Accontentarsi
Guardo la mia bambina. A volte mi sembra di rivedere me stessa, anche se Giada, che se ne sta seduta a tavola con una fetta di pane e nutella in mano e mi guarda seriosa, in realtà è molto più vispa di come lo ero io. È in un’età in cui tutto assume la connotazione del dramma.
«Un detto è solo un modo di risolvere la questione in maniera spiccia.» le dico facendo spallucce.
«E quindi?»
«Ti racconto una cosa che mi è capitata più o meno alla tua età.»
Addenta la fetta e rotea un po’ gli occhi.
«Vabbè dai spara.» conclude a metà tra il lo sapevo e il condiscendente, mentre ancora sta masticando.
Sorrido e continuo a tagliuzzare le carote per il soffritto.
«Si chiamava Alberto. Era un mio compagno di classe in prima superiore. Solo che lui aveva sedici anni. Era bocciato due volte. Aveva la moto, i capelli lunghi e fumava» non solo le sigarette, ma questo non glielo dico di certo! «Insomma quello che si definirebbe un bello e dannato.»
«Conosco il genere.» mi fa con aria vissuta e una smorfia che le fa arricciare il naso.
«Era fidanzato con una più grande di lui che faceva la commessa in un negozio luxury del centro, una donna vissuta ai nostri occhi. E lui non lo nascondeva mica sai?»
«Perché avrebbe dovuto scusa?» mi chiede con sussiego la voce dell’innocenza.
«Perché non si faceva problemi a tradirla.»
«Ah!»
«Eh... » faccio con aria di chi la sa lunga.
«Mamma non mi dirai che dopo tutte le paranoie che mi fai sei stata con uno fidanzato?»
«Fammi finire di raccontare.»
Lei sbuffa, azzanna di nuovo la sua fetta sporcandosi gli angoli della bocca di cioccolata.
«Piaceva molto e lui lo sapeva; un giorno si offrì di accompagnarmi a casa con la sua moto e io, ovviamente accettai con piacere.»
Sfoglio una cipolla e prendo a spezzettarla per metterla insieme alle carote e al sedano. «Dai, che ti fermi sul più bello?» Sorrido.
«Niente mi accompagnò e poi prima di lasciarmi mi baciò a sorpresa sulla bocca.»
«E così vi siete messi insieme.»
«No.»
«E Perché?»
«Perché era fidanzato e non aveva nessuna intenzione di lasciare la sua ragazza, gli piaceva avere una sorta di harem tutto per sé.»
«Ma tu non gli hai detto niente?»
«No. Speravo fosse lui a farsi avanti, mi ero illusa di piacergli, ma faceva finta di nulla così dopo un po’ mi sono rassegnata.»
«Ok, ma non ho capito però il senso riguardo la mia domanda sull’accontentarsi.»
«Non ho finito.»
Lei mi guarda incuriosita, mentre io intanto accendo il fuoco sotto la padella, un giro d’olio e butto il soffritto per farlo imbiondire.
«Pian piano ho cominciato a considerare la possibilità di dare una chance al secchione della classe. Sapevo che mi stava dietro, ma io ero presa da Alberto.»
«E insomma come è andata a finire?»
«Che io e Marco ci siamo messi insieme.»
«Marco?» mi chiede lei sorpresa sgranando gli occhi.
«Sì, esatto.» le rispondo sorniona.
«Ma è lo stesso nome del babbo!»
Questa volta rido divertita.
«Noooo.» mi fa lei «Ma veramente il babbo era un secchione?»
«Aveva anche i brufoli se è per questo.»
Giada sembra davvero stupita perché mio marito oggi sembra tutto meno un ex secchione brufoloso.
Mi guarda e aggrotta le sopracciglia.
«Sai mamma credo di aver compreso.» mi dice con aria contegnosa. Poi finisce la sua fetta di pane e cioccolata, mi abbraccia, sorride e si mette le sue fidate airpods, mentre trotterellando, sparisce in camera sua.
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Secondo
voi che cosa significa accontentarsi? È un bene o un male?
Se
vi va fatemi sapere la vostra!
Grazie mille di
aver letto questa storia e di
essere arrivati sin qui ❤️