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Autore: Milly_Sunshine    27/11/2024    1 recensioni
Inghilterra, anni '50 - Lord Winterport è il ricchissimo titolare di una ditta che commercia tessuti, per la quale Miss Crystal lavora come segretaria. Quando la sede aziendale viene evacuata, il titolare sposta temporaneamente i propri uffici nella propria residenza, Sadness Garden, dove peraltro sta ospitando un ampio numero di parenti più o meno stretti. Quando annuncia di essere stato vittima di un tentato avvelenamento e di avere cambiato, di conseguenza, il proprio testamento per quella ragione, accade quanto di più prevedibile: un delitto. La vittima, tuttavia, non è Lord Winterport e questo rimescola, e non di poco, la situazione. Per fortuna Miss Crystal è dotata di un grande talento per l'investigazione: sarà una corsa contro il tempo per impedire altre vittime, ma non sarà facile, quando tutti hanno molto da nascondere. // Miss Crystal è comparsa in altre indagini, ma questa è una vicenda a sé stante, peraltro vuole rappresentare il suo primo caso.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le indagini di Miss Crystal'
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[LE DEPOSIZIONI DI ALBERT HARRIS, DI NORMAN E CHARLOTTE WINTERPORT]

Il signor Norman Winterport non era affatto soddisfatto della piega che gli eventi avevano preso. Non provava niente nei confronti di Alexandra Johnstone, a parte un po’ di invidia perché questa era stata destinata a ereditare la metà del patrimonio di Lord Winterport, ma la sua morte non gli veniva incontro in alcun modo. Semplicemente Miss Crystal, insignita da chissà chi del ruolo di incaricata delle indagini, aveva iniziato a convocare i presenti presso lo studio del Lord, per fare loro delle domande che potessero aiutare Scotland Yard, quando gli agenti sarebbero intervenuti per fare i loro rilievi sul caso. A completare l’opera, a causa del ponte crollato, c’era un cadavere in casa e non vi era possibilità di rimuoverlo nell’immediato. Per fortuna, almeno, il personale di servizio aveva portato in tavola una cena che si rispettasse e non erano mancati nemmeno i superalcolici alla fine del pasto.
Per qualche astrusa ragione, Miss Crystal aveva deciso di iniziare sentendo il signor Albert Harris, come se avesse a che vedere con quella storia. Non si poteva dare la colpa del delitto al marito di Alexandra così di default e risparmiarsi un sacco di seccature? Tanto il signor Daniel era l’unico che aveva da guadagnarci... chissà, magari si era convinto che Alexandra volesse lasciarlo per risposarsi con il signor Gabriel McKay. A Norman non era sfuggito il modo in cui questo guardava la coppia, sembrava quasi infastidito di vederli insieme. Non che fosse un dettaglio a prova del fatto che il signor Daniel avesse commesso il delitto, ma non aveva senso arrampicarsi sugli specchi.
L’interrogatorio del signor Harris non era stato molto lungo, tanto che questo era uscito dallo studio poco dopo esservi entrato, andando a chiamare Norman e informandolo che era il suo turno. Così anche Norman si era recato nello studio del Lord e aveva ascoltato le domande di Miss Crystal. Le aveva risposto e poi, finalmente, aveva potuto tornare nel salone.
Andò a raggiungere il signor Harris, che in quel momento era da solo. Stava sfogliando il giornale e, al contempo, fumando un sigaro. Il signor Norman ebbe il desiderio di accendersi una sigaretta, azione che mise in atto andando ad accomodarsi accanto a Harris. Di solito non aveva l’abitudine di confondersi con uomini destinati a lavorare, ma tanto valeva iniziare ad allentare le selezioni. Se il vecchio fosse morto, lasciandogli in eredità soltanto l’argenteria e dei soprammobili di dubbio gusto, gli sarebbe probabilmente toccato di fare una fine brutta quasi come quella del signor Harris, se non più brutta. Il signor Harris, infatti, aveva esperienza professionale, Norman non era affatto sicuro di avere le carte in regola per procurarsi un impiego analogo. Forse gli sarebbe toccato reinventarsi come maggiordomo e magari scivolare sul pavimento lasciato bagnato da qualche cameriera incompetente.
Il signor Harris si girò lievemente verso di lui.
«Com’è andata, signor Winterport?»
«Una gran seccatura» ammise Norman. «E voi? Cosa vi ha chiesto la signorina? Anche a voi ha dato l’impressione di essere un’esaltata?»
Il signor Harris scosse la testa.
«No, non mi è sembrata per niente esaltata. Ha fatto domande molto interessanti, devo ammetterlo. Certo, non ho potuto aiutarla molto, e mi è costato molto anche non accendermi un sigaro in sua presenza.»
«Come mai non avete fumato?»
«Perché so che le dà fastidio il fumo. Quando lavoriamo, Miss Crystal è l’ultima ruota del carro, quindi quello che pensa lei non ha alcuna rilevanza. Tuttavia, prendendosi l’incarico di fare indagini sulla morte della signora Johnstone, ha acquisito improvvisamente una certa importanza, in un contesto circoscritto, e ho deciso di portarle rispetto.»
Ci si riduceva così, quando si lavorava? Era ridicolo che il signor Harris si preoccupasse di quello che pensava un’inutile segretaria. Preferì comunque non pronunciare quelle parole ad alta voce, casomai Miss Crystal gli leggesse nella mente e, per vendetta, decidesse di farlo accusare di avere ucciso Alexandra.
Gli domandò, piuttosto, per non apparirgli totalmente disinteressato: «Che cosa vi ha chiesto, esattamente?»
Il dipendente di suo cugino Lord Winterport iniziò a raccontare in maniera precisa e puntuale il colloquio avuto con Miss Crystal.

***

La segretaria del Lord era seduta nello studio. Se non altro, aveva avuto la decenza di non piazzarsi alla scrivania del vecchio. Albert Harris, tuttavia, era costretto a riconoscere che aveva una certa aura, in quella postazione. Non sembrava più una semplice zitella vestita di tweed che lavorava come segretaria per avere uno stipendio di cui vivere, dava seriamente l’idea di essere in grado di indagare su un caso di omicidio.
«Prego, signor Harris, sedetevi» lo invitò.
Indicava una sedia collocata dall’altro lato della scrivania, sulla quale Albert si accomodò.
«Come mai volete parlare con me, signorina?»
«In questa casa è stato commesso un delitto ed eravate presente» gli ricordò Miss Crystal. «Credo sia mio dovere non sottovalutare alcuna pista. Mi rendo conto di quanto possa essere sgradevole questa conversazione, ma non credo vi siano alternative. È mio preciso dovere scoprire chi abbia assassinato la signora Alexandra.»
«Perché mi avete chiamato per primo? Cosa penseranno di me gli altri presenti?»
«Gli altri presenti avranno ben altro di cui occuparsi, altro che di voi! Vedrete che non vi daranno fastidio.»
«Mhm. Ritengo comunque un’ingiustizia rivolgersi a me per prima cosa.»
«Guardate al lato positivo: presto per voi sarà tutto finito. Ho deciso di convocarvi per primo perché vi conosco.»
«Quindi» azzardò Albert, «Sapete che non avrei potuto commettere un delitto.»
Miss Crystal scosse la testa.
«Vi sbagliate, signor Harris. Chiunque può commettere un delitto, questo è il mantra di chi è seduto nella mia postazione. Tuttavia vi conosco abbastanza per sapere che non siete un buon osservatore. Ve ne state solo a pensare ai fatti vostri e, mentre vi chiedete magari se sia opportuno accendervi un altro sigaro o se sia meglio aspettare, non vi accorgereste nemmeno se entra dalla finestra un esercito di omini verdi scesi da un disco volante. E, se vedeste questi omini indossare una bombetta, probabilmente non vi accorgereste nemmeno delle antenne che vi sporgono. E infine, se questi si mettessero a costruire una piramide in cortile, non la notereste nemmeno.»
In altri momenti, il signor Harris non sarebbe stato molto soddisfatto di essere descritto in quei termini, ma in quella situazione faceva esattamente il caso suo.
«Non sono osservatore, quindi potrete tranquillamente immaginare che non ho visto chi ha messo il veleno nella tazza della signora Alexandra.»
«Della signora Alexandra, o di Lord Winterport?»
«Come faccio io a saperlo? Ho sentito solo un gran trambusto e sono andato, come tutti, a vedere cosa fosse successo. Nolan era scivolato, finendo a sbattere proprio contro la porta, o almeno è quello che ho capito. Ero impegnato a pensare all’Egitto, meta del viaggio che ha impressionato così tanto la signorina Alice Byron.»
«Vi piacerebbe visitare l’Egitto, signor Harris?»
«Non mi sono mai posto il problema di viaggiare, signorina. Non ho abbastanza denaro.»
«Ne sentite la mancanza?»
«Non posso sentire la mancanza di qualcosa che non ho mai avuto. Ammetto che non disdegnerei l’idea di corteggiare una signorina ricca e di sposarla, un giorno, ma non sono convinto che possa funzionare. Quindi sono rassegnato: per molti anni ancora dovrò lavorare e, quando sarò troppo vecchio per farlo, non potrò certo andare in giro a sperperare denaro, se mai dovessi esserne ancora in grado. Non mi resta che sperare di potere un giorno ambire a mansioni più importanti e, se dovesse capitare l’occasione, accompagnare Lord Winterport, oppure un mio futuro titolare, in qualche viaggio di lavoro.»
«Mi auguro che possiate realizzare il vostro sogno. Tornando a noi, c’è qualcuno che, secondo voi, non potrebbe in alcun modo avere commesso il delitto? Qualcuno che non potrebbe avere avuto la possibilità di avvicinarsi alla tazza, che questa fosse destinata a Lord Winterport oppure a sua nipote Alexandra?»
Era una domanda piuttosto complessa, alla quale il signor Harris non aveva una vera e propria risposta.
«Devo per forza fare un nome?»
«Se fosse possibile.»
«Nolan, allora.»
Miss Crystal rifletté per qualche istante. Il signor Albert Harris era certo di averla soddisfatta, ma venne ben presto smentito.
«Il maggiordomo non era all’interno della sala da pranzo, in quel momento. Va da sé che mi riferivo alle persone che erano dentro. Se volete, posso elencarvi...»
Albert Harris interruppe quella proposta sul nascere e si affrettò a puntualizzare: «So benissimo chi ci fosse e chi non ci fosse. Non sono sicuro, tuttavia, di potervi dire con certezza chi fosse vicino e chi lontano dalla tazza incriminata.»
Le parole appena pronunciate non lo rendevano affatto tranquillo. Si sentiva come uno scolaretto interrogato da una maestra esigente e, quando Miss Crystal parlò, dopo un lungo silenzio, ebbe paura che gli intimasse di andare in punizione dietro la lavagna. Non vi erano tuttavia lavagne nello studio di Lord Winterport e la segretaria non parve particolarmente turbata dalla sua mancanza di una risposta concreta.
Gli chiese, infatti, qualcosa che non aveva nulla a che vedere con il caso.
«Vi piacerebbe sposare la signorina Alice?»
Albert Harris avvampò.
«Sposare la signorina Alice?»
«Sì, la nipote di Lord Winterport.»
«So benissimo di chi state parlando. Non capisco, tuttavia, perché mi chiediate se mi piacerebbe sposarla.»
«È una donna ricca.»
«Lo so perfettamente. Il matrimonio non è la mia priorità, lo ammetto, specie se dovessi trovare una moglie del mio stesso ceto sociale. Le mogli a carico costano. E se mettessimo al mondo dei figli, anche questi sarebbero da mantenere. Se mi riuscisse di sposare un’ereditiera, tuttavia, sarebbe molto diverso. A chi non piace il denaro? Questo, però, non rende la signorina Alice più appetibile di ogni altra donna ricca senza marito, sia essa una nubile oppure una vedova.»
«Comprendo perfettamente il vostro punto di vista, signor Harris» ammise Miss Crystal. «Cosa ne pensereste, invece, di sposarvi con la signora Gloria Green?»
Albert Harris rispose, con sincerità: «Non ho idea di quale sia il suo patrimonio. So che era sposata con un aviatore, ma non so quanto denaro abbia ereditato dal marito o se le sia stato riconosciuto qualche indennizzo dallo Stato, essendo il consorte deceduto in guerra.»
«Non siete osservatore, quando si tratta di fatti che non vi riguardano strettamente» osservò Miss Crystal, «Ma siete comunque molto acuto. È un vero peccato che non diate maggiore importanza agli eventuali omini verdi che entrano dalla finestra.»
Il signor Harris non aveva idea del perché degli omini verdi, casomai sbarcassero sulla Terra, dovessero entrare, con tutti i posti che c’erano, proprio nell’edificio nel quale si trovava e farlo attraverso una finestra, ma preferì non replicare.
«Posso andare, adesso?» domandò.
Miss Crystal scosse la testa.
«No, vi prego di avere un attimo di pazienza ancora. Cosa sapete del signor Alfred Smith, il socio in affari di Lord Winterport?»
«Niente.»
«Non vi siete mai informato?»
«Perché avrei dovuto?»
«Perché ha contribuito a fondare l’azienda per la quale lavorate.»
«Si tratta semplicemente dell’azienda in cui lavoro» chiarì il signor Albert Harris. «Non provo alcun legame nei confronti di Lord Winterport, né mi interessa alcunché dei suoi affari. Io lavoro per lui e il Lord mi conferisce una paga che, se posso permettermi, è anche troppo bassa rispetto a quella che ritengo di meritare. Purtroppo non ho avuto offerte migliori, altrimenti non escludo che avrei lasciato la ditta e sarei andato a lavorare da un’altra parte. Oppure, a parità di stipendio, accetterei volentieri delle mansioni più interessanti, come per esempio accompagnare un potenziale datore di lavoro nei suoi viaggi di affari.»
«E il signor Smith?»
«Il signor Smith era già morto da moltissimi anni, quando Lord Winterport mi ha assunto. Ciò significa che Smith non mi ha mai versato uno stipendio. Di conseguenza, è totalmente irrilevante, per i miei standard.»
«Avete visto la sua fotografia, in sala da pranzo?»
«Ho visto che c’è una sua fotografia, in sala da pranzo.»
«L’avete mai osservata con attenzione?»
«Non capisco perché mi stiate ponendo questa domanda. Immagino che possiate indovinare la risposta anche da voi.»
Miss Crystal fece un lieve sorriso.
«Lo prendo per un no. Potete andare, signor Harris.»
Non se lo fece ripetere due volte e sussultò, quando la segretaria lo fermò. Aveva già raggiunto la porta, non ci voleva quel ripensamento. Per fortuna Miss Crystal si limitò a chiedergli di mandare da lei il signor Norman Winterport. Harris le assicurò che l’avrebbe fatto immediatamente e si affrettò ad andarsene prima di essere fermato un’altra volta.
Fu molto fortunato: trovò il signor Norman in sala da pranzo e gli riferì della convocazione da parte della segretaria. Poi si impossessò del giornale e iniziò a leggere le notizie di economia. Un articolo interessantissimo a proposito dei valori di borsa dei titoli di Wall Street gli aprì la mente e gli ricordò che era passato parecchio tempo dall’ultima volta in cui si era acceso un sigaro, doveva essere trascorsa quasi un’ora. Si mise a fumare e, poco dopo avere terminato il primo sigaro, se ne accese un altro. Non l’aveva ancora finito, quando il signor Norman Winterport fu di ritorno e si accomodò accanto a lui.
Iniziarono a discutere delle loro deposizioni. Harris gli riferì per filo e per segno la propria, limitandosi a tacergli le domande a proposito della signorina Alice Byron e della vedova Green. Nonostante non gli importasse un fico secco di ciò che Norman Winterport e Miss Crystal potevano essersi detti, si mostrò accomodante e domandò al cugino del Lord cosa fosse successo quando era entrato nello studio.

***

Il signor Norman Winterport prese fuori un portasigarette sul quale svettava la lettera H. Glielo aveva regalato diversi anni prima un pianista russo con il quale si era esibito, il quale gli aveva spiegato che il carattere H nell’alfabeto cirillico corrispondeva alla N dell’alfabeto latino. Che confusione, chissà che caos avrebbero potuto generare i diversi alfabeti, su una scena del delitto, ma non importava: non vi erano oggetti riportanti iniziali, in sala da pranzo, e in ogni caso sarebbe stato oltremodo ridicolo se l’assassino avesse avuto modo di perdere proprio un oggetto che potesse incriminarlo.
Con quei pensieri in testa si accese una sigaretta e chiese a Miss Crystal se potesse offrirgliene una. La segretaria rifiutò, affermando che non fumava. Il signor Norman non aveva né tempo né voglia per interrogarsi sulle strane abitudini delle dipendenti di suo cugino, quindi si concentrò su altro, come le domande che iniziarono a raffica.
«La signora Alexandra era la figlia di una vostra cugina. Eravate legato a lei?»
«A dire il vero no» rispose Norman Winterport. «Non ho mai frequentato mia cugina, la sorella di Lord Winterport. E, a dire il vero, per lungo tempo non ho frequentato nemmeno Lord Winterport. Tuttavia, per vivere la vita che viviamo io e la mia signora, serve denaro e non vi sono altri parenti viventi al quale chiederlo.»
«Quindi» osservò Miss Crystal, «Non frequentavate Lord Winterport ai tempi in cui mise in piedi la sua azienda.»
«Non l’avevo nemmeno mai incontrato, a quei tempi» replicò Norman, «E non me ne sarebbe importato proprio nulla della sua azienda. Perché mai una persona, anziché godersi i propri soldi e vivere di rendita, dovrebbe avere in mente di commerciare tessuti, standosene rintanato in ufficio per ore e ore, dettando lettere a una dattilografa e facendosi passare telefonate? Io non pretendo che si passi tutta la giornata giocando a bridge, ma perché lavorare, per chi non ne ha strettamente bisogno per mantenersi? Ci si potrebbe dedicare a una passione, come per me è sempre stata la musica. Lord Winterport la considera qualcosa da poco. Più di una volta mi ha incoraggiato a lasciare perdere il violino e a dedicarmi agli affari. Una volta o due mi ha perfino chiesto se desiderassi un impiego presso la sua ditta.» Inorridì a quel pensiero. «Fu una vera e propria mancanza di rispetto. Secondo lei, Miss Crystal, potrei mai abbassarmi a tanto? Sarebbe uno scandalo inaudito! Nessuno nella mia famiglia ha mai dovuto lavorare per vivere... e, a causa del testamento di Lord Winterport, forse dovrò iniziare a farlo proprio io, quando mio cugino leverà le tende.»
«Quindi» dedusse Miss Crystal, «La morte di vostro cugino non sarebbe vantaggiosa per voi.»
«Certo che no!» ribatté Norman Winterport. «Pensate forse che Alice sarebbe disposta a passarmi del denaro, invece di spenderlo per andare in Egitto? Io, invece, non potrò mai portare mia moglie Charlotte in Egitto, se il vecchio morirà! Lo desidera così tanto. Sono certo che non veda l’ora di dipingere le piramidi, dopo averle viste dal vivo. Auguro a mio cugino di vivere almeno fino a novant’anni. Questo significa che, per vent’anni ancora, potrò chiedergli denaro. Non mi dirà di no. Se avesse voluto negarmelo, avrebbe iniziato a farlo molto tempo fa. Invece è sempre stato molto disponibile e ha firmato parecchi assegni.»
«Avete ottenuto qualche vantaggio, dalla morte della signora Alexandra, oppure lo otterrete?» domandò Miss Crystal.
«No, nessuno» rispose Norman. «Anzi, devo ammettere che vedere il signor Johnstone divenire l’erede di Lord Winterport al posto della moglie è abbastanza svilente. Com’è possibile che un uomo che un tempo era un semplice impiegato possa diventare più ricco di me? Anzi, che possa diventare ricco sfondato, quando io sarò costretto a cercarmi un lavoro! Non vi sono dubbi che l’assassino sia lui. Spero che finisca in galera al più presto e che, quantomeno, possa ereditare tutto la signorina Alice.»
Non aggiunse che, se non fossero stati parenti, avrebbe potuto prendere in seria considerazione l’idea di divorziare da Charlotte e di risposarsi proprio con Alice, se questa fosse stata d’accordo.
«Grazie per la collaborazione» disse a quel punto Miss Crystal. «Potete andare. Vi chiedo la cortesia di mandarmi vostra moglie.» Lo lasciò andare fino alla porta, prima di fermarlo. «È da molto che siete qui, signor Winterport?»
«Da un po’, perché?»
«È vero che c’è una domestica sui cinquant’anni che viene soltanto la mattina, per aiutare nelle pulizie?»
«Sì.»
«Sapete quali siano le sue mansioni?»
Per quanto non avesse idea di come una simile osservazione potesse aiutare Miss Crystal a incastrare il signor Johnstone, Norman Winterport rispose: «L’ho vista lavare i pavimenti con lo straccio. Non credo che facesse altro. Però una volta o due l’ho sentita parlare con la governante e mi sembrava più sveglia delle ragazze che girano per casa.»
A quel punto Miss Crystal lo lasciò andare. Norman andò a chiamare la moglie, per poi recarsi in sala da pranzo, dove avrebbe riferito i dettagli del proprio colloquio al signor Harris, senza soffermarsi sul proprio status economico che, in assenza del Lord, sarebbe stato piuttosto svilente per la sua persona.

***

Charlotte Winterport entrò, senza desiderio alcuno di rispondere alle domande di Miss Crystal, nello studio del Lord, presieduto in quel momento dalla segretaria. Possibile che non capisse che non tutti potevano stare al suo servizio? Se proprio voleva parlare di Alexandra Johnstone, non poteva farlo con il marito? Oppure con quell'amico che lavorava per il Lord? Era inaudito che le facesse perdere tempo. Proprio quel giorno Alice le aveva parlato della Sfinge e Charlotte aveva iniziato a farne uno schizzo su una pagina di giornale. Doveva assolutamente recuperare quel giornale e copiare su carta la propria bozza.
Senza lasciare trapelare il proprio stato d'animo, si sedette di fronte a Miss Crystal e le domandò: «Cosa posso fare per voi?»
«Potete dire quello che sapete» la esortò la segretaria. «Per esempio, potete iniziare dalla domestica più anziana, quella che viene a ore la mattina.»
«Sarebbe meglio se tutte le domestiche venissero a ore» replicò Charlotte. «Alcune delle sei alle quattordici, altre dalle quattordici alle ventidue. Dalle ventidue alle sei, dovremmo cavarcela, al massimo potrebbe rimanere la governante per le emergenze. Se le cameriere rimanessero qui solo per le loro otto ore di lavoro, in quell'arco di tempo dovrebbero lavorare. Non avrebbero altre ore a disposizione per origliare e rovistare nei cassetti, intromettendosi nei nostri affari.»
«Non parlavo di questo» obiettò Miss Crystal, «Quanto piuttosto del fatto che sia la domestica a ore a lavare i pavimenti. È così?»
«Mi pare.»
«E avete mai visto come fa a lavare i pavimenti?»
Che razza di domanda era? Perché mai una donna nella sua posizione avrebbe dovuto fare caso a un simile dettaglio? Le donne di alta estrazione sociale non avevano certo mai lavato i pavimenti, e Charlotte non faceva eccezione. Non era sicura di potere dire lo stesso di Miss Crystal. Chissà, magari c'erano stati momenti della sua vita, quando non era impiegata presso la casa di un suo titolare, in cui doveva vivere in una sistemazione propria e non aveva abbastanza denaro per pagare una domestica. Aveva sentito dire, inoltre, che quando era bambina i suoi genitori possedevano una piccola bottega e spesso la piccola Vanina Crystal stava a casa con la nonna. Chissà, magari era quest'ultima a occuparsi delle faccende domestiche. Sarebbe stata proprio una cosa comica.
Charlotte trattenne a stento una risata, ma le andò di traverso una boccata di fumo e le venne da tossire. Aveva sentito dire anche che Miss Crystal non aveva mai fumato una sigaretta, quindi avrebbe probabilmente tossito di default. A volte sembrava che tossisse anche quando erano gli altri a fumare. Era proprio uno strano personaggio, chissà, magari era venuta da un altro pianeta a bordo di un disco volante. Oppure era una viaggiatrice nel tempo e proveniva da un'altra epoca, in cui la gente aveva maturato modi di fare totalmente bislacchi.
Charlotte non era sicura al cento per cento - ma solo al novantanove - di credere ai dischi volanti e ai viaggi nel tempo, ma se esistevano tante cose brutte, come per esempio le persone costrette a lavorare per vivere, allora a compensare dovevano essercene altre che aprivano la mente. Da parte sua, amava scrutare il firmamento, anche se non tanto quanto l'idea di potere un giorno vedere le Piramidi. Andare al planetario non era dispendioso come visitare la Valle dei Re, ed era la prassi privilegiare ciò che costava maggiori quantitativi di denaro. Il firmamento, tuttavia, era stato spesso fonte di ispirazione per i suoi dipinti, come lo sarebbero state un giorno le Piramidi, che sospettava essere state costruite non dagli antichi Egizi, quanto piuttosto da una civiltà extraterrestre che si era recata anche nelle Americhe per allestire cantieri edili presso le civiltà precolombiane ed edificare altrettanti edifici di pregio. Del resto, perché mai gli Incas o gli Aztechi avrebbero dovuto progettare monumenti? Non dovevano piuttosto giocare a bridge come facevano tutte le persone di buonsenso? Quelle creature aliene, invece, avevano abitidini fuori dal mondo, per loro sarebbe stato più semplice. Anche se Charlotte, in cuore suo, non poteva fare a meno di sperare che almeno prendessero il tè ogni pomeriggio alle cinque in punto. Sarebbe stato terribile, se non l'avessero fatto e, a quel pensiero, mormorò un "Dio salvi il re".
«Come dite?» le chiese Miss Crystal.
Charlotte scosse la testa.
«No, niente, parlavo tra me.»
«Va bene, ma la domestica a ore?» insisté Miss Crystal. «In che modo lava i pavimenti?»
«Non saprei. Con un secchio e uno straccio, chiedo.»
«Li lava solo lei?»
«Sì.»
«Al mattino?»
«Certo, viene solo al mattino. Non ho mai visto altre persone lavare il pavimento, a parte una volta o due la Livingstone perché aveva ribaltato del tè in corridoio, quindi ha ripulito tutto e poi ha iniziato a lavare il pavimento con lo straccio, come fa la domestica a ore.»
Miss Crystal assunse un'espressione soddisfatta. Chissà cosa gliene veniva in casa, da quelle considerazioni sulle domestiche, che non erano neanche in giro per la sala da pranzo all'ora del delitto. Certo, qualcuna di loro aveva fatto il tè, ma se, a parte la signora Alexandra, nessuno era morto avvelenato, ovviamente il cianuro doveva essere stato messo in una sola tazza specifica. Se le cameriere erano tutte altrove, non potevano essere responsabili del misfatto, a meno che non fossero dotate di teletrasporto.
Charlotte Winterport non era convinta al cento per cento dell'esistenza del teletrasporto, e neanche al novanta, ma solo a un buon ottantacinque. Sarebbe stato molto utile per visitare paesi lontani senza spendere denaro, quindi i pochi eletti che ne avevano scoperto il segreto dovevano tenerselo ben stretto. Gli eletti dovevano essere individui superiori, dotati di intelletto sopraffino. Era mai possibile che una rimbecillita come la Livingstone fosse stata dotata di un tale privilegio? E soprattutto, ammesso che potesse teletrasportarsi o che potesse farlo una delle sue colleghe, come mai nessuno l'aveva vista? Non che Charlotte escludesse totalmente la dote dell'invisibilità, ma sarebbe stata una grossa ingiustizia se fosse stata assegnata in abbinato a quella del teletrasporto. In più, anche ammesso che la Livingstone possedesse la dote del teletrasporto e dell'invisibilità, per quale ragione non le era stato dato anche un intelletto degno di quel nome? O almeno la capacità di portare in giro un vassoio con sopra una teiera senza ribaltare il tè sul pavimento? E perché mai, soprattutto, avrebbe dovuto avvelenare qualcuno? Va bene, poteva avere avuto un raptus, ma era possibile che, oltre a teletrasporto e invisibilità, avesse anche dei raptus improvvisi e uccidesse persone senza un motivo preciso? Certo, poteva avere subito qualche trauma, quando era ancora una ragazzina che viveva nelle campagne, ma a quali traumi erano esposte quelle come lei? Oltre al teletrasporto e all'invisibilità, aveva anche avuto apparizioni della Madonna? O aveva visto il fantasma di un templare che teneva il Sacro Graal tra le mani? No, decise Charlotte, quella teoria era troppo improbabile. Era molto più plausibile che Miss Crystal fosse una spia balcanica in incognito - anzi, una spia cecoslovacca, perché le spie balcaniche difficilmente sarebbero arrivate in Inghilterra, con le linee ferroviarie che all'altezza di Belgrado spesso restavano ferme a causa di tempeste di neve - e che stesse rimescolando le carte in tavola fingendosi una segretaria investigatrice.
Purtroppo quel pensiero intrigante fu ben presto interrotto dalla segretaria stessa, che le domandò: «Avete per caso notato qualcosa di strano, all'ora del tè? Qualcuno che, anziché andare a verificare cosa fosse successo in corridoio, è rimasto nei pressi del tavolo e, di conseguenza, della tazza dalla quale ha bevuto la signora Alexandra?»
«Non saprei» ammise Charlotte. «Stavo aspettando che venisse il momento propizio per sollecitare mio marito a chiedere del denaro a suo cugino Lord Winterport, quando ecco che si sentono dei rumori provenienti dal corridoio. Ci alziamo tutti in piedi e andiamo a vedere, o almeno sono certa che l'abbiamo fatto sia io sia mio marito. Io non ero preoccupata, ma ho visto che tutti si stavano precipitando verso la porta, quindi ho fatto la stessa cosa. Mi sono detta: "magari è caduto un meteorite, dovrò tranquillizzare tutti e rassicurarli, che la fine del mondo è ancora relativamente lontana".»
Naturalmente Charlotte credeva che per la fine del mondo fosse soltanto questione di anni, ma sarebbero arrivati gli opportuni segnali che avrebbero permesso all'umanità di comprendere il proprio destino in largo anticipo. Il fatto che il maggiordomo fosse inciampato e caduto non era certo uno di quei segnali.
«Chi pensate che possa guadagnarci dalla morte di Alexandra Winterport?» chiese Miss Crystal, interrompendo ancora una volta le elucubrazioni di Charlotte. «Oppure dalla morte ipotetica di suo zio il Lord?»
La risposta di Charlotte fu immediata: «Io no di certo e mio marito nemmeno.»
Non aggiunse altro, perché le sembrava che Miss Crystal avesse un vago accento bielorusso, il che contrastava con le sue ipotetiche origini cecoslovacche. A proposito, chissà se la Bielorussia e la Cecoslovacchia erano posti interessanti da visitare. Purtroppo non poteva chiederlo alla segretaria, che avrebbe senz'altro finto di non essersi mai spinta oltre il Galles, quindi si limitò ad andarsene, quando questa le disse che il loro colloquio era terminato.

 

   
 
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