bellissima”

“Sfacciato!” 

 

Mi aveva sorriso divertito dal tono puerile che avevo usato e mi aveva seguito per tutto il resto della serata, osservando il mio vestito color carne, facendomi sentire più nuda di una ninfa che danza sotto gli sguardi di un fauno.

 

“La smetti?”

“Perchè dovrei?”

“Mi stai mettendo in imbarazzo”

“L’intenzione era proprio quella”

 

Lui mi guardava e mi sorrideva in quel modo strano e sembrava di essere spogliata da me stessa un pezzo alla volta.

C'era qualcosa di orribile e dissennato nel modo in cui i suoi occhi si piantavano nei miei, studiandomi nei movimenti, i gesti lievemente isterici, le pause fra le parole… sempre più lunghe, perchè lui continuava a denudarmi di pelle, muscoli e ossa.

Mi scrutava l’anima con violenza e desiderio …o almeno a me sembrava che fosse così. Che fosse così oscenamente impudico da annegarmi volontariamente  in quel gesto meccanico e svogliato quando si rimetteva a posto i capelli, la gamba che incrociava in quel modo così terribilmente maschile quando si sedeva e il busto piegato in avanti, il gomito poggiato sul ginocchio, parlando col suo vicino…

 

Così maledettamente sbagliato e stonato.

In quel posto dall’aria raffinata e amichevole, lui era una nota discordante, come uno Stradivari in mano ad un principiante.

 

Dissonante, perso, indecente.    

 

E restava voltato verso di me, il luccichio negli occhi di chi ha capito di aver trovato un suo simile…ammaliante, come una bestia che ha puntato la prossima preda e pregusta l’attesa e la caccia con spasmodico piacere, crogiolandosi nella sensazione imminente di affondare le zanne nella carne tenera e succosa.

 

Il bicchiere che traballò dalle dita e cadde, frantumandosi in piccole schegge d’arcobaleno che mi piegai a raccogliere, lanciando sguardi di scuse attorno.

La tua mano che s’ infilò sotto la mia impedendomi di tagliarmi con una scheggia che era sfuggita alla mia vista.

Bastò quel contatto epidermico prolungato a piegare i pilastri indistruttibili del mio cuore.

 

Ma già la sentivo crescere dentro, quella strana sensazione che anticipava i terribili eventi. Stava già accadendo mentre mi guardava, malizioso e arrogante, avvicinandosi a me con quel passo da conquistatore che reclama il regno e il trono.

 

“Vieni”

 

Mi aveva preso per mano troppo in fretta per accennare una sola protesta e quando fui fuori, nel giardino, non trovavo ancora le parole per ribellarmi.

Faceva freddo, era un autunno strano, a tratti invernale. Lui continuava a camminare, superbo e presuntuoso, la mano che stritolava la mia e già lì dovevo capire cosa mi avrebbe preservato il futuro, come le sue richieste eccessive e sconsiderate.

 

Ma vuoi lasciarmi? Non prenderti tutte queste confidenze, neanche mi conosci!” avevo strillato sorpresa quando si era arrestato vicino alla serra che Sophie teneva con tanta cura.

 

“Voglio farti vedere un bel posto”

 

La padrona di casa era mia amica intima; conoscevo la serra a memoria. Sapevo come muovermi per non urtare le piante rampicanti, i gigli che stava tenendo sotto contro da settimane e i fiordalisi così belli che…

 

Faceva caldo al suo interno, l’umidità si appiccicava alla pelle come miele dolce e caldo…come lo sguardo che mi rivolse una volta soli.

Soli, lui ed io.

Io e lui.

Sola.

Sola e stupidamente confusa.    

Una strana sensazione mi aveva aggredito le gambe e m’impediva di muovermi dal corridoio delle rose, le sfumature composte e armoniche che si allargavano dietro di lui e attorno a me.

Un serpente nell’Eden che tentava la sua Eva turbata e per nulla desiderosa di cogliere la mela che il Serpente le stava porgendo con un sorriso che aveva quel non so che di diabolico e malato.

 

Un sorriso su un viso da Angelo Caduto. Attrazione irresistibile per la Perdizione.   

 

La rosa che mi aveva fatto scorrere sulla pelle del braccio con quel sorriso  seducente. “Sapevo che sarebbe stata benissimo su di te.

 

Ero intrappolata nel mio corpo che percepivo per la prima volta vivido e pulsante e allo stesso tempo scollegata dalla realtà, mentre faceva scivolare via una spallina, con un gesto delicato del dito, accarezzandomi con la rosa che risaliva dolcemente verso il collo. Potevo sentire quel sentore delicato e il suo profumo  che si confondeva e mi confondeva, stordendomi interamente.

 

Il tempo continuava a marciare e si stava consumando come la cera di una candela, ma nella serra sembrava essersi congelato.

 

Che vuoi da me?”

“Te”

 

Liquido distillato di un sordido piacere venefico. Nulla di sano poteva crescere da ciò. E di nuova quella sensazione di essere spogliata un pezzo alla volta di me stessa mentre mi abbracciava e mi sollevava il mento per guardarlo negli occhi “ mi sei piaciuta subito”

 

“Non posso dire lo stesso” avevo risposto turbata dall’eros e dalla vicinanza. Adocchiavo la porta sperando che entrasse qualcuno e che lo interrompesse, che fermasse la carezza delicata delle sue dita.

 

“Bugiarda”

 

Si, bugiarda e sventata.

Lui era diventato tutto per me. Lui era mio padre, il mio amante e il mio dio.

 

Ora guardo il mio corpo come se fosse irreale, fatto solo di pensieri e di ricordi.

Certe volte chiedo a Dio di tramutarmi in un fiore; un fiore bellissimo, con i petali al posto delle braccia e un lungo stelo verde invece dei piedi.

 

Sarei bellissima e impalpabile. Una di quelle cose nate per morire all’istante.

 

La piccola tornerà, il sorriso raggiante e la superbia di essere ascesa il trono con una corona di spine che non riesce a vedere sotto i fiori bellissimi che le celano alla perfezione.

Le lacrime verranno in seguito, molto presto o molto tardi secondo il suo umore, com’è successo a molte di noi che non sono state accorte… come me in quella sera sventurata.

 

Lui ti conquista e ti piega, ti da tutto quello che vuoi e ti rende psicologicamente e fisicamente dipendente e poi ti abbandona, sprofondandoti nell’insicurezza.

 

Donne una volta forti come querce millenarie che si struggono per una telefonata, disgustate di se stesse ed incapaci di fare altrimenti, ombre solitarie che piangono rugiada stupendosi di quanta acqua ci sia nel loro corpo macerato.

 

Lui tornerà e ti sorriderà chiedendoti un favore particolare, poi un altro e un altro ancora.  

 

Allora capirai cosa vuole veramente da te, qual è il lavoro segreto che non vuole rivelarti.

 

  
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